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Autore: 50shadesofLOTS_Always    20/06/2017    4 recensioni
Dal testo: “« Tony? – mormorò Pepper - Cosa è successo laggiù? ». Lui continuò a fissarla, ma non aprì bocca.”
Il miliardario Tony Stark torna a casa dopo la Siberia, distrutto nel fisico e nel cuore. La sua mente ottenebrata dai demoni del proprio passato cerca una via d’uscita.
E la via d’uscita ha un paio di occhi azzurri.
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Questa fanfiction è nata diverso tempo fa ed è rimasta chiusa in un pc. Recentemente l’ho rispolverata ed è venuta fuori questa raccolta dove la parola chiave è sicuramente PEPPERONY. Non c’è una vera e propria trama, ma è sicuramente da collocare dopo il film Captain America: Civil War.
[ probabile OOC di Tony/fritto misto di ironia, miele e caffè amaro/nella speranza che quei due tornino insieme ]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iron Family'
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All I have

Novembre 2008
Il sole di quel mattino di metà Novembre picchiava sui vetri lucidi del grattacielo, che sfiorava le sporadiche nuvole sopra Los Angeles. Un leggero vento, primo bacio dell’inverno, soffiava nella contea di Hollywood che pareva più tranquilla del solito, visti i suoi frequentatori. Attori, attrici, modelle, artisti di ogni sorta impegnati nelle loro faccende più o meno private. Tra loro, Tony Stark era impegnato in una tacita battaglia. Pepper, alle nove in punto, lo aveva fatto salire a forza sul sedile passeggero della propria Audi argentata e ora gli stava aggiustando la camicia sgualcitasi sotto la giacca in denim indossata in fretta. La sala d’attesa in cui stavano aspettando il loro turno era pulita, fresca, e da alcune piccole casse fisse alle pareti proveniva una musica allegra ma rilassante.
« Non capisco » esordì il miliardario dopo quasi un’ora di assoluto silenzio.
« Tony, ti prego » sospirò, sistemandogli il colletto spiegazzato e quasi dispiaciuta dall’interruzione di quel paradiso afonico.
« …il senso di questa cosa »
« Hai bisogno »
« Ho bisogno » ribatté lui più infervorato.
« …di parlare »
« …di un kebab » concluse e lei arcuò un sopracciglio.
Si era aspettata opposizioni, ma non certo una frase del genere. Le sembrò di rivivere quel momento, sintomo evidente che qualcosa nel compagno si era spostato dal normale assetto. Anche se “normale” non era l’aggettivo giusto quando si parlava di Tony. Dopo il rapimento in Afghanistan aveva chiesto un cheeseburger e dopo gli eventi di New York uno shaw… qualcosa da mangiare.
Erano passate un paio di settimane non propriamente tranquille. Era tornato alle vecchie abitudini come intere nottate in laboratorio, argomenti pungenti sviati e le solite frasi come « Sto bene, Pep » « Tra poco mi passa » e per terminare, « Non preoccuparti ». Ma come poteva non farlo?
Gli incubi si combinavano spesso con le crisi e più di una volta, non aveva dormito per giorni. Una sera lo aveva trovato accasciato sul divano, le braccia molli e la tv accesa. Non lo aveva neanche costretto a spostarsi in camera per timore che non si sarebbe più addormentato.
Nonostante tutte quelle negatività, Pepper aveva notato non solo che l’alcol si era volatilizzato, ma anche un certo entusiasmo nel compagno. Non sapeva se per una nuova invenzione, o forse era meglio dire, distrazione, o per la gravidanza.
« Vedi? E’ per questo che siamo qui » disse infatti.
« Un kebab? – chiese lui accigliato per poi sbuffare vedendo la donna rivolgergli un’espressione trasecolata  - Andiamo, Pepper sto bene! »
« No, non è vero! » protestò lei, portandosi i pugni sui fianchi.
« Sì invece » rispose Tony, che non era riuscito a contenere un sorrisetto.
La trovava adorabile mentre lo fissava al limite della pazienza. La testa era leggermente inclinata da un lato e il piede batteva ritmicamente sulle piastrelle lucide. Vestita con un pantalone elegante e una blusa morbida stretta al collo con un fiocco sobrio e lunga fino ai fianchi, gli ricordava un’istitutrice della Germania. I capelli rossicci erano tenuti stretti in un’ordinata coda di cavallo.
« No » ripeté Pepper.
« Sì »
« No»
« Sì »
« No »
« Sì»
« No»
« No » disse Tony.
« Sì » rispose Pepper accorgendosi solo dopo di essersi confusa.
« Ah-ah! – esclamò lui, indicandola come farebbe un bambino dispettoso - Visto? Sto bene ».
In quel momento una donna sulla quarantina si affacciò dalla propria postazione, fasciata da uno stretto tubino corto fino alle ginocchia e un paio di occhiali che poggiavano sul naso appuntito tanto che sembravano stare in equilibrio per un gioco di illusionismo.
« Il Dottor Kleiner è pronto a ricevere il Signor Stark » annunciò con voce pacata, ma alquanto perplessa dalla loro discussione.
Pepper la seguì, ma non udendo i passi di Tony, tornò indietro e lo afferrò per un braccio, costringendolo a precederla. Si ritrovò a pensare che gli Avengers, soprattutto Clint, si sarebbero sganasciati dalle risate: una donna che tiene Iron Man in castagna.
« Forza » lo esortò, nascondendo quel pensiero perché se lo avesse espresso, probabilmente avrebbero ricominciato tutto da capo.
« Dammi almeno un baciotto - lei gli picchiettò una nocca alla base della nuca - Ahi! »
« Cammina »
« Signor sì, Signora » borbottò Tony, mettendole il broncio mentre si fermava davanti alla porta aperta. Pepper si affacciò nello studio del Dottor Kleiner, un uomo piuttosto giovane per i meriti professionali che aveva collezionato, ma abbastanza esperto per dare loro una mano. Lo aveva contattato un paio di giorni addietro, all’insaputa del compagno che quel mattino, venuto a conoscenza dell’imminente appuntamento, impermalito, aveva dichiarato che si trattava di un colpo basso degno del più alto tradimento di Stato. Lei ovviamente aveva cercato di spiegargli la situazione ma…
« Buon pomeriggio, Signorina Potts »
« Salve Dottore – esordì quasi sollevata, poi si volse verso il compagno ancora fermo sulla soglia - Tony… »
« Devo proprio? Non è che poi mi seziona il cervello? » chiese, obbedendo solo sotto la minaccia omicida negli occhi della donna. Kleiner si alzò in piedi per raggiungerlo e gli porse una mano. Poco più giovane del miliardario, aveva i capelli neri pettinati e la giacca stirata in modo rigoso.
« Lei dev’essere il famoso Signor Stark »
« E lei dev’essere il Dottor Frankestein » rispose Tony, ricambiando la stretta e accompagnando il tutto con una bella faccia da schiaffi.
« Lo perdoni » intervenne Pepper con un sospiro di rassegnazione, che divenne frustrazione quando gli rivolse l’ennesima occhiata in tralice.
« Oh, no. Sono abituato a persone più sgradevoli - rispose, liquidando la questione con un gesto frivolo della mano - Accomodatevi ».
Pepper sistemò le pieghe dei pantaloni quando si accorse che il compagno stava guardando un punto preciso sulla scrivania. Seguì il suo sguardo, scuotendo la testa per poi rivolgersi al dottore.
« Potrebbe… - indicò le sfere di Newton che si muovevano ritmicamente, provocando un ticchettio argentino - Lo distrae »
« Nessun problema – rispose lo psicologo, sottraendo alla vista di Tony l’oggetto in questione per porlo in un cassetto - Ditemi »
« L’ho contattata perché il Signor Stark… ».
Tony si girò di scatto, attento, arretrando col busto come inorridito.
« Un momento. Signor Stark? » chiese quasi strillando.
« Sì, è così che si chiama » disse lei di rimando.
« No, non è vero » rispose Tony, fissandola in cagnesco.
« Forse il Signore preferisce una conversazione meno formale » li interruppe il Dottore, sicuro che se se ne fosse stato zitto, l’intero isolato sarebbe saltato in aria.
« L’ho contattata perché Tony… - si accertò che tenesse la bocca chiusa, poi guardò Kleiner - Soffre di attacchi di panico da un bel po’ e, volevamo »
« Lei voleva » precisò il miliardario.
« …una sua opinione »
« Io preferivo un kebab » continuò e Pepper roteò gli occhi, decidendo di ignorarlo visto che non dava segno di voler quantomeno provare a comportarsi come un adulto.
« …su quale terapia fosse meglio adottare ».
Kleiner li fissò alternativamente e, quando seppe che nessuno l’avrebbe interrotto, rispose a Pepper che sembrava più interessata del suo compagno.
« Dunque i primi approcci saranno sicuramente… ».
Tony inclinò la testa all’indietro, ai lati, guardandosi attorno con circospezione. C’erano diversi attestati, due lauree con lode. L’ambiente non era male tutto sommato, ma non si sentiva comunque a proprio agio. Smise quasi subito di ascoltarli. Non aveva voglia di parlare con un estraneo dei propri fatti personali, di cose che forse neanche lui sapeva di custodire. Con Bruce era stato più semplice, anche se poi la seduta non aveva portato a grossi risultati ma solo ad una lunga pennichella. Se c’era qualcuno che meritava di conoscerle non era certo l’uomo seduto alla scrivania in mogano davanti a lui. Si girò per guardare Pepper, intenta a seguire le parole dello strizzacervelli, annuendo di tanto in tanto. Si domandò se non potesse fare uno sforzo per lei, in fondo meritava un po’ di serenità. Fare pace coi propri demoni l’avrebbe resa meno ansiosa e lui avrebbe smesso di preoccuparsi di morire prima dei cinquanta.
Mezz’ora più tardi, uscirono dallo studio dopo aver fissato i prossimi appuntamenti. Attesero l’ascensore poi salirono. Tony saltellò sugli avampiedi, finché le porte non si riaprirono sull’atrio. Stavano per varcare la soglia, ma non fecero in tempo a mettere piede fuori dall’edificio che…
« Signor Stark, ha intenzione di entrare nel mercato hollywoodiano? »
« Quali sono i nuovi obbiettivi delle Stark Industries? »
« Signorina Potts, è incinta? »
…una marea di obbiettivi e microfoni si puntarono su di loro.
Le domande si accavallarono diventando un fosco marasma di parole più o meno urlate, ognuna col tentativo di prevalere sull’altra.
Tony capì che senza un’azione drastica non ne sarebbero mai usciti. Mai. Si pentì di non aver chiamato Happy, dicendogli che non ci sarebbe stato alcun problema. Ancor di più, si pentì di non avere con sé l’armatura. L’Audi non era molto distante, ma dal punto in cui si trovavano sembrava dall’altra parte del mondo. Ci voleva qualcosa di veloce, pratico e alla Stark.
Si accostò a Pepper, guardandola in modo così serio che lei non potè fare a meno di preoccuparsi. Stava per fare qualcosa che non le sarebbe piaciuto per niente. Ormai aveva imparato a decifrare il linguaggio del suo corpo. La vide irrigidirsi quando la tirò verso di sé mentre con le mani, le sollevò il viso con delicatezza. A Pepper fu tutto chiaro quando le labbra di Tony premettero sulle proprie. Ma non fu ciò a meravigliarla perché improvvisamente non riuscì più a distinguere i confini reali e spinta da un’emozione indefinita, chiuse gli occhi. Si appoggiò a lui, con una mano sul suo bicipite mentre i richiami e i flash dei giornalisti cessarono. Si godette quel contatto e per la prima volta le piacque essere al centro dell’attenzione. Lui percepì quella sorta di consenso e si spinse un po’ più in là, avvolgendola in un abbraccio. Dopo qualche attimo di perdizione, fu costretto a scoppiare la loro bolla. Un po’ perché l’intento era sta raggiunto, un po’ perché voleva ripetere l’esperimento a casa.
« Se proprio devi arrabbiarti, preferirei lo facessi a casa – sussurrò per poi prenderla per mano – Permesso, Signori! ».
I cameraman si fecero da parte, lasciandoli salire sulla vettura sportiva. Pepper inserì le chiavi e partì con una sgommata. Ovviamente i paparazzi scattarono foto, qualcuno provò perfino a rincorrerli.
« Dove stiamo andando? » le chiese lui, vedendo che non erano diretti a Malibu.
« Alle Industries per lavorare, Tony » sibilò e lui non osò replicare.
I viali alberati e le villette più o meno eccentriche scorsero ai lati della strada finché imboccata la Pacific Highway, strinse le mani sul volante. Non era arrabbiata con lui, aveva evitato che venissero assaliti e schiacciati da un gruppo di impiccioni. Anche se nel modo più spettacolare e imbarazzante che potesse escogitare. Era arrabbiata con sé stessa per aver aspettato tanto: era stato liberatorio poter dimostrare a tutti la sincera verità del loro rapporto, che non c’era niente di costruito, ma semplice… Amore.
Cercò di accantonare il pensiero che in quel momento il loro bacio doveva aver raggiunto l’atra parte del mondo e guardò la strada. Tony rimase chiuso nel proprio silenzio e gliene fu grato anche quando in azienda alcuni dipendenti li seguirono, con occhi più o meno stupiti. Pepper sospettò che dovessero aver seguito il telegiornale, ma era più probabile che fossero sconvolti nel vedere il proprietario camminare in quei corridoi. Raggiunsero l’ufficio nell’attico e quando passò vicino alla scrivania, protese una mano per tirare la prima cosa che le capitò. Una scatola di fazzoletti usa e getta che colpì la testa del compagno che, del tutto impreparato, le rivolse un’occhiataccia.
« Potevi almeno avvertirmi! » sbottò lei, avvicinandosi poi a Tony, intento a massaggiarsi la nuca.
« In realtà io stavo per… ».
Non completò la frase perché Pepper si gettò su di lui, baciandolo senza preavviso. Sollevò le mani per posarle sulle sue spalle, ma le lasciò ricadere lungo i fianchi quando la lingua di Pepper cominciò ad esplorare la propria bocca. Si staccarono abbastanza per riprendere fiato e Pepper lo osservò da sotto le ciglia. Gli occhi celati dietro ai ciuffi della frangetta rossa.
« Okay, sto cominciando a confondermi » mormorò lui, trattenendosi dal ridere.
« Zitto, prima che cambi idea » rispose lei a denti stretti, afferrandolo per il bavero della giacca e trascinandolo con sé verso la prima superficie disponibile. Salì sopra il tavolo trasparente, spostando un’anca alla volta, poi lo avvicinò a sé. Gli allacciò le gambe alla vita, portando i loro corpi ad appiccicarsi mentre Tony spingeva in terra fogli, cartelline e perfino un contenitore con le penne.
« Deduco che faccia parte della terapia » scherzò, passando l’indice sulla curva cedevole del collo della donna.
« Sei un idiota »
« Adoro quando mi insulti » rantolò prima di baciare la linea tracciata dal dito.
Pepper rise affondando le dita tra i capelli di Tony, che seppellì il viso nella sua chioma di rame, inspirando il profumo della sua pelle. Una sua mano le percorse la coscia per poi risalire al fianco sotto la camicetta fino alla coppa del reggiseno. Strinse piano la carne bollente e morbida, sorridendo quando la sentì mugolare e stringersi a lui con più ardore. Non avevano chiuso la porta della stanza a chiave, ma da circa dieci minuti, farlo era diventato inutile.
 

**

Un paio di giorni dopo Tony si ritrovò a girovagare per la stessa sala d’attesa, finché la segretaria dello studio non si affacciò dalla propria postazione, facendogli cenno che poteva entrare. Lasciò uscire un uomo, poco più giovane di lui, poi varcò la soglia della silenziosa stanza. Era accogliente e la luce del pomeriggio filtrava dalle tende di un pesante tessuto verde salvia.
« Buon pomeriggio, Signor Stark » lo salutò Kleiner, cortese.
« Lei di dov’è? »
« Illinois – lo scrutò un po’ perplesso - E’ un problema? »
« No, sono solo sorpreso » ammise con leggerezza, accostando la porta.
« Si accomodi e cominciamo: mi dica la prima cosa che le viene in mente »
« Sul serio? – domandò e Kleiner annuì mentre si sedevano quasi in contemporanea - Pianoforte »
« Le piace la musica? »
« Sì » rispose, malgrado trovasse l’argomento piuttosto inusuale.
« Di che genere? »
« Black Sabbath, AC/DC, Metallica. Più rumore fanno meglio è »
« Perché le piace? »
« Mi aiuta a concentrarmi, soprattutto quando lavoro » rispose ancora, cominciando a dubitare di quegli attestati.
« Che lavoro fa? » chiese e Tony divenne definitivamente confuso.
‘Ma dove sono finito?’, pensò.
« Lei lo legge il giornale? »
« Sì »
« Allora dovrebbe sapere chi sono e che lavoro faccio ».
Kleiner sorrise appena come un insegnante che rimprovera un alunno cocciuto, e si appoggiò alla scrivania, incrociandovi sopra le braccia.
« E’ vero so qual è il suo lavoro, ma non so chi lei sia »
« Bene, perché è reciproco » rispose il miliardario, unendo le mani in grembo.
A lui piacevano i dialoghi lunghi e intricati.
« E la cosa la spaventa? »
« Cosa? »
« Il non conoscermi »
« No » rispose quasi con stizza.
Kleiner prese una penna e cominciò a scribacchiare qualcosa su un foglio bianco.
« Qual è la sua fobia? » chiese poi dopo qualche secondo.
« Mi sto avvicinando alla quarantina. Non dormo con la luce » rispose Tony, facendo schioccare la lingua contro il palato e distogliendo lo sguardo da lui.
« Il suo sarcasmo rende tutto più difficile » gli fece notare il Dottore.
« C’è chi mi apprezza per questo »
« Ne sono più che sicuro » ribatté con un cipiglio di ironia.
« Se non fosse uno strizzacervelli, mi starebbe simpatico » confessò lui, indicandolo.
« Cosa c’è che non va nella mia professione? »
« Perché dovrei raccontarle qualcosa di me? » domandò assumendo inevitabilmente un tono di voce sulla difensiva. Kleiner smise di scrivere e sollevò gli occhi su di lui. La stilografica era appena sollevata dal foglio.
« Signor Stark, lei si trova qui perché qualcuno è preoccupato per lei. Non certo per mio volere » disse vagamente irritato. Tony sospettò che avesse mentito al loro primo incontro: lui era la persona più sgradevole con cui avesse mai avuto a che fare.
« E la sua diagnosi? »
« Al momento la sua ostinazione è l’unico ostacolo » rispose, riacquistando un po’ della propria indulgenza.
« Quindi sono malato? »
« Lei risponda alla mia domanda ».
Tony gonfiò le guance poi si grattò una tempia, distogliendo al contempo lo sguardo dal proprio interlocutore. Si stava già pentendo di non aver insistito con Pepper, ma d’altronde lo faceva per lei.
« Ho paura di perdere una persona » ammise infine, guardandolo solo dopo diversi minuti.
« Si chiama Thantophobia » rispose Kleiner, apparendo soddisfatto.
« Tantoche? »
« Thantophobia. Più specificatamente Thanatophobia, deriva dal greco Thanatos. Letteralmente “morire”, riconducibile ad una delle divinità minori dell’antica Grecia – smise di nuovo di scrivere - Secondo Freud è una paura piuttosto vasta nelle sfaccettature, diffusa nella nostra società »
« La cosa dovrebbe rincuorarmi? »
« Dovrebbe farla sentire in compagnia. – abbandonò la penna - Vede, Freud sosteneva che tutti gli esseri umani hanno un istinto di vita e uno di morte. Quest’ultimo in particolare può portare alcune persone a compiere certi atti »
« Tipo? »
« La ricerca del rischio, del pericolo – osservò il paziente per vedere se lo stesse seguendo - Lei è inventore, meccanico… »
« Non dimentichi genio e… »
« Filantropo – concluse e Tony capì di dover chiudere la bocca - Mi chiedo a cosa serva l’armatura ».
Capì di aver centrato uno dei nervi scoperti perché il miliardario perse un po’ della propria spavalderia.
« Io ho paura di perdere una persona, non di morire »
« Si tratta di un tipo di comportamento autodistruttivo che mostra ben altro. Nel suo caso appunto, la sua paura non è riferita a sé stesso » specificò.
« Ma che c’entra tutto questo col pianoforte? » chiese lui, arricciando il naso.
« E’ una bella domanda, ma procediamo per gradi » lo riprese Kleiner.
Tony arrivò alla comprensione che che non ne sarebbe uscito da quel quarto grado, non con la stessa facilità durante l’assalto dei paparazzi. Gli era bastato recitare una piccola parte, anche se in fondo aveva desiderato poter baciare Pepper in pubblico, per liberarsi di loro. Guardò le lancette sul proprio Rolex. Erano passati solo cinque minuti perciò ne mancavano altri cinquantacinque. Ciò comportava tremilatrecento secondi su quella poltrona, in compagnia del Dottor Jekyll. Sospirò scuotendo il braccio per far scendere di nuovo la manica.
‘Lo stai facendo per lei, Stark!’, lo rimbrottò la coscienza.
« Serve a proteggere le persone »
« Perché si sente responsabile dell’incolumità altrui? Qualcosa deve pur spingerla ad essere Iron Man… ».
Per una volta Tony pensò che il sarcasmo doveva essere messo da parte e provare ad aprirsi. Certo, con l’ausilio di qualche bicchierino sarebbe stato più semplice. Appoggiò le spalle contro il basso schienale della poltrona e fissò il vuoto. Se doveva giocare, doveva vincere.
« Sono stato catturato in Afghanistan un paio d’anni fa, da un gruppo terroristico che… - quando sollevò gli occhi, si accorse che non era ciò che voleva sentire, così strinse - C’è stato un attacco e una granata è esplosa a pochi centimetri da me. Alcune schegge mi sono entrate nella carne nonostante il giubbotto. Ricordo di essere svenuto, forse per la troppa adrenalina… Poi il buio » concluse, restando un po’ stupito di sé. Di solito faticava a raccontare l’evento.
« C’è un particolare che è riuscito a memorizzare? »
« Dolore. Tanto e atroce – rispose per poi indicarsi il centro del petto - Quando mi sono svegliato avevo un elettromagnete collegato ad una batteria per auto qui… Serviva a tenermi in vita finché non mi sono operato il Dicembre scorso ».
Kleiner annuì e tornò a scrivere. Tony si drizzò abbastanza per poi allungare ulteriormente il collo per poter vedere cosa stesse scrivendo. Purtroppo la calligrafia era così pessima e che gli risultò illeggibile come un libro in aramaico.
« Lei alla conferenza, se ben ricordo, disse che laggiù ha aperto gli occhi – lo guardò - Si spieghi »
« C’era un uomo nella caverna rinchiuso con me, si chiamava Yinsen. Mi ha fatto capire alcune cose » rispose lui gesticolando.
« Ad esempio? »
« Che “mercante di morte” mi sta meglio di “genio” o “filantropo”… » disse, bloccando le mani a mezz’aria.
« A volte il peggiore dei danni può scaturire dalla migliore delle intenzioni, ma questo non fa di lei un colpevole » disse Kleiner, arcuando un sopracciglio quando Tony lo osservò, stringendo gli occhi a fessura.
« Lo dice perché lo pensa o perché la pago per queste sedute spiritiche? Tra l’altro mi aspettavo una tavola Ouja o una sfera di cristallo »
« Le assicuro che sbagliare rientra nella normalità, quindi per rispondere alla sua precedente domanda: lei non è malato, ma umano » rispose il Dottore, ignorando spudoratamente le provocazioni del miliardario.
« E’ così che si è laureato? » chiese ancora e stavolta Kleiner sembrò divertito.
« Più o meno, ma tornando alla sua fobia… - silenzio – Io credo che lei indossi i panni del supereroe non tanto per l’intero genere umano, quanto piuttosto per la suddetta persona… »
« Arrivi al punto »
« Vorrei farle presente, senza minare alle sue doti, che non è invincibile – Tony assunse una posizione più composta, ma riuscì solo a sentirsi più scomodo –  Non sempre potrà proteggere la Signorina Potts »
« Io devo farlo » borbottò lui.
‘Questo damerino sa decisamente troppe cose…’, aggiunse aspro nella propria testa.
« Deve – ripeté come se non capisse il concetto - La ritiene debole? »
« Testarda, determinata, brillante. Ma non debole » rispose il miliardario con un cipiglio velenoso.
Pepper era la donna più forte che avesse mai incontrato. Era perfetta.
« Perché si sente in colpa? »
« E’ colpa mia – disse, muovendo freneticamente la gamba in un tic nervoso - Su quella granata c’era il mio nome. Su quella e sulle altre armi che i miei carcerieri avevano acquisito con le razzie… »
« Le ho già spiegato che… »
« Una volta Yinsen mi ha chiesto se avevo qualcuno da cui tornare » lo interruppe Tony, smettendo di agitare il ginocchio. Kleiner si accarezzò il mento con fare pensieroso e si fece scivolare sullo sechienale per studiare il proprio paziente.
« E lei cos’ha risposto? »
« Nessuno » mormorò Tony a bassa voce.
« Perché ha mentito? »
« Non ho mentito – si morse l’interno della guancia - Io non meritavo la sua attesa »
« Ne è sicuro? »
« E lei? – si inclinò in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia - Io una cosa la so, con la stessa sicurezza in cui le saprei esporre le leggi fisiche di questo universo: non posso vivere senza Pepper »
« E’ una condizione probabile che dovrà accettare » rispose Kleiner, apatico e professionale, riferendosi all’irrealizzabile onnipotenza.
« Pepper è tutto ciò che mi resta e se la perdo perché non ho fatto abbastanza, allora non valgo niente – continuò Tony per poi passarsi una mano tra i capelli - Ha idea di cosa ha significato per me rivederla dopo tre mesi chiuso in un lurido buco dimenticato da Dio? »
« Me lo dica » lo invitò Kleiner, vedendo le iridi del miliardario farsi scure come il cioccolato ma con un intenso bagliore dorato.
Tony poteva descrivere quel momento, ma non credeva che sarebbe riuscito a renderne anche solo una vaga illusione. Ricordava perfettamente tutto: gli interminabili secondi che aveva impiegato la pancia dell’aereo ad aprirsi, il senso di vita che lo travolse quando la prima figura ad apparirgli fu Pepper e i passi che aveva compiuto, allargando le spalle e drizzando la schiena solo per mostrarsi virile davanti a lei.
« Si è mai sentito solo? » chiese senza interrompere il ricordo.
« A volte ».
Il vento le faceva ondeggiare le ciocche ai lati delle guance coperte da sessantadue deliziose lentiggini, le labbra rosse e tremanti ma sorridenti e gli occhi azzurri di chi aspettava solo il suo ritorno. Avvicinandosi aveva notato il velo di lacrime che li ricopriva, come quelli di chi ha vissuto un periodo infernale.
« Pepper è la sola che mi vuole su questo pianetucolo, che si prende cura di me quando non sono in grado di farlo in autonomia. Perciò è mio dovere fare di tutto, e ripeto, di tutto per proteggerla »
« In che modo la fa sentire meno solo? » chiese Kleiner dopo aver preso altri appunti.
« E’ abbastanza intelligente da sgridarmi, insultarmi e occasionalmente, da lanciarmi oggetti pesanti addosso. Atteggiamento che ha preso dal padre – aggiunse, premendo le labbra - Quando hai un quoziente intellettivo al di sopra della media, tutti ti trattano come una divinità »
« Non mi dica? La infastidisce? » lo canzonò il Dottore.
« No, ad essere sincero – rispose lui di rimando - Pepper però mi tratta come una persona normale per cui vale la pena sprecare un po’ di tempo »
« Nessuno lo aveva mai fatto? ».
Tony non rifletté a lungo sulla risposta.
« Mia madre ».

Angolo Autrice: Salve Bella Gente! Sì, lo so sono in ritardo ma come avrete notato, questo capitolo si è rivelato un po' più arduo e travagliato del previsto perchè il mio obbiettivo principale era rendere bene il nostro caro Tony. Al contempo dovevo alleggerire il tutto per evitare di annoiarvi... Pardon!
Spero comunque che vi sia piaciuto e non vedo l'ora di leggere le vostre opinioni, fra cui quelle di leila91, _Atlas_ e DjalyKiss94 a cui dico GRAZIE DI TUTTO CUORE (vi prometto che mi rimetterò in pari e che risponderò personalmente alle vostre recensioni :*): non finirò mai di ringraziarvi per il sostegno, i complimenti e i suggerimenti! *-*
Ne approfitto per comunicare a tutti voi zuzzerelloni (<3) che il prossimo sarà l'ultimo capitolo di questa raccolta, in cui vi sarà più chiara la scelta del titolo. Ma tranquilli/e perchè come avevo già prennunciato, il sequel è praticamente pronto perciò vi romperò ancora le scatole ahahha xD
A presto miei cari,
50shadesOfLOTS_Always

   
 
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