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Autore: ClaireOwen    21/06/2017    3 recensioni
[Bellarke - Modern.AU]
“Mi dispiace.”
Sussurra timidamente.
E sa che dovrebbe porgere le sue scuse ad ognuno di loro ma vuole essere sicura che sia proprio lui ad udirle per primo.
Ad ogni modo se c'è una cosa che Bellamy Blake sa fare è stupire e stavolta lo fa riservandole un sorriso docile, spiazzante; china leggermente il capo, prega che nessuno si sia reso conto di quella sua impercettibile reazione perché di certo non è riconosciuto dagli altri come una di quelle persone affabili e gioiose, effettivamente non è dispensando sorrisi che il maggiore dei fratelli Blake si è guadagnato il rispetto da quel branco di scapestrati.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VIII
 
Quando è entrata in quello studio subito dopo essersi scontrata con il maggiore dei Blake, la testa di Clarke era da tutt’altra parte.
Aveva quasi dimenticato per quale motivo avesse messo piede in quel luogo.
Tutto ciò che la sua mentre riusciva a visualizzare era il viso rilassato di Bellamy Blake, le mille lentiggini che puntigliavano il suo volto radioso grazie a quell’ultimo sorriso che le aveva rivolto prima che lei si chiudesse la porta alle spalle.
“Salve, cosa posso fare per lei?”
La voce le è arrivata familiare, come se avesse avuto già modo di ascoltare quel timbro chissà dove ma soprattutto l’aveva catapultata bruscamente nella realtà.
I suoi occhi chiari allora hanno abbandonano l’uscio e si sono rivolti finalmente alla scrivania, dove un uomo dai capelli brizzolati era chinato su un foglio, da quella posizione Clarke non riusciva a captare alcun tratto del suo volto.
“Salve professore. Sono qui per il bando del corso di art-therapy, volevo chiederle qualche informazione.”
“Prego, si sieda.”
L’interlocutore aveva risposto in modo cordiale ma anche piuttosto distratto.
“Scusi finisco di compilare queste carte e sono da lei…”
Si era poi giustificato subito e Clarke Griffin aveva incrociato le braccia al petto in attesa.
Pochi minuti dopo, solo quando l’uomo si staccò da quei fogli che non aveva abbandonato nemmeno per un secondo, la ragazza quasi sussultò.
Ci volle poco perché riconoscesse quel viso, i suoi ricordi erano recenti, non avevano neppure una settimana e quella era inequivocabilmente la stessa faccia amichevole alla quale si era ancorata in quella serata così confusa fuori da quel dannatissimo ristorante.
Non aveva dubbi.
Anche l’uomo le dedicò uno sguardo piuttosto sbigottito.
“Ci siamo già visti io e lei, non è vero?”
“C-credo di sì. Fuori il ristorante ‘Polis’ nemmeno sette giorni fa, era davvero lei?”
Lui annuì lentamente.
“Bhè è sempre un piacere avere a che fare con un viso familiare, non trova? Il destino sa essere molto ironico alle volte.”
Clarke si era riscoperta a trattenere a stento un risolino. Poi cercò di riprendersi prontamente
“Ad ogni modo non abbiamo avuto modo di presentarci, il mio nome è Clarke Griffin.”
“Marcus Kane.”
Le aveva risposto stringendole la mano con energia.
Quindi era proprio lo stesso Marcus Kane al quale solo pochi giorni prima aveva chiesto una sigaretta, uno dei più influenti professori americani e allo stesso tempo un uomo che le era apparso, nella sua ignoranza risalente ai giorni addietro, semplice esattamente come tutti gli altri, sommerso dai problemi quotidiani che la vita presenta.
E Clarke Griffin che nel destino non aveva mai creduto, per quella mattina dovette ricredersi dato che quell’uomo le aveva spiegato con una cordialità ed una disponibilità sconvolgenti tutti i passaggi necessari per l’iscrizione al bando, concludendo con un fin troppo incoraggiante:
 “Tifo per lei, signorina Griffin! S’impegni al massimo.”
 
 
 
 
 I risultati sono dentro quella mail, deve solo aprirla.
 
Il test è stato un gioco da ragazzi.
Attitudinale più che altro, con qualche domanda mirata soprattutto a capire se l’esaminando fosse pronto a relazionarsi con realtà giovanili e difficoltose.
Alla fine ha chiesto aiuto a sua madre, è riuscita a superare quella barriera che le due avevano innalzato, solo grazie alla consapevolezza che dopo tutto Abigail forse avrebbe capito.
Hanno pranzato insieme nel giorno libero di Abby, Clarke si è accordata di sua sponte un permesso lasciando tutto nelle mani della fidata Raven.
Hanno parlato e, dopo tanto tempo, sono riuscite a sciogliersi.
Sua madre le ha prestato un paio di volumi, le ha spiegato com’è che vengono elaborati quel tipo di test e la mente di Clarke ha recepito in fretta, immagazzinato con facilità quelle informazioni dettagliate.
“Devi capire cos’è che richiedono.”
La figlia l’ha osservata per un momento.
Le rughe sempre più evidenti ma un ovale sereno, una curva spontanea sulle labbra e lo sguardo concentrato le hanno infuso tranquillità e la consapevolezza che sua madre si era finalmente arresa, si era lasciata andare, non per stanchezza ma per semplice comprensione.
“Bhè… Immagino che si aspettino qualcuno che mostri interesse in materia e capacità tecniche ma soprattutto che sia in grado di trasferirle ad altri esercitando anche un’analisi attenta su ogni situazione individuale e cercando di rendere il lavoro ottimale e aderente alla risoluzione, seppur parziale, delle problematiche mostrate.”
Ha detto in un soffio.
Abby aveva annuito con uno sguardo fiero, come se fosse orgogliosa della sua bambina e ne riuscisse a cogliere l’enorme potenziale rimasto sepolto nei confronti di un approccio più scientifico e legato al suo campo lavorativo.
Erano state chine sui libri per quasi tre ore, poi Abby aveva interrotto un ragionamento di Clarke sulla cognizione sensoriale legata alla sfera emotiva
“Ci serve una pausa.”
“Dici?”
“Perché non mi porti all’atelier?”
E le labbra rosee della giovane Griffin si erano allargate in un sorriso riconoscente.
 
Clarke Griffin accovacciata sul letto con il portatile sulle ginocchia osserva lo schermo luminoso: la finestra della sua personale posta elettronica, troppi messaggi non letti, prima ancora del risultato del test inviatole direttamente dall’indirizzo istituzionale della Georgetown, ci sono un paio di Lexa Woods.
Non l’ha più sentita da quando è partita, non l’ha più cercata.
Non lo ha fatto con cattiveria, semplicemente non sapeva cosa dirle, da dove iniziare e così si è lasciata inghiottire dalle sue giornate, dalla nuova routine.
Non ci sono oggetti nelle mail della sua dolce metà, anche se le fa strano ormai identificarla come tale.
Sa che aprendole dovrebbe affrontare una realtà ben delineata, accettarla con la schiena contro il muro, senza vie di fuga, uscire per sempre da quel dubbioso limbo in cui davanti a lei si stagliano ancora infinite possibilità.
Sono giorni che rimanda, non ha voluto distrarsi, aveva davvero bisogno di ottenere quel posto per il progetto.
Non solo per una questione economica, doveva di nuovo permettere alla sua mente di concentrarsi su qualcosa perché Clarke è fatta così, non può lasciare che il suo cuore prenda le redini dei suoi sentimenti e per farlo deve alimentare il suo cervello, trovare uno scopo, concentrarvisi con tutte le sue forze.
Ma ora il test è acqua passata ed i risultati sono solo ad un click, non ha più scuse a cui aggrapparsi.
Trattiene il respiro.
Chiude gli occhi cristallini e l’oscurità s’impossessa di lei.
Si annulla e si lascia galleggiare ancora per qualche istante in quel vuoto nero.
Solo quando sente di non potersi trattenere più inspira dal naso l’aria del monolocale e permette di farla uscire poi dalla sua bocca schiudendola appena.
Allora i suoi occhi si aprono, mettono a fuoco velocemente lo schermo.
Scorre con il mouse lentamente, supera appena l’ultima mail ricevuta ed apre il contenuto mandatole da Lexa.
 
 

‘Qui è notte. Sono tornata a Londra con un macigno nel petto ma ho fatto di tutto per non pensarci, mi sono immersa per due giorni filati nel lavoro.
Ho pensato che prima o poi ti saresti fatta viva, mi sono abbandonata alle mille aspettative che la mia fervida immaginazione formulava in continuazione, senza mai lasciarmi un istante di pace.
Un messaggio, una telefonata, persino una cartolina.
Ma sono passati i minuti, le ore, le notti e lo schermo del mio cellulare era vuoto, la casella postale invece piena di pubblicità e qualche bolletta arretrata, forse una multa.
Nulla nella mia vita ha rimandato alla tua presenza in questi giorni se non una costante fitta nel cuore.
L’amore è debolezza.
Mia nonna me lo diceva sempre ed io ci ho creduto, non importava se ogni giorno i miei genitori mi dessero la prova del contrario, conoscevo la storia di quella vecchietta da cui ho ereditato i miei occhi verdi.
Abbandonata a sé stessa con una nuova vita nel ventre da tenere al sicuro.
Mia madre non l’ha mai ascoltata, ha sempre fatto di testa sua eppure io non sono mai riuscita a dimenticare le lacrime calde che scorrevano sul viso rugoso di quell’anziana donnina.
Quando mi ha raccontato la storia della sua vita ho pensato che i suoi insegnamenti non dovessero rimanere inascoltati e così l’ho onorata: sul letto di morte le ho promesso che sarei diventata una donna forte, indipendente proprio come lo era stata lei.
Ma poi ho conosciuto te e non ci ho più capito nulla, ho dimenticato ogni promessa, ogni fioretto.
Tutto si è dissipato nei tuoi occhi pieni d’oceano.
Non ho bisogno di dimostrati nulla, né di ricordarti i momenti condivisi in questi anni, so che sono dentro te almeno quanto albergano nella mia anima in modo irremovibile.
Solo che il clima ancora freddo di Londra mi ha svegliato. Mi ha ricordato il viso determinato di quella donna che ha trovato la pace pochi istanti prima di lasciare questo mondo proprio tramite le mie parole.
Non so cosa ti abbia spinta a comportarti in quel modo nei giorni passati, non sono più nemmeno sicura di poterlo capire Clarke…
Ma so di cosa ho bisogno io e non posso di nuovo ignorare i miei sentimenti.
Non posso stare male, capisci? Non posso permettermelo.
Non posso essere debole, a lavoro hanno bisogno di me ed io non riesco vivere senza il mio lavoro.
Mi dispiace farlo così ma non mi hai lasciato altra scelta.
Ti chiedo una pausa.
Non ho il coraggio di lasciarti alle mie spalle per sempre ma non riesco a vivere con la convinzione di crederti mia quando le cose non stanno così.

Forse un giorno ci rincontreremo e ci ritroveremo proprio come quella notte di sette anni fa.
Preferisco pensare che possa essere così piuttosto che continuare ad illudermi sul presente.
Non mi aspetto una risposta, forse non la voglio perché la mia non è una richiesta, è una decisione sulla quale non posso tornare indietro.
So solo che quando leggerai questa mail mi penserai ed i ricordi riaffioreranno man, mano con il passare dei giorni e allora io saprò che per l’ultima volta avrò dominato la tua mente.’

 
Un sospiro riecheggia tra le mura del monolocale, Clarke deglutisce, si stropiccia gli occhi arrossati con una mano, incerta nei movimenti così come nelle reazioni.
I suoi occhi sono gonfi eppure nemmeno una lacrima riesce a fuoriuscire.
Improvvisamente si accorge che il macigno che per giorni ha sentito dentro lei è svanito.
Al suo posto c’è un’inquieta leggerezza: la consapevolezza di una fine più agrodolce di quanto potesse immaginare.
 
-
 
La domenica è di nuovo il giorno preferito di Bellamy Blake.
Sembra quasi che il tempo non sia mai passato adesso. Proprio come quando frequentava il liceo e l’università poltrire sul letto è di nuovo uno dei più grandi piaceri per il maggiore dei Blake.
Il lavoro lo assorbe e lo ha aiutato a non pensare.
Ogni giorno si reca al dipartimento di Letteratura con un sorriso furbo dipinto sul volto, entra in quel luogo che dentro di sé racchiude infiniti mondi e vi si perde.
Quando ancora la sala è vuota, qualche minuto prima dell’apertura al pubblico, si permette di aggirarsi tra gli scaffali e selezionare un volume. Così passa le sue giornate appollaiato alla reception sfogliando pagine, immergendosi in regioni lontane, nella mente di personaggi tormentati, dimenticandosi di sé stesso. Riprende contatto con la realtà esterna solo le rare volte in cui si ritrova a fornire indicazioni o a compilare qualche modulo.
Poi finito il turno, il brusco impatto dell’aria fresca lo risveglia e fa tornare a galla i pensieri, i ricordi, i volti.
Ogni tanto Murphy lo raggiunge per prendersi un caffè: passeggiano per la città e si raccontano delle loro vite passate, di ciò che è rimasto in sospeso negli anni e non sono mai stati in grado di dirsi. Scoprono di essere adulti insieme, lo realizzano come se nei loro cuori si sentissero ancora quei ragazzini di periferia annoiati ed in cerca di stimoli.
Così quell’agognato equilibrio che temeva di aver perso per sempre è di nuovo suo: le birre, gli amici di una vita, le giornate che scorrono veloci, tutto è tornato al suo posto alla fine e Bellamy Blake non ha nemmeno avuto il tempo di rendersene davvero conto, è successo tutto in modo spontaneo, senza che dovesse fare troppi sforzi eppure, lo sente, il suo cuore non è ancora sereno.
 
Nel buio della stanza, senza trovare ancora le forze di tirarsi sù dal letto, pensa a sua sorella che a casa ormai fa solo qualche comparsa, a suo padre che ha deciso di non farsi più domande del dovuto, di credere alle innumerevoli bugie che la minore dei figli gli riserva.
Poi due occhi blu fanno capolino nei suoi pensieri, non l’ha più vista, ha incontrato gli altri, è andato a sentire uno show di Jasper con Bryan e Nathan, si è fermato a prendere una birra nei pub con John, Harper e quel ragazzo nuovo Monty ma di Clarke nemmeno l’ombra.
Ciò che lo inquieta è che ogni qual volta sapeva che avrebbe dovuto incontrare qualche vecchia conoscenza, si era reso conto che alla sua mente piaceva giocargli brutti scherzi caricandosi di aspettative, sperando con anima e corpo che la Griffin facesse capolino, ovunque loro fossero, da un momento all’altro.
Non si è mai esposto però, ad alcuna anima viva ha rivelato questo suo desiderio nascosto, mai ha chiesto a nessuno dei suoi amici di lei, mai si è lasciato sfuggire il suo nome e ciò che lo frustra è che l’unica persona che lo ha compreso è anche la sola che in questo momento sembra fare di tutto per evitare di ritrovarsi con lui non solo nella stessa stanza ma anche sotto lo stesso tetto.
Mosso da questo pensiero scatta a sedersi ed in breve tempo è fuori dal letto, forse, almeno di domenica troverà sua sorella in casa.
Silenzioso come un felino scende gli scalini che lo separano dalla cucina, le sue orecchie sono tese, pronte a captare qualsiasi suono che possa tradire la presenza di qualcuno.
Percepisce così il rumore del tosaerba e gli basta ritrovarsi dinnanzi la finestra del modesto salone per osservarvi incorniciato Michael intento a falciare il prato rigoglioso.
In silenzio mette piede in cucina e finalmente la trova: Octavia Blake è concentrata sul suo cellulare e non si è minimamente accorta della sua presenza.
“Finalmente. Credevo fossi diventata un fantasma.”
Sussurra per non spaventarla.
La ragazza allora si vede costretta ad alzare lo sguardo dal piccolo schermo e una strana espressione si fa spazio sul suo volto: confusa in un primo momento, poi infastidita ed infine quasi scocciata.
“Lasciami in pace Bell.”
“Buongiorno anche a te sorellina…”
Avrebbe tentennato in altre occasioni ma è stufo di quella scontrosità, di quell’irrisolto astio che si origina da questioni che ai suoi occhi appaiono già sfocate.
Si siede accanto a lei senza troppi convenevoli, versandosi del caffè in una tazza pulita e cercando di allungare lo sguardo sullo schermo dello smartphone della più piccola.
Riesce solo a leggere un nome che gli appare nuovo, poi la ragazza con un gesto secco blocca il dispositivo, allontanandolo da occhi indiscreti.
“Chi è Indra?”
Chiede il ragazzo con un tono che cerca di risultare il più disinteressato possibile ma che tradisce una nota fin troppo eccessiva di curiosità.
Gli occhi smeraldini della minore dei Blake indugiano contro i suoi e la piccola Octavia sembra ormai costretta a rispondere.
Del resto nessuno sfugge allo sguardo attento di Bellamy, ha provato mille volte ad evadere le sue domande senza mai riuscire pienamente nel suo intento.
“Una lontana zia di Lincoln.”
Mugugna tenendo bassa la testa.
“E’ da lei che sei stata tutti questi giorni?”
La giovane si limita ad annuire.
“E che tipo è?”
Lei lo guarda nuovamente aggrottando le sopracciglia.
“E questa che domanda sarebbe?”
E’ come pensava, sua sorella è confusa e si mette subito sulla difensiva.
“Voglio solo sapere come te la passi O’, cosa fai insomma so quanto possa esser difficile per te…”
“Fidati Bell, non puoi immaginarlo nemmeno lontanamente. Indra è a posto comunque se è questo quello che vuoi sapere. Mi sta aiutando, stare con lei mi fa sembrare Lincoln più vicino. Insegna arti marziali in una palestra qui vicino, sai non è un semplice sport, è una disciplina e sento che è tutto ciò di cui avevo bisogno, davvero.”
Octavia alimenta il suo flusso di coscienza a velocità e Bellamy finalmente si rilassa sulla sedia, ora la riconosce, niente apatia, niente occhi vacui.
E’ come se in quella frase leggermente più articolata delle pochissime risposte monosillabiche che si sono scambiati in quei giorni emergesse tutto il suo bisogno di sfogarsi e di comunicare.
“Sono felice.”
Risponde il maggiore dei Blake rivolgendole uno sguardo colmo di tenerezza.
“Insomma, sono contento che tu sia riuscita a trovare un tuo equilibrio nonostante tutto.”
E’ vero, Bellamy non sa nulla di lei, non sa in che modo si siano detti addio con Lincoln, non sa cosa passi per la testa di sua sorella e per questo, ora più che mai, sente il bisogno di sentirla di nuovo vicino.
Lei annuisce, un sorriso teso emerge sulla sua bocca.
“Credo di aver bisogno ancora di un po’ di tempo…”
“Andrà tutto bene O’.”
Lo dice di getto ma non perché sua sorella abbia bisogno di essere compatita, Bellamy Blake vuole crederci davvero in quell’affermazione.
“Forse. Solo che… è così difficile. Sai, per te è stato complicato, lo so, non li sentivi da così tanto tempo, non eri più tra loro quando uscivano quano una volta non si sarebbero mai mossi di qui senza saperti al loro fianco.”
Sa di chi sta parlando, quel generico loro esprime tutta la difficoltà che prova Octavia Blake nel parlare di quelli che un tempo erano anche i suoi più cari amici.
“Vedi per me è diverso. Tu hai sempre lasciato aperto uno spiraglio in quella parte della nostra vita, io no. Quella porta me la sono sbattuta dietro quasi con violenza, ero arrabbiata, non solo con Clarke ma con ognuno di loro, nessuno mi ha mai veramente cercato e non è solo colpa sua. Mi sono sentita abbandonata Bell. Ma poi ho trovato di nuovo me stessa grazie a Lincoln, lo sai bene e…”
La voce le trema, ogni parola da lei pronunciata è confusa e pesante.
“E quando ci siamo detti addio… io… non volevo crederci, non potevo. Ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che era giusto così, era meglio interrompere tutto. Quello che abbiamo avuto è ciò che in molti sognano, capisci? Non potevamo lasciarlo marcire dal tempo e dalla distanza, si sarebbe consumato in modo sbagliato. Ma quello che mi fa più soffrire è che tu avevi qualcuno da cui tornare, io no, io stavo solo lasciando la persona più importante della mia vita.”
Le pupille di Bellamy si dilatano, vedere sua sorella in quello stato è come ricevere un pugno nello stomaco.
Inspira, riesce a percepire tutta la sua sofferenza, gli sembra di soffocare nel dolore delle sue parole ma sa anche che alcune delle sue convinzioni sono del tutto errate e cerca di far prevalere quella visione ad ogni costo.
“O’, forse hai ragione, forse non potrò mai capire fino in fondo però so anche, con certezza assoluta, che loro ci sono ancora. I nostri amici non si sono mai dimenticati di noi, la prima cosa che mi hanno chiesto tutti, indistintamente, quando mi hanno rivisto riguardava te. Volevano sapere dov’eri, come stavi, cosa facevi e sì, anche Clarke,  anzi lei più di tutti, prima di ogni altro.”
Octavia scrolla le spalle e si strofina il viso con le mani affusolate come per riprendersi, esita.
“Non importa. Non credo di essere ancora pronta a perdonare, a far finta di niente.”
“Promettimi che almeno ci penserai.”
Sospira flebilmente.
“Te lo prometto Bellamy.”
E in un momento di debolezza quella che agli occhi del maggiore sarà sempre la piccola O’, si accascia sulla sedia e lascia cadere la sua testa di lato, facendo un leggera pressione sulla spalla di Bellamy alla quale si appoggia.
Lui, che è da sempre, nonostante tutto, la sua unica sicurezza, con una mano le sfiora una guancia in modo delicato e al contempo capace di infondere in lei la forza di cui ha bisogno.
 
-
 
E’ di nuovo in quello studio, aspetta le ultime direttive, ce l’ha fatta e ancora stenta a crederci, è successo tutto velocemente.
Alla fine ha aperto la mail di getto, non ha nemmeno perso tempo a leggere tutto il suo contenuto, appena i suoi occhi hanno captato che era risultata idonea ha chiamato la segreteria del dipartimento di letteratura della Georgetown e si è fatta fissare un appuntamento con il responsabile del progetto.
 
Marcus Kane riaggancia la cornetta del telefono fisso che tiene sulla scrivania e si prende un attimo per osservarla.
“Sono contento di non essermi sbagliato.”
Clarke sorride, c’è qualcosa in quell’uomo che le infonde sicurezza, tranquillità.
E’ stato così da subito, da quella sera fuori il ristorante.
“Sono felice anche io di non averla delusa.”
Si permette adesso di confessare.
L’uomo annuisce e comincia a scendere nei dettagli:
“Abbiamo inviato una circolare nelle scuole dello Stato e la risposta è stata celere ed efficace, i consulenti scolastici si sono subito messi all’opera ed è stata già formata una piccola classe composta da circa quindici studenti selezionati da vari istituti. Stiamo cercando ancora di capire durante quali giornate organizzare il corso che si occuperà di tenere ma già posso dirle che si tratterà di due giorni infrasettimanali in una fascia oraria che potrebbe variare dalle tre del pomeriggio alle sei. Per lei va bene?”
Clarke non ci pensa più di un attimo ed annuisce.
“Certo, mi organizzerò senza alcun problema, non esigenze particolari gliel’ho detto.”
“Benissimo. Sarà affiancata dal personale della biblioteca, mi sto occupando personalmente delle selezioni e le presenterò il suo collaboratore non appena avremo una conferma. Per il resto le ricordo che questo progetto è un qualcosa di estremamente innovativo e studiato nei dettagli da esperti e ricercatori, potrebbe essere un successo non solo a livello nazionale; signorina, c’è in campo molto. Le farò recapitare al più presto un fascicolo che dovrà studiare e seguire per tenere il corso, le lascerà una certa libertà a livello creativo ma vi sono delle linee guida tracciate da psicoterapeuti professionisti. Uno dei motivi per cui sarà affiancata da un supervisore esterno è proprio questo, la sua responsabilità sarà quella di assicurarsi che tutto venga organizzato seguendo le regole da noi fornite, spero non le dispiaccia… Ma c’è in ballo il futuro di ragazzi giovani e con grandi problemi alle spalle, credo e spero che potrà capire.”
Cade un attimo di silenzio.
Dunque verrà controllata, seguita, forse persino valutata.
No, non le dispiace, o meglio lo immaginava, solo adesso capisce davvero quanto ci sia in gioco.
Un brivido di emozione le percorre la schiena, vuole farlo più che mai, è elettrizzata, è in parte tutto ciò che ha sempre voluto: applicare l’arte alla vita, riuscire ad aiutare tramite essa, forse riuscire miracolosamente a cambiare l’esistenza di uno o più individui.
Dopo tutto è esattamente quello che è successo a lei, già perché Clarke Griffin senza l’aiuto di Michael Blake, non sarebbe mai riuscita ad esprimere sé stessa al cento per cento.
“Nessun problema professor Kane, capisco perfettamente quanto sia importante e cercherò con tutta me stessa di essere all’altezza di questo compito, glielo assicuro.”
Dice compita, guardandolo negli occhi.
“Benissimo, mi sembra lo spirito adatto, non perda questo entusiasmo e potremmo esser fautori di un’immensa rivoluzione nel campo pedagogico.”
Marcus Kane sorride sinceramente prima di congedarla e prometterle che entro la settimana prossima, se tutto andrà secondo i piani, saranno pronti ad iniziare.
 


“Quindi?”
“Ho l’incarico!”
Raven Reyes salta al collo della sua giovane amica e la stringe forte per un istante.
Poi si allontana e sparisce dietro la scrivania.
Salta fuori una manciata di secondi dopo, una bottiglia di prosecco alla mano.
“Lo sapevo, piccolo geniuccio che non sei altro.”
Clarke ride, spalanca la bocca, e sente l’eco delle risa tra le mura nuove.
Era da tempo che non sentiva quella leggerezza e per un frammento di minuto non ha paura ad immaginarsi felice.
Raven è rapida, riempie due piccoli calici fino a metà, poi mette via la bottiglia e le porge un bicchiere
“C’è un’altra cosa!”
“Ah sì?”
La mora annuisce e la guarda variando il suo repertorio espressivo in modo piuttosto repentino.
“Avanti… Non tenermi sulle spine.”
“E’ che non so come potresti prenderla, ora che ci penso.”
“Allora non avresti dovuto pensarci.”
Dice Clarke leggermente accigliata ma comunque ancora troppo incuriosita.
“E’ stata organizzata una festa gigantesca dal vecchio comitato studentesco e tutte le classi che nel 2009 erano Junior e Senior sono invitate!”
“Cosa?!”
Non sa che pensare.
E’ questa la verità, Clarke è completamente sconcertata da questa notizia, chi diamine ha avuto l’idea e la pazienza di metter su un evento simile? E soprattutto quanti annuari saranno stati necessari per ripescare nomi e contatti di ogni studente?
Non che la loro scuola fosse gigantesca, era pur sempre un istituto periferico che contava tre sezioni a malapena ma…
Chi poteva aspettarsi tanta megalomania a distanza di quasi dieci anni?
“Mhh, vedi? Lo sapevo che non l’avresti presa bene.”
“Ma se non ho detto nulla Rav!”
“Appunto! Dai, quando con gli altri lo abbiamo scoperto abbiamo cominciato ad urlare e ci siamo lasciati trasportare dai ricordi mentre tu te ne stai qui a con la bocca socchiusa e quello sguardo.”
“Che vuoi che ti dica, non è che resti impassibile di fronte ad un evento simile, potrebbe persino farmi piacere… Se non fosse che abbiamo tutti quasi trent’anni e non siamo più ragazzini. Voglio dire, se tieni conto di questo fattore non ti sembra una specie di pagliacciata?”
“Sarà ma io lo trovo un bel modo per riunire la banda prima che ognuno sia davvero troppo vecchio!”
Clarke la osserva di sottecchi e si stupisce un poco.
Era da tempo che non vedeva così entusiasta Raven per qualcosa, qualsiasi cosa.
Ma non ha il tempo di osservare questo suo strano atteggiamento che la mora riprende
“Il punto è questo, non farò il brindisi se prima non prometti che verrai.”
“Ma…”
“Ti prego Clarke, non puoi lasciarmi sola con Harper… Non ora che è diventata così intima con Monty, giuro che non sopporterei di starmene tutto il tempo con il nostro gruppo di ‘maschioni’ che ovviamente sentiranno il bisogno di commentare qualsiasi cambiamento fisico di ogni ragazza presente…”
Clarke si lascia sfuggire un ghigno e senza dire nulla conduce il suo calice verso quello dell’amica.
E’ un sì.
I bicchieri tintinnano in modo acuto.
Un sì che tante volte si è preclusa e lo lascia trasparire da un gesto, senza aggiungere altro perché d’improvviso ricorda che ognuno di loro frequentava le classi indicate durante quell’anno, compresi i fratelli Blake.
E Clarke sa che a questo punto non si tratta più di tenere a freno solo la lingua.
E' infatti il cuore a spaventarla e ad ammutolirla.
-
 
 
“A Blake, che non ne sbaglia una!”
Dice alzandosi John Murphy con tono enfatico stringendo un bicchiere da shot tra le dita.
Sono al bancone del vecchio pub che frequentavano quando da davvero pochissimo avevano ottenuto il permesso legale per ingerire alcolici.
Bellamy lo guarda buttare giù il rum e strizzare gli occhi in modo teatrale e subito dopo lo segue, lo stesso fa Octavia al suo fianco.
Alla fine Kane si è deciso e gli ha affidato l’incarico di cui gli aveva parlato. Bellamy aveva pensato che ci sarebbe voluto molto di più e invece in un paio di giorni avrebbe iniziato anche se ancora non sapeva nulla nei dettagli.
“Ti odio Bell, sappilo.”
Ridacchia la minore dei Blake.
“E questa non è una novità”
Commenta l’unico biondo tra i tre.
“Cos’ho fatto stavolta?”
“Mi rendi la vita impossibile, ecco cosa. Tu hai due lavori ed io sono di nuovo  l’unica disoccupata e scansafatiche in casa… Ma ti avverto, ancora per poco!”
Bellamy coglie uno scintillio nello sguardo della sorella che lo ammalia, gli da forza e speranza, finalmente è  tornata la combattiva ed inarrestabile Octavia Blake.
“Sputa il rospo O’, non vorrai tenerci sulle spine così!”
John le da una leggerissima gomitata e la più piccola si schiarisce la voce
“Sto frequentando un corso della durata di un anno per diventare istruttrice di Kendo.”
Tutto d’un fiato Octavia annuncia con fierezza quella che sembra essere la vera notizia della serata.
Bellamy sorride adesso, gli occhi colmi di orgoglio e il corpo elettrizzato.
John la scruta alzando un sopracciglio.
“Ma dai, gracile come sei non ti darei un soldo!”
La minore dei Blake lo guarda con aria di sfida
“Sarò felice di farti ricredere mio caro Murphy.”
“Allora dobbiamo fare un altro brindisi, voi due, cari fratelli Blake di questo passo mi condannerete a lasciar qui la macchina e a tornarmene indietro a piedi, non ho più l’età per reggere tutto questo alcool, davvero.”
Bellamy s’irrigidisce, l’amico non ha detto nulla di male, lo sa ma non riesce a farne a meno, è più forte di lui, non è più in grado di cogliere la vera ironia di battute del genere, il suo pensiero corre sempre, in modo irrimediabile, a suo padre.
Teme che per Octavia possa essere lo stesso, non ne parla mai sua sorella eppure sa perfettamente quanto quella questione l’abbia logorata.
Se la situazione non fosse stata impellente non sarebbe mai tornata indietro ma senza batter ciglio si è costretta a separarsi da tutto ciò che aveva di più caro per stare vicino a Mike.
Con stupore però è proprio lei a riprendere in mano la situazione.
“A proposito di festeggiamenti… Avete sentito della festa organizzata dal vecchio comitato studentesco?”
Bellamy sgrana gli occhi nella sua direzione e lo fa per due motivi:
il primo è che non sa assolutamente nulla di questa fatidica festa e ciò lo infastidisce un po’, considerando che per due anni di seguito ha fatto parte di quel comitato.
Il secondo è che sua sorella è l’ultima persona sulla faccia della terra dalla quale avrebbe pensato di apprendere una notizia simile.
Il risultato è che le sue labbra si socchiudono in un’espressione del tutto stupita mentre il suo amico risponde velocemente
“Me lo aveva accennato Raven, buffo non credete? Sembra che quest’anno, per un motivo o per l’altro, sia stato progettato per essere all’insegna dei vecchi tempi!”
E quella frase destabilizza l’equilibrio di Bellamy, lui aveva paura di tornare e di ritrovarsi lasciato indietro invece, il loro arrivo sembra averli catapultati in un periodo volto alla rievocazione perpetua del passato.
Sente la schiena formicolare quando i suoi pensieri corrono veloci agli ultimi istanti passati in America, rivede il viso giovane di Clarke così da vicino…
Quell’immagine è rimasta indelebile nel suo cuore, poi realizza che anche lei, proprio come sua sorella, dovrebbe essere tra gli invitati ed un timore misto ad eccitazione gli infiamma il corpo.
“Mi stai dicendo che vorresti andare?”
Bellamy si gira di scatto verso sua sorella, lo fa per scacciare quei ricordi dalla mente ma anche perché a quanto pare Octavia stasera è in grado di stupirlo su più fronti.
“Sapete, so che potrebbe non interessarvi, ma ieri mi sono pesata dopo mesi che non lo facevo. Il risultato è che il mio peso è rimasto invariato da ben otto anni!”
Gli sguardi dei ragazzi sono del tutto perplessi al che Octavia libera nell’aria calda del locale un risolino acuto e rivela
“Nonostante fossimo partiti in estate, avevo già comprato un vestito appositamente per il ballo del Senior Year… L’altro giorno mentre finivo di sistemare le mie cose mi ci è caduto l’occhio. Vi assicuro che nonostante gli anni non ha perso il suo fascino e… avevo disperatamente bisogno di un evento simile per sfoggiarlo. Ovvio, voi non potete capire ma non posso esimermi! Un’occasione del genere potrebbe non ricapitarmi più.”
Bellamy la osserva incredulo, è esageratamente divertito ma allo stesso tempo non è in grado di comprenderla e sfoga questa sua sensazione ingurgitando di fretta il contenuto del suo bicchiere.
John invece comincia a ridere di gusto.
“Quando vi sento dire queste cose, mi ricordo perché da tempo ho deciso di rinunciare alla comprensione dell’universo femminile.”
La ragazza fa spallucce  e aggiunge
“Credo che ancora prima di questa tua decisione, sia stato l’universo femminile a voltarti le spalle!”
Ed è così che i tre si ritrovano a ridere a crepapelle.
Bellamy compreso anche se parte della sua mente è proiettata a quello che potrebbe accadere alla fatidica celebrazione in ricordo dei tempi andati.
Pensa ad ognuno di loro, a com’era prima di diventare adulti, prima delle responsabilità e delle preoccupazioni.
Il Bellamy che ricorda è così distante da quello che vede ogni mattina di fronte allo specchio.
Ed è così che il suo pensiero corre di nuovo a lei, a Clarke Griffin, a quel bacio datole nel buio di una notte estiva, un bacio che quella ragazzina bionda ha ricambiato con insistenza e trasporto dischiudendo le sue labbra e lasciando che le loro lingue s’incontrassero, si rincorressero, s’intrecciassero in una danza lenta ed in grado di far battere i loro cuori alla velocità della luce.
Ricorda bene ogni sensazione ed ora, forse per la primissima volta si chiede quali fossero quelle che ha provato lei, i dubbi lo assalgono, del resto ha sempre dato per scontato che quel sorriso imbarazzato fosse inequivocabile, quella ragazza doveva aver provato lo stesso.
 
Ma Clarke Griffin adesso, se avesse davvero la possibilità di conoscerlo daccapo, sarebbe in grado di amare o anche solo apprezzare, il nuovo Bellamy Blake?


 


Angolo autrice: Sono mortificata per l'immenso ritardo.
Sebbene non abbia mai dato periodi di scadenza, so perfettamente di aver fatto passare un bel po' di tempo e mi dispiace tantissimo.
Purtroppo non posso proprio promettervi che non succederà più e confido profondamente nella vostra pazienza.
Passando al capitolo volevo promettervi che a breve entreremo nel vivo del rapporto Bellarke, scusate se ci ho messo un po' ma avevo davvero bisogno di chiarire alcuni aspetti caratteriali e legati alle loro vite, spero che abbiate comunque apprezzato ogni interazione e gli strani intrecci che la mia mente ha prodotto.
Come sempre vi ringrazio a cuore aperto.
Un grazie speciale per ogni recensione colma d'affetto e stima, ognuno di voi è esageratamente adorabile!
Un ringraziamento poi a tutte quelle persone che seguono la storia e l'hanno inserita tra le preferite/seguite/ricordate... Siete davvero tantissimi!
Perdonatemi ancora per le tempistiche e scrivetemi tutto quello che vi passa per la testa.
Io vi mando un bacio grande,
vostra Chiara.

   
 
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