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Autore: Ciulla    22/06/2017    1 recensioni
Chi potrà mai convincere Kukui, abituato a girare per Alola mezzo nudo, ad allacciarsi, una volta tanto, il camice?
“Io… Sto bene”, articolò la ragazza arrossendo. “Ma il professor Kukui cosa aveva?”
Sopprimendo una risata, Magnolia alzò le spalle. “Questi uomini, sai come sono fatti! Non si capisce mai cosa hanno! Soffrono in silenzio e non hanno mai il coraggio di tirar fuori le palle!”
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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​IL CAMICE ALLACCIATO
 

Erano passati alcuni mesi da quando la professoressa Magnolia aveva trovato Lylia svenuta sulla spiaggia ed aveva cominciato a prendersi cura di lei insieme al suo affascinante marito. La ragazza, nonostante vivesse con loro da poco tempo, aveva già avuto occasione di assistere ai battibecchi e ai dispetti più assurdi; i due coniugi non perdevano mai occasione di stuzzicarsi l’un l’altro e Lylia adorava questo loro spensierato e divertente modo di amarsi. I suoi genitori non avevano mai avuto un rapporto così stretto e complice, perciò invidiava davvero il clima leggero e familiare che chiunque respirava in presenza di quella folle coppia. Nonostante le mancasse molto sua madre Lylia non poteva perciò dire di essere scontenta della sua vita: era capitata in buone ed amorevoli mani ed era consapevole di essere stata molto fortunata.
Certo, alcuni aspetti di questa sua nuova vita rimanevano strani e misteriosi. Alcuni avvenimenti le lasciavano un senso di inquietudine e curiosità addosso che la inseguiva per tutto il giorno, finché non lo annegava in un buon sonno ristoratore. 
Gli avvenimenti di quella mattina facevano indubbiamente parte di questa categoria di eventi strani. Con il suo fedele Nebulino nella borsa Lylia si era avviata di buon’ora verso il laboratorio della professoressa Magnolia; da alcuni giorni era diventata l’assistente del professor Kukui e non aveva avuto molto tempo libero da passare con la donna.
L’edificio di ricerca interdimensonale era quasi completamente vuoto; solo alcuni scienziati correvano qua e là a sistemare le prime incombenze della giornata. Si sentivano dei tonfi provenire dal piano di sopra, dove si trovava il laboratorio della professoressa, e Lylia decise di aspettarla pazientemente accanto all’ingresso. Doveva essere impegnata in ricerche complicate e potenzialmente pericolose se quello era il rumore che ne derivava.
I tonfi continuarono per pochi minuti, accompagnati da flebili lamenti all’apparenza poco umani, per poi fermarsi completamente. Lylia aspettò ancora un quarto d’ora, poi, notando che non scendeva nessuno, decise di salire a controllare che tutto andasse bene.
Il piano superiore era ancora più vuoto di quello inferiore; l’unico segnale della presenza di esseri umani era un mormorio sommesso ed incomprensibile che si sentiva provenire dall’ufficio di Magnolia. Intuendo che la donna non era sola Lylia decise saggiamente di andarsene e ripassare più tardi, ma improvvisamente la porta del suo ufficio si spalancò, rovinando i suoi piani e rivelando un trafelato professor Kukui. Sembrava avesse appena corso: il suo volto era leggermente arrossato, alcune ciocche di capelli fuggivano dall’elastico, come se qualcuno avesse appena tentato di arruffarglieli, e il suo respiro era chiaramente affannoso. La cosa che colpì Lylia più di tutte, però, fu che il suo camice era completamente allacciato, dal primo bottone fino all’ultimo, all’altezza del ginocchio.
“Professore!” Esclamò. “A cosa si deve questo cambiamento?”
Inaspettatamente, Kukui arrossì, affondando le mani nelle tasche del camice. “Io… Ah… Ecco… Si nota tanto?”
Perplessa, Lylia annuì. “Abbastanza, sì. Non sono abituata a vederla così… Professionale”.
Sempre più rosso, il professor Kukui agitò in aria le mani. “Insomma, insomma! Quanta curiosità! A tutti viene voglia di cambiare!”
Detto questo corse via senza dare possibilità alla ragazza di fare altre domande.
Lylia scrollò le spalle; in fondo era abituata alle stramberie del professore e quella non era che un’ennesima stranezza da aggiungere all’elenco. Bussando piano alla porta aperta del laboratorio introdusse la testa e incrociò lo sguardo di Magnolia, che la osservava ridacchiando.
“Lylia, ciao!” Esclamò la donna. “Ti trovo bene! Come stai?”
“Io… Sto bene”, articolò la ragazza arrossendo. “Ma il professor Kukui cosa aveva?”
Sopprimendo una risata, Magnolia alzò le spalle. “Questi uomini, sai come sono fatti! Non si capisce mai cosa hanno! Soffrono in silenzio e non hanno mai il coraggio di tirar fuori le palle!”
Mentre Lylia arrossiva per il suo linguaggio, Magnolia rideva tra sé e sé per qualcosa che aveva detto – Lylia non trovava decisamente nulla di divertente nelle sue parole, anzi, la portavano ancora di più a preoccuparsi per Kukui. Confusa aggrottò la fronte e Magnolia frenò le sue risate per rassicurarla. “Sta bene, stai tranquilla”.
Pur senza spiegazioni aggiuntive, Lylia si fidò della donna. In fondo, chi poteva conoscere il professor Kukui meglio di sua moglie? Dietro invito, si accomodò nell’ufficio e le due cominciarono a chiacchierare allegramente come madre e figlia.



Qualche ora dopo, quando uscì dai laboratori di Magnolia con la sua inseparabile borsa a tracolla, Lylia incrociò di nuovo il professor Kukui. Questa volta fu l’uomo ad avvicinarla, con sguardo imbarazzato e a tratti implorante. “Ehi, giovane assistente!” Chiamò. “Ho proprio bisogno di te”.
“Mi dica, professore!” Esclamò la ragazza, lieta di rendersi utile.
“Vedi, oggi sono impegnato tutto il giorno e non ho tempo di tornare al laboratorio… E sono in giro senza soldi. Non hai qualche Pokedollaro da prestarmi? Giusto qualcosina, sai, per comprare… Che so, un paio di pantaloni. Per un regalo di compleanno”.
Afflitta, Lylia scosse la testa. “Mi dispiace tanto, professore, ma sono in giro anch’io senza soldi. Se vuole però posso andare al suo laboratorio e portarle il portafoglio!”
Kukui gemette. “No, mi servono immediatamente, ho un meeting fra mezz’ora!”
Perplessa, Lylia lo guardò non capendo il nesso e lui si affretto a spiegare. “Eh, ecco, vedi, è il compleanno del figlio di uno dei professori presenti, io… Non volevo presentarmi a mani vuote”.
Lylia annuì dispiaciuta e senza aspettare altro Kukui corse via.



La ragazza, nel corso di quella giornata, incontrò Kukui altre tre volte.
La prima volta fu solo dieci minuti dopo la sua bizzarra richiesta di soldi. Vicino ad un praticello erboso, un bambino esageratamente entusiasta indicava alla mamma l’imbarazzato professore. “Mamma, mamma!” Gridava. “Guarda che bel camice! Ne voglio uno anch’io!”
La madre, ben conoscendo la tipica disponibilità del professor Kukui, sorrise intenerita al figlio. “Se glielo chiedi gentilmente, tesoro, sono sicura che il professore non avrà niente in contrario a fartelo provare!”
Purtroppo il rifiuto di Kukui fu irremovibile quanto incomprensibile, e il bambino continuò a piangere per qualche minuto mentre la madre rimproverava il professore per la sua inusuale scortesia e Kukui tentava di scusarsi in ogni modo col piccolo. Lylia, perplessa e non notata da nessuno, si allontanò silenziosa.
Il secondo incontro avvenne dopo un paio d’ore. Kukui stava uscendo dalla sala conferenze della scuola per allenatori di Alola, dove aveva evidentemente appena terminato il suo meeting con gli altri professori, e Lylia si trovava casualmente nei dintorni mentre aspettava che la sua amica Moon finisse le lezioni. Senza essere notata, assistette ad una buffa conversazione da dietro una colonna.
“Sai, Kukui”, stava dicendo un vecchio scienziato barbuto. “Stavo giusto discutendo con i miei colleghi del POPPLIO che saresti decisamente perfetto come membro onorario”.
Lylia trattenne incredula il fiato, felice per il professore. Conosceva molto bene il POPPLIO, acronimo per “Primary Organization for Pokemon Preservation, Life Improving and Observation”, perché suo padre ne aveva fatto parte per alcuni anni, prima di essere sbattuto fuori a causa della sua negligenza. Sapeva che essere invitati a farne parte era un privilegio non comune e, a giudicare dalla voce emozionata di Kukui, anche il professore ne era al corrente.
“Non so davvero esprimere a parole quanto io sia onorato di questa vostra considerazione…”
“Non ho finito!” Lo interruppe antipaticamente l’uomo più anziano, e Kukui si zittì.
“Dicevo che ne stavamo discutendo con interesse, ma molti di noi erano frenati dal fatto che tu fossi talmente poco professionale da andare in giro col camice aperto senza alcuna maglietta sotto. Volevamo dunque aspettare qualche anno prima di accoglierti tra di noi… Tuttavia, vedo chiaramente che quella fase di ricerca di attenzioni ti è passata, perciò sono certo di non andare contro il volere di nessuno nell’offrirti questo”.
Lylia sentì il professor Kukui sussultare e, curiosa, si sporse cautamente da dietro la colonna che la nascondeva e sbirciò la scena che si stava svolgendo a pochi metri di distanza da lei.
Vide il professor Kukui allungare le mani verso il camice da laboratorio della POPPLIO che l’altro scienziato gli stava offrendo, gli occhi lucidi per l’emozione. Udì l’uomo emettere un sospiro estatico quando ebbe finalmente l’indumento tra le mani e lo vide accarezzare delicatamente lo stemma dorato dell’organizzazione con inciso il suo nome, il volto arrossato per la gioia e l’emozione a stento trattenute. Sembrava l’uomo più felice del mondo, Lylia non l’aveva mai visto così sorridente, se non, forse, nelle foto del suo matrimonio.
Improvvisamente, però, il volto di Kukui passò da quel piacevole rossore al pallore più totale; a suscitare questo cambiamento fu una semplice frase dell’altro professore.
“Su, vediamo come ti sta!”
“Io… Eh… Oh… Adesso… Non è il caso… Insomma…”
“Coraggio, coraggio, giovane! Non essere timido!”
Sospirando arrendevole Kukui tentò di infilarsi il camice della POPPLIO sopra il proprio, ma l’altro professore lo bloccò subito. “Non fare sciocchezze! Sfilati l’altro camice e sostituiscilo con questo!”
Lylia vide chiaramente che Kukui non sapeva come tirarsi fuori da quella situazione e non capiva come mai quel giorno non volesse proprio sfilarsi quel suo indumento generalmente superfluo.
“Vede”, boccheggiava spaventato il giovane professore. “Non posso… Prenderei freddo, insomma… Non me la sento…”
“Professor Kukui, se continua con questo comportamento immaturo sarò costretto a riprendermi il camice e ritirare la mia offerta!”
Kukui gemette frustrato, ma non si tolse il camice. Arrabbiato per l’insubordinazione, il vecchio professore gli sottrasse il simbolo della sua appartenenza alla POPPLIO dalle mani e si allontanò borbottando insulti a mezzavoce. “Questi giovani del giorno d’oggi, tutti ingrati!” Lo sentì brontolare Lylia mentre passava accanto alla sua colonna. Poi, imprecando per l’occasione perduta, anche Kukui se ne andò.
Il terzo incontro con il professore fu senza dubbio il più strano.
Quando Moon finì le lezioni fu ben felice di trovare la sua amica Lylia ad aspettarla e insieme decisero di andare a girovagare un po’ per i prati vicino alla spiaggia. Fu allora che, disteso sofferente in mezzo al verde, trovarono un Oricorio ferito. Probabilmente aveva appena perso una lotta: alcuni dei tagli sul suo corpo erano ancora freschi e perdevano sangue macchiando il suo magnifico piumaggio. Urgeva una visita al centro Pokemon più vicino.
“Come facciamo a trasportarlo? Perde troppo sangue, ho paura di fargli male!” Chiese Lylia spaventata. Fu allora che Moon si rese conto della presenza, poco lontano da loro, del professor Kukui.
“Guarda, siamo fortunate! C’è il professore!” Esclamò. Poi alzò la voce per richiamare la sua attenzione. “Professore, presto, venga qui! C’è un Pokemon ferito!”
Kukui, notandole, corse verso di loro preoccupato. “Cosa è successo a questo piccolo?” Chiese apprensivo.
“Non lo so”, rispose Moon. “Ci presti il suo camice, presto! Dobbiamo avvolgerlo in qualcosa per trasportarlo senza danneggiarlo”.
“Certamente!” Rispose senza indugio il professore; poi, nel tentativo di sfilarsi l’indumento, incontrò i bottoni allacciati e arrossì furiosamente. “Ah, ecco, io… Non posso, ho molto freddo!” Rispose. “Ma guarda, Lylia ha una borsa! Possiamo metterlo lì dentro!”
Allibita, Lylia trascinò il professore qualche metro più in là e abbassò la voce, mentre Moon li osservava confusa e vagamente irritata. “Professore! Lo sa che c’è Nebulino nella borsa!”
“Si faranno compagnia! Per favore, Lylia…”
“Professore, è tutto il giorno che si comporta in modo strano! Prima il bambino, poi il professore della POPPLIO… Perché non si vuole togliere quel camice?”
Arrossendo, Kukui controllò che Moon non li sentisse, poi si abbassò all’altezza di Lylia e le posò le mani sulle spalle. “Lylia. Non so come tu sappia tutte queste cose, ma devi aiutarmi. Vedi… Non indosso i pantaloni”.
Lylia arrossì furiosamente. “Cosa?” Squittì imbarazzata.
“E nemmeno le mutande! Vedi, ero nell’ufficio di Magnolia ed ecco, sono spariti! Non capisco dove siano finiti! Li stavo cercando per rimettermeli e non c’erano più!”
“Ma… Ma… Professore, cosa ci faceva nell’ufficio della professoressa Magnolia senza mutande e pantaloni?”
Kukui diventò, se possibile, ancora più rosso di Lylia.
“Ecco, io, vedi… Ecco, un pokemon mi ha colpito troppo forte stamattina e le stavo facendo vedere la ferita sulla coscia e quindi, ecco, mi sono dovuto…”
“Sa una cosa”, strillò Lylia improvvisamente, quasi in lacrime per l’imbarazzo. “Di colpo non mi interessa più! Penso che a Nebulino farà piacere un po’ di compagnia!”
“Lo penso anch’io”, sospirò sollevato Kukui. “Grazie, Lylia”. Fece per abbracciarla, ma la ragazza scappò via, adocchiando spaventata la parte inferiore del suo camice. “Si figuri!”

 


Quella sera, quando Kukui tornò a casa dopo essersi assicurato che l’Oricorio si fosse ripreso, trovò Magnolia ad aspettarlo, con uno sguardo divertito e un sorriso colmo di quella dolcezza che solo una moglie innamorata è in grado di darti. Il professore si sentì subito rincuorato e le disavventure di quella giornata sembrarono scomparire dai suoi ricordi; tutti i suoi sensi si acquietarono nella pace che quella splendida donna era capace di regalargli con ogni minimo gesto.
Si avvicinò a lei e la abbracciò, stringendola forte al petto. Aveva passato tutto il giorno a pentirsi di quello che aveva fatto, ma guardando sua moglie negli occhi si rese conto che, se fosse potuto tornare indietro nel tempo fino a quella mattina, avrebbe ripetuto nello stesso modo ogni singola cosa. Avrebbe di nuovo amato Magnolia sulla sua scrivania, velocemente e di nascosto da tutti, solamente per poter vedere di nuovo i suoi magnifici occhi rifulgere di gioia e piacere in quei brevi, magnifici istanti di intimo paradiso. Avrebbe di nuovo trascorso una giornata infernale cercando di nascondere a tutti l’amena visione dei suoi gioielli di famiglia solo per poter tornare a casa e riabbracciare sua moglie, il più prezioso gioiello che la vita gli aveva donato, l’unico che amava sfoggiare con chiunque.
Crogiolandosi come faceva ogni sera nello splendido sguardo da uomo innamorato che il marito le stava rivolgendo, Magnolia si avvicinò a lui e accostò le labbra al suo orecchio, sussurrando qualche parola che distrasse il giovane professore dalla sua contemplazione.
“Ho trovato i tuoi pantaloni e i tuoi boxer”.
“E dov’erano?” Chiese lui curioso, allungando una mano per prendere gli indumenti che la moglie gli stava porgendo.
“Dove li avevo nascosti, nella mia borsa”.
Kukui ci mise un attimo a capire, e ritirò immediatamente tutte le belle cose che aveva pensato poco prima.
Quella donna era malvagia.

   
 
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