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Autore: giammyx89    22/06/2017    2 recensioni
Questa è una serie di racconti horror-fantasy. Mi sono ispirato a H.P. Lovecraft uno dei miei scrittori preferiti, e ho cercato di imitare il più possibile il suo stile e modo di scrivere perchè davvero lo adoro (anche se ammetto di non essere all'altezza).
Originariamente avevo pubblicato il primo racconto come creapypasta, ma non ebbe molto successo quindi ho deciso di pubblicarla come primo racconto di una serie. Potrebbe non sembrare ma i racconti sono tutti collegati tra loro, proprio come nelle opere di Lovecraaft.
Genere: Fantasy, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ammetto che i miei ricordi non sono molto chiari.

Mi chiamo, o meglio credo mi chiamassi Francesco Spinoni. Ero un giornalista che lavorava presso la RAI, mi piaceva il mio lavoro.

 

Mi avevano affidato un sevizio sulla scomparsa di alcuni bambini, in un paesino sperduto del Logudoro in Sardegna.

Il paesino è situato in una valle composta da otto colline, dalla quale si affaccia su una vastissima pianura, i signori più anziani mi dicevano che è una comunità molto antica, e che la zona è abitata fin dal neolitico. Ammetto che ne ero molto affascinato.

Comunque arrivo con la troupe verso le dieci del mattino, e vado subito al b&b dove dovevo alloggiare.

Appena arrivato andai in camera per disfare i bagagli.

Era abbastanza carino e confortevole, poi andai a cenare insieme alla troupe e siccome eravamo stanchi per il viaggio, e l'indomani mattina avremmo dovuto alzarci presto, decidemmo di andare a letto presto.

Durante la notte non dormii bene, c'era un incubo che mi tormentava:

Un'uomo molto alto e slanciato vestito di nero con la pelle completamente bianca, mi si presentava. La sua presenza mi incuteva una profonda inquietudine, anzi no terrore. Mi svegliai completamente madido di sudore erano appena le sei del mattino quindi decisi di alzarmi e farmi una doccia. Ero più stanco di quando mi ero messo a letto. Andai verso la cucina e salutai la padrona di casa e Sua figlia Alice di cinque anni, che nonostante l'ora era già sveglia e vispa. Una bimba davvero molto simpatica, sembrava stesse parlando da sola. «Avrà un amico immaginario!» pensai «niente di cosi strano; dopo tutto anche io ne avevo uno alla sua età». Durante il giorno facemmo alcune riprese panoramiche, e andai a intervistare il capitano dei carabinieri che si occupava personalmente del caso, ma che nonostante gli sforzi non aveva trovato nessuna pista che portasse da qualche parte. Tutti gli indizi indicavano un' allontanamento volontario. Ciò che però non si riusciva a capire era perché dei bambini di età compresa tra i cinque e i dieci anni sarebbero dovuti uscire di casa a tarda notte, senza neanche avvisare i genitori tra l'altro. Il caso era davvero complicato non si riusciva a trarne ne capo ne coda.

 

Rientrammo al B&B verso le cinque del pomeriggio, e io vidi Alice che stava disegnando con dei pastelli a cera in un foglio mentre canticchiava una canzoncina forse la musichetta di apertura di un cartone animato o di un programma per bambini. Mi avvicinai incuriosito dal disegno che stava facendo e ne rimasi interdetto. Il protagonista del disegno era un uomo molto alto vestito di nero e con la pelle bianchissima, molto simile a quello che avevo visto nel sogno.

«Ciao. Chi è questo che stai disegnando?» le chiesi con fare curioso «è per caso un personaggio di un cartone animato? »

«No!» rispose semplicemente.

«e allora chi è?» chiesi con gentilezza.

«è un segreto! » rispose la bambina.

«io adoro i segreti. ti va di dirmelo? Sai io sono bravissimo a tenerli» le dissi con gentilezza «qui all'orecchio così non ci sente nessuno. Ok?» le dissi girando la testa e indicando l'orecchio con il dito.

«mi prometti di non dirlo a nessuno?» mi chiese mostrandomi il mignolo,

io feci come per pensarci su e poi risposi «affare fatto!»

«è un mio amico» disse con una risatina.

«oh» feci fingendo complicità «e dimmi il tuo amico ha un nome?» le chiesi con fare curioso.

«si!» mi rispose guardandomi negli occhi «si chiama signor White»

«ohh capisco» risposi «sai sembra davvero un signore simpatico. Vorrei tanto conoscerlo. Potresti presentarmelo?» le chiesi gentilmente.

«ma tu non puoi vederlo» mi rispose ridendo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«e perché mai?» le chiesi curioso.

«perché tu sei grande. Solo i bambini possono vederlo» rispose ridendo.

«ma certo!» replicai «che sciocco che sono.»

Tuttavia questa conversazione mi rimase impressa.

 

Quella notte mi alzai per andare in bagno e trovai Alice nel corridoio, all'inizio pensai che doveva andare in bagno quindi non ci feci caso, poi notai che era strana, sembrava in trance.

«Forse è sonnambula.» pensai, cosi la seguii. Non volevo che si facesse male facendo magari qualcosa di pericoloso, e sapevo che svegliarla di soprassalto non è consigliabile in questi casi. Aprì il portone di casa e scese in giardino dove c'era ad aspettarla quella cosa.

Non era umana, anzi una cosa del genere non poteva assolutamente appartenere a questo mondo.

Il solo vederlo mi paralizzò totalmente, sentivo il sangue che mi si ghiacciava nelle vene, e il cuore accelerare il suo battito. Paura, solo pura e primordiale paura, come un coniglio ha paura del serpente io avevo paura di questa cosa, sentivo che ero in pericolo, la bambina era in pericolo. L'unica cosa sensata da fare era prendere Alice è scappare il più lontano possibile da quell'essere.

È una figura umanoide, alta tre metri la pelle completamente bianca. Vestita di nero il volto non ha occhi ne naso. Appena vede Alice apre una bocca completamente sproporzionata mostrando un sorriso malefico, dopo parlò e con una voce inumana, quasi metallica e disse «Vieni con me!»

Alice allora inizio ad avanzare verso quella cosa, non so come ma riuscii a sbloccarmi, presi Alice per il colletto del pigiama e la tirai con forza dietro di me. Forse le feci anche male, ma in quel momento questo non era importante.

«Cosa sei? Cosa vuoi?» riuscii a trovare il coraggio di urlare.

Quella cosa mi guardò sorridendo, quasi per deridermi dopo di che mi rispose:

«Ho molti nomi, ma tu non sei degno di conoscere quello vero»

Poi sentii un forte mal di testa, era come se migliaia di aghi incandescenti mi venissero conficcati nel cervello. Il dolore era cosi forte da farmi perdere i sensi.

 

E ora sono qui, non so come ci sono finito, non riesco a capacitarmene.

Questo deve essere l'inferno, non c'è altra spiegazione. Non è come tutti gli altri lo descrivono: non ci sono fiamme o calderoni di olio bollente; c'è solo oscurità e silenzio, pesanti e infiniti. E una paura costante, una continua sensazione di pericolo che sembra volerti continuamente stritolare, la quale accompagnata alla continua deprivazione sensoriale ti fa sentire completamente e continuamente indifeso nei confronti di una orribile minaccia, che non puoi percepire, non sai cosa è, ma sai che c'è. Lo sai anche se solo a livello inconscio.

 

Se qualcuno può sentirmi lo supplico di aiutami o di cercare chiunque sia in grado di farlo.

 

   
 
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