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Autore: summers001    22/06/2017    3 recensioni
Bethyl | AU | No zombi
Dal testo:
"Ehi!" urlò di nuovo la voce.
Era un uomo, poco ma sicuro. Il primo pensiero di Beth fu "stupratore". Si rese conto che quello aveva un mezzo, un'auto o una moto, e che quindi correre non aveva senso. Decise che doveva colpirlo e che l'unica arma che aveva a disposizione era la custodia nuova della sua chitarra. Se la scese dalla spalla, prese il manico con una mano e si girò la fibia attorno all'altro braccio. Si fermò, piantò i piedi a terra scavandosi un'impronta con la punta dello stivale e si preparò.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Along the road




Beth Greene ce l'aveva fatta. Aveva una chitarra acustica.
Era di un bellissimo legno di mogano e palissandro, aveva le corde metalliche che ricordavano una chitarra folk e l'amava tantissimo. Era il primo regalo che le aveva fatto Maggie col suo primo stipendio. S'era presentata a casa un giorno con regali per tutti: la chitarra per la sorellina Beth, una bellissima tavola anatomica di un cavallo per suo padre, un robot da cucina per sua madre ed un cellulare nuovo per suo fratello.
Il suo sogno era quello di poter cantare e vivere di quello, cominciando magari con qualche piccolo concerto nei locali, poi alle fiere di paese, ai matrimoni e da lì avrebbe spiccato il volo. Beth aveva cominciato ad imparare a suonarla a scuola. Se la portava avanti e dietro ogni mattina a piedi e la cosa non la pesava nemmeno tanto, fino a che una di quelle volte la chitarra non le cadde a terra, scheggiando il manico e facendo saltare tre corde rotte.
Per fortuna Maggie non abitava più alla fattoria, così non dovette darle delle spiegazioni. Tuttavia l'amore per quello strumento era talmente forte da portarla a dare fondo ai suoi risparmi, caricarsela sulla schiena dopo la scuola ed avviarsi in paese da quel liutaio che aveva sempre visto all'angolo tra la scuola e la farmacia, per farla aggiustare e comprare finalmente una custodia decente. Maggie non avrebbe scoperto niente!
Lungo la strada pensò molto. A dirla tutta né suo padre, né sua madre, né sua sorella credevano molto in quel suo sogno da adolescente. Continuavano tutti a dirle di crearsi un'alternativa, che la strada che voleva scalare era una strada molto ripida e che c'erano alte probabilità di fallimento. Persino Jimmy era dello stesso avviso, non che le importasse molto il suo parere. Le dicevano sempre di seguire l'esempio dei suoi fratelli, Maggie e Shawn, e pensare al college, che qualora non fosse riuscita a sfondare con la musica avrebbe avuto comunque un'istruzione su cui contare. Le sembrava un'idea ragionevole, ma aveva solo paura di perder tempo.
Al liutaio lasciò un anticipo, appallottolò il resto delle banconote, le fisso con una molla a cui dovette fare fin troppi giri e la buttò nella custodia che nel frattempo aveva comprato e se la mise in spalla.
Era autunno e le giornate si stavano accorciando. La strada che andava dal paese alla fattoria era a malapena sterrata, piena di sassi per evitare che il fango si portasse via le ruote delle automobili e Beth dovette porre particolare attenzione sia alle foglie umidicce che si accumulavano ai lati della strada, sia alle auto che a tratti transitavano costringendola a portarsi lungo il ciglio erboso, sia alle pietre che fuoriuscivano dalla terra secca rischiando di farla inciampare. Nel frattempo il cielo si faceva sempre più scuro, la luce scemava e la fattoria era ancora lontana.
Incominciò a pensare a tutti i pericoli a cui sua madre e suo padre le rammentavano di fare attenzione ogni volta che usciva di casa (o quasi): la pioggia, i serpenti, le automobili, i ladri, gli stupratori, gli estranei in generale, gli animali selvaggi e le buche. Con quei pensieri in testa la strada cominciava a farle paura. L'ansia la portò a cercare delle possibili soluzioni ad ogni problema: scappa lungo la strada, stai ferma, corri nell'erba e fregatene degli animali... Se li era preparati tutti, ma quando sentì un "ehi" urlato nella sua direzione non poté fare a meno di paralizzarsi prima, riprendere a camminare facendo finta di niente e poi correre come se non ci fosse un domani.
"Ehi!" urlò di nuovo la voce.
Era un uomo, poco ma sicuro. Il primo pensiero di Beth fu "stupratore". Si rese conto che quello aveva un mezzo, un'auto o una moto, e che quindi correre non aveva senso. Decise che doveva colpirlo e che l'unica arma che aveva a disposizione era la custodia nuova della sua chitarra. Se la scese dalla spalla, prese il manico con una mano e si girò la fibia attorno all'altro braccio. Si fermò, piantò i piedi a terra scavandosi un'impronta con la punta dello stivale e si preparò.
"Ehi!" urlò quello di nuovo. Beth chiuse gli occhi e mantenendogli le spalle, quando lo sentì abbastanza vicino si girò in uno slancio deciso, puntandogli alla testa con la base nera della custodia.
"Ma che cazzo!" fece quello. Beth aprì gli occhi appena in tempo per vedere un uomo su una moto pararsi alzando una mano e coprendosi la testa con l'altra.
"Oh mio dio!" esclamò lei con fare liberatorio ed abbassò la chitarra. Strinse gli occhi, cercò di ricordare e le parve di riconoscere il motociclista. Era abbastanza sicura che potesse essere uno dei fratelli Dixon: abitavano in una casupola in montagna, poco più in su della sua fattoria, così che ogni volta che uno di loro se ne andava per la città, era costetto a costeggiare la staccionata di casa sua. Era un po' che erano scomparsi a dire il vero. Li vedeva sempre quando era bambina: erano in due, più grandi di lei, praticamente già adulti quando Beth aveva cominciato appena a camminare. Erano entrambi magrolini, abbronzati con le guance sempre rosse, uno più alto, l'altro particolarmente vivace. Non le piacevano e non piacevano neanche ai suoi genitori. Quando si trovava in giardino ed uno di quelli passava per caso accanto alla staccionata, suo padre le si avvicinava e la teneva per mano. Cacciavano, uccidevano animali indifesi e da casa loro si sentivano sempre un sacco di urla.
"Che cazzo ci tieni là dentro?" chiese quello scuotendo la mano e massaggiandosi il palmo poi.
Beth sperò che non gli avesse spezzato il polso e lo guardò attenta fino a che non lo vide ruotare la mano sul braccio e tirò un sospiro di sollievo. "La mia chitarra." rispose poi "Cioè dovrebbe esserci." Se la rimise apposto su una spalla, assicurandosela con le mani dietro alla schiena.
"Ah, l'usignolo dei Greene!" fece quello. Si raddrizzò sulla motocicletta ed allungò una mano verso il manubrio. Quello era rovinato alle due estremità, un pezzo di gomma pendeva giusto accanto al freno e l'uomo dovette sistemarselo bene in mano prima di poter allungare le dita efficacemente verso freno e frizione.
Beth non riusciva ad immaginare come facesse quello a sapere addirittura che cantasse, né s'aspettava addirittura che si ricordasse il suo nome. A dire il vero quel pensiero la inquietava. Le tornò in mente suo padre che per tutta la vita le aveva detto di non dar a parlare agli estranei e quel Dixon era sicuramente un estraneo: non ci aveva mai parlato, non si erano mai presentati, non s'erano mai nemmeno trovati vicini a meno di almeno cinque metri. Chi poteva assicurarle che l'uomo non fosse comunque un ladro o uno stupratore? "Tu sei uno dei due Dixon." tentennò, sentendosi sempre meno sicura e sempre più insicura ad ogni parola che gli rivolgeva. L'uomo era ben piazzato, bello grosso e probabilmente era il più grande dei due, quello che le piaceva di meno. Non che l'altro fosse meglio, è chiaro!
"Daryl." rispose lui.
"Oh." fratello sbagliato, pensò lei. "Ok." rispose facendo su e giù piano con la faccia. Fece poi finta di niente e cominciò a guardare il cielo che s'era fatto ormai quasi buio, facendogli intendere che s'era fatto tardi e doveva assolutamente andare a casa.
"Stai andando a casa?" chiese Daryl.
"Già." rispose lei e si ricordò che lui sapeva dove abitava e che se fosse stato uno stupratore o un ladro, sapeva dove andare a cercarla, ma lo stesso valeva anche per lei e si sentì immediatamente più sicura. A meno che non fosse un assassino, ma non sembrava il caso. Beth, pensò: quelli che sembrano i più innocenti sono sempre colpevoli. Si ricordò di qualche centinaio di thriller che aveva visto o letto. Ma poteva dire lo stesso di sé stessa, giusto? Stava cominciando a divagare nervosa.
"Salta su, sono di strada." fece semplicemente lui. Si spostò facendole spazio, sistemandosi un po' più avanti sul sedile. Mise anche l'altra mano sul manubrio e le dita sulla frizione.
"Che?" fece lei sorpresa e cominciò ad elencarsi le varie ragioni per cui non era una buona idea: si trovava di fronte ad un Dixon, era la prima volta che ci parlava, era a cavallo di moto e suo padre l'avrebbe ammazzata. Per non parlare di Jimmy. Cavolo Jimmy! Doveva andarla a prendere a casa alle sette.
"Non mordo." fece lui, intuendo più o meno quelli che potevano essere i suoi pensieri. "Lascia perdere." concluse alla fine in tono quasi offeso. Muovette le dita e fece per ripartire e lasciarla a piedi.
"No, aspetta!" lo fermò Beth, rincorrendolo per pochi passi. Guardò di nuovo in alto ed anche quella poca luce che c'era prima era scomparsa, senza considerare il fatto che casa sua era ancora abbastanza lontana e dovevano essere passate le sei da un bel pezzo.
Daryl si fermò e le fece segno col capo di salire. Beth lo osservò senza dire niente, cercando qualcosa con gli occhi ed aspettando.
"Cosa?" chiese alla fine lui.
"Non hai un casco?" domandò lei, cercando di evitare di sembrare offensiva o quant'altro, ma era ovvio che ci volesse il casco in moto, soprattutto se aveva intenzione di portare qualcuno dietro. E poi se avesse dovuto farsi sgridare da suo padre, era meglio che almeno avesse un'attenuante o sembrasse almeno in parte responsabile.
Daryl sbuffò, diede un calcio al cavalletto e lanciò la moto all'indietro con un movimento del corpo, per poi scendere ed aprire la sacca appesa accanto alla ruota posteriore, da cui tirò fuori un casco che le mollò in mano. Era bianco, piccolo, malconcio senza visiera, ridicolo, rubato probabilmente a qualche motorino. Se fosse caduta, quello non l'avrebbe aiutata per niente.
Beth se lo attaccò e cercò di stringere la cinghia sotto al mento. Quando ebbe finito ritrovò Daryl già di nuovo a cavallo, pronto per ripartire. Provò a salire come faceva quando da piccola andava sui pony, aprì le gambe e scavalcò. Si dovette aggrappare alla giacca nera di pelle di lui, che sperò di non avergli rovinato. Il sedile era inclinato e gli scivolò addosso. Daryl sembrò non averci fatto caso, abituato forse alla presenza di qualcun altro su quella moto. Che avesse una fidanzata o una moglie ormai?
Beth aveva visto tanti film, ma non era mai salita davvero su una moto. Abbracciò Daryl per la vita, perché è così che in TV fanno tutti, ma quello l'allontanò in automatico con una mano. "No." le intimò "Finirai per farmi venire una commozione cerebrale così."
Beth si girò con l'intenzione di chiedergli in che modo avrebbe mai potuto, ma lo colpì sulla testa col casco, rimbalzando poi contro la custodia della chitarra che aveva ancora in spalla ed allora capì. Daryl prese un lungo respiro profondo ed espirò col naso rimanendo immobile con gli occhi chiusi. Le prese poi le mani e gliele portò davanti a lui accanto al serbatoio "Qui" le indicò, poi gliele rimise dietro e le mollò. Cercò con le dita il manubrio sistemato sotto al sellino e glielo fece vedere "o qui."
Beth scelse il manubrio, già imbarazzata dell'eccessiva vicinanza. Portò indietro le spalle e riuscì a prendere un po' le distanze. Partirono così irrigiditi entrambi.
L'accellerazione fece perdere a Beth l'equilibrio e dovette abituarsi per qualche minuto prima di prendere confidenza con il mezzo. A quel punto tutto quello che sentiva era il vento che le schiaffeggiava le guance ed era piacevole. Non le importava neanche più dell'imbarazzo o di tutte quelle ansie che le avevano instillato mamma e papà dall'infanzia.
Le venne in mente all'improvviso che non gli aveva detto neanche dove avrebbe dovuto portarla. "Ti ricordi dove abito?" provò a chiedergli col vento che le congelava la gola e le seccava gli occhi, ma nonostante tutto la sensazione era piuttosto piacevole e non ne voleva proprio sapere di pararsi ed abbassare la testa. Daryl si voltò appena e Beth riuscì a vedergli il mento. Ripeté la domanda, credendo che lui non avesse capito ed infatti quello dopo fece cenno di sì col capo.
La moto mangiava i chilometri e percorreva dritta la sua strada. Beth s'immaginò di come dovesse essere prendere una curva, inclinandosi un po' di lato o correre un po' più veloce e guardare dall'alto della collina il paesaggio notturno della Georgia. Regalava una sensazione di pace mai provata o che forse le ricordava quel particolare momento in cui chiudeva gli occhi mentre cantava il ritornello di una canzone e c'era solo la musica e nient'altro. Quel venticello però sapeva anche di libertà che sentiva come una fragranza, un odore completamente nuovo. Così Beth provò ad alzare ed aprire le braccia per qualche secondo, prima di perdere l'equilibrio e doversi aggrappare di nuovo. Poté giurare di aver sentito Daryl sogghignare. Beth allora si sporse appena di lato per spiarlo e vide stampato sulla sua guancia un piccolo sorriso, che quasi le fece tenerezza. "Scusa per prima," bisbigliò allora "credevo fossi uno stupratore o cose del genere." Si spiegò e forse doveva sembrargli ancora più stupido del suo tentativo di autodifesa.
Daryl rise sputacchiando."Correvi come se avessi una scopa nel culo." le disse poi.
Fu il turno di Beth di ridere a quell'idea. "Già." concordò poi, immaginandosi vista da dietro mentre camminava a passo svelto senza staccare una coscia dall'altra. "Come mai non ti vedo più dalle mie parti?" chiese in un tentativo di fare conversazione. Una curva le fece cadere poi una ciocca di capelli, che cominciò a volarle poi davanti alla faccia. La sputò prima e poi cercò di sistemarsela con una mano prima di perdere di nuovo l'equilibrio.
Le parve che Daryl avesse preso un respiro profondo e per qualche ragione aspettò un bel po' prima di rispondere. "Non vivo più là." disse solo vago alla fine, cosa che Beth aveva già ben capito.
"Io sono Beth, comunque." si presentò in un tentativo di cambiare argomento, ricordandosi in moto, appiccicata a lui, le buone maniere.
"Sì, lo so." rispose Daryl prima di fermarsi davanti ad un passaggio a livello. Mise i piedi a terra e il ruggito della moto sembrò placarsi. Il treno che passò immediatamente tagliò ogni secondo tentativo di Beth di continuare la discussione. Il vento che quello sollevò si tirò dietro i capelli e le tappò le orecchie. Fece allora una palla di saliva in bocca e la ingoiò, un vecchio trucco che le aveva insegnato Shawn. Quando la sbarra cominciò a sollevarsi una campana cominciò a suonare, segnando il tempo di tutti i mezzi che sarebbero dovuti passare.
Un pick up li raggiunse piuttosto lentamente nell'attesa, centrando una per una tutte le buche lungo la strada. Beth si girò e vide i fari di quello fare su e giù. Quando s'avvicinò riconobbe immediatamente il blu sbiadito dell'auto di Jimmy, che probabilmente in ritardo si dirigeva verso casa sua. Lo vide tamburellare le dita sul volante e muovere la testa a tempo di musica. Beth, credendo che lui potesse riconoscerla, si raccolse i capelli avanti, facendoli girare attorno al casco e si nascose quanto meglio potesse dietro alla custodia della chitarra. "Puoi andare più veloce di quel pick up?" chiese poi.
La sbarra non era ancora completamente alta, ma Daryl cominciò già a fare avanti e dietro coi piedi, pronto a ripartire. "Tuo padre?" immaginò lui senza girarsi indietro.
"Jimmy." rispose invece Beth, come se fosse ancora peggio di suo padre: avrebbe dovuto dargli delle spiegazioni, subirsi una scenata di gelosia, tranquillizzarlo e dargli qualche bacino e, se non fosse bastato, anche scopare sui sedili di quello schifoso pick up che puzzava dei sigari dello zio da cui Jimmy l'aveva comprato. Sentì un peso sul petto che aveva lasciato qualche chilometro indietro.
Daryl sorrise, probabilmente credendola solo una ragazzina stupida con i suoi problemi di ragazzina stupida. "E non vuoi incontrare Jimmy?" chiese tra il curioso e l'irriverente, facendole il verso quando pronunciò il suo nome. Beth non rispose, ma sbuffò solo.
Quando alla fine ripartì, Daryl giocò a far girare le ruote con l'accelleratore, sollevando una nuvola di terriccio che alla luce del semaforo verde appariva brillante e colorata. Quella le finì però pure in bocca e Beth cominciò a sputacchiare. "Guarda dietro." le consigliò Daryl sorridendo soddisfatto.
Beth si girò e vide il parabrezza così tanto opaco e così tanto sporco che non riuscì neanche a distinguere la figura al suo interno. Si morse il labbro e si mise poi a ridere soddisfatta, ignorando le ventate fredde che le arrivavano nel frattempo sulla faccia.
Il viaggio riprese tranquillo e Beth si sentì di nuovo più leggera, nonostante ci fosse un piccolo cantuccio nella sua testa che le suggeriva di non rilassarsi troppo perché la giornata non era ancora finita. Si girò di lato per osservare le luci lontane di Atlanta, quelle del paese dov'era appena stata e la luna che si rifletteva come tante onde bianche sul fiumiciattolo che costeggiava il paesaggio.
"Credo che sia meglio se mi lasci prima." disse Beth, quando voltandosi dal lato opposto riconobbe lo spiovente del fienile, ai confini della proprietà. "Accosta lì." indicò poi quando ebbero raggiunto la staccionata.
"Paparino non gradisce che la sua bambina sia in la cattiva compagnia?" chiese Daryl ironico cominciando a rallentare. Si guardò attorno e parve decidere un punto più adatto, accanto alla staccionata a duecento metri dal cancelletto in legno e metallo, poco più avanti di dove avesse indicato lei. Si fermò fece gli ultimi metri camminando quasi a terra coi piedi e poi inclinò la moto, consentendo a Beth di scendere più comodamente.
"Non deve sapere dov'ero in realtà." rispose lei scavalcando il sellino. Saltellò su un piede e poi ritrovò l'equilibrio tornando dritta. Cercò con le dita la clip del casco e poi lo staccò liberando i capelli. "E tu non sei una cattiva compagnia." ci tenne a precisare poi.
"Ah, grazie tante." rispose Daryl, mentre Beth abbassava la testa, faceva cadere tutti i capelli giù e poi li risollevò con un colpo di frusta del collo aprendoli come una ruota scombinata e bionda dorata nel buio. Beth lo guardò e s'indicò la testa, che era rimasta particolarmente ribelle, quasi paresse una crineria di leone che le nascose gli occhi, lasciando in vista solo la sua bocca sorridente divertita. A Daryl fece scappare una risata che cercò malamente di trattenere.
Beth si risistemò i capelli con l'elastico che aveva conservato sul polso. "E' per Jimmy." rispose poi pensierosa. S'aspettò di dover rispondere a tante domande come "è il tuo ragazzo?", "Non sembrate andare d'accordo, perché non lo lasci?" o "perché è così possessivo con te?". Erano le domande che le rivolgevano sempre le sue compagne di classe, a cui di solito rispondeva cambiando argomento, ma non sapeva quale altro argomento tirare in ballo in quella circostanza: non si poteva di certo mettere a parlare di scarpe o delle prove della banda! Daryl invece fece solo un cenno d'aver capito col capo, tirò su col naso e si grattò lì col dorso della mano.
"Grazie." bisbigliò alla fine Beth. Gli allungò il casco e sfoderò un altro dei suoi sorrisoni che era solita regalare.
Daryl fece di nuovo solo un cenno, la guardò come per studiarla e poi si riprese il casco, appendendolo disordinatamente al manubrio. "La prossima volta fatti accompagnare da qualcuno in città." le consigliò.
"Mi sarei persa un divertente giro in moto." lo corresse lei e Daryl abbozzò un sorriso in tutta risposta.
Le luci di due fari di un'auto cominciarono ad avvicinarsi. Erano come due cerchi allungati gialli sul terriccio, che piano piano si facevano più piccoli e definiti. Beth capì subito chi potesse essere. Si puntò l'indice sulle labbra e sul naso, strizzò un occhio e s'avvicinò alla staccionata. Sollevò un'asse di legno orizzontale per crearsi lo spazio sufficiente, come era solita fare ogni volta che sgattaiolava via, e poi come aveva fatto con la moto poco prima scavalcò. La coda di capelli le cadde ai lati della faccia, la custodia della chitarra sulla schiena e poi s'incastrò. Daryl, senza abbandonare il suo mezzo, le diede una mano facendola ritrovare tutta intera dall'altro lato.
Beth sorrise, si pettinò con le dita ciocche bionde accanto alla faccia e poi bisbigliò un "A presto!" e scomparve poi correndo in direzione di casa.

Daryl la guardò scappare sorridendo teneramente delle fatiche e dei problemi dell'adolescenza, apprezzando tuttavia quel sorriso che la giovane non riusciva a staccarsi dalla faccia.
Vide l'auto del ragazzino Jimmy avvicinarsi e superarlo, ignorandolo completamente. Raggiunse il cancello, parcheggiò malamente ancora imbranato e scese. Daryl lo osservò prepararsi nervosamente all'incontro con Beth, aggiustandosi il gilet marroncino che portava addosso. Si tolse un cappello di paglia dalla testa e lo lanciò sul sedile dell'auto, pettinandosi poi i capelli come una femminuccia. Avrebbe voluto dispiacersi per lui, perché era certo che non sarebbe rimasto ancora a lungo nelle grazie di Beth Greene, ma proprio non ci riusciva. Anzi provava una certa soddisfazione nell'immaginare cosa gli sarebbe aspettato.
Jimmy oltrepassò il cancello della fattoria, s'avviò seguendo il vialetto costeggiato dall'erba bassa e poi uscì dalla sua visuale ed ugualmente fece il pensiero di lui.

Daryl sospirò, si prepararò a rimettere in moto, ma gli scappò l'occhio verso la strada lunga ed irregolare che saliva verso la cima della montagna. Gli tornò alla memoria un flash di quando appena ventenne e lasciò per l'ultima volta la casa nel bosco insieme a Merle. Il sole era forte, era proprio in piedi su quella stessa strada. S'era girato ed aveva visto Hershel Greene vicino alle sue figlie, una che correva avanti e dietro e l'altra ancora spelacchiata che se ne stava seduta nell'erba a giocare coi fiori.
Sospirò per l'ultima volta, fece retrofront e se ne andò tornando verso la città. 

 



Angolo dell'autrice
Bon jour! 
Dunque dunque, questa era una breve ff che avevo in mente da un po' e che ho goduto nello scrivere in tipo due pomeriggi. Mi piacciono queste AU dove si riescono a far incrociare nel mondo normale un uomo adulto con un'adolescente. Mi piacciono quei sentimenti di Daryl che sono una via di mezzo tra l'invidia e l'ammirazione, quella nostalgia verso un'infanzia mai vissuta, quella gelosia nei confronti di un fidanzato più giovane, quelle storie in cui due persone si conoscono da una vita senza interagire mai... Sono cose che ho concentrato tutte in cinque pagine. 
Credo di non essere andata OOC: ricordo che Daryl conversava tranquillamente con la gente della prigione, al CDC di Atlanta ed ha anche quell'animo sostanzialmente gentile. Per Beth, credo di aver trovato il giusto compromesso tra la sognatrice e la ragazza con la testa sulle spalle, senza perdere lo spirito peperino.
Spero quindi che vi sia piaciuta, che vi siate distratti con questa sciocchezza per qualche minuto e che vi vada di lasciarmi una qualche recensione :) Colgo l'occasione per avvisarvi che essendo fuori per i prossimi cinque giorni potrei tardare con l'aggiornamento di "1947", ma non vi preoccupate, come al solito tornerò!
Un bacione ed un abbraccio a tutti voi! :*

  
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