Fanfic su artisti musicali > System of a Down
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Autore: Kim WinterNight    22/06/2017    5 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Dam

[Daron]




«Hai frugato nel mio cellulare.»

«No.»

«No? E allora come hai fatto a segnare il tuo numero nella mia rubrica?»

«Segnare un numero non vuol dire frugarti il cellulare, bello.»

«Per me vuol dire proprio questo.»

«Non te la prendere, dai...»

«Me la sono già presa. Odio chi invade la mia privacy.»

«Dovresti impostare il blocco sulla schermata iniziale allora.»

«Se il cellulare è senza blocco, non significa che chiunque possa ficcare il naso nelle mie cose.»

«Già, le tue cose... quelle cose porno che ci sono dentro, ecco cosa ti preoccupa, Daron.»

«Non gridare.»

«Scusa, amico. Non te le ho cancellate, tranquillo.»

«Sei una stronzetta.»

«E tu sei terribilmente sexy.»

«Questo cosa c'entrava?»

«Facciamo un patto: ci divertiamo insieme e io farò finta di non aver conservato una copia di quei video sul mio cellulare. Ho riconosciuto quelle ragazze, sono state ospiti qui in albergo nei giorni scorsi.»

«Mi stai ricattando? Stai davvero osando fare una cosa del genere? E dopo aver invaso la mia sfera privata, per giunta...»

«Prendila come vuoi. È solo un'idea.»

«Bastarda.»

«Sarà divertente sentire i tuoi insulti quando saremo soli e ti farò impazzire.»

«Non se ne parla.»

«Pensaci. Ti conviene.»


Ero incazzato come una iena. Prima di tutto, lo ero con me stesso per la mia solita sbadataggine, per aver dimenticato il cellulare in giro, lasciandolo alla portata di chiunque; se non ci fossero state le immagini compromettenti che ritraevano Ashley e Kelly, forse non mi sarebbe importato nulla. Ma ora ero nella merda fino al collo. Ed ero infuriato anche con quella cameriera impicciona che ora voleva fottermi, sotto tutti i punti di vista.

Come riuscissi a cacciarmi sempre in situazioni del cazzo, proprio non me lo sapevo spiegare.

Da quando avevo incontrato Lakyta, poche ore prima, non ero più riuscito a darmi pace: non facevo che domandarmi se accettare o meno la sua proposta, anche perché stavolta non mi sarei potuto tirare indietro com'era capitato con le due groupies. Probabilmente Lakyta si comportava in quel modo con più di un cliente, forse era abituata ad abbordare gli uomini in quel modo, sentendosi frustrata per il lavoro che svolgeva. Avevo sentito dire che aspirava a diventare un'attrice e trasferirsi a Hollywood, quindi era palese che avesse qualche problema di autostima se ancora sfaccendava dietro il bancone di un bar.

Se c'era una cosa che mi era chiara, da quando ero arrivato allo Skye Sun Hotel, era che il personale veniva indubbiamente sfruttato: lo avevo capito trovando spesso Alwan in terrazza a tutte le ore del giorno, così come il povero receptionist che avevo maltrattato non appena avevo messo piede in albergo. Anche per Lakyta doveva essere lo stesso, ecco perché cercava in tutti i modi di crearsi un diversivo. In fondo, molto in fondo, la capivo.

A niente era servito il tentativo di Shavo e John che, di ritorno dalla città, erano passati a trovarmi e si erano accorti del mio malumore; avevano provato a fare breccia nella mia rabbia, ma li avevo cacciati via in malo modo. Ero fortunato ad averli come amici, perché loro difficilmente si incazzavano con me se li trattavo male e mi chiudevo in me stesso. Se la prendevano maggiormente per i guai che combinavo, ma quella era tutta un'altra storia.

Durante il pomeriggio, dopo aver saltato il pranzo, ero rimasto in camera a fumare e suonare come un ossesso, finendo sempre sulle stesse note: quelle di Dam.

Ora quel brano non mi lasciava più in pace, mi tormentava anche mentre costringevo me stesso a uscire da quell'antro infernale in cerca di cibo; era quasi ora di cena, ma io stavo svenendo dalla fame e non avrei aspettato oltre.

Evitai di salire in terrazza, non volevo incontrare nuovamente Lakyta. Mi diressi invece nel bar al piano terra: esso sorgeva poco distante dal ristorante, era piccolo e accogliente, dipinto nelle varie tonalità del rosso che caratterizzavano le palazzine dell'hotel; era punteggiato da qualche tavolino all'interno, ma la maggior parte dei posti a sedere si trovava in una piccola veranda sull'esterno, la quale affacciava direttamente sulla spiaggia privata che Leah chiamava Buts. Sul bancone, un cartello annunciava che era possibile affittare dei pedalò o delle piccole imbarcazioni per fare una bella gita sull'oceano.

Mi accostai in fretta e furia al barista, un uomo sulla quarantina, scuro di pelle, alto e massiccio.

«Potrei avere uno yogurt?» domandai senza preamboli, sentendo lo stomaco brontolare sonoramente.

«Salve» mi apostrofò lui in tono ironico. «Come, prego?»

Sollevai gli occhi al cielo. «Già, salve. Vorrei uno yogurt.»

«Che gusto preferisce?» si informò allora lui, indirizzandomi un sorrisetto compiaciuto.

Stavo per rispondergli in modo sgarbato, ma venni distratto da due figure che facevano il loro ingresso nel bar e si accostavano al bancone. Si trattava di Leah e Bryah, la giornalista che John aveva adocchiato. O forse era meglio dire che lei aveva adocchiato il batterista? Non ne avevo idea.

«Ciao Daron!» mi salutò allegramente Leah, picchiettandomi sulla spalla. «Cos'è quella faccia da funerale?»

Scossi il capo e tornai a concentrarmi sul barista, il quale mi fissava con aria spazientita e tamburellava con due dita sul bancone.

«Cocco e ananas» bofonchiai.

«Gradisce dei cereali o della granella di nocciola?» indagò ancora il barista, voltandosi verso un enorme frigorifero che stazionava alle sue spalle.

«Entrambi» confermai.

«Hai fame, eh?» interloquì Leah.

«Non ho pranzato» spiegai in tono piatto.

«Mi sa che è un brutto segno, amico» fece la giornalista, per poi scoppiare a ridere seguita dall'altra ragazza.

Le osservai perplesso. Quelle due erano già diventate amiche? Certo che ce ne avevano messo poco di tempo...

il tipo dietro il bancone posò la mia ordinazione sul ripiano in legno chiaro. «Prego» concluse, per poi rivolgersi alle due ragazze: «Cosa posso servirvi, signorine?».

Smisi di ascoltare i loro discorsi, afferrai l'enorme tazza di plastica stracolma di yogurt, cereali e granella di nocciola e uscii sulla veranda. Mi guardai intorno e decisi di sedermi a un tavolino appartato, in modo da poter mangiare in pace e rimanere per i fatti miei.

Trovai un posto dietro un separé in bambù e mi sistemai comodo, osservando con soddisfazione la mia merenda. Afferrai il cucchiaino e cominciai ad abbuffarmi, senza più preoccuparmi di guardarmi intorno o di riflettere su ciò che mi aveva tolto l'appetito.

Poco dopo, notai con la coda dell'occhio Leah e Bryah sedersi dall'altra parte del separé; evidentemente non mi avevano notato, poiché erano impegnate a non lasciar sciogliere il loro gelato e a parlare tra loro.

Senza smettere di mangiare, mi ritrovai ad ascoltare la loro conversazione.

«Sai, mi dispiace dover ripartire presto per la città» stava dicendo la giornalista.

«Anche a me dispiace. Però puoi tornare a trovarci quando vuoi, non sei lontana!» le fece notare la più giovane.

«Hai ragione. In effetti mi dispiacerebbe non continuare a conoscere te e i ragazzi...»

«Sei dolce, Bryah. Ma, senti, lo so che sono indiscreta, infatti molte persone non riescono a sopportarmi per questo... ma qualcuno di loro ti piace? Ho notato un certo feeling con John...»

Mi venne da ridere: Leah era sempre la solita, non sarebbe mai cambiata. Un po' mi assomigliava, perché era sempre indiscreta, ma odiava che gli altri lo fossero con lei.

La giornalista ridacchiò. «Potresti fare il mio mestiere, sei audace e sfacciata, e questo potrebbe esserti molto utile. Comunque ho un compagno, John non mi piace, non in quel senso almeno. Lo trovo interessante, tutto qui. Mi ha spiegato un sacco di cose interessanti sugli strumenti che suona...»

«Davvero? Io non so tanto di lui, è una persona molto riservata. Cerco in tutti i modi di parlare con lui, ma si apre difficilmente con chi non conosce» ammise Leah.

«Anche con me ha parlato poco, non pensare... ma a te non sembra di aver già visto questi ragazzi da qualche parte?» chiese all'improvviso Bryah.

Drizzai maggiormente le orecchie e rimasi con il cucchiaino pieno di yogurt a mezz'aria, finendo per farlo sgocciolare sul tavolo. Non capivo dove la giornalista volesse andare a parare.

«Ecco...» Leah rifletté un attimo prima di proseguire. «In realtà... in che senso?»

«Dai Leah, ho capito che sai chi sono questi ragazzi» insistette Bryah.

La prima impressione che avevo avuto su quella donna non si era rivelata errata: stava cercando di metterci nella merda, rivelando a Leah qualcosa che lei non sapeva.

«Okay.» La più giovane sospirò. «So chi sono, lo ammetto. Li ho riconosciuti fin dal primo momento, ma...»

Mi venne subito l'impulso di alzarmi e raggiungerle. Non potevo credere alle mie orecchie: se mi aspettavo che la giornalista fosse sleale nei confronti di John, mai avrei immaginato che Leah stesse mentendo spudoratamente fin dal principio. Tuttavia, mi costrinsi a rimanere seduto e feci di tutto per calmarmi e non agire in maniera impulsiva.

La cosa che mi faceva innervosire maggiormente era che Shavo si stesse evidentemente invaghendo di quella ragazza, la stessa che ora stava ammettendo di sapere esattamente che io e i miei amici fossimo parte dei System Of A Down, la stessa che sembrava non sapere nulla in proposito e che aveva finto di credere che le groupies avessero scambiato Shavo per una rock star.

Ma forse anche noi stavamo sbagliando qualcosa: le stavamo mentendo, o stavamo soltanto omettendo un piccolo dettaglio sulla nostra vita professionale? Era così importante che lei sapesse chi eravamo? Forse per me non lo era, ma per Shavo? Non ci capivo più un cazzo, seriamente.

Ma la domanda principale era: perché quella vacanza teoricamente rilassante si stava trasformando sempre più in uno sfacelo?

«Ma...?» Bryah incalzò Leah.

«Non mi è sembrato opportuno dirglielo. Insomma, immagino che siano venuti qui per trascorrere una bella vacanza in pieno relax, non per essere perseguitati da fan deficienti ed esaltati.»

La giornalista sospirò. «Pensi che il vostro rapporto non sarebbe diventato così forte se tu...»

Leah la interruppe: «Esatto. Forse loro non si sarebbero mai fidati di me, mi avrebbero considerato una fan come tante altre, come quelle che li hanno importunati qui in albergo».

«E forse Shavo non si sarebbe legato a te, non è vero?» insinuò ancora la giamaicana, utilizzando un tono malizioso.

«Io... già, ecco... ma io non avrei mai pensato che con Shavo...» balbettò Leah, e per una volta rimase quasi senza parole.

«Chi è il tuo preferito?» volle sapere l'altra.

«Musicalmente, dici? Be', ecco... mi ha sempre ispirato molto Serj, ma lui non c'è...»

Non riuscivo più ad ascoltare quelle cazzate. Possibile che Leah stesse usando noi, e soprattutto Shavo, per arrivare al nostro cantante? Non volevo crederci, non poteva essere.

«Tankian è un genio indiscusso, ma io propendo sempre per il batterista. Sarà che il suo strumento mi ha sempre affascinato» commentò la giornalista.

«Ma Bryah... ora come faccio? Ci pensavo da un po', sai... come faccio a dirgli che so chi sono?»

«Perché dovresti dirglielo? Secondo me lo hanno capito. Ti rivelo un segreto: John ha qualche sospetto in merito.»

Leah rispose dopo qualche secondo. «Merda! Ma io non vorrei che loro pensassero... non vorrei che Shavo...» Si interruppe.

«Hai perso la testa per il bassista, eh?» la punzecchiò l'altra, per poi ridacchiare.

«Non voglio deluderlo, tutto qui» concluse Leah. «Ma non parliamone più, mi viene il malumore al solo pensiero che... senti, andiamo? Sono stanca di stare seduta qui» aggiunse, alzandosi di scatto dalla sedia.

Io sollevai a mia volta lo sguardo e proprio in quel momento i nostri occhi si incrociarono. La ragazza rimase pietrificata, poi afferrò bruscamente il braccio di Bryah e la trascinò verso l'interno. Non so cosa esattamente avesse percepito in me, ma sicuramente aveva capito che avevo scoperto il suo piccolo segreto.

E ora, cosa potevo fare? Si era aggiunto un altro problema all'infinita lista di quelli già esistenti.

Cazzo.


L'atmosfera in terrazza era rilassata, contrariamente a quanto mi sarei aspettato: sedevamo tutti insieme intorno a un tavolino e chiacchieravamo tranquillamente.

Io ero pensieroso e non partecipavo più di tanto alle conversazioni, anche perché ero intento a osservare Leah che evitava accuratamente di rivolgermi qualsiasi tipo di attenzione.

Feci scattare l'accendino e riaccesi la canna che stringevo tra le dita; la riportai alle labbra e aspirai, poi notai che Alwan si avvicinava a noi per chiederci se volessimo bere qualcos'altro. Avevamo già fatto un giro di drink e a me non dispiacque affatto ordinarne un altro.

«Vodka liscia? Sicuro?» mi domandò il barista, strizzandomi l'occhio.

«Sicurissimo» confermai.

«Senti, qui ci si annoia... non è che ti va di portare su la chitarra?» mi propose all'improvviso il ragazzo, indirizzandomi un sorriso complice.

«Perché no? Oggi ho una voglia matta di suonare, non immagini neanche quanta...» ammisi, per poi ricambiare il sorriso e alzarmi. «Grazie, amico, non potevi farmi una proposta migliore.»

«Ma figurati! Vorrei poter suonare con te, ma purtroppo devo lavorare...»

Intanto la stecca che tenevo tra le dita si era nuovamente spenta, così feci scattare ancora l'accendino e presi un'altra boccata. «Peccato. Sarà per la prossima, non mancherà occasione.» Dopodiché mi avvicinai a Shavo e gli porsi la canna. «Vado a prendere la chitarra, finiscila tu se vuoi.»

«La chitarra?» esclamarono in coro Bryah e Leah.

Annuii e mi avviai verso l'ascensore. Nel giro di dieci minuti fui di ritorno, tenendo in mano una chitarra acustica che mi ero portato dietro da Los Angeles. Avevo evitato di portarmi appresso i miei gioiellini preferiti per evitare che si rovinassero, potevo accontentarmi di quell'oggetto per un po'.

«Ho qui un jack! La vuoi amplificare?» accorse subito Alwan, stringendo tra le mani un cavo nero.

«Se non abbiamo un microfono, non penso sia sensato» commentai.

«Un microfono... no, niente da fare. Allora dovrai un po' sgolarti» rispose il barista desolato.

«Nessun problema, lo faccio sempre» scherzai.

Lui posizionò uno sgabello poco distante dal bancone e mi fece segno di accomodarmi; poi notai che armeggiava ancora dietro la sua postazione e ne uscì con uno djambé tra le mani. «Ho solo questo, non ho altri strumenti» annunciò.

Notai che John si alzava di tutta fretta dalla sedia e ci raggiungeva con gli occhi che brillavano. «Quello è mio!» esclamò tutto contento.

«Sbaglio o stiamo allestendo un set acustico?» feci notare al batterista, mentre Alwan portava uno sgabello anche per lui.

«Io faccio il video!» strillò Shavo con il suo cellulare in mano.

Scambiai un'occhiata con John e presi a strimpellare distrattamente, per poi ritrovarmi a riprodurre le stesse note che mi avevano angosciato durante tutto il pomeriggio.

Allora John prese a picchiare con le dita sul tamburo che aveva posizionato tra le sue cosce, andando a ritmo e annuendo tra sé; doveva aver riconosciuto il brano che stavo suonando.

Poco dopo, con gli occhi fissi sulle corde della chitarra, intonai:


Dam you

Stay away from me

I got a disease

Everyone is sleeping


Sollevai un attimo lo sguardo e notai che diverse persone mi ascoltavano e assistevano alla nostra esecuzione con curiosità e interesse: c'erano Leah e Bryah che ci fissavano incantate, c'era Medison che mi sorrideva appena dal fondo della terrazza, c'era Alwan che annuiva mentre si aggirava per i tavoli, e c'erano diversi clienti che sembravano apprezzare ciò che io e John stavamo facendo.

Ripresi a cantare:


I hate you

For putting faith in me

For putting faith in me

Everyone is sleeping


E proseguii a ripetere all'infinito le ultime tre parole, improvvisando un assolo e notando che John ci prendeva la mano con quel tamburo africano, come se si trovasse magicamente nel suo elemento e non riuscisse più a staccare le mani dalla pelle dello djambé.

«Siete forti! Ma adesso fate qualcosa di più allegro, dai!» ci incitò Shavo, senza smettere di filmare.

A quel punto John cominciò a eseguire un ritmo incalzante e allegro, che spingeva i presenti a muoversi a tempo; poco dopo presi ad accompagnarlo con il mio strumento, eseguendo un ritmo in levare.

Notai Leah che si alzava e trascinava Bryah con sé. Le due si avvicinarono a noi e presero a ballare a ritmo di musica, agitando le braccia e gridando come pazze. Mi ritrovai a cantare un famoso brano di Marley di cui non riuscivo momentaneamente a ricordare il titolo, ma le parole erano chiare e limpide nella mia mente.


Hey, mister music, sure sounds good to me
I can't refuse it, what to be got to be
Feel like dancing, dance 'cause we are free
Feel like dancing, come dance with me


Fu bello notare che tutti ballassero e cantassero con noi, e anch'io mi ritrovai in piedi a pascolare per la terrazza con la chitarra in braccio e un sorriso compiaciuto stampato sul viso.

Per quella sera volevo dimenticare, e non c'era niente che potesse realizzare quel mio desiderio se non la musica, la mia chitarra, la mia voce che intonava note.

Non mi preoccupai di stonare, di suonare bene, di fare ciò che un buon musicista avrebbe dovuto fare, ciò che John stava facendo; no, smisi di pensare e mossi le dita sulle corde, facendole vibrare insieme alle mie corde vocali e a quelle emozioni che solo la musica sapeva darmi.

Ero talmente preso da ciò che stavo facendo e dall'atmosfera che si era creata, che non mi curai di star sorridendo a Leah come se non avessi scoperto le sue menzogne.

Quella sera dimenticai, mi persi tra le note e avrei voluto non ritrovarmi mai più.




Carissimi lettori, rieccomi con un nuovo capitolo!

Cosa ne pensate di questi sviluppi della trama?

Ma sono qui per fare, come sempre, delle piccole annotazioni sul capitolo.

Se qualcuno non sa cos'è lo djambé, ovvero il tamburo che John si ritrova a suonare durante questa bizzarra jam session molto improvvisata, date un'occhiata alle immagini su Google e sono certa che capirete subito di che si tratta ^^ è una bellissima percussione africana che ci stava proprio bene con l'atmosfera della serata!

Passando ai brani citati...

Dam è qualcosa di molto particolare e struggente – a mio parere – che mi fa sempre pensare all'animo tormentato del nostro caro chitarrista; vi lascio qui il link per l'ascolto:

https://www.youtube.com/watch?v=dKHF-5nPcOs

Non so se il testo sia giusto, capirete da voi che non si capisce molto bene cosa dice Daron in questa canzone, ma cercando su internet ho trovato varie versioni... qualcuno di voi – tipo Stormy – mi sa dire quale sia il testo esatto? :D merci!

Poi, la canzone di Bob Marley che Daron canta è Roots, Rock, Reggae; ecco il link:

https://www.youtube.com/watch?v=MJB5L9F05tc

Spero vi piaccia anche questo brano ^^

Bene, vi saluto e vi ringrazio di cuore, come sempre, per tutto il sostegno che mi state dando :3

Alla prossima ♥

  
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