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Autore: mido_ri    22/06/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gio, 18 ottobre, notte

- Ro…non so se questo è giusto -

- Giusto? In che senso? -

Mi allontanai da lui.

- Non lo so… -

Il ragazzo sbuffò.

- Ecco, lo vedi? C’è sempre qualcosa che non va con te…con noi, intendo… -

- Lo so, Ro…è…è tutta colpa sua…io non ci riesco -

Riccardo mi prese il viso fra le mani, al buio. Ero sicuro che stesse cercando i miei occhi.

- Senti, non c’è nessuno stalker, te l’ho già detto -

- Ma…com’è possibile? Allora chi…tua madre… -

- Calmati, non serve a niente agitarsi così tanto -

- Credi che sia colpa mia se sono diventato così?! Io…vorrei solo avere delle spiegazioni -

- Te le darò io, tranquillo -

- Ho paura… -

- È per questo che prima hai rifiutato? -

- Sì -

Tolse le mani dal mio viso, il loro calore venne meno e  percepii dei brividi di freddo.

- Come ti ho già detto…non esiste nessuno stalker. Ho ucciso io i miei genitori -

Un lampo illuminò il pavimento sporco su cui era fisso il mio sguardo perso. Avevo paura, tremendamente paura, ma non mi presi il lusso di urlare e scappare via un’altra volta.

- Che…che stai dicendo… -

Il suo tono era freddo, distaccato, come se non fosse lui a parlare, o come se si fosse preparato il discorso molti giorni prima. Continuava inutilmente a dirmi con pacatezza di stare calmo e allo stesso modo raccontava il raccapricciante modo in cui aveva ucciso i suoi genitori.

Suo padre era morto l’anno precedente, accoltellato alla gola; sua madre era stata brutalmente strangolata.

- Tu…come…come hai potuto fare una cosa del genere…perché?! -

Non capivo più nulla ormai, le testa vorticava e sentivo un forte fischio in entrambe le orecchie. In quegli istanti, l’unico folle motivo che mi spingeva a stare con lui, crollò davanti ai miei occhi, capii che non potevo assolutamente fidarmi di lui e che ero stato un completo idiota ad averlo fatto.

“Sono io il pazzo…sono io…come ho fatto a fidarmi di te? Cosa sei tu?”

Non vi era più alcuna giustificazione per ciò che avevo fatto. Realizzai che fino a quel momento  avevo vissuto in una grande bolla di sapone, con il terrore che potesse scoppiare da un momento all’altro al minimo contatto con chiunque; ma di Riccardo non avevo avuto paura, anzi, mi ero fidato ciecamente delle sue mani morbide e calde, del suo sguardo mansueto.

Mi ero sbagliato: fra tutte le persone da cui mi ero allontanato, lui era il solo, il primo, che aveva fatto scoppiare quella bolla, causandomi un dolore inimmaginabile.

- Ale… -

Cercò di afferrare una mia mano, ma mi alzai in piedi con uno scatto; raccolsi le mie cose da terra e mi avviai verso l’uscita.

- Ale, non ho finito, aspetta… -

Mi voltai verso di lui, riuscivo a vederne la sagoma inginocchiata sul suolo.

- Cosa vuoi dirmi ancora?! Che hai intenzione di ammazzare anche me? Tu…tu…mi fai schifo…e io faccio ancora più schifo per non essermi accorto del mostro che sei! -

Tentò di parlare ancora, ma non gli diedi la possibilità.

- È per questo che sei solo come un cane? Fai così con tutti, non è vero? Bene, allora lascia che te lo dica io, se non l’ha già fatto qualcun altro: sei uno squilibrato, dovresti marcire in un manicomio, smettila di cercare di farti nuovi amici, sul serio; se ne vuoi davvero uno…non dovresti fargli trovare tua madre morta in casa sua -

Uscii con passo deciso e sbattei con violenza la vecchia porta fatta di assi di legno. Ero furioso.

In meno di un minuto mi ritrovai zuppo d’acqua piovana fin dentro le scarpe, ma continuai a camminare velocemente senza badare a ciò che mi circondava.

“Sono un idiota…il più grande idiota di questo mondo”

Mi bloccai all’improvviso, i piedi piantati sul cemento bagnato.

“Ho ucciso io i miei genitori”

Sentii il sangue cominciare a fluire ancora più velocemente, la sua voce era diventata odiosa.

Arrivato dinanzi casa di Matteo, bussai freneticamente, stanco di stare sotto la pioggia. Le luci erano accese. La porta si aprì dopo pochissimi secondi, rivelando il volto estremamente preoccupato di Rosanna. La donna mi abbracciò così forte che per un attimo temetti che volesse spezzarmi tutte le ossa, ma non era per nulla arrabbiata.

- Mio Dio…che fine avevi fatto? Stavamo per chiamare la polizia… -

Smise di abbracciarmi per potermi guardare bene in viso.

- Cos’è successo? Sembri sconvolto…vieni, entra -

Mi fece sedere sul divano accanto a suo marito, il quale aveva abbandonato l’idea di guardare la partita di rugby su un canale notturno per rivolgere la sua completa attenzione a me.

- Alessio, eravamo tutti molto preoccupati. Perché te ne sei andato all’improvviso? -

Abbassai il capo ed evitai di rispondere; sul tappeto c’erano un paio di scarpe rosse, rialzai la testa. Matteo mi scrutava con diffidenza, evidentemente arrabbiato. Per fortuna Rosanna mi salvò da quella situazione imbarazzante, porgendomi un asciugamano da passare sui capelli grondanti d’acqua.

- Vai a farti un bagno caldo e riposati un po’, ne parleremo domani mattina, d’accordo? -

Annuii, grato a quella donna per la comprensione.

- Ah, a proposito! Domani torni a scuola -

- Cosa?! -

- Abbiamo discusso con i servizi sociali, per il momento puoi restare con noi, dato che ti trovi in una situazione difficile da gestire, ma non puoi permetterti di fare troppe assenze a scuola per il tuo bene…inoltre la colpa ricadrebbe su di noi -

Sospirai, deluso. La donna mi guardò dolcemente.

- So che stai soffrendo moltissimo…e il fatto che nessuno sia venuto a capo di questa situazione ti mette ancora più angoscia, però non va bene cercare di evitare gli altri e sconvolgere tutte le tue azioni quotidiane, lo so che ce la puoi fare -

Annuii nuovamente e cercai invano di sorridere, poi mi avviai verso la mia stanza.

Dopo essere stato a mollo nella vasca da bagno per un tempo indefinito, mi lasciai cadere sul letto a peso morto e mi girai di lato, abbracciandomi le ginocchia. Presi il cellulare sul comodino e lo misi a posto, reinserendo scheda SIM e batteria, poi attesi che si accendesse lentamente. Erano le quattro del mattino.

Mi sforzai di ricordare il nome del giornale di cui avevo letto lo sconvolgente titolo prima di scappare via; lo inserii nella barra di ricerca e mi misi a fissare la sottile linea azzurra che avanzava indecisa. Proprio in quel momento la porta della stanza si aprì e il padre di Matteo entrò chiedendo il permesso.

Si sedette accanto a me e mi diede una pacca su una spalla; mi sedetti per bene anche io, abbandonando quella posizione imbarazzante.

- Oh…quella notizia -

Notai che l’uomo guardava il display del mio cellulare con molto interesse.

- Ero sicuro che te la fossi filata per quello, scusami se sono stato avventato nel darti la notizia…da quello che ho capito tu e Riccardo siete molto amici, lo ha detto anche mio figlio -

- Già… -

- Be’, sarai felice di sapere che oggi pomeriggio è stato smentito tutto. Dopo averlo saputo ho chiamato un mio amico che lavora in zona, sulla donna sono state trovate anche le tue impronte, ma non vuol dire nulla il fatto che fosse seppellita vicino casa tua, no? -

-Hmm… -

Evitai di guardare l’uomo negli occhi e nascosi le mani tremanti sotto le coperte.

- Riccardo è stato interrogato e la nonna ha fatto da testimone, a quanto pare vive con loro; inoltre, quando hanno preso in considerazione la possibilità che potessi essere stato tu l’artefice, Riccardo ha smentito subito, dicendo che recentemente eri stato a casa sua e per questo hai avuto contatti con la madre…per difenderlo -

- Sì, ma…le impronte di Riccardo corrispondono ai lividi di sua madre…aspetta, difenderlo? -

- Non a quelli sul collo; il ragazzo ha ammesso di aver avuto un pesante litigio con la mamma per via del compagno…lei voleva farlo trasferire in casa sua, ma Riccardo continuava a dire che non voleva che suo padre fosse rimpiazzato da un altro uomo -

Se possibile, sentii di capirci ancor meno in quella storia, altro che chiarimenti.

- Queste discussioni andavano avanti da mesi ormai. Riccardo non è stato accusato per quelle ferite, ma assolto per legittima difesa…ha riferito che lei era solita alzare le mani e offenderlo verbalmente sempre a causa di quei disaccordi e anche che tu l’hai difeso una di queste volte, quindi ora stanno indagando… -

“L’ha comunque uccisa lui, al massimo è stata la madre a fargli del male per difendersi…”

-Be’, ora ti lascio riposare, buonanotte e…stai tranquillo, andrà tutto per il meglio -

Prima di uscire dalla stanza, l’uomo spense la luce e chiuse la porta silenziosamente.

Mi rigirai e mi infilai sotto le coperte fino al mento.

“Non mi sento per niente in pena per lui, merita solo una brutta fine…ed è anche uno schifoso bugiardo”

Chiusi gli occhi, sperando vivamente che qualcuno testimoniasse in suo sfavore e dicesse la verità, ma a quanto pareva io ero l’unico a saperla per intero e di certo non avevo intenzione di fare da testimone, altrimenti avrebbero riaperto le indagini su di me.

“Ma perché Riccardo mi ha detto la verità…se probabilmente voleva farmi fuori come ha fatto con gli altri? E poi perché ha messo il cadavere di sua madre in casa mia? Ce l’ha davvero messo lui? E perché mi ha difeso quando hanno trovato le mie impronte su quel corpo?”

Scossi la testa e mi rigirai fra le lenzuola, imponendo a me stesso di smetterla di difenderlo, ma evidentemente per il mio cervello era un’impresa impossibile.

Presi nuovamente il cellulare e visitai una miriade di siti di cronaca riportanti il suo nome in pochi minuti, in ognuno di essi venivano menzionati un’accusa e un immediato rilascio, subito dopo un’altra uccisione: uccisione, accusa, rilascio, uccisione, e così via all’infinito. Mi coprii il volto con le mani e cominciai a singhiozzare, accompagnato da innumerevoli lacrime.

“Per quanto ancora dovrà continuare questo orrore? Quanto…? Ucciderà anche i genitori di Matteo? E anche lui? No…mi basta stare alla larga da lui”

Infilai la testa sotto il cuscino nel tentativo di allontanare qualsiasi tipo di rumore esterno.

“Ma è stato veramente lui a fare questo? E lo stalker? Ho immaginato tutto?”

All’improvviso una domanda si fece spazio nella mia mente, ancora più temibile di tutte le altre.

“Se non c’è nessuno stalker…allora chi ha ucciso i miei genitori?”

  
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