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Autore: itachiforever    22/06/2017    7 recensioni
[Venerdì 13]
Una ragazza, i suoi genitori, il suo cane e una nuova casa.
Un lago, una foresta e un campeggio sventurato.
Giovani ragazzi, una piccola vacanza e uno spietato serial killer immortale.
Differenze, similarità e qualche salvataggio.
Crystal Lake troverà la pace?
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 9 – Incubi e fobie








Jason la vide allontanarsi dalla finestra e, quando la luce della sua camera si spense, si chinò per raccogliere il piccolo aereo di carta. Ma perché glielo aveva tirato? Vide i segni lasciati dall’inchiostro e lo aprì, leggendo quello strano biglietto.
“Domani dopo mezzanotte guarda sotto l’oleandro bianco. – Jasmine”
Quella ragazza non finiva più di sorprenderlo. Si mise in tasca il foglio e si guardò intorno, avvistando l’oleandro di cui parlava la ragazza. C’era un gruppetto di quelle piante su un lato del garage. Tutte avevano i fiori rosa, ma solo una i fiori bianchi, anche con la poca luce della luna Jason riusciva a vederlo. Cosa ci sarebbe stato lì sotto dopo mezzanotte il giorno dopo? Jason andò a controllare, ma in quel momento non c’era altro che terra. Stare a pensarci troppo non gli sarebbe stato di nessun aiuto, quindi se ne andò. Avrebbe scoperto tutto entro un giorno alla fin fine.
 
Jasmine dormiva già da un bel po’ quando iniziò a sognare. Era un sogno normale all’inizio, né bello né brutto. Ad un certo puntò si trovò in mezzo ad una foresta. Non riconosceva quel posto ed era circondata solo da alberi. Uno strano senso di inquietudine la invase e iniziò a camminare. All’improvviso il terreno sotto ai suoi piedi cedette, quasi come se sparisse, e lei si sentì precipitare nel vuoto. Fu solo per un’istante, poi si rese conto di dove si trovava.
In qualche modo era finita in acqua, anzi sotto l’acqua. Venne presa dal panico e iniziò a dimenarsi, come per liberarsi dalla presa di quel fluido ghiacciato. Ma più si muoveva e più andava a fondo. Guardò in alto, in basso e intorno a sé, ma era tutto uguale. L’acqua non era limpida, ma molto scura, quasi come quella…Ma certo. Avrebbe dovuto capirlo subito. Era l’acqua di un lago. Poi qualcosa le afferrò una caviglia, iniziando a tirarla ancora di più verso il basso. Jasmine sentiva che il fiato iniziava a mancarle, presto non sarebbe più riuscita a trattenerlo. Poi un altro strattone all’altra caviglia. Guardò verso il basso e la sua paura crebbe, quando si accorse che a tirarla erano le due ragazze uccise quello stesso giorno. Scalciò cercando di liberarsi, ma nulla sembrava funzionare. Ora erano talmente in basso che riusciva a intravedere il fondale. Una grande distesa di fango e corpi umani. Non riuscì più a trattenere il fiato e cercò di respirare, bevendo quell’acqua decisamente disgustosa a quella profondità. Sentiva il naso bruciarle e i polmoni come se stessero per esplodere. E proprio quando sembrava essere spacciata, si risvegliò.
Jasmine si ritrovò nella sua stanza, dove era sempre rimasta ovviamente, col fiatone, come se davvero avesse trattenuto il respiro per molto tempo. Era anche tutta bagnata, ma a causa dei sudori freddi e non delle gelide acque del lago. Non era la prima volta che faceva un incubo del genere, dove lei stava annegando, ma questo era davvero estremamente vivido. Le era sembrato reale per qualche momento. Ripensò ai volti delle due ragazze, alle loro espressioni di rabbia e di terrore. Era anche colpa sua se erano morte? La ragazza si ritrovò a chiederselo. No, non era colpa sua. Cercò di scacciare quel pensiero dalla mente. Non avrebbe potuto fare nulla in ogni caso, giusto?
Facendo respiri profondi cercò di calmarsi e riprendere fiato e un’altra domanda le sorse: c’erano davvero tutti quei corpi in fondo al Crystal Lake?
Si alzò dal letto e andò in bagno. Finn, sentendola camminare, salì dal piano inferiore e le andò incontro. Jasmine si sciacquò il viso e si guardò allo specchio. “Uff…Samara mi fa un baffo” Sbuffò.
La ragazza sentiva ancora il cuore batterle forte per la paura. Non erano state tanto le ragazze a spaventarla, quanto l’annegare.
Ecco un altro motivo per cui si sentiva in qualche modo legata a Jason: anche lei da piccola aveva rischiato di annegare per la disattenzione di altri.
Era successo anni prima, quando lei aveva 7 anni, durante una vacanza con i suoi genitori. L’albergo in cui alloggiavano aveva una grande piscina all’esterno e per i bambini c’era una specie di servizio di baby-sitting gratuito. I genitori la lasciarono con i responsabili e altri bambini per tutta la mattina, mentre loro si concedevano una passeggiata in città. Jasmine ricordava bene quel giorno. I responsabili avevano fatto ballare e giocare i bambini per tutta la mattina e ad un certo punto gli avevano anche concesso un bagno in piscina, a patto che restassero nella zona dove l’acqua era più bassa. Ad un certo punto Jasmine volle sperimentare quanto fosse riuscita ad andare più in là prima che smettesse di toccare il fondo. Si aggrappò con una mano al bordo della piscina, più in alto di lei, e iniziò ad avanzare, staccandosi dal gruppo di bambini. Quando però non riuscì più a sentire il fondo coi piedi la mano le scivolò e si staccò dal bordo, ritrovandosi completamente sommersa dall’acqua. A quel punto il panico si impossessò di lei, che non sapeva nuotare e non aveva più un appiglio. Cercò di mantenersi a galla con scarsi risultati, respirando anche dell’acqua. Avrebbe voluto gridare aiuto ma la voce veniva soffocata. Finalmente, con uno sforzo per lei immane riuscì a darsi una spinta più forte, riuscendo ad aggrapparsi nuovamente al bordo. Cercò di arrampicarsi fuori ma era troppo alto e fu costretta a tornare indietro così come era arrivata, ma respirando male a causa dell’acqua che le era andata di traverso. Uscì dalla piscina e respirando profondamente e tossendo riuscì a riprendersi, seppur spaventata.
E durante tutto questo i responsabili non si erano accorti di nulla, troppo impegnati a chiacchierare tra di loro sotto un gazebo dando le spalle alla piscina.
Quando i genitori andarono a riprenderla non disse nulla all’inizio, per paura di essere rimproverata perché aveva disubbidito. Ma quando il pomeriggio andarono tutti insieme in spiaggia per fare un bagno in mare Anna e Robert si accorsero di qualcosa che non andava. A Jasmine piaceva stare in acqua, quindi perché era scoppiata a piangere pur di non andarci? A quel punto Jasmine confessò tutto.
Da quel giorno iniziò ad avere paura dell’acqua, cosciente del fatto che sarebbe potuta morire. Non andava mai dove non toccava e non entrava in acque che non fossero limpide. In ogni caso era sempre in allerta, anche quando l’acqua era bassa. Questo anche a causa di un altro paio di episodi dell’anno successivo. Era di nuovo a mare, in un punto “sicuro” con l’acqua non troppo alta. La prima volta il vento iniziò ad alzarsi e un’onda la travolse all’improvviso, la seconda l’acqua del mare non era molto limpida ed era invasa dalle meduse e lei si beccò un paio di punture.
Nonostante tutto però l’acqua continuava a piacerle, da una certa distanza. Le piaceva guardare i riflessi che mandava, la rilassava. Ma raramente vi si immergeva. Preferiva anche la doccia al bagno.
Con la mente invasa da pensieri e ricordi scese in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Davvero sperava di non dover più rivivere esperienze simili.





Angolo Autrice:
Ciao a tutti!
Ecco svelato un’importante aspetto della personalità di Jasmine.
E chissà perché ha mandato quel messaggio a Jason…
Non ho molto tempo, quindi vi dico solo questo: stiamo entrando nel vivo della storia!
A presto!
  
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