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Autore: Kim WinterNight    23/06/2017    1 recensioni
[Sequel di 'Alive'.]
«Siamo giunti all'ultimo campo per Laura.
Stavolta però si ritrova ad avere qualcuno al suo fianco, qualcuno che però non è Marco.
Forse questa è la volta buona, forse la ragazza riuscirà a superare l'attrazione che da sempre la lega a qualcuno che non la ama.
Lei ci proverà, supportata da sua sorella Tamara, dall'immancabile e storica amica Viola e da tutti i loro compagni di avventura, sotto la supervisione di educatori e istruttori che non rinunceranno a mettere i ragazzi alla prova e a combinare un bel po' di casini.»
Come per le due storie precedente, troverete una colonna sonora diversa per ogni capitolo. Vi basterà cliccare sul collegamento presente sul titolo per essere rimandati direttamene al brano su YouTube.
Inoltre, come di consueto, il titolo della storia porta il nome di una canzone dei P.O.D. intitolata proprio 'Boom': vi consiglio di andarla a sentire! ;)
Buon ascolto e buona lettura e, come sempre, non esitate a farmi sapere il vostro parere ♥
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Youth Of The Nation'
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ReggaeFamily

Capitolo dieci: Rag Doll




«Vivi? Svegliati, dai!»

«Uhm...»

«Dai, altrimenti facciamo tardi!» ripetei per l'ennesima volta, per poi accostarmi al lato sinistro del letto, sul quale Viola ancora giaceva, infagottata tra le lenzuola.

«Non sto bene...» mormorò, rimanendo immobile.

«Cosa significa che non stai bene? Dai!» Ero certa che la mia amica stesse cercando una scusa per rimanere a letto, era una pigra inguaribile!

«Lalli... ho avuto una crisi...»

«Ma quando? Io non ho sentito niente!» tentai di sdrammatizzare.

«Nel sonno... mi sono svegliata che...»

La interruppi: «Vivi, ma io non ho sentito niente! Non ce l'hai avuta, magari è stata solo un'impressione...».

«Ti dico di sì, Lalli! Mi sono svegliata che mi sentivo rigida e avevo tanto freddo... sto malissimo...»

Udii il rumore della caffettiera che cominciava a gorgogliare in cucina, così sospirai e le dissi: «Okay, aspetta che devo andare a spegnere il caffè. Torno tra un po'».

«Va bene.»

Tornai in cucina e incrociai Marta.

«Lau, che succede?» mi domandò lei.

«Vai tu da Vivi? Ha detto di aver avuto una crisi durante il sonno, ma non so se...»

«Adesso vediamo.»

Io raggiunsi il fornello e lo spensi, per poi trasportare con attenzione la caffettiera sul tavolo. Poi mi occupai di cercare lo zucchero, portai fuori qualche brioche dal frigorifero e recuperai i miei amati grissini al sesamo dell'Eurospin. Erano sempre e comunque una salvezza!

Dopodiché tornai in camera e trovai Marta in piedi accanto al letto.

«Hai ancora freddo?» chiese l'educatrice alla mia amica.

«Sì» confermò Viola, sotterrandosi sotto le coperte e infilandoci sotto anche il viso.

«Però a me sembra strano...» osservai pensierosa.

«Cosa?» mi domandò Marta.

«Che abbia avuto una crisi nel sonno... io non mi sono accorta di niente» borbottai.

«Però è così» mi assicurò Viola in tono sommesso.

Sospirai e mi sentii in colpa per non averle creduto; cosa potevo saperne io? Il fatto che non avessi udito nessun rumore provenire dalla mia amica non significava che lei si fosse inventata tutto. Ero proprio cretina certe volte.

Mi avvicinai a lei e mi sedetti sul bordo del materasso, mentre Marta lasciava la stanza.

«Scusa se non ti ho creduto, volevo solo... speravo che non...» cominciai, non trovando le parole giuste per esprimermi.

«Non preoccuparti» mi rispose.

«Davvero? Sono stupida, lo so!» mi schernii ancora.

«Per questo ti voglio bene.»

Le posai una mano sulla guancia e sorrisi. «Anche io te ne voglio. Ora riposa e non preoccuparti di nulla.»

La lasciai a letto e tornai in cucina, dove Marta si era già seduta a tavola. Mi accomodai a mia volta e sospirai per l'ennesima volta.

«Non ci voleva» dissi.

«Già. Rimango io con lei stamattina, ve la caverete in piscina senza di me» decise l'educatrice, sorseggiando il suo caffè.

«Va bene, l'importante è che lei non rimanga sola. Potrei stare io a farle compagnia se...»

«No, tu vai pure in piscina. Non preoccuparti, ora Viola sta bene, deve solo riposare un po'. Se si sente meglio, le chiedo se ha voglia di scendere in piscina. Okay?» mi tranquillizzò Marta.

Annuii e finii di fare colazione, in preda a uno strano senso di fastidio.

Un'altra giornata era cominciata decisamente male.


Non potei fare il bagno, avevo ancora il ciclo, così mi sistemai all'ombra del portico in paglia che ospitava un numero abbastanza ristretto di sdraio. Mi affrettai a occuparne una e frugai subito in borsa alla ricerca delle mie cuffie.

Avevo bisogno di rilassarmi con un po' di musica, mi sentivo sotto stress e ancora non riuscivo a stare del tutto tranquilla. L'attacco di panico della sera prima mi aveva provato, così come quello di claustrofobia di Marco; poi avevo scoperto che Viola aveva avuto un'altra crisi e questo non aveva fatto che accentuare il mio malumore.

Lasciai che le canzoni scorressero nelle mie orecchie in riproduzione casuale e mi adagiai sulla sdraio, chiudendo gli occhi.

Nel frattempo la maggior parte dei ragazzi si buttarono in acqua, tra cui mia sorella. La invidiai un po', anche perché faceva un caldo infernale e un bel bagno mi ci sarebbe proprio voluto.

Trascorse un po' di tempo, poi mi stancai di stare con le cuffie alle orecchie e mi alzai, per poi avvicinarmi a Giovanna, Simona e Marco.

Quest'ultimo era seduto per terra e stava con le gambe incrociate; i capelli gli ricadevano sulla faccia e stava armeggiando con il cellulare.

A un certo punto fece partire una canzone deprimente e lagnosa, così mi rivolsi a lui e lo apostrofai: «Ma che palle, almeno metti qualcosa di più allegro!».

«Non ti va mai bene niente... ma Vivi dov'è?» bofonchiò.

«Ha avuto una crisi durante il sonno e ora sta riposando. No, mi va bene tutto, ma ora siamo in gruppo e tu porti fuori questi brani da suicidio?» ribattei senza scompormi.

«Di questa che ne pensi?»

Ascoltai un brano rock a me ignoto e decisi di non commentare, non mi importava più di tanto cosa volesse ascoltare. Quando la canzone terminò, lui mi chiese se potessi prestargli il mio telefono, in modo da mettere su qualcosa dalla mia immensa playlist.

Nel frattempo, Tamara ci raggiunse e si avvolse attorno al corpo il suo telo da mare. Si sedette sulla mia stessa sdraio e insieme ci mettemmo in ascolto di ciò che stava selezionando Marco.

Scelse qualche brano degli Slipknot, qualcosa dei Korn e perfino dei System Of A Down; poi si orientò su un gruppo rock locale che conoscevamo entrambi e così ascoltammo un bel po' di loro brani.

Dopo un po' ripresi il mio cellulare e decisi di scegliere io le canzoni da ascoltare, spaziando in vari generi per non annoiare nessuno.

Verso mezzogiorno Viola e Marta ci raggiunsero, così mi precipitai subito incontro alla mia amica per chiederle come stava. Lei era sorridente e tranquilla, mi disse di aver riposato un bel po' e di stare decisamente meglio.

Quando tornai alla sdraio, notai che Nicolò e Giorgio erano usciti dall'acqua e si erano accomodati non tanto distanti l'uno dall'altro.

Giorgio teneva in mano un tubo di Pringles e si accingeva a mangiare le sue patatine in santa pace, quando Nicolò distrusse l'idillio, come suo solito.

«Giorgio, me ne dai un paio?» domandò in tono cantilenante e pedante.

«Sì, ma non mangiarne troppe...»

La mia stima verso Giorgio raggiunse le stelle, ma Nicolò parve poco propenso a seguire il consiglio che gli era appena stato dato.

«Non essere tirchio!» strepitò ancora, allungandosi per infilare nuovamente la mano dentro il tubo.

A quel punto Giorgio si incazzò parecchio e sbottò: «Nicolò, smettila subito! Mi sono proprio stancato, sai? Da quando è cominciato il campo non fai che approfittarti di me, ma pensi che io sia scemo? Ora non te ne do più, arrangiati!».

La mia stima per quel ragazzino crebbe ancora e si estese verso l'infinito e anche oltre.

«Bravo Giorgio!» esclamò Viola con entusiasmo.

«Grande, diglielo!» aggiunsi io.

«Vedi Nicolò, porti le persone a rivoltarsi contro di te. Forse dovresti cambiare atteggiamento» commentò Giovanna.

Lui continuò a borbottare tra sé, ma noi lo lasciammo perdere e ci concentrammo sulla musica e sul cibo che stavamo consumando; io avevo portato appresso i grissini al sesamo, Giorgio ci offrì le sue patatine e Giovanna portò fuori un po' di biscotti assortiti.

«Lau, prestami il tuo telefono, vediamo cosa possiamo ascoltare!» mi disse Marta, intenzionata a far ballare Simona e Gabriella; aveva notato che le due se ne stavano sedute e non comunicavano con il resto del gruppo, Gabriella impegnata a parlare con il cellulare e Simona immersa nel suo mondo fatto di biscotti per la colazione, fazzoletti per il naso che nessuno le dava e colazioni nella camera di Nicolò.

Consegnai l'oggetto a Marta e lei cominciò a scorrere i nomi degli artisti presenti nella mia raccolta multimediale.

«30 Seconds To Mars... chi se li ricordava più?! Accept... Aerosmith... Aerosmith?! Fantastici! Che canzoni hai?» esclamò lei tutta contenta.

«Apri la cartella, ora non mi ricordo... Marta, ti ricordi quando, tre anni fa, eravamo al campo e in quel campeggio mandavano sempre I don't want to miss a thing

«Sì, cavoli! È vero, erano fissatissimi!»

Ridacchiai. «Meglio di quando partivano le canzoncine della baby dance...»

Anche lei rise e scelse un brano molto allegro e trascinante degli Aerosmith, ovvero Rag Doll. «La adoro, troppo divertente! Forza, Simo, Gabri... alzatevi! Venite a ballare!» le incoraggio Marta, cominciando a muoversi a ritmo con la musica e prendendo a cantare la canzone in questione, inventandosi però tutte le parole.

Io mi misi in piedi a mia volta e accennai qualche passo incerto; ballare non mi piaceva, però la musica spesso riusciva a trascinarmi con sé e non mi importava di non riuscire a risultare sensuale o aggraziata, non erano proprio problemi miei.

Cominciai a mia volta a cantare e fu divertentissimo; in quel momento mi sentii veramente leggera, libera e tranquilla, non c'era niente che potesse preoccuparmi.


Yes I'm movin'
Yes I'm movin'
Get ready for the big time
Tap dancing on a land mine
Yes I'm movin'
Yes I'm movin'
Old tin lizzy do it till you're dizzy
Give it all ya got until you're put out of your misery


«Troppo bella questa canzone, non la sentivo da secoli!» gridò Marta in preda all'entusiasmo, prendendo le mani di Simona per incitarla a muoversi a ritmo.

Il mio sguardo cadde su Gabriella, la quale si muoveva scompostamente e non sembrava apprezzare particolarmente quel tipo di musica.

Andammo avanti così per un po', ascoltando diverse canzoni e ballando come invasate.

Fortunatamente in piscina non c'era nessun altro oltre noi.

Dopo un po' ci rimettemmo a sedere, sfinite e accaldate; bevemmo un po' d'acqua e cercammo di riprendere fiato.

Marco si sedette sul muretto di cemento e pietra che delimitava le aiuole della piscina. Imbracciava la sua chitarra classica e strimpellava distrattamente, intonando un brano piuttosto malinconico, come al solito.

Mi venne un'idea e mi accostai alla mia borsa; frugai al suo interno e ripescai la macchina fotografica che ci avevo buttato dentro quella mattina.

Senza farmi notare da lui, presi a scattargli qualche foto, perché mi veniva da ridere per la serietà con cui si atteggiava a grande musicista maledetto con tanto di capelli sul viso e il sole che batteva implacabile su di lui.

«Guarda, Giovi» sussurrai, mostrando le foto all'educatrice che, nel frattempo, mi si era avvicinata per capire cosa stessi combinando.

«Serio, troppo serio... non se la fa mai una risata?» osservò lei ironica.

«A quanto pare no...»

«Ragazzi, vi ricordate, vero, che questo pomeriggio abbiamo la musicoterapia?» ci chiese Marta, mentre cercava di aiutare Simona a sistemare le sue cose.

Ormai si avvicinava l'ora di pranzo e dovevamo cominciare a prepararci per andarcene dalla piscina.

«Ah, sì! A che ora si comincia?» mi informai.

«Verso le quattro» rispose Giovanna.

«Sempre troppo presto... ci sarà da morire per via del caldo!» si lamentò Tamara, ripiegando il suo telo.

«Sicuramente» borbottai a mia volta.

Sperai che quell'esperienza risultasse positiva, altrimenti sarebbe stata una doppia seccatura.

Dopo aver finito di racimolare i nostri effetti personali, ci incamminammo verso le nostre stanze.

Io mi accostai a Viola e procedetti accanto a lei, controllando che il bastone non le creasse dei problemi e che seguisse il percorso giusto.

Poco dopo Tamara ci raggiunse e ci sussurrò: «Dopo devo raccontarvi di Marco».

«Oddio» mormorai. «Che è successo?»

«Poi vi dico, appena abbiamo un attimo di tranquillità...»

«Tami, però non farci preoccupare! Ha fatto qualche stupidaggine?» intervenne Viola.

«Sì, ma non c'è da preoccuparsi. State tranquille» ci rassicurò mia sorella con un sorriso.

Non vedevo l'ora di scoprire cos'altro aveva combinato quel cretino. Sperai caldamente che non avesse esagerato con mia sorella, altrimenti se la sarebbe vista con me.

Ma conoscevo Tamara, lei era benissimo in grado di badare a se stessa.

Andai a pranzo più curiosa che mai, con la speranza che la giornata migliorasse ancora. Le cose sembravano andare meglio rispetto a quella mattina, perciò incrociai le dita e decisi che avrei fatto di tutto pur di far procedere tutto in maniera positiva.

Dopotutto eravamo in vacanza, avevamo anche noi il diritto di divertirci, sentirci liberi e svuotare la mente.

Ero stanca della negatività e del malumore, non potevo permettere a nessuno di rovinare il mio ultimo campo.

  
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