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Autore: _Kurai_    23/06/2017    2 recensioni
Ormai era ufficiale, imminente e inevitabile: ancora poche ore e sarebbe stato presentato alla famiglia McClain come il fidanzato di Lance, e il pensiero continuava ad attorcigliargli le budella e a provocargli un vago desiderio di fuga.
Tuttavia non poteva: l'aveva promesso, ed era stato il primo a sostenere il suo ragazzo (ormai da più di un anno) nei suoi momenti di crisi, in cui temeva che la sua sessualità non sarebbe mai stata accettata dai suoi.
Probabilmente se avesse saputo che da lì a poche ore avrebbe dovuto affrontare una sfida molto più complicata e cruenta di un semplice outing di fronte alla famiglia del proprio ragazzo (ed era effettivamente una prospettiva spaventosa, visto che il clan McClain al completo avrebbe potuto fornire elementi e riserve per almeno due squadre di calcio), forse si sarebbe comportato diversamente.
Forse sarebbe stato ancora in tempo per fare inversione, lanciare uno sguardo a Lance addormentato sul sedile del passeggero, mettere a tacere il senso di colpa e tornare alla loro vita di tutti i giorni.
Quello che non poteva sapere era che non sarebbero mai tornati alla vita di tutti i giorni.
Genere: Angst, Comico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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I

Morti viventi, coming out e altre amenità

 

Era quasi l'alba.

Keith guidava da ore, con gli occhi che bruciavano e una tensione fastidiosa alla base del collo, che però non era nemmeno paragonabile a quella psicologica se pensava alla sfida che avrebbe dovuto affrontare quel giorno.

Ormai era ufficiale, imminente e inevitabile: ancora poche ore e sarebbe stato presentato alla famiglia McClain come il fidanzato di Lance, e il pensiero continuava ad attorcigliargli le budella e a provocargli un vago desiderio di fuga.

Tuttavia non poteva: l'aveva promesso, ed era stato il primo a sostenere il suo ragazzo (ormai da più di un anno) nei suoi momenti di crisi, in cui temeva che la sua sessualità non sarebbe mai stata accettata dai suoi.

Probabilmente se avesse saputo che da lì a poche ore avrebbe dovuto affrontare una sfida molto più complicata e cruenta di un semplice outing di fronte alla famiglia del proprio ragazzo (ed era effettivamente una prospettiva spaventosa, visto che il clan McClain al completo avrebbe potuto fornire elementi e riserve per almeno due squadre di calcio), forse si sarebbe comportato diversamente.

Forse sarebbe stato ancora in tempo per fare inversione, lanciare uno sguardo a Lance addormentato sul sedile del passeggero, mettere a tacere il senso di colpa e tornare alla loro vita di tutti i giorni.

Quello che non poteva sapere era che non sarebbero mai tornati alla vita di tutti i giorni.

 

Lance si mosse sul sedile, emettendo un suono indistinto che Keith interpretò come "Che ore sono?" e gli rispose "Sono quasi le 5, hai dormito come un sasso per almeno quattro ore... per fortuna che ho preso un doppio caffè e non mi sono fidato quando hai detto che mi avresti aiutato a tenermi sveglio".

"Hai ragione, sono davvero una persona orribile" sbadigliò Lance, stropicciandosi gli occhi "se vuoi ti dò il cambio per qualche ora, immagino che sarai stanco di guidare" aggiunse, con un mezzo sorriso stiracchiato.

"Tu detesti guidare la mia macchina, Lance..." rispose Keith, incredulo.

La partenza era pianificata da settimane in coincidenza con la fine della sessione di esami e il mezzo prescelto era stato il pick-up di Lance, una sorta di cimelio di famiglia (ribattezzato Kaltenecker per motivi ignoti) che il ragazzo aveva ridipinto di blu fiammante , che però aveva deciso di lasciarli a terra proprio il giorno della partenza: questo li aveva spinti a scegliere la macchina di Keith, da Lance ribattezzata "il catorcio". L'auto era una Chrysler vecchia quanto loro, comprata di terza mano da Keith con gli stipendi di un anno del suo lavoretto part-time come pizza-express.

Il suo mezzo d'elezione era la moto e nemmeno lui amava guidare l'auto, ma alla fine si era rivelata un acquisto utile e Keith le si era perfino affezionato. La vernice rossa era un po' rovinata e il parafango arrugginito all'interno, ma era perfettamente in grado di attraversare mezzo continente.

"È vero che non amo guidarla, ma ora che sono sveglio mi conviene tenermi occupato per non pensare a quello che mi... che ci aspetta. E poi anche tu ti meriti qualche ora di sonno, stai facendo tutto questo per me..."

"Guarda che siamo ancora in tempo a tornare indietro se non sei pronto..."

"No, è una cosa che devo affrontare e basta, non posso fuggire adesso".

No, non poteva fuggire.

Aveva conosciuto Keith quasi due anni prima, quando entrambi avevano iniziato l'università. Si erano trovati ad essere coinquilini in un appartamento di studenti con altre tre persone (e un certo numero di gatti, che Katie – o come preferiva farsi chiamare, Pidge – continuava a salvare e ad adottare nonostante il parere contrario del padrone di casa) e poi anche a frequentare quasi gli stessi corsi, il che dopo un'iniziale rivalità li aveva portati a diventare inseparabili, nonostante i loro caratteri fossero diversi come il giorno e la notte.

Keith non aveva mai dovuto affrontare il momento dell'outing in famiglia, semplicemente perchè non aveva mai avuto una famiglia che si potesse definire tale. Il padre, rimasto solo poco dopo la sua nascita, l'aveva abbandonato da piccolissimo a una zia, che a sua volta non era stata in grado di mantenerlo e l'aveva mandato in una casa famiglia, dov'era rimasto fino alla maggiore età.

Anche per questo l'impatto con una famiglia così grande lo spaventava tanto, nonostante si stesse impegnando a non far trasparire la sua ansia per dare sostegno a Lance.

 

Keith accostò in una piazzola di sosta, ma prima di riprendere il viaggio propose di sgranchirsi le gambe e prendere qualcosa nel bar aperto tutta la notte che si trovava a pochi passi da lì, annunciato da un'insegna al neon tremolante.

Nella piazzola erano parcheggiate poche altre macchine e diversi autocarri, e all'interno del bar vi erano una mezza dozzina di persone assonnate quanto loro, costrette per vari motivi a viaggiare prima dell'alba.

Lance ordinò un caffè americano e Keith un espresso, il che gli lasciò tutto il tempo di osservare l'espressione dell'altro: le sopracciglia leggermente aggrottate, gli occhi azzurri sfuggenti, una mano che giocherellava con il bicchiere e l'altra che cercava quella di Keith, come una richiesta silenziosa di attenzioni.

Una volta che Lance ebbe finito il suo caffè i due uscirono; l'alba aveva iniziato a fare capolino dietro le montagne, e il sole pallido e stanco si rifletteva in una pozzanghera scura appena fuori dal locale, piena di un liquido rosso e denso.

Keith sentì un brivido gelido lungo la schiena, ma lo imputò alla brezza del mattino.

 

Lance prese le chiavi dalla mano di Keith e fece per inserirle nell'accensione, ma la reazione dell'auto fu un lamento sdegnato. Lance sbuffò, contrariato: "Come al solito la tua macchina non mi vuole accettare come pilota"

"Probabilmente capisce che non sei bendisposto nei suoi confronti" convenne Keith, sfiorandogli la mano per poi provare a girare la chiave a sua volta. La macchina reagì con un rombo soddisfatto mettendosi in moto.

"Tu sei davvero una stronza" bofonchiò Lance rivolto all'auto, lanciando uno sguardo storto al cruscotto.

 

Mancavano ancora circa duecento chilometri alla meta, e non si sentiva affatto tranquillo. Ok, stava per ammettere davanti a tutta la sua famiglia che gli piacevano gli uomini e che non sarebbe mai stato il figlio modello che loro pensavano di avere. Cioè, tecnicamente gli piacevano anche le donne, ma era con Keith che aveva capito che si trattava davvero di una cosa seria, e che non aveva più intenzione di nascondersi. Tuttavia non era solo quello a non farlo sentire tranquillo. Era come un presentimento, una sensazione. Il sentore che qualcosa sarebbe andato storto.

Quello che non poteva immaginare era quanto le cose sarebbero andate storte, da lì a poche ore.

 

La sensazione iniziò ad acuirsi quando dopo un tempo che gli sembrò infinito uscì dall'autostrada, per imboccare la statale che attraversava il paese più vicino alla casa dei suoi genitori, che si trovava in una posizione piuttosto isolata ad ancora mezz'ora da lì: poco lontano dall'uscita vi era quello che sembrava un posto di blocco, con una macchina della polizia e un mezzo dell'Esercito.

Tuttavia entrambi i mezzi erano vuoti e con le portiere spalancate, come in seguito ad una fuga frettolosa. Lance sgranò gli occhi, perplesso.

Un altro campanello d'allarme iniziò a suonare nella sua testa nel momento in cui rallentò ad un attraversamento pedonale per lasciar passare quello che apparentemente sembrava un signore anziano dal volto rugoso e butterato, che arrancava lentamente sulle strisce.

In fondo Lance non aveva nessuna fretta di arrivare, avevano tutto il tempo del mondo.

Fu però quando il vecchio si girò nella sua direzione che capì che doveva decisamente esserci qualcosa di molto, molto sbagliato.

Keith si era addormentato, ma sobbalzò sul sedile quando sentì il verso strozzato e stupito emesso da Lance nel momento in cui l'uomo si voltò e iniziò a muoversi deliberatamente verso la loro auto.

La parte inferiore del viso dell'uomo, dal lato che gli era rimasto nascosto fino a quel momento, era completamente staccata, come se metà della mandibola gli fosse stata strappata via a morsi, e il sangue gli imbrattava tutto il lato destro dei vestiti.

 

"Cosa cazzo...?" esclamò Lance, stringendo il volante fino a farsi sbiancare le nocche. L'inquietante sconosciuto si avvicinó lentamente con gli occhi spenti e vuoti fissi su Lance, che non riusciva a muoversi. Keith aveva uno sguardo che in qualsiasi altra circostanza sarebbe stato comico, un misto di panico, perplessità e sonno arretrato.

Nessuno dei due aveva colto l'ironia dell'immagine dello zombie educato che attraversava sulle strisce pedonali, il che poteva solo significare che Lance era seriamente terrorizzato: infatti non riuscì a sbloccarsi dalla sua trance finché l'uomo sfigurato non si arrampicó letteralmente sul cofano, fino a spalmare la faccia insanguinata sul parabrezza, come se non concepisse l'esistenza del vetro.

"Rimetti. In. Moto." disse Keith, col tono monocorde che gli usciva ogni volta che stava per perdere la calma. Conoscendolo, Lance iniziò ad agitarsi ancora di più e dopo qualche istante di esitazione accelerò di colpo, tatuando rumorosamente i segni delle ruote sull'asfalto e ottenendo un discutibile risultato: il pazzo rimase arpionato ai tergicristalli, bloccando loro la visuale.

"Che cosa devo fare?" iniziò a strillare Lance, totalmente in preda al panico, accostando nuovamente per evitare di schiantarsi. Keith tirò la leva dei tergicristalli e ottenne due risultati: imbrattare il vetro di sangue scuro e grumoso e far scivolare giù l'intruso, che rotoló di lato sulla strada con un tonfo, restando immobile.

"Forse dovresti ridarmi il volante" disse Keith, preoccupato per il colorito verdognolo che Lance, apparentemente sul punto di vomitare, aveva assunto.

"Sì, è meglio che guidi tu..." rispose con un filo di voce, prima di aprire la portiera e svuotare lo scarso contenuto del suo stomaco. Una volta ripresosi, Lance alzò lo sguardo.

Si guardò intorno, e si rese conto di trovarsi in una città fantasma. Richiuse la portiera tremando.

"Keith?"

Keith stava cercando di ripulire il vetro dal sangue, ma il catorcio non voleva decidersi ad attivare il getto d'acqua saponata e i tergicristalli non facevano che spargerlo ulteriormente.

"...Keith, forse dovremmo ripartire subito..." disse Lance, mentre il suo ragazzo continuava ad accanirsi senza risultati. Fu allora che Keith alzò gli occhi: non solo l'uomo di prima si era rialzato, ma la macchina era ormai quasi circondata da persone con lo stesso sguardo assente, i corpi insanguinati e parti del corpo mancanti.

"Keith, amore, dimmi che stiamo dormendo e che questo è solo la punizione del mio subconscio per averti costretto a vedere tutti quegli stupidi film di zombie"

"Mi piacerebbe che fosse così e potrei anche prenderti a pizzicotti per verificare che non sia un sogno, ma al momento credo che sia più urgente andarcene il più lontano possibile" Keith ripartì con una sgommata, falciando un paio di zombie che gli ammaccarono il cofano ma si rialzarono subito, continuando a barcollare in mezzo alla strada.

Era tutto così assurdo che i due non riuscivano ad articolare pensieri di senso compiuto, continuando a rievocare la visione orrenda a cui avevano appena assistito.

Keith guidava troppo veloce nonostante la visibilità minima, le mani sudate sul volante e lo sguardo che talvolta saettava verso Lance, con la testa tra le mani. Stava sicuramente pensando alla sua famiglia, sperando che stessero tutti bene. Fortunatamente non stava guardando la strada, perchè man mano che la macchina macinava chilometri verso casa McClain il paesaggio che li circondava diventava sempre più una terra di nessuno, con auto aperte e abbandonate, cadaveri sul selciato immobili ed altri che invece si aggiravano circospetti alla ricerca di cibo, che nello specifico sarebbero stati proprio loro due, apparentemente gli unici vivi nel raggio di chilometri.

Lance prese il cellulare, con l'intenzione di telefonare a casa per sondare la situazione: c'era campo, ma non riusciva a prendere la linea. Chiuse la chiamata in preda alla frustrazione, per poi digitare su Google il nome della cittadina, sperando di riuscire a capirci qualcosa.

"Misteriosa aggressione a morsi al supermercato" ed "Epidemia sospetta: isolato un paese di duemila abitanti" erano i primi due titoli offerti dalla ricerca. Gli articoli risalivano solo ai due giorni precedenti e a prima vista non sembravano nemmeno correlati, ma Lance aveva visto troppi film horror discutibili per sottovalutare quei segnali.

Inoltre, per quanto sulla carta il paese fosse definito "isolato", loro erano riusciti ad entrare senza problemi, totalmente ignari del pericolo. L'unico posto di blocco era deserto, il che poteva significare solo due cose: o la presunta epidemia in meno di un giorno aveva preso completamente il controllo o la zona era già stata abbandonata da chiunque fosse ancora senziente e non affamato di cervelli altrui.

 

Seguendo le indicazioni di un Lance ancora scosso, Keith raggiunse finalmente casa McClain, inerpicata in cima a una collina. Apparentemente, tutto sembrava normale.

La madre di Lance giunse ad aprire la porta, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

Il figlio non tornava a casa dalle vacanze di Natale dell'anno precedente, e si era comunque trattato di una toccata e fuga, quindi la donna era impaziente di vederlo: inoltre, Lance l'aveva avvisata che le avrebbe presentato una persona, quindi la signora McClain stava già immaginando anelli e fiori d'arancio e non aspettava altro da giorni.

Quando vide Keith, la donna dissimulò: "Hai portato un amico?" chiese, vagamente perplessa.

"No mamma, Keith è..."

"Lance! LANCE! Fratellone!" un uragano travolse il ragazzo ancora sulla porta, e due bambini che non dovevano avere più di sei o sette anni gli si arrampicarono letteralmente addosso, parlando contemporaneamente.

"Alicia, Julio, lasciatelo almeno entrare in casa, avrete tutto il tempo di tormentarlo più tardi!" una ragazza alta quasi quanto lui, dai capelli mossi e scuri come la madre, apparve dietro la donna.

"Keith, ti presento mia madre, i miei fratelli minori Alicia e Julio e mia sorella Talia, che ha un anno più di me" Lance cercò di sbloccare la strana situazione che si era creata.

Vederli vivi - e apparentemente inconsapevoli della situazione che imperversava a pochi chilometri da lì - gli aveva fatto quasi dimenticare degli zombie, ma allo stesso tempo l'ansia del coming out era tornata tutta insieme.

"Com'è andato il viaggio?" chiese la signora McClain mentre entravano in casa, diretti verso il grande salone dove si erano già radunati il resto dei parenti.

"Non avete visto la televisione o i giornali?" chiese Lance, mentre con la coda dell'occhio guardava Keith che aveva l'espressione di una persona che avrebbe volentieri assunto lo stesso colore delle pareti.

"Tuo padre è sul tetto a sistemare l'antenna, da ieri non si vede niente, perché?"

"Giù in città c'è... una brutta situazione" rispose Lance, che era ancora indeciso su quale notizia affrontare per prima.

"Secondo me non mangi abbastanza, sei pallido" una donna anziana, con occhiali spessi come fondi di bottiglia e gli occhi blu come quelli di Lance, arrivò zoppicando.

"Nonna, stavo cercando di dire che..." ritentò Lance, ma iniziava a pensare che sarebbe stato inglobato in un gorgo di conversazioni futili che avrebbe segnato la sua e la loro rovina, impedendogli di dire alcunchè.

"E questo tuo amico chi è?" aggiunse la nonna, avvicinandosi circospetta a Keith.

"Beh, ecco, lui è Keith e..."

"Lance! Sei arrivato allora! Ecco di chi era quella macchina tutta sporca che ho visto nel vialetto! Che fine ha fatto il vecchio Kaltenecker? E dove sei andato a impantanarti per--"

"Papà, frena i cavalli, una domanda per volta..." Lance era sul punto di arrendersi, tornare fuori con Keith, riprendere la macchina e tornare tra gli zombie, che almeno lo avrebbero lasciato parlare.

"Lance, cosa stavi dicendo?" venne in suo soccorso Talia, ma anche il suo tentativo di riportare la conversazione su un binario lineare finì con un buco nell'acqua, con il ritorno all'attacco di Julio, che si fiondò nel salone urlando e ridendo seguito dal cane di famiglia, un enorme Labrador estremamente esuberante e – a giudicare dalle urla della signora McClain – dalle zampe estremamente infangate.

"Io ci rinuncio" sussurrò Lance a Keith, con un sospirone.

"Ah Lance, senti, tua sorella l'altroieri si è dimenticata di comprare il burro, più tardi potresti scendere in città a prenderne un po' insieme al tuo amico?" riprese la madre, mentre cercava di togliere le macchie di fango dal pavimento.

"Prima di tutto, non scenderò in città perché è pieno di stramaledettissimi morti viventi e siamo arrivati vivi qui per miracolo... e poi, giusto per puntualizzare, Keith è il mio fidanzato."

 

L'affermazione di Lance, che era diventato più o meno del colore della macchina di Keith per la frustrazione e per l'imbarazzo, venne accolta da un enigmatico silenzio.

 


Quindi ecco un'altra botta di disagio della sottoscritta XD Mi raccomando bambini, non guardate tre film trash di zombie in tre giorni perché poi succede questo.
Spero di avervi incuriosito con questo primo capitolo e che continuerete a seguire i prossimi (lasciando magari qualche piccola recensione visto che sono sempre curiosissima di sentire pareri e critiche per migliorare).

Hasta la later
~

_Kurai_

 

 

   
 
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