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Autore: EcateC    23/06/2017    6 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Up in the Air 

 

 



 

-Jonny?-

-J-

-Prepara la Ferrari. Devo arrivare prima di lei-

-Dove?-

Il Joker sorrise -Nella sua umile dimora…-

 

 

 

 

Dopo un pericoloso viaggio in metro passato di fianco al controllore, Harleen finalmente arrivò nel suo condominio, non senza aver pagato un costosissimo taxi notturno.

Salì in ascensore ed entrò in casa sua bagnata fradicia, con le lacrime che minacciavano di scendere. Fuori, il fragore dei tuoni si infrangeva in ruggiti rabbiosi e mandava bagliori sul suo viso, pallido e stremato. Il tempo, almeno, si confaceva perfettamente al suo umore.

I tremori e la paura di morire, infatti, non l’avevano ancora abbandonata, basti pensare che il proiettile sparato da Joker l’aveva quasi colpita di striscio, ma era soprattutto la cocente delusione d’amore ad averle creato una voragine incolmabile nel petto.

La mia puttana, aveva detto schiettamente il clown, senza alcuna remora. Se lei voleva stare con lui e tentare l’ardua impresa di amarlo, quello sarebbe stato il suo ruolo, oltretutto condiviso con altre donne… Joker era stato cristallino.

Ma lei gli aveva detto di no, malgrado il desiderio bruciante di amarlo e stare con lui. Perché per lui era disposta a rinunciare a tutto, al suo lavoro, alla famiglia e perfino alla sua vita, ma non alla sua dignità e al rispetto reciproco, elemento fondante di ogni rapporto di coppia. Se poi, di sua spontanea e incorrotta volontà, avesse deciso di abbassarsi a qualsiasi pratica amorosa per farlo felice, quello era un altro discorso, perché comunque l’avrebbe scelto lei, o meglio, loro due, insieme.

Ma la parola “insieme” Joker evidentemente non la comprendeva. E questo bastava per rendere un ipotetico futuro con lui impossibile.

Harleen si disfò la coda e si ravvivò senza cura i capelli umidi, si tolse le scarpe e andò nel bagno. Accese la luce e si guardò svogliatamente allo specchio, ma come lo fece, vide alle sue spalle il riflesso di un uomo vestito di viola…

-Sorpresa!-

La ragazza urlò e si girò di scatto, indietreggiando fino a sbattere contro il lavandino. Joker era proprio dietro di lei, nel suo bagno, senza camicia di forza, senza uomini alle spalle e con l’impugnatura zigrinata di una revolver che sbucava dalla fondina dei pantaloni, neri e aderenti.

-Felice di rivedermi, baby?- iniziò lui, facendole un sorriso torbido -Ho pensato: lei non vuole venire da me? Bene, sarò io a venire da lei!- poi si guardò intorno -In fondo non è male qui, potrei anche abituarmi- disse, afferrando una boccetta di profumo e fermandosi a guardarla.

Harleen non riusciva a parlare, la paura la stava paralizzando. Indietreggiò fino a finire con le spalle al muro, mentre Joker continuava a guardarsi intorno.

-Certo, non è la mia deluxe suite, però…-

-Cosa…- cercò di sussurrargli -Che cosa…-

-Ah, credo che alla nonnina del terzo piano sia venuto un infarto- esclamò Joker, continuando a guardare le sue cose -E dire che avevo bussato solo per chiederle in che piano abitasse la dottoressa Quinzel… Le persone sono sempre così schive con me- fece un’espressione triste ma si coprì subito la bocca con la mano destra, quella che aveva un sorriso smagliante tatuato sul dorso… 

Harleen notò che la sua piastra per i capelli era ancora sul mobiletto del bagno, a portata di mano. Era spenta, però poteva comunque tirargliela contro e tentare la fuga… Ma poi? No, sarebbe stata la mossa più stupida del mondo. Anche Joker le sorrise, come se avesse intuito i suoi pensieri.

-No, lascia perdere, la piega l’ho già fatta prima di uscire… Ma dimmi, ti piaccio così?- le domandò, sistemandosi il suo iconico blazer viola a due code -Mi sono messo tutto elegante per te-

-Perché sei qui?- gli rispose invece lei, continuando ad aderire al muro. Joker si lisciò i capelli verdi già perfettamente pettinati, e avanzò di due passi. Era più affascinante che mai, il suo fisico atletico non era più mortificato dalla tuta larga dell’Arkham e le sue braccia erano libere di muoversi indisturbate, ma se questo giovava alla sua figura, lo stesso non poteva dirsi rispetto alla sua connaturata minacciosità, che ne usciva incrementata.

-Volevo essere ricevuto privatamente dalla mia psichiatra- le disse, facendole un sorriso aperto -Ho un piccolo problema… Mentale- si roteò la pistola sulla tempia, continuando a sorridere.

-Ah, quindi adesso sono la psichiatra?- gli rispose, strisciando contro il muro verso destra -Non sono più la puttana?-

Joker alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, continuando a maneggiare la pistola carica -Che bambina capricciosa- sussurrò a se stesso -Questa bambina mette a dura prova la pazienza di paparino…-

-Capricciosa? I o  t i  a m o- gli scandì esasperata, mentre lui si scricchiolava rumorosamente il collo -Ti amo come non ho mai amato nessuno prima d’ora, ma non puoi pretendere che io accetti di dividerti con delle altre o che ti permetta di trattarmi come se fossi una cosa da usare ogni tanto e gettare via subito dopo. Tu devi capire…-

-Iodevocapire iodevocapire iodevocapire cosa, angioletto!?- le sussurrò Joker, agitando la testa -Sei tu che devi capire, dottoressa Quinzel, che qui le decisioni le prendo io, non tu, io- si colpì il petto e le fece un sorriso commiserevole -E non me ne importa niente se feriscono il tuo piccolo cuoricino sensibile, anche perché non mi sembri nella posizione adatta per dettare regole… Tu sei la bambina e io sono l’uomo nero appena uscito dall’armadio, tu sei cappuccetto rosso e io il lupo cattivo che ti vuole mangiare- rise aspramente, abbassando lo sguardo sulla sua scollatura -Hai paura del lupo, Harleen?-

-Ho più paura di te- gli rispose, sinceramente.

Joker applaudì e annuì come un pazzo -BRAVA! Risposta esatta, dottoressa, ha appena vinto … Un bacio dal sottoscritto!- 

Joker fece l’atto di baciarla ma lei lo fermò. Il clown era visibilmente irritato, troppo, e con quei denti rivestiti d’argento perfino un bacio poteva trasformarsi in tragedia.

-Non sfidare il Joker, piccola, perdono sempre tutti quando ci provano-

-Non ti sto sfidando-

-Ma lo stai facendo, anzi l’hai già fatto. Prima, nel locale, davanti a tutti… L’hai già fatto!- cantilenò minacciosamente, prendendole il viso tra le mani -E il Joker accetta sempre le sfide che gli vengono proposte. Sai in quante siete a desiderare il diritto di esclusiva su di me? Te lo dico io: l’isola di Gotham non basterebbe per ospitarvi tutte, anzi, tutti, dato che ci sono anche diversi maschioni sotto mentite spoglie... Ma sai cosa? Nessuno ha mai osato sperarci perché tutti sanno che io sono semplicemente irraggiungibile. Sono un quid pluris evanescente, una forma concreta di paura, un archetipo, un INCUBO che per qualcuno può diventare realtà- le bloccò talmente forte il mento tra il pollice e l’indice che Harleen temette si fratturasse -E tu, ragazza, avevi il poker d’assi tra le mani e l’hai sprecato miseramente buttandolo per terra. Non posso fare finta di niente-

Quanto diavolo era forte…

-Ti prego, aspetta- lo supplicò, pur sapendo che con lui le suppliche sortivano l’effetto contrario -L’ho fatto perché ti amo troppo! Nessuno ti ha mai amato come ti amo io-

-Sì, vallo a dire a Irina. Secondo te la pagavo per le colazioni che facevo tra le sue gambe?- scosse la testa e rise, leccandosi le labbra -Tra un po’ era lei che pagava me, e pensa che tu potevi prendere il suo posto... Potevamo scopare come dei conigli-

Finalmente, le lasciò andare la mascella. La ragazza gemette di dolore e si piegò sulla schiena, fissando lo sguardo sui suoi pantaloni neri e aderenti. 

Che Joker fosse lussurioso non era una novità. Che fosse inquietante, imprevedibile, pericoloso e vendicativo, nemmeno. Ma che avesse delle gambe così lunghe e ben fatte, come se uno scultore gliele avesse cesellate direttamente dal marmo, quella sì che era una novità.

-Cosa c’è, doc?- le chiese lui con tono preoccupato, seguendo la direzione del suo sguardo -Si è caricato il bazooka?-

La ragazza alzò subito lo sguardo e lui scoppiò a ridere, di nuovo. 

-Mi fa questi scherzi, si carica sempre nei momenti sbagliati! Ma tu ne sai qualcosa… Per fortuna che all’Arkham dovevo stare seduto, se no sai che imbarazzo?- si mise la pistola all’altezza delle parti basse e gliela puntò contro -Bang, bang!

Harleen arrossì ma sul suo viso, malgrado tutto, si formò l'ombra di un sorriso. 

-Credo che non esista niente capace di metterti in imbarazzo, Mr. J-

-Sbagli, baby, ora sono molto in imbarazzo. Potevamo farci una bella scopata e invece guarda qui- esclamò, tristemente -Mi tocca ammazzarti-

Harleen osò avvicinarsi -Aspetta, lo so che sei arrabbiato ma parliamone un attimo-

-Parlarne…- ridacchiò, per poi sbottare come una belva inferocita -HAI IDEA DI CHE  FIGURA MI HAI FATTO FARE?- le gridò contro, appoggiando la pistola e sollevandola per la braccia come se fosse una piuma -Io ora ti devo ammazzare, zuccherino, lo capisci, sì?-

La sbatté forte contro al muro, strappandole un gemito di dolore.

-Aspetta, aspetta, ti prego…-

-Aspetta!?! Mi stai davvero chiedendo di aspettare? Ma lo sai chi sono io?- ridacchiò, sbattendola nuovamente contro al muro.

-Sì che lo so…-

-No, non lo sai, perché altrimenti non mi avresti rifiutato davanti… Oh, che dolore- chiuse gli occhi e inspirò col naso -Ricordarlo mi dà alla testa. Non va bene, mi ero ripromesso che non ti avrei fatto troppo male… Ma poi, non le vedevi le mie ragazze!? Ti sembravano infelici!? O magari depresse come lo eri tu prima di incontrare me?- le domandò, furibondo. La ragazza gemette di dolore, le stava stringendo così forte le braccia da stritolarle la carne.

-Ho visto quello che hai fatto a Irina- trovò la forza di rispondergli -Era tutta sfigurata-

-Non sono stato io, era già così quando l’ho presa-

Il cuore di Harleen si gonfiò -Non ci credo-

Joker le mollò le braccia e le accarezzò il collo, imprigionandola con il suo corpo contro al muro.

-Senti che bel collo da cigno- esclamò poi con dolcezza, sorridendole in modo inquietante -Sarebbe un peccato spezzarlo, non è vero?-

-Mr. J…-  

-Sì, sarebbe un peccato grave, uno spreco colossale!- continuò sconclusionato, scuotendo la testa -E io non lo vorrei fare, piccola, ma devo! Ascolta, qui a Gotham io ho un potere di vita e di morte su tutti voi, e sai cosa vuol dire? Vuol dire che se smetto di usarlo, qualcuno comincerà a insospettirsi, la paura nei miei confronti scemerà, si creeranno dei gruppi di ribelli tra i miei uomini e poi… Puf! Ciao, ciao Joker-

-Ma tu non hai bisogno di dimostrare chi sei- si affrettò a dire Harleen, livida in volto -Ti sei creato una nomea, tutto il mondo ti conosce e i qui i muri tremano al solo sentire il tuo nome. Non hai bisogno di… di dimostrare altro-

Il clown scosse la testa -È più difficile di così, zuccherino. Arrivare al potere è una cosa, mantenerlo è un’altra. Soprattutto in un postaccio come questo dove tutti vorrebbero spodestarmi dal trono- le fece un sorriso argentato e inquietante -Ehi, ma adesso non mi guardare con quegli occhioni da cerbiatto ferito, non mi rendere il lavoro più difficile di come lo è già -

Harleen era scossa da mille brividi, la stessa sensazione di panico e adrenalina che aveva provato il giorno dell’elettroshock la pervase, solo che questa volta l’intensità della paura era amplificata al massimo.

-E per questo motivo, rinunceresti alla seconda donna che vuole passare la vita con te?- gli disse con gli occhi lucidi, puntando sul ricordo straziante di Jeannie.

Ma Joker era un muro di gomma: sorrise e alzò le spalle.

-Ho rinunciato anche a una Porsche 918 e a una bomba atomica- aggiunse, salace  -Sopravviverò anche a questo-

-Una Porsche, certo. In fondo sapevo che sarebbe finita così- esclamò lei, arresa -Ma non importa, Mr. J, come vuoi tu-

-In effetti non ci voleva una laurea per immaginarlo- esclamò lui, con la fronte imperlata di sudore -Faccio presto, sai Harleen, non ti farò male… Ho maturato una certa esperienza a riguardo, so come fare e non fare male... Ora stai ferma così, non ti muovere- 

Joker mosse le mani, cercando di racimolare tutta la rabbia e l’odio che covava dentro. Conosceva più di dieci modi diversi per spezzare il collo alle persone, e lei era solo una ragazza. Le sue ossa erano sottili, delicate, senza contare che la paura l’aveva praticamente congelata… Sarebbe stato facile come bere un bicchier d’acqua. 

Gliele poggiò sulle spalle contratte. Diavolo, pensò, quella ragazza era davvero un fascio di nervi... Chissà a quando risaliva l'ultima volta che era stata con un uomo, sempre che ci fosse mai stata un'ultima volta, si intende.
Forse ucciderla a mani nude non era stata esattamente una buona idea. E forse, pensare di portarsela a letto mentre cercava di farlo non era esattamente una cosa intelligente.
Strinse appena la presa, sarebbe bastato uno scatto di entrambi i polsi, una leggera pressione con le dita e il suo bel corpo promettente sarebbe caduto tra le sue braccia… Ma di nuovo, nella sua testa, intervennero altri pensieri inopportuni accompagnati da quella solita, famigliare sensazione disagevole. La stessa emozione fastidiosa che lo indusse a spegnere la macchina dell’elettroshock prima che fosse troppo tardi, lo stesso sentimento che gli impedì di spararle nel night club davanti alle facce incredule dei suoi uomini, la stessa vocina che nel suo inconscio visionario aveva assunto le sembianze di una bella pagliaccetta con i codini… 

-Stai zitta, stupida!- ruggì senza un apparente motivo, facendo dei tic nervosi col capo -Taci, taci, taci!-

Harleen aprì gli occhi e lo guardò, senza capire. Joker la fissava ma sembrava perso, assente. Continuava a a indugiare sul suo collo con la mascella contratta e la fronte sudata, non stringeva ma le sua mani erano abbastanza calde e avvolgenti da toglierle il fiato. Poi, del tutto inaspettatamente, il clown abbandonò la presa e le afferrò i capelli, stringendoli in due codini laterali. Si guardarono entrambi negli occhi, uno più sconvolto dell’altra.

-Oh...- sospirò lui, contemplandola come se fosse un miracolo -Ohh... Quale meraviglia celi…

- J, cosa…?-

-No, non mi va di ammazzarti, no,no,no,no,no!- sentenziò esagitato, parlando sempre piano e veloce -Non mi va, non mi va, proprio non mi va. Facciamo pace, okay, splendore?- si chinò e le baciò  il collo arrossato, ma Harleen non reagì, era ancora tramortita per la paura -Non è giusto che io debba ucciderti solo per compiacere il mondo, non è vero, zuccherino? No, non lo farò… Sai cosa voglio fare con te? Qual è il vero e unico motivo per cui sono qui?-

Harleen scosse la testa.

-Ti voglio portare a letto!- le rivelò divertito, aprendo le braccia -Dai, è così ovvio! Sono venuto qui solo ed esclusivamente per questo! Se no non mi sarei cambiato e messo così in tiro…- continuò a ridere, mentre Harleen avvampava miseramente -Avete ragione voi pollastrelle, noi uomini pensiamo solo a una cosa-

-Tu sei pazzo. Vattene via subito-

-Di te, zuccherino! Sono pazzo di te!- ribatté agitato, sfiorandole le guance con due dita -E se collabori, ti mostrerò cosa vuol dire perdere il senno sulla Luna-

Cercò di baciarla ma Harleen scivolò fuori dalla sua portata, sgomenta -No, assolutamente no- gli gridò contro, mentre lui si stava già riavvicinando -Hai appena tentato di uccidermi! Toglitelo dalla testa!-

-Mmmh, ma come siamo difficili- ridacchiò lui, libidinoso -Ascolta ho un'idea, facciamo un gioco. Tu adesso inizi a correre più veloce che puoi, scappi lontano da me, vai dove vuoi tu, e io ti do un margine di … Facciamo di sessanta secondi, finiti i quali parto anch'io e cerco di acciuffarti! Ok, hai capito?-

Il suo entusiasmo era tangibile e la frenesia eccitata che lo contraddistingueva trapelava perfino dal suo corpo, teso e trepidante come quello di un predatore.

-No- gli rispose lei con voce perentoria, arrossendo a picco -C-cioè sì, ho capito, ma no. Non ci sto-

-Dai, zuccherino, sarà divertente- replicò, talmente eccitato che non riusciva a stare fermo -1, 2, 3… Inizia a correre, guarda che io sono molto veloce… 4, 5, 6, 7…-

-Ma a-aspetta… E se mi prendi?- gli domandò Harley, anche se già si prospettava la risposta.

Joker fece un sorrisone -8, 9… 9 e mezzo, 9 e tre quarti... Corri, cappuccetto...-

La ragazza lo guardò impacciata e poi, senza pensare razionalmente, si diede sul serio alla fuga. Attraversò casa sua più veloce che poté, facendo lo slalom tra le sue cose orgogliosamente lasciate in disordine, e si precipitò giù per le scale, senza neanche chiudersi la porta alle spalle.

Joker fece un sorriso esultante, guardandola mentre sfrecciava via fuori dalla porta. Contò velocemente -troppo velocemente- fino a sessanta e poi partì anche lui, scattando veloce come un razzo.

Harleen intanto, dopo aver praticamente saltato per le scale come una matta e svegliato due increduli condomini “Dottoressa Quinzel! Ma dico, è impazzita!?”, uscì dalla porta e prese verso destra, dato che a sinistra c’era una volante della polizia di pattuglia.

“Ma cosa diavolo sto facendo!?” si domandò, mentre correva a perdifiato per il viale del suo appartamento “Neanche con la macchina riuscirei a seminarlo!”

Rallentò il passo e girò un attimo la testa, ma proprio in quel momento vide Joker uscire a tutta velocità fuori dal portone.

Harleen strillò come una ragazzina e riprese a correre, ma le veniva da ridere, per una qualche ragione si stava divertendo sul serio. Non aveva mai sentito tanta adrenalina in corpo come in quel momento, e malgrado l’ora tarda e la stanchezza, un’energia nuova e mai sperimentata affiorò in lei e le fece aumentare il ritmo della corsa. Correva a più non posso con il vento che le sferzava sul viso e le scompigliava i capelli, liberi finalmente di svolazzare dove volevano, ed era veramente una bellissima sensazione di libertà e spensieratezza... Se non fosse per Joker che stava recuperando terreno ogni secondo di più, avrebbe corso così per un'ora intera.

-Ti prendo, baby!-

Harley fece uno scatto a sinistra, ma con il fisico atletico e le falcate ghepardine di Joker non c’era alcuna competizione: la ragazza durò solo qualche metro prima che lui riuscisse a prenderla per la vita e sollevarla di peso. Appena sentì le sue mani afferrarla, Harleen si lasciò andare a uno strillo acuto, un altro, e scoppiò a ridere.

-Presa!!- gridò, imprigionandola saldamente tra le sue braccia -Ho vinto io, ho vinto io!-  

-No, lasciami! Hai barato!- strillò lei, cercando di liberarsi -Non hai contato fino a sessanta! Lasciamiii!-

-Invece sì… E adesso tu sei diventata la mia prigioniera!-

-No, Puddin' non è giusto!-

Ma Joker curvò la testa e la baciò, insinuando la lingua tra le sue labbra. Purtroppo o per fortuna, non aveva sentito il suo nuovo soprannome. 

Iniziarono a baciarsi con foga, con i bacini incollati che spingevano uno contro l’altro. Harleen per la prima volta nella sua vita smise di pensare e lasciò che l’istinto prendesse il sopravvento. 

Ricambiò dolcemente quelle labbra sottili e quella lingua che si dimenava allegramente fuori di essa. Non aveva mai baciato un uomo con tanto trasporto, la sua unica esperienza a diciannove anni era infinitesimale in confronto alla meraviglia che stava provando con lui. 

-Mi hai fatto venire un infarto- gli sussurrò sulla bocca -Credevo volessi uccidermi sul serio, Mr J…-

Ma lui non le rispose, ormai era partito per la tangente del sesso. Le arpionò il fondoschiena e la sollevò contro il muro, e per aiutarlo lei si aggrappò alle sue spalle e incrociò le gambe sui suoi fianchi, senza staccarsi dalle sue labbra. Adesso non toccava più terra con i piedi, sentiva solo il cemento contro la schiena e il corpo di lui, duro come il primo ma molto più caldo. 

-Finalmente- ridacchiò lui, eccitato -È dalla prima volta che ti ho visto che volevo scoparti per bene- avvicinò faticosamente una mano tra le sue gambe -Mmmh, mi sembra che anche tu, però…-

Harleen proruppe in un gemito

-…Ti sia commossa!-

Malgrado l’eccitazione e l’imbarazzo, la ragazza riuscì a ridere. Cercò di coprirsi la risata con le mani, ma il fatto che anche lui avesse cominciato a ridere la incoraggiò non poco…  

-Saresti un perfetto terapeuta, Mr J.- gli sussurrò, innamorata -Come mi metti a mio agio tu, non ci riesce nessuno-

-Sì, sì, ma mi si stanno addormentando le braccia, zuccherino, non perdiamoci in chiacchiere. Ti faccio fare un giro sulla Ferrari nuova?-

-Credevo che volessi salire da me-

La sua intraprendenza lo sorprese piacevolmente -Dove vuoi tu piccola, basta che apri le gambe ti seguo anche all'inferno-

Harleen lo guardò male -Puoi almeno fingere di essere romantico, per piacere?-

-Guarda che ho detto una cosa molto romantica- le sorrise, mettendola giù -Ma come vuoi tu, ripropongo la domanda... Dottoressa Quinzel, posso salire a bere qualcosa da lei?-

-Non ho alcolici, signor Joker. Va bene il latte di soia?-

-Io adoro il latte di soia-

Harleen rise di cuore.

 

 

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Villa Wayne, la mattina prima

 

 

James Gordon camminava avanti e indietro nel salone ottocentesco di villa Wayne, cercando di ricostruire mentalmente la fuga di Joker. Il proprietario Bruce, invece, stava seduto e ascoltava le elucubrazioni del commissario in silenzio. Quel giorno era particolarmente intrattabile.

D’altronde Joker era evaso per l’ennesima volta dall’Arkham e lui, Batman, era arrivato giusto in tempo per beccarsi un gestaccio e vederlo fuggire da sopra un elicottero.

Non poté neanche rincorrerlo, il manicomio stava andando a fuoco e lui aveva l’obbligo morale di salvare il salvabile, i civili che in quel momento potevano avere un disperato bisogno d'aiuto. Peccato però che l’unica civile sopravvissuta era la dottoressa Quinzel, che era stata evidentemente baciata dalla fortuna…

-Bruce, mi gioco il distintivo che Harleen Quinzel l’ha aiutato a scappare-

-Certo che l’ha aiutato a scappare- rispose Bruce con ovvietà, stringendo nervosamente il bicchiere -Io è da un mese che lo sto dicendo-

-Dobbiamo solo trovare le prove per dimostrarlo- continuò Gordon, perso a ragionare -Lei è innamorata, mi è bastata quella breve conversazione per capirlo. Certo che Joker ha avuto fortuna, se gli capitava una cozza…-

Bruce mosse le pupille è lo fulminò con lo sguardo.

-Beh, che c'è? È molto carina la psichiatra- si difese il commissario, sorridendo -Non deve averci speso troppe fatiche-

“Infatti non ha fatto nessuna fatica, gliel’abbiamo data noi su un piatto d’argento” avrebbe voluto aggiungere, accecato dall’ira. E poi, un’altra cosa che gli bruciava era che la ragazza, di fatto, aveva preferito il pagliaccio a lui. Cosa inaudita, visto che lui, Bruce, era molto più attraente, più forte, più intelligente e più divertente di quel fenomeno da baraccone con i capelli verdi…

-Ma dimmi, Bruce, il Muro* come ha reagito?-

Batman si riscosse, non era certo il momento adatto per pensare a cose stupide, anche se con il clown di mezzo era difficile non farlo.

-Male- rispose, spiccio -Sta già meditando una vendetta. Ah, Superman mi ha chiesto se ho bisogno di una mano… Puoi mandarlo al diavolo da parte mia?-

James Gordon rise e aspirò una bella boccata di sigaretta.

-Questi supereroi che non si fanno i fatti propri… Ma lo sai che anche Poison Ivy si sta comportando in modo strano?-

Bruce non ne rimase stupito, anche Ivy era un pericolo pubblico che gli toglieva il sonno… Ma almeno lei, a differenza di Joker, se ne stava più o meno tranquilla nel parco che il comune di Gotham le aveva condonato come pegno di un armistizio di pace.

-Cosa ha fatto?- chiese Batman

-Due agenti dell’FBI l’hanno vista chiacchierare con una ragazza bionda…-

Bruce si raddrizzò sulla sedia -Sul serio?-

-Sì, però…-

-Potrebbe essere lei- lo interruppe lui, meditabondo -La domanda è, perché-

-Bruce, la ragazza però aveva una carrozzina con un bambino. La Quinzel ha dei figli piccoli?-

Batman scosse la testa, concentrato a pensare.

 


 

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Harleen aprì la bocca ma non le uscì alcun suono, solo un sospiro tramortito dal piacere. Guardò Joker con impazienza e si specchiò nei suoi occhi, talmente dilatati da sembrare scuri. Lui le sorrise ma continuava a stare fermo sul posto, sudava ma non muoveva un muscolo. 

Perché non si muoveva!? La ragazza iniziò ad agitarsi e gli afferrò forte i fianchi, con un’espressione sofferente.

-Si sta comodi dentro di te, zuccherino. Potrei anche addormentarmi- 

Harleen non ce la faceva più, quel clown la voleva tormentare fino all’ultimo.

-Dai!- gemette lei, cercando di muovere il bacino contro il suo -Ti prego, Mr. J…-

-Vedi cosa vuol dire? Quando venivi da me tutta bella e mi guardavi in quel modo che diceva ‘scopami, Joker!’ e io ero legato sulla sedia… Vedi cosa vuol dire?-

-Mi… Mi dispiace- 

-Scuse accettate- le rispose all’istante, iniziando subito oscillare -Come potrei non perdonarti? Sei così… Oh… Sei così stretta, ti perdono qualsiasi cosa, Harley Quinn-

“Harley Quinn?” pensò lei in estasi, iniziando a ridere. Mentre i loro fluidi iniziavano a mescolarsi e il suo corpo veniva sospinto in quel letto che sembrava essere diventato un vortice, Harley rideva e gemeva allo stesso tempo, trattenendo forte il suo uomo per la schiena. E quando la corda del piacere si spezzò, nel suo corpo esplose per la prima, vera volta l’orgasmo. E questa volta non dovette fingere.

 

 

Qualche ora dopo...

 

Harleen giaceva ancora sul letto. Guardava in alto, sul soffitto, senza realmente vedere alcunché. Il suo viso rilassato era illuminato da un sorriso raggiante, che occupava le sue labbra ormai da mezz’ora. Alzò un attimo la testa, Joker era ancora in camera sua, seduto a torso nudo nella sua scrivania. Era illuminato dalla luce del computer di lei e pareva estremamente concentrato, non si muoveva né batteva ciglio ormai da quaranta minuti. 

Quando Harleen si era svegliata e non l’aveva trovato nel letto a fianco a lei le era venuto un colpo al cuore, un momento di panico tanto grande quanto lo fu il sollievo di vederlo lì, chino sul suo vecchio Macbook.

Era ormai mattina inoltrata e Joker era ancora lì con lei, in casa sua. Harleen era convinta che si sarebbe dileguato come suo solito, e invece no, non solo era rimasto in camera sua, ma non sembrava neanche tanto intenzionato ad andarsene. Solo questo bastava per riempirla di gioia. 

Si alzò dal letto sfatto, prese il primo capo che trovò -una felpa rossa con il logo dell’università di Harvard- e se lo mise addosso.

-Cosa guardi, amore?- gli chiese, accarezzandogli dolcemente la nuca e le spalle.

Joker corrugò la fronte e si girò lentamente verso di lei -Chi?-

-Cosa stai guardando sul computer- formulò per bene la domanda, appoggiandosi con un fianco su di lui.

-Ah. I nuovi impianti di sicurezza della banca di Gotham- le rispose con tono inespressivo, senza neanche guardarla -Sono entrato nel loro database, ora devo vedere se è possibile disinnescarli a distanza-

-Wow- esclamò Harleen, guardando lo schermo del suo pc pieno di dati infinitesimali, linee orizzontali e codici sorgenti. E dire che lei lo usava al massimo per navigare su Google e per parlare con Skype…

-Io di queste cose non ci capisco niente- gli disse, accarezzandogli un braccio -Quel numero lì cosa vuol dire?-

Joker alzò pericolosamente gli occhi al cielo, lei lo vide e si pentì subito.

-Scusami, ti sto disturbando- gli disse imbarazzata -Sono una frana, adesso taccio, promesso-

Lui non rispose né staccò lo sguardo dallo schermo, però restava il fatto che Harleen aveva voglia di tutto fuorché di tacere. Si sentiva gioiosa, impaziente e innamorata, e il sorriso scemo che non riusciva a togliersi dal viso ne era una conferma. 

Continuò ad accarezzarlo con una mano, e cautamente percorse un sentiero dai bicipiti fino alla spalla, e poi scese giù ad accarezzargli il petto, soffermandosi sul tatuaggio del teschio. La sua pelle era liscia, lattea e completamente glabra, anche se era colorata da numerosi tatuaggi e solcata da altrettante cicatrici. A tradimento, gli cinse un capezzolo tra le dita…

-Baby!- trasalì -Papino sta lavorando-

-Torni a letto?- gli sussurrò lei timidamente, contenta finalmente di aver catturato la sua attenzione.

-Ne vuoi ancora?-

-Sì- sorrise

-La donzella ne vuole ancora- brontolò Joker fra sé, facendola sorridere -E va bene- chiuse il portatile -Per quest’ultima volta…-

-Cosa vuol dire ultima?-

-Ho detto ultima?- chiese lui, fingendosi sorpreso -Mi sarò sbagliato-

-Dopo mi ucciderai?-

Joker la guardò male e le puntò contro un dito -Se me lo chiedi un’altra volta…-

-Scusa, è che mi fai un po' paura- gli rispose sinceramente -Devo ancora abituarmi all’idea di te-

-Non mi sembra di averti fatto tanta paura, prima- le rispose a tono -E comunque no, non ti ci abituare-

-Prima però è stato il momento il più bello della mia vita- gli rivelò, con gli occhi che brillavano -Non ho mai provato sensazioni del genere, e ci tenevo a dirti che ti amo e che sono pronta a lasciare tutto e a seguirti ovunque vorrai andare-

-Hm, lasceresti tutto per me?-

-Sì- esclamò, alzandosi sulle punte dei piedi

-Hmm… Si vede che sono stato davvero bravo-

Harleen sorrise e lo baciò sulla bocca, mettendogli dolcemente braccia intorno al collo. Era già pronta per amarlo ancora, ma qualcuno inaspettatamente suonò al campanello.

Joker e Harley si guardarono stupiti, il primo fece un sorriso entusiasta 

-Vado io!- esclamò felice, divincolandosi come un’anguilla

-No, no, no!- squittì subito Harleen, fermandolo per un braccio -Aspetta, potrebbe essere mia madre o mia nonna! Ti prego Mr J, le viene un infarto, sul serio-

Lui alzò palesemente gli occhi al cielo, insofferente -Che barba...-

-Ti prego, ti prego!-

-Faccio venire gli infarti alle nonne…-

-Resta qui, non ti muovere da qui- lo pregò Harleen, con un sorrisone -Okay?-

Lui aprì le braccia e si sedette svogliatamente sul letto. Sembrava un bambino costretto a guardare il telegiornale.

La ragazza gli sorrise e chiuse subito la porta. Molto bene, il super criminale di Gotham era chiuso nella sua camera da letto e lei stava ricevendo una visita… Se gliel’avessero detto solo un anno fa, probabilmente le sarebbe venuto un infarto. 

Ma quando Harleen aprì la porta, tutta scarmigliata e sorridente, non si trovò davanti sua madre o sua nonna: si trovò davanti Bruce Wayne.

 

 

 

 

 

 

*Il Muro sarebbe la Waller, il cui soprannome in inglese è, appunto, "the Wall"

 

Note

Ciao a tutti! :)
Due cose due: come avrete notato, il titolo di questo capitolo non fa parte della playlist di Suicide Squad ma l’ho preso da una canzone dei Thirty Seconds to Mars -Up in the Air- a cui sono molto affezionata.
Spero che questo capitolo d’amore vi sia piaciuto e non abbia deluso le vostre aspettative… Joker è imprevedibile e spesso impulsivo, ho pensato che cambiare idea repentinamente fosse abbastanza confacente ai canoni della sua personalità. 
Come sempre vi ringrazio del vostro importante supporto, e mi raccomando, let me know! :)
Un bacio, Ecate


 

 

   
 
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