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Autore: _ Arya _    24/06/2017    4 recensioni
Killian Jones, 29 anni, vive a Londra con suo fratello Liam ed è co-proprietario di un pub. Un incidente ha rovinato la sua vita portandogli via la fidanzata, la loro bambina non ancora nata e una mano. È seducente e di bell'aspetto, ma dietro la sua maschera da duro nasconde un'anima profondamente ferita, che cura impegnandosi a limitarsi ad avere soli relazioni occasionali.
Emma Swan, 18 anni, vive coi suoi genitori e suo figlio Henry. Ufficialmente lavora alla boutique di moda della sua amica Regina, ma in realtà segue una cacciatrice di taglie per imparare il mestiere. Ha avuto un'infanzia difficile segnata da malattie e prese in giro: quando la sua vita è migliorata ci ha pensato il suo primo ragazzo a ributtarla nel baratro. Pur soffrendo ancora di depressione, è una ragazza forte e indipendente e non mostra mai le sue debolezze.
Quando Liam convincerà il fratello a provare ad unirsi ad un gruppo di supporto, i destini dei due ragazzi si incroceranno: saranno troppo diversi o riusciranno ad unirsi e rimettere insieme i pezzi delle loro anime?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Liam Jones, Neal Cassidy, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Fight for your destiny



 

REGINA POV

-Robin, cosa ci fai tu qui...
-Sono venuto a portarti questi.- accennò un sorriso, porgendomi un meraviglioso mazzo di rose bianche e rosse -E a parlare.
Meravigliata e confusa, afferrai i fiori freschissimi che mi inondarono le narici del loro intenso profumo ma non riuscii a spiccicare parola. Sentivo che se avessi anche solo provato ad aprir bocca, sarei scoppiata in lacrime. Volevo gettarmi al suo collo e baciarlo, mi era mancato così tanto... non l'avevo più visto da quando l'avevo lasciato, non avevo neanche osato avvicinarmi al suo bar.
-Vabbé, noi... noi andiamo. Vi lasciamo... soli.
La voce di Neal mi riscosse, e mi costrinsi a spostare lo sguardo su lui ed Emma. Sembrava che neanche il ragazzo riuscisse a credere ai propri occhi, vedendola conciata in quel modo. Non che stesse male, ma chiunque la conoscesse bene avrebbe potuto pensare che un alieno si fosse impossessato del suo corpo.
-Prenditi cura di lei, Neal. Mi raccomando. Riportala a casa sana e salva.
-Sta' tranquilla, Regina. Mi assicurerò che torni tutta intera- promise, lanciandomi uno sguardo d'intesa. Era chiaro che fosse preoccupato anche lui, quindi potei star certa che non l'avrebbe persa di vista. Speravo inoltre l'avrebbe spinta a confidarsi, spiegandogli il motivo di un invito tanto insolito... Neal aveva sicuramente commesso degli errori, ma era sempre stato un buon amico e sapevo l'avrebbe consigliata nel migliore dei modi. Come già avevamo fatto io e i suoi genitori: doveva davvero parlare con Killian e spiegargli il problema. Non poteva comportarsi in questo modo ancora per molto e, se fosse stata davvero malata, sarebbe stato ancora peggio. Quando il giorno prima aveva annunciato che sarebbe stata da Cleo avevo sperato che almeno la donna riuscisse a farla ragionare, invece niente. Era testarda proprio come quando l'avevo conosciuta. In questo momento, comunque, non potei fare altro che salutare i due e lasciare che si chiudessero la porta dietro, lasciando soli me e Robin.
Era davvero difficile sostenere quello sguardo, coi penetranti occhi di un colore che mischiava l'azzurro, il verde e il grigio. Mi fecero ricordare perché non li avessi cercati neanche una volta: non avrei saputo resistergli.
-Beh... se vuoi parlare... accomodati sul divano. O dove vuoi. Io... io vado a mettere i fiori nell'acqua e ti preparo un tè.
-Grazie Regina, ma non ti devi disturbare, non voglio nulla...
-Non è un disturbo- insistetti e senza aggiungere altro andai a chiudermi in cucina, dove finalmente mi concessi un piccolo crollo. Lasciai il mazzo sul tavolo e mi presi la testa tra le mani, in preda alla disperazione: cosa diavolo avrei fatto? E soprattutto, cosa dovevo fare? Non potevo tornare sui miei passi, ora che il lavoro stava andando bene; non potevo permettermi distrazioni. Eppure mi mancava così tanto, maledizione... ogni giorno era stato vuoto, nonostante avessi avuto la mia amica a sostenermi. Avevo cercato di negarlo, convincendomi che quando mi fosse passata, tutto sarebbe tornato alla normalità... eppure non ero riuscita a disegnare neanche la bozza di un abito nuovo. Le idee mancavano, ma per qualche ragione mancava soprattutto la passione che mi aveva sempre caratterizzata in tutto ciò che facevo. Da giovane, nell'equitazione. Poi nella moda. Ma anche nelle cose più semplici, come nella preparazione di una torta di mele.
Fu troppo tardi quando mi accorsi di aver iniziato a piangere, e ancora di più quando sentii la porta aprirsi. Non riuscii a dire nulla e lasciai che l'uomo mi afferrasse per le spalle, per poi girarmi gentilmente verso di sé e abbracciarmi, senza dire niente.
E fu in quel momento che, insieme alle lacrime che iniziarono a sgorgare come un fiume in piena, la gioia, il dolore, la tristezza e tutte le emozioni del mondo mi colpirono allo stomaco con una forza inaudita. Piansi più forte, stringendomi a quell'uomo che ormai, inevitabilmente, era parte di me. Troppo tardi mi ero accorta che, a differenza degli altri con cui ero stata, aveva acquisito un potere più forte sul mio animo che sul corpo. Avevo provato ad allontanarlo, ma ero stata una stupida a credere che strappando una parte del mio cuore, quella sarebbe ricresciuta.
-Regina...
-Possiamo non parlare?- singhiozzai -Non voglio parlare, voglio solo che tu rimanga qui con me.
-Ma certo. Certo che non me ne vado, non sono venuto qui per andarmene. Anche se pensavo sarebbe stato molto più complicato... avevo preparato un discorso lungo, con termini difficili che piacciono a te... mi sono perfino esercitato a ripeterlo!
Allora scoppiai a ridere tra le lacrime e lui mi seguì a ruota, stringendomi ancora più forte. Quindi fui io a prendere l'iniziativa, e senza sciogliere quella stretta mi alzai sulle punte per fiondarmi finalmente sulle sue labbra: mi erano mancate come ossigeno. Fui colpita ancora una volta da un turbine di emozioni, così prepotentemente che prima di rendermene conto mi ritrovai a terra, stesa su di lui.
E ridemmo ancora, ancora più forte, fino a che non mi resi conto che forse era il caso di assicurarmi che stesse bene.
-Ti ho fatto male?- domandai, cercando di tornare seria -Scusami, non pensavo di...
-Tranquilla, Regina! Adoro quando ti lasci andare... se per riaverti devo finire in ospedale, beh, lo faccio più che volentieri!
-Idiota!- alzai gli occhi al cielo divertita, prima di alzarmi e porgergli una mano per aiutarlo a tirarsi su.
Andavo contro ogni logica, contro tutte le mie convinzioni, contro tutto ciò che avevo costruito... eppure ero felice, felice come una bambina. Era una felicità genuina e leggera che avevo dimenticato si potesse provare.
-Promettimi solo che ci andremo piano.- lo supplicai, prendendogli le mani -Ti prometto che ci lavorerò su, perché tu sei stato sempre meraviglioso con me e io... beh, sono stata pessima. Ma ho problemi ad impegnarmi, sono fatta così... mi serve tempo. E non posso essere una donna di casa, per quanto io ti ami, amo anche il mio lavoro, quindi io...
Che stessi tirando fuori quel lato di me che avevo chiuso a chiave per anni, era ormai chiaro... ma non avevo programmato di farlo fino a quel punto, tanto che non seppi dire chi dei due fosse più scioccato. Fantastico. Ci eravamo frequentati per due mesi, poi lo lasciavo, e non appena tornava da me andavo a dirgli che lo amavo. Cosa che fu piuttosto sconvolgente, perché solo quando avevo pronunciato quelle parole avevo capito quanto fossero vere.
-Robin... io, volevo dire...
-Ti amo anch'io Regina.
-Cosa?
-Ti amo. E ti conosco, credo tu mi abbia sottovalutato... io so che tipo di donna sei, so che non sei tra quelle che dedicano tutte le proprie energie ad una relazione. Sei una donna intraprendente, indipendente, con tante passioni, aspirazioni... E io non ho di intenzione di sbarrarti la strada, a dire la verità non ho nessuna pretesa. È di questa donna che mi sono innamorato e ti assicuro che tutto ciò che voglio è vederti felice.
-Dicevi di volere una famiglia...
-Dimentica ciò che ho detto! Era tanto per dire! Io voglio te. Te e basta. Nessun progetto per il futuro, solo il presente, e ciò che verrà... lo accoglierò con piacere.
Il mio viso si rigò di nuovo di lacrime, ma stavolta di commozione. Mai nessuno mi aveva rivolto parole del genere, nessuno mi aveva mai fatta sentire tanto importante, unica... e libera di essere me stessa. Libera, con lui accanto.
-Non so cosa ho fatto per meritarti, Robin Hood, ma ti amo.- trovai il coraggio di dire, finalmente, guardandolo negli occhi. I suoi si accesero per illuminare un largo sorriso, e ci baciammo con così tanta passione che entrambi sapevamo che la mattina successiva ci saremmo svegliati insieme.

 

***


10 giorni più tardi...

KILLIAN POV

Avevo dimenticato quanto lunghe potessero essere due settimane. Da quando Emma era uscita dalla mia vita, un giorno era diventato lungo un anno.
Mi ero impegnato, avevo seguito il consiglio di mia madre e per tre giorni consecutivi avevo provato ad andarla a trovare, nella speranza di poter scambiare due parole. Ma puntualmente, lei non era mai a casa, oppure Regina la copriva. Ad ogni modo, non voleva vedermi. Al terzo “Mi dispiace, le dirò che sei passato” avevo capito di essere un ospite indesiderato... così avevo lasciato perdere, per non peggiorare ulteriormente la situazione. Non volevo che mi vedesse come uno stalker, ma era così dannatamente difficile starle lontano...
Avevo ripreso a correre, la mattina presto. Nella speranza che un giorno sarebbe comparsa, con la sua solita tuta nera, i lunghi capelli biondi legati in una coda e quel sorriso più luminoso del sole. Invece, dopo dieci giorni in cui mi ero alzato all'alba, ancora nulla.
Forse po' mi incolpavo di com'erano andate le cose. Quel giorno avevo lasciato che si voltasse e andasse via, senza correrle dietro. Non sapevo dire se parlarle avrebbe potuto servire a qualcosa, ma non avevo neanche la certezza che sarebbe stato inutile. Avevo sbagliato a non pretendere di dire la mia, e forse adesso ne stavo pagando le conseguenze.
Un po' invidiavo Robin, che era tornato insieme a Regina. Ovviamente ero contento per lui perché meritava tutta la felicità del mondo, ma era impossibile non invidiare il suo buon umore. Aveva riconquistato la donna che amava, mentre io non avevo neanche avuto occasione di dire alla mia quanto l'amassi. Quanto significasse per me.
Grazie a lui, tuttavia, avevo scoperto che Emma aveva mantenuto la parola e stava godendo della sua gioventù... o almeno ci stava provando. La sera in cui era andato a sistemare le cose con Regina l'aveva vista, vestita e truccata a puntino per uscire con Neal in discoteca o chissà dove. Da come l'aveva descritta, era una Emma completamente diversa da quella che conoscevo io: neanche riuscivo ad immaginarla. E sì, mi faceva rabbia che un altro uomo stesse al suo fianco... ma da una parte ero sollevato. Geloso marcio, ma sollevato. Neal era un bravo ragazzo e sapevo l'avrebbe tenuta fuori dai guai, in quella nuova quanto strana fase della sua vita. Così, una sera mi ero recato al suo locale e gli avevo chiesto di prendersi cura di lei... semplicemente di assicurarsi che stesse bene. Non mi aveva risposto, ma andava bene così.
Mi era dispiaciuto non riuscire a godermi come avrei voluto le giornate con la mamma, e non ero riuscito a distrarmi neanche quando insieme a Liam ed Elsa l'avevamo portata in gita a Canterbury. Avevo ardentemente sperato che cambiare aria avrebbe potuto allentare, almeno temporaneamente, il nodo che dalla gola si protraeva fino allo stomaco. E invece no. Emma mi mancava da morire, ed era come se tutta la mia gioia fosse stata risucchiata via. Fatalità, ciò mi fece pensare ai dissennatori, di Harry Potter... proprio al terzo film, proprio dove io e lei avevamo interrotto le nostre serate cinema. Nonostante fosse assente, continuava a essere più presente che mai e iniziavo a credere che non avrebbe mai lasciato né il mio cuore, né la mia testa.
Avrebbe potuto sembrare sciocco visto dall'esterno, ma nessuno avrebbe potuto capire come mi sentissi... perché la nostra storia era durata troppo poco. E nessuno sapeva quanto quelle poche settimane fossero state intense, tanto da convincermi che Emma fosse l'unica donna della mia vita. In quei due mesi ci eravamo messi a nudo letteralmente e metaforicamente, avevamo confessato l'un l'altro tutto ciò che non avevamo mai avuto il coraggio di esternare con altre persone. Era stato così facile... naturale. E mi ero convinto che non sarebbe mai finita, mi ero convinto che fossimo anime gemelle, fatte per stare insieme.
Vedere fatta a pezzi quella certezza, era ciò che aveva reso interminabili quelle ultime due settimane. Solo quella mattina era arrivata una svolta, un messaggio da parte di David. Non avevo perso tempo a chiedergli come avesse fatto ad avere il mio numero, troppo curioso di sapere cosa volesse. Gliel'avevo domandato, ma non aveva voluto dirmi nulla... aveva solo insistito perché ci vedessimo quella sera, alla fine del mio turno. Per questo motivo tirai un grande sospiro di sollievo quando gli ultimi clienti lasciarono il locale: era stato impossibile concentrarsi, tanto che avevo sbagliato ben tre ordinazioni.
-Spero proprio che il tuo appuntamento galante con David vada bene- mi prese in giro Robin, battendomi una pacca sulla spalla -Così domani sera ti deciderai a prenderti la serata libera. Sono quasi due settimane che non riposi!
-Non me ne faccio nulla del riposo.
-Certo... vabbé, ora vado. È arrivato il padre della tua ragazza.
-Ex- precisai amaramente, per poi salutare il mio amico e rivolgere l'attenzione a David. Fece un cenno a Robin prima di chiudersi la porta dietro, poi mi raggiunse per stringermi la mano. Ricambiai, cercando di capire se fosse venuto per rimproverarmi di qualcosa, qualunque cosa fosse, o per altri motivi. Non ne avevo davvero la minima idea.
-Ciao Jones, sarebbe un problema chiederti di versare qualcosa di forte per entrambi? Ne avremo bisogno.
-Devo avere paura?
-Paura no ma... è una cosa... delicata, possiamo dire.
-Ho un rum abbastanza forte, iniziamo con quello.
-Vada per il rum- annuì, per poi prendere posto al tavolo più vicino al bancone. Mentre riempivo i bicchieri mi consolai, al pensiero che se fosse successo qualcosa di brutto ad Emma sarebbe stato indubbiamente molto meno tranquillo. Tuttavia non riuscivo a immaginare un altro motivo per cui potesse volermi vedere: nonostante avessimo chiarito le nostre divergenze, non eravamo certo amiconi. Era ovvio che c'entrasse Emma, in qualche modo, e io dovevo mantenere i nervi saldi per non afferrarlo al collo e chiedergli cosa stesse succedendo.
Quindi, portai i bicchieri a tavola e bevvi subito un generoso sorso del mio, sperando riuscisse a calmarmi un po' come solo il rum sapeva fare.
-Allora, come te la passi?
-Alla grande, non si vede?- feci ironico, ma quando invece di sorridere rimase serio mi pentii di aver risposto in quel modo. Non eravamo ancora a quel punto.
-Avrei fatto meglio a chiederlo alle tue occhiaie...
-Già. Senti...
-Non hai iniziato a ubriacarti e fare a pugni, vero?
-No, certo che no!- esclamai sorpreso e leggermente indignato, prima di cambiare espressione. No, non ero diventato né un violento né un ubriacone, perché nonostante tutto volevo ancora essere la versione migliore di me. Certo, una serata a bere fino a vomitare me l'ero concessa.
-E' successo solo una volta- rettificai, decidendo che la verità fosse la strada migliore -Cioé, non ho preso a pugni nessuno ma...
-Non ti biasimo- mi interruppe -Quando eravamo ragazzi Mary Margaret mi lasciò per un periodo, e quella sera stessa andai ad ubriacarmi coi miei amici... le pene d'amore esistono da sempre.
Lo guardai, sforzandomi il più possibile per non mettermi a ridere. Non che non apprezzassi la solidarietà, ma non riuscivo ad immaginare un tipo come lui che perdeva il controllo. Aveva l'aria così pacata, nonostante fossi certo che per sua figlia sarebbe anche arrivato ad uccidere.
-David- dissi quindi -Non voglio metterti fretta, sul serio. Ma sono... curioso. Voglio dire, un tuo messaggio era l'ultima cosa che mi aspettavo, e...
-Tu ami Emma?- mi interruppe, facendomi andare di traverso il rum. Dovetti tossire più volte prima di riuscire a riprendermi e guardarlo negli occhi. Non batté ciglio.
-Jones, sei innamorato di mia figlia?- ripeté.
-Sì.
Fu strano confessarlo prima al padre che alla figlia, ma sentii che in quel momento fosse la cosa giusta da fare. Volevo che si fidasse di me, qualunque fosse il motivo per il quale aveva voluto vedermi... e se mi aveva posto quella domanda, doveva essere importante per lui.
In più, per me non era assolutamente un problema ammettere di essere innamorato di Emma, nonostante tutto. La amavo più di ogni altra cosa al mondo e non avevo ragione di mentire.
-Bene. È quello che immaginavo, e speravo. Sinceramente, non saresti stato la prima scelta per mia figlia, se dipendesse da me...
-Lo so e non ti biasimo.
-Però- continuò, senza neanche ascoltarmi -Non posso negare di aver visto che effetto hai avuto su di lei. È diventata molto più aperta, più allegra, più sicura di sé. È tornata a vivere davvero, e di questo non potrò mai ringraziarti abbastanza, Jones.
Se il suo intento era quello di mettermi in imbarazzo, ci riuscì. Non sapevo cosa dirgli, soprattutto perché non ero certo di essere io la ragione per cui Emma fosse cresciuta. Forse le avevo dato una piccola spinta, ma quando l'avevo conosciuta avevo subito visto un gran potenziale dentro di lei. Se era diventata la donna che era, era soprattutto merito suo.
-Ha bisogno di te.- aggiunse a bruciapelo, guardandomi negli occhi.
Cosa? Non lo dissi ad alta voce, ma l'uomo riuscì a cogliere ugualmente la mia perplessità.
-Da quando ti ha lasciato è... un'altra persona. Non è più lei. Vuoi sapere cosa fa la sera? Va per i locali a bere.
-Con Neal...
-Che cosa? Neal? No, macché, con Neal sarà uscita un paio di volte... a quanto pare non l'ha trovato abbastanza divertente. Non so molto, se non che spesso la accompagna Regina per tenerla d'occhio... poi... io non lo so. So solo che da allora teniamo noi Henry, lei viene ogni giorno all'ora di pranzo per stare un po' con lui e... ha sempre due occhiaie che fanno paura. Dice di stare bene, che ha solo bisogno di tempo, ma...
Ero senza parole. Cosa poteva averla spinta a diventare così? Possibile che mi avesse lasciato per provare a condurre una vita di quel tipo senza alcuna ragione? Iniziai a capire che dovesse esserci qualcosa sotto, qualcosa che non mi aveva detto, e speravo David avrebbe sputato il rospo.
-Ora, Emma mi ucciderebbe se sapesse che sono venuto da te, ma... non sarei un buon padre se non facessi ciò che è meglio per la mia bambina.
-David, cosa...
-Emma potrebbe essere malata.
-Che cosa?
-Il motivo per cui ti ha lasciato è che potrebbe avere un cancro all'utero.
Fui quasi certo di essere sbiancato come un lenzuolo, perché quella era l'ultima cosa che mi sarei aspettato di sentire. Malata? Cancro? Era un incubo?
Automaticamente la mia mano corse al bicchiere, e svuotai quello che ne rimaneva tutto d'un fiato. Non bastò, ovviamente.
-Te l'ho detto che serve qualcosa di forte- fece cupo, imitandomi e andando lui stesso a recuperare la bottiglia che avevo lasciato sul bancone.
-Quanto è grave?
-Non sta morendo- disse,come leggendomi nel pensiero -Voglio dire, se anche fosse malata non sarebbe così grave perché è impossibile che sia oltre il secondo stadio...
Eppure nessuno dei due sembrò molto rincuorato da ciò, perché entrambi sapevamo cosa aveva dovuto sopportare Emma per tutta la sua infanzia. Se fosse davvero stata malata, anche se ad uno stadio iniziale, Dio solo sapeva quale inferno avrebbe dovuto percorrere ancora una volta. Era così ingiusto, maledizione! Perché la vita l'aveva presa di mira così crudelmente?! Era una ragazza meravigliosa, non meritava tutto questo dolore... se solo ci fosse stato un modo, mi sarei preso io il suo fardello.
Solo nel momento in cui il bicchiere mi si spezzò in mano, mi resi conto di stare stringendo con troppa forza. Nonostante potessi percepire i vetri che mi tagliavano la pelle, non sentii dolore e mi limitai a tirarli via e metterli da parte, mentre David mi guardava senza osare fiatare.
-Scusa...- borbottai, sperando di non essere preso per pazzo.
-Non hai di che scusarti. Non l'ho presa molto meglio di te, Jones. È mia figlia, e solo l'idea che possa essere di nuovo costretta a trascorrere mesi in ospedale, tra cure ed interventi, io...
-Già. E mi ha lasciato perché non vuole che la veda soffrire? Perché non vuole che mi distrugga la vita per starle appresso e cose del genere, suppongo?
-Già. E perché probabilmente non potrà avere figli, e dice che tu ci tieni...
-Che cosa?!- esclamai, dando un pugno sul tavolo. Stavo facendo uscire il lato peggiore di me e me ne rendevo conto ma, maledizione, davvero pensava che l'avrei amata meno se non avesse potuto darmi un figlio? E dopo tutto quello che avevamo condiviso, pensava davvero che mi sarebbe pesato supportarla in una nuova buia fase della sua vita?
-Beh, dice che ne avete parlato così... per caso, e...
-David, credimi se ti dico che a me non importa. Assolutamente. Io amo da morire tua figlia e l'unica cosa che desidero è che lei sia felice e stia bene. Sarei felice e onorato di avere accanto una donna come lei, insieme a Henry ovviamente. Tutto il resto viene dopo...
-Bene. Sono contento di essermi sbagliato su di te, Jones, e ancora di più per aver infranto la promessa che ho fatto ad Emma. Ci ha chiesto di non farne parola con nessuno, ma io non ce la faccio a vederla così... sei l'unico che può aiutarla in questo momento.
Aveva gli occhi lucidi, e dal pizzicore che sentivo ero certo di non essere da meno. In un certo senso eravamo i due uomini di Emma, anche se lei aveva preferito allontanare me per delle nobili, quanto assurde, ragioni. Mi uccideva pensare che un tremendo male come il cancro forse la stava consumando, ma avrei trovato il modo per convincerla a lasciare che le stessi a fianco. Avrebbe superato anche questa, e io non avrei lasciato che affrontasse il percorso da sola. Avrei fatto il possibile per alleviarlo, per farglielo pesare meno, fin quasi a dimenticarlo.
-Posso contare su di te, quindi...
-Certo.- dissi subito -Non c'è neanche da chiederlo.
-Lo sai che non sarà facile, Emma è testarda...
-Lo so, ma non importa. Farò anche l'impossibile, lo giuro.
L'uomo annuì, dandomi una pacca sulla spalla. Era un momento doloroso per me come per tutta la sua famiglia, ma ero convinto che se avessimo fatto fronte comune per aiutarla, tutto sarebbe stato un po' più semplice. Avremmo riavuto la nostra Emma, a qualunque costo.
-Un'altra cosa, Killian. Ha detto che è stanca di lottare. E che... se fosse malata...- non servì che concludesse la frase, capii ugualmente cosa intendesse dire. E chiaramente non le avrei permesso di arrendersi, per nessuna ragione al mondo.
-Mary Margaret aveva ragione- aggiunse, dopo che ebbi annuito -Sei davvero ciò che di meglio potesse capitare alla mia bambina. Ti ringrazio.
-Se sono il meglio per lei non so dirlo...- borbottai, con le orecchie che andavano a fuoco -Ma ci sto provando. Emma vale la pena... e ringrazio te per esserti fidato di me, non ti deluderò.
-Lo so. Senti, ora... non è che hai della vodka? Forte? Credo che uno shot ce lo meritiamo...

 


EMMA POV

Varcata la soglia di casa mi buttai direttamente sul divano, mi sentivo uno straccio. Forse le nottate passate fuori avevano influito, ma il mio ultimo incarico mi aveva distrutta.
Quando avevo annunciato a Cleo che dai risultati dei miei esami non era uscito fuori proprio niente, se non delle cellule anomale che non erano riusciti ad identificare, la donna aveva deciso di tenermi occupata fino alla visita successiva. Avevo dovuto semplicemente scattare foto, ma dato che si trattava di seguire il fidanzato della figlia di un amico stretto del presidente, avevo dovuto impegnarmi al massimo. Non era stato facile seguire tutti i suoi spostamenti, il giovane sapeva il fatto suo, ma proprio questo mi aveva fatto capire che ci fosse qualcosa che non andava. Poi mi erano bastate altre due giornate – e serate – per scoprire il “piccolo” segreto del ragazzo. Avevo cambiato quattro auto a noleggio in totale perché non si accorgesse di me, ma alla fine l'avevo beccato in flagrante: aveva un'altra ragazza ed un figlio. I due abitavano in un malfamato quartiere nel Bronx, dove lui li aveva raggiunti con delle grosse buste della spesa. Il mio dispiacere per la strana famigliola era durato poco, però, dato che grazie allo stetoscopio che mi aveva procurato Cleo era stato facile ascoltare i loro discorsi attraverso la parete. “Tranquilla tesoro, presto sarò solo vostro. Appena riuscirò a procurarmi i soldi necessari per sostenere la nostra famiglia la lascerò. Lo sai che la ragazzina ricca è la miglior soluzione ai nostri problemi”. Quel discorso mi aveva fatto ribollire di rabbia, e per un attimo avevo ripensato a quanta fortuna avessi avuto nel trovare un uomo leale ed onorevole come Killian. Quando una lacrima aveva rigato il mio viso, però, mi ero costretta a scacciare quel pensiero e mettermi all'opera per ottenere tutte le prove necessarie. Cleo era stata soddisfatta sia delle foto che dell'audio, ma non aveva potuto fare a meno di notare che avessi un aspetto orribile. Se non altro aveva deciso di rispettare le mie scelte senza dispensare consigli o ostacolarmi: mi aveva solamente suggerito di evitare i locali per una sera, e scolarmi un bel bicchiere di aspirina invece che di birra. A malincuore avevo deciso di darle retta: anche se l'alcol era l'unica cosa che mi aiutava a dimenticare i miei problemi abbastanza a lungo da riuscire a dormire la notte, sentivo che anche un sorso di birra mi avrebbe fatto vomitare. La febbre a 39 era solo la ciliegina sulla torta di quel periodo di merda.
Sapevo bene che tutti mi giudicavano e che Regina uscisse con me soltanto per tenermi d'occhio, ma loro non potevano capire. Non potevano sapere cosa significasse perdere tutto proprio nel momento in cui finalmente l'avevo trovato. Che volessero credermi o no, comportarmi da ragazzina immatura, una volta tanto, mi aiutava. Perché raramente una comune ragazza della mia età aveva problemi seri, ed ogni volta che mi ritrovavo al bar a flirtare con un ragazzo, era così che mi sentivo. Comune. Normale. Perfino irresponsabile. Quando mi chiedevano di me, raccontavo di essere una studentessa d'arte con la passione per la musica ed il cinema. Nella storia che avevo creato, condividevo l'appartamento con altre studentesse e ci divertivamo ad organizzare pigiama party che si concludevano con noi che finivamo per fare sesso, pur essendo tutte e quattro interessate agli uomini. Questi discorsi eccitavano i ragazzi, ed io mi divertivo a scherzare col fuoco fino a che le loro intenzioni non si facevano ovvie, e allora li respingevo. O almeno era ciò che avevo fatto finora.
Due giorni prima mi ero iscritta a Tinder dove avevo conosciuto Tom, proprio poche ore dopo aver scoperto di aver bisogno di un'altra stramaledetta visita per sapere cosa diavolo c'era che non andava in me. Stranamente era stato piacevole e chiacchierare con lui mi aveva tirato su di morale. Per questo, quando mi aveva chiesto di incontrarci, gli avevo risposto di sì senza esitare. Sarebbe stato un appuntamento al buio dato che entrambi avevamo come avatar delle caricature di noi create con un'applicazione. Sembrava che il sesso rappresentasse per tanti la cura ad ogni male: volevo sperimentarlo. Solo sesso, con un ragazzo simpatico e, speravo, carino. Senza coinvolgere sentimenti di alcun genere.
Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di smetterla, ma almeno per un altro giorno volevo concedermi di essere una semplice, immatura e sciocca ragazzina che ancora non aveva idea di cosa fare con la propria vita.
Cosa avevo da perderci, in fondo?








 
Angolo dell'autrice;
Ciao! Ebbene sì, sono tornata dalla mia ultima convention di quest'anno e la depressione si fa sentire :( è stata bellissima anche questa, ma col cast che c'era non avevo dubbi! Più povera che mai, mi inizio a preparare per quella dell'anno prossimo, dato che sicuramente ci sarà xD
Comunque, avevo il capitolo solo da sistemare, quindi ce l'ho fatta. Alla fine, la prima a fare la scelta giusta è stata Regina... ha avuto quel piccolo crollo, il quale le ha fatto capire che fosse ora di smetterla di negarsi ciò che la rende felice... e Robin è stato tenero e comprensivo con lei.
Killian, invece, ha saputo tutto finalmente. Alla fine non aveva incontrato Emma con Neal ma aveva saputo... e pur essendoci rimasto malissimo, in qualche modo ha continuato ad aspettarla... e la svolta è arrivata col messaggio di David, che ha deciso di rompere la promessa per il bene di sua figlia. Ovviamente Killian è rimasto sconvolto e turbato... ma è pronto a lottare per lei, e adesso difficilmente si arrenderà. Anche se la ragazza sicuramente non rende le cose facili... ora che ha deciso di "sperimentare" qualcosa di nuovo, con un completo sconosciuto trovato online. Nel prossimo capitolo ci saranno parecchie svolte! 
Un abbraccio e grazie come sempre a chi recensice e legge questa storia che, pian piano, sta giungendo alla fine. (dovrebbero mancare 8 capitoli, epilogo compreso).
A presto! :* (domani finisco di leggere le storie arretrate che ho!)
   
 
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