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Autore: Walt96    24/06/2017    4 recensioni
La Fantasia è il motore che muove il mondo.
Nella città natale di Walt, Athom, la Fantasia era quel potere innato che nei giovani determinava lo sviluppo di un potere piuttosto che un altro; Walt controllava l'elettricità.
È giunto il momento di un nuovo inizio, il ragazzo viene ammesso alla famosissima Accademia dei Sette, dove i sette maestri insegnavano l'utilizzo della Fantasia ai loro studenti.
Vecchie e nuove amicizie andranno a fondersi e il destino di Athom sarà imbrigliato tra Luce e Oscurità.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kingdom Hearts W'
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Kingdom Hearts
Before  W
 
 
 
 
 
Capitolo 1
 
A new Journey
 
 
 
 
“To be continued…” così finiva sempre, alle tre in punto, il cartone animato preferito da Walt, nonché uno dei pochi che veniva trasmesso e snobbato da tantissimi ragazzi che lo ritenevano da bambini.
Walt meditò un po’ sugli eventi appena visti nell’ultimo episodio mentre tornava in camera sua, si vestì, si mise la giacca e si apprestò per uscire.
«Io vado!» disse distrattamente a titolo informativo mentre cercava le proprie chiavi di casa nelle tasche della giacca.
«Con chi esci?» chiese la voce di sua madre proveniente dalla cucina.
«Sempre con Erik, come faccio ogni sabato da quasi cinque anni».
«Ok, divertiti» gli augurò e lui chiuse la porta.
Scese le scale a due per volta e si ritrovò nella via illuminata da un tiepido sole primaverile, era già aprile ormai.
Walt era un ragazzo che viveva nella città di Athom, una cittadina costiera serena e tranquilla; casa sua si trovava in un quartiere un po’ più in alto rispetto agli altri e mentre intraprese la strada principale, ammirò la vista del mare incorniciato dal viale alberato. Si vedevano anche le grandi mura che proteggevano la città. Non c’era mai stato un vero rischio per Athom, però tutti quanti erano così abituati a vederle lì che ormai erano considerate una specie di coperta protettiva della comunità.
Al di là delle mura si poteva vedere la foce del fiume Borum che percorreva le sue ultime decine di metri prima di buttarsi in mare, un immensa distesa blu che non sembrava avere fine.
I cittadini di Athom erano liberi di oltrepassare le mura quando volevano, infatti durante l’estate il mare era una meta fissa per tutti, nelle colline dietro la città erano presenti i campi coltivati e le fattorie dove venivano allevati gli animali, ma nessuno si era mai avventurato oltre, o meglio, qualcuno curioso di scoprire cosa ci fosse nel resto del mondo, aveva tentato, ma di solito chi riusciva a tornare raccontava sempre di non aver trovato alcun segno di altre civiltà.
A Walt non dispiaceva affatto Athom, era una città completamente autosufficiente e non avevano bisogno d’altro, forse era questo pensiero comune a trattenere a casa la maggior parte della gente, visto che lì tutti riuscivano a soddisfare i loro bisogni.
Fischiettando, Walt superò i giardini vicino casa sua e proseguì verso la piazza centrale quando sentì una voce.
«Hey Walt!» lui si girò e vide Frida, la sua vecchia amica di infanzia con cui andava a scuola.
«Ciao Frida!» salutò lui con la mano, sorridendole «Vai in centro anche te?» le chiese sperando di poter fare la strada in sua compagnia.
«Purtroppo no, ho da seguire una lezione con Erika, nella foresta, credo che sia sull’importanza della natura che ci circonda o giù di lì.»
«Ma dai, lo sanno tutti che di sabato non sono vere e proprie lezioni, le fanno solo per accontentare voi secchione» disse Walt scherzosamente.
«Sarà, ma finché riesco vorrei continuare a essere la migliore a controllare il Ghiaccio, così magari un giorno potrebbero aggiungermi come maestra!» disse lei con occhi sognanti, immaginandosi di sedere in uno dei sette troni dei maestri.
«Ma se sono sempre loro da secoli!» rispose lui cercando di trattenere una risata.
«Va beh, non si sa mai…» rispose un po’stizzita. «Te invece che fai?»
«Vado in centro a fare un giro con Erik.» disse Walt, e Frida per un brevissimo istante, inarcò le sopracciglia in un’espressione di errore che svanì subito e, dandogli un colpetto con il gomito, gli disse facendo l’occhiolino: «Beh, allora sarà una bellissima giornata, ora devo andare, ciao Walt!» disse, e senza aspettare una risposta lo salutò dandogli un educato bacio sulla guancia e si incamminò nella direzione opposta.
Il ragazzo rimase lì senza capire la dinamica dei fatti, poi senza riuscire a darsi una spiegazione, riprese il suo cammino verso la piazza dell’Accademia.
I giovani di Athom frequentavano obbligatoriamente la scuola dai sei ai sedici anni, dove gli venivano insegnate tutte le nozioni principali e necessarie per affrontare la vita: la matematica, le scienze naturali, le tecniche di scrittura della lingua, qualche nozione di fisica, tecnologia e cultura generale; una volta superato l’esame dell’ultimo anno si potevano considerare pienamente istruiti.
Però, un fenomeno colpiva alcuni giovani nell’adolescenza: sviluppavano poteri di controllo sugli elementi naturali. Secondo i miti scritti nella Sala delle Profezie dell’Accademia, ogni persona, dentro di sé, nasconde un potenziale latente chiamato “Fantasia”. Questa forza, in alcuni, era talmente potente da dover essere liberata in qualche modo e quindi, a seconda della persona, veniva sviluppato il controllo di un elemento naturale.
L’unico pensiero che affliggeva gli abitanti di Athom, era la decrescente natalità degli ultimi anni, infatti erano già circa vent’anni in cui le morti superavano le nascite, anche se non si trattava di una differenza marcata.
Un altro fenomeno nell’occhio del ciclone negli ultimi tempi era lo sviluppo della Fantasia in modo anomalo: i giovani che la sviluppavano sotto forma di controllo elementale erano sempre più potenti, tanto che, chi riusciva ad eccellere nell’addestramento si rivelava capace di controllare due elementi invece che uno solo.
Anche Walt fu uno dei pochi a sviluppare una forma di Fantasia, infatti sviluppò il dono del Fulmine: era in grado di creare scintille, connessioni elettriche e piccole scosse ma non gli arrivò mai la proposta di entrare nell’illustre Accademia dei Sette, dove i maestri di Athom insegnavano ai giovani come utilizzare i propri elementi.
Tutti ricevettero la convocazione negli anni passati, era vero che l’apprendimento dei poteri era molto personale, però ci rimase male. Fu un periodo molto triste per Walt, era come se piano piano tutti i suoi amici avessero iniziato un nuovo viaggio senza di lui, senza aspettarlo.
Ormai si era messo il cuore in pace, decise che avrebbe imparato da solo, avrebbe fatto più fatica ma ce l’avrebbe fatta.
Aveva compiuto anche diversi progressi, quando il controllo dell’elettricità si era manifestato, riusciva soltanto a fare una scintilla, talmente piccola che bastava a mala pena ad accendere i fornelli della cucina, adesso invece, con un po’ di sforzo, riusciva a creare una scarica elettrica dalle mani anche per qualche minuto.
Al suo amico Erik invece, si manifestò per primo il controllo dell’Acqua: la prima volta fece vibrare quella contenuta in un bicchiere, in un momento di rabbia, adesso con sei mesi di istruzione all’Accademia, riusciva già a evocarne qualche litro dal nulla.
 A Walt faceva piacere che Frida e Erik facessero così tanti progressi, ma allo stesso tempo era geloso di non poter ricevere un’istruzione come si deve.
Scacciò dalla testa quei pensieri e si concentrò sul suo cammino, stava fiancheggiando un enorme cantiere in cui stavano costruendo lo scheletro in ferro di una magnifica passeggiata sopraelevata, avrebbe dovuto percorrere tutta la città ad una ventina di metri dal suolo: il progetto prevedeva una ampio viale lastricato, ciclabile, con alberi, panchine, fiaccole, fontanelle e tutto il necessario per godersi delle panoramiche passeggiate nelle sere estive.
A volte si potevano vedere i maestri che davano una mano nella costruzione; adorava queste genere di opere e non vedeva l’ora che fosse conclusa.
Una folata di vento sferzò il viale e gli alberi ondeggiarono le loro chiome appena rinate, era quel periodo dell’anno in cui il sole era caldo ma l’aria ancora frizzante, e il vento proveniente dal mare soffiava spesso.
Walt si inoltrò nei portici del centro città e si diresse spedito verso la piazza centrale, portò lo sguardo all’orologio e, soddisfatto, constatò di essere in perfetto orario.
La via centrale finì e la vide davanti a sé: l’Accademia dei Sette, da fuori sembrava quasi una magnifica cattedrale, era in pietra e aveva una maestosa entrata circondata da tre archi.
Su di essi erano rappresentati diverse statuine e rappresentazioni di vita quotidiana, ricche di dettagli, aveva numerosi aggetti su tutta la facciata e in alto erano presenti sette guglie che formavano un ettagono perfetto.
La vista era suggestiva ed era l’unico vero edificio antico della città, gli altri venivano ricostruiti circa ogni cinque anni.
Walt la guardò con ammirazione per un momento, poi proseguì per la sua strada cercando di non farci caso.
Si andò a sedere sulla solita panchina su cui aspettava Erik, la più distante possibile dall’enorme porta di legno che segnava l’ingresso per l’Accademia, da lì la vista era particolarmente bella, risplendeva della luce del sole.
Cercando di decifrare da lontano chi entrava e usciva dal portone, ogni tanto controllava l’orologio attendendo che i soliti dieci minuti di ritardo cronici di Erik fossero passati.
Vide una classe (tutte composte da tre studenti) entrare nel portone ma non li riuscì a distinguere, poi un paio di ragazze, e infine uno studente da solo correndo, probabilmente in ritardo.
L’Accademia non era obbligatoria, nessuno segnava assenze o giustificazioni, si era completamente liberi di frequentare qualunque lezione venisse svolta.
L’unica condizione che i maestri imponevano era che il gruppo classe dovesse presentarsi al completo, per imparare il valore dell’amicizia e il gioco di squadra.
Chi frequentava l’Accademia lo faceva per proprio interesse, imparare ad utilizzare il proprio o i propri elementi era un privilegio ed era per quello che tutti si impegnavano al massimo. C’era chi voleva esplorare il mondo esterno, chi lo faceva per propria soddisfazione personale, alcuni volevano addirittura ampliare la città.
Walt era talmente preso dai suoi pensieri e dal tentativo di riconoscere qualche maestro che non si accorse minimamente che Erik si era nascosto dietro di lui.
«Eccomi!» lo spaventò lui appoggiandogli una mano sulla spalla, sicuro di averlo preso alla sprovvista.
Walt sobbalzò in maniera imbarazzante sulla panchina e rivolse a Erik il suo sguardo tagliente: «Non farlo mai più Erik, mai più» gli disse alzandosi mentre l’altro si sbellicava dalle risate.
«Scusa, non ho saputo resistere! Eri così incantato!» disse l’amico ridendo.
Erik era un ragazzo di un paio d’anni più grande di lui, era un po’ più alto e robusto, indossava un completo con pantaloni e giacca blu scuro con la camicia grigio argento, il tutto era molto comodo, giovanile e casual; aveva i capelli bruni, corti, tutti arruffati e portava baffi e pizzetto, a tracolla aveva un borsello nero.
Walt si alzò e rimase immobile a fissarlo malamente finché non ebbe finito di ridere.
«Scusami! Che ne dici, solito giro?» disse Erik smettendo di ridere, ma senza perdere il suo solito buon umore.
«Sì, dai.» e si incamminarono. «Come va, tutto bene?».
«Solita vita, Walt, devo ancora finire di leggere i libri di teoria, ne ho una voglia…».
«Non sono obbligatori, vero?».
«No, però preferisco leggerli, non vorrei che all’esame di uscita vengano fuori domande del genere».
«Chissà contro quale dei Maestri ti toccherà combattere!».
«Spero non Eugeo, sinceramente, mi batterebbe subito».
«Ma no dai, intanto c’è tempo. Ho visto Frida oggi, andava a lezione con Erika».
«Le solite secchione, le lezioni del sabato sono sempre ripassi di roba già vista».
Continuarono a spettegolare per un po’ oltrepassando una via centrale piena di banchetti con ortaggi, piante, formaggi e prodotti caserecci di stagione.
Chiacchierarono a lungo della settimana trascorsa, ognuno dei propri progressi con il controllo degli elementi.
Salirono sulle mura e percorsero il semicerchio come al solito, fermandosi al centro su una panchina ad ammirare il mare.
Lì, approfittandone del fatto che fosse un luogo isolato, diedero dimostrazione dei progressi ottenuti e Erik raccontò a Walt le lezioni frequentate, cercando di dargli dei consigli.
Walt cercò di annotarsi mentalmente quante più nozioni possibili, in modo da allenarsi anche a casa.
«Con il lavoro come va?» chiese Erik, consapevole che fosse un tasto dolente.
«Come al solito, la centrale elettrica non mi ha più detto niente e anche il cantiere della passeggiata. Sai uno dotato di poteri senza aver frequentato l’Accademia potrebbe causare dei danni…».
«Mi spiace… Ah! A proposito! Lilly mi ha dato questa ieri, è per te» disse Erik ed estrasse dal borsello una busta bianca.
Lilly era una vecchia amica di entrambi, non aveva sviluppato la Fantasia ma lavorava come portinaia all’ingresso dell’Accademia.
«Ah è di Lilly? Sarà la solita solfa in cui vuole sapere gli ultimi avvenimenti del mese, dettaglio per dettaglio» disse sorridendo, facendo allusione al carattere molto pettegolo della sua amica.
«Sì ogni tanto le manda anche a me» confermò Erik mentre Walt si infilava la busta nella tasca dei pantaloni.
«Andiamo a fare merenda?».
«Ovvio».
Così dicendo scesero dalle mura e ritornarono verso il centro, chiacchierando.
Passarono davanti alla scuola di Athom, quella dove andavano tutti i ragazzi fino ai sedici anni, e a entrambi vennero in mente molti ricordi nostalgici.
«Mi manca questo posto, alla fine è dove ci siamo conosciuti tutti» disse Walt rallentando il passo davanti al cortile in cui trascorse numerosi pomeriggi da bambino.
«Eh sì, e pensare che noi ci siamo conosciuti solo all’ultimo anno, c’erano davvero un sacco di sezioni».
«Già, non fosse stato per Lilly e la sua folle cotta per te non saremmo qui oggi» disse Walt e ridacchiarono insieme.
«Effettivamente ci sono ancora tanti che non conosco, per lo meno di persona, di vista magari sì» rifletté ancora il più giovane.
«Per forza, eravamo piccoli, stavamo con i nostri tre o quattro amici e basta».
«Già, erano proprio bei tempi!».
Rispolverarono qualche aneddoto sulle classi e gli insegnanti che ebbero l’uno e l’altro: litigate, figuracce, gite, intervalli.
Walt si ricordava ancora quella volta che andarono in gita alla centrale elettrica, e fu il giorno in cui decise che avrebbe lavorato lì, ai tempi era una scelta istintiva, quando sviluppò il controllo del Fulmine sembrò un fortunato caso del destino e ora che davvero gli sarebbe piaciuto lavorarci e contribuire alla società, gli sembrava la cosa più irrealizzabile del mondo.
Era un po’deluso dalla situazione.
Raggiunsero una piazzetta, era molto più minuta rispetto all’enorme piazza principale, ma tutti gli abitanti di Athom sapevano che la statua al centro era l’esatto punto centrale della città.
Infatti, proprio in mezzo alla piazza circolare, era presente un monumento, non era imponente ma trasmetteva la sicurezza e l’autorità che tutti attribuivano all’Accademia che, in fondo, era l’istituzione più importante e principale di Athom.
Era una specie di piccolo obelisco di marmo bianco a pianta quadrata in cui su tutti e quattro i lati era inciso il simbolo di Athom: un ettagono regolare con tutte le proprie diagonali all’interno, sui cui vertici erano rappresentati sette pallini di colore diverso: giallo, blu, rosso, grigio, marrone, bordeaux e nero: rappresentavano i sette maestri.
Erik aveva raccontato molte volte a Walt com’era la Sala dei Sette, quella per cui il simbolo rappresentava la perfetta planimetria vista dall’alto, ma desiderava ardentemente vederla con i suoi occhi, sia la sala che i sette maestri, tutti insieme.
Oltrepassarono la piazzetta entrando in una via laterale e raggiunsero il loro locale preferito: era un bar-pasticceria in cui erano soliti fare merenda, adoravano entrambi i dolci.
Entrarono nel locale e furono immersi nel piacevole profumo di cioccolato che aromatizzava l’aria.
Al banco c’era il pasticcere più bravo della città, era un uomo grassottello sulla sessantina, con i capelli bianchi, il doppio mento e una voce molto nasale
«Buon pomeriggio signor Egidio!» disse Erik avvicinandosi a bancone.
«Ciao ragazzi, posso offrirvi una tartelletta con mousse al limone?» disse l’uomo porgendogli un vassoio nero in cui erano disposte in maniera geometricamente perfetta otto minuscole crostatine con un ciuffetto di mousse gialla in centro.
I due giovani assaggiarono educatamente la nuova creazione del pasticcere e scoprirono con gioia che, come al solito, erano bocconcini squisiti.
«Come assaggiare un sogno, non è vero?» incalzò Egidio notando l’espressione compiaciuta dei due amici.
«Come sempre aggiungerei» rispose Erik che aveva la parlantina nettamente più sviluppata rispetto a Walt.
«Allora cosa prendete?»,
«Io un saccottino al cioccolato bianco» scelse Erik indicandolo nella vetrina.
«Per me una brioches con il gelato ai frutti di bosco» aggiunse Walt.
«Molto bene.
Egidio li servì e loro salirono le scale per andare a sedersi nella terrazza sopra il locale, dove erano disposti alcuni tavolini bianchi con ombrelloni e alcuni vasi di fiori. La vista era magnifica, si vedeva la spiaggia oltre le mura, il sole si accingeva a tuffarsi dentro le onde e la facciata dell’Accademia risplendeva degli ultimi raggi di luce.
Walt mangiò il più lentamente possibile in modo da far durare quel piacevole momento un po’ più del necessario, gli piaceva molto contemplare la vista su Athom, il cantiere della nuova passeggiata sopraelevata, l’Accademia, le mura, il mare.
A volte si chiedeva se ci fossero altre città come quella, seppur distanti. Nessuno lo sapeva, i maestri avevano dichiarato più volte che non era presente nessuna documentazione storica in cui si parlava di altre città, o che riferisse dettagli sul resto del mondo e perciò in pochi provavano ad andarsene.
Il sole fu coperto interamente dall’orizzonte e la luce rossa del tramonto inondò il paesaggio rendendolo ancor più onirico ed emozionante.
«Lo sai perché il tramonto è rosso?» intervenne Walt dopo qualche minuto di silenzio da parte di entrambi.
«No…».
«La luce è formata da molti colori, e tra questi colori, il rosso è quello che riesce a viaggiare più distante».
Erik non sapeva cosa rispondere, effettivamente non se l’era mai chiesto, e non la trovava un informazione così importante, però notò lo sguardo di Walt fisso sull’orizzonte quando pronunciò quella frase, era colmo di uno spirito di libertà.
«Chi è il sapientone, adesso?» gli disse alla fine, sorridendogli.
Risero insieme e poi, appena il cielo diventò completamente blu, si diressero verso l’uscita.
Tornarono sui loro passi, finendo di nuovo nella piazza dell’Accademia, dalla quale ormai non entrava né usciva più nessuno, ufficialmente chiusa per il weekend.
«È da un po’che non ci sono studenti nuovi, vero?» chiese Walt curioso.
«Dovrebbe arrivarne uno lunedì, ma non ho idea di chi sia».
«Non vi hanno più assegnato l’ultimo membro della classe, magari sarà lui».
«Non ci hanno detto nulla, potrebbe essere ma ci sono anche altre classi da completare».
«Speriamo non sia un rompiballe».
«Già…».
«Va beh, ci aggiorniamo Erik, buona serata».
«Ciao Walt, altrettanto!» si salutarono e poi tornarono verso le rispettive case.
Walt ripercorse fischiettando la strada verso casa, quando raggiunse la passeggiata in costruzioni rallentò un po’ visualizzando gli avanzamenti dei lavori.
Per la via non c’era quasi nessuno, così decise di fare una prova e posizionò il dito indice della mano destra davanti a sé.
Chiuse un momento gli occhi alla ricerca della concentrazione e poi, come ormai stava diventando abituato a fare, lasciò fluire la Fantasia nel suo corpo, indirizzandola verso la punta del dito.
La sensazione era quella di fluido tiepido che dal petto andava nella direzione desiderata, e infatti, la punta dell’indice stava sfrigolando di piccolissime saette che andavano in tutte le direzioni. Sembrava uno di quei bastoncini di zolfo che bruciavano i bambini a capodanno, producendo una stellina di scintille.
Le sue però non erano di zolfo bruciato, ma di energia elettrica pura, bianco-azzurra.
La spense, soddisfatto di aver mantenuto il contatto costante ed equilibrato per circa i cinque minuti che lo separavano dal portone di casa.
Entrato nell’ingresso si sfilò la giacca e una busta di carta cadde ondeggiando sul pavimento.
Walt se ne era completamente dimenticato, controllò in cucina e una volta constatato che mancava ancora una mezz’oretta a cenare, andò in camera sua, si sedette sul suo letto e rigirò la busta nelle mani.
Non aveva molta voglia di leggersi la solita richiesta di informazioni personali a cui Lilly lo sottoponeva periodicamente.
Immaginava già cosa ci sarebbe stato scritto: “Come va? Ti hanno più detto niente dalla centrale elettrica? Hai più incontrato Frida? Erik ha parlato di me!?”, insomma, le solite cose che gli chiedeva sempre per poter spettegolare successivamente con la madre.
Walt sospirò, le voleva bene e la conosceva da anni, perciò si convinse ad aprire comunque la sua lettera.
Ruppe delicatamente la ceralacca rossa con al centro il simbolo dell’ettagono e pensò ad alta voce: «Ruba ancora la ceralacca dell’Accademia, mica scema…» poi tirò fuori la lettera e spiegò il foglio.
La sua mano iniziò a tremare leggermente e in un attimo si ritrovò senza fiato.
 
 
Gentile sig.Walt, l’Accademia dei Sette di Athom la riconosce ufficialmente
pronto a iniziare le lezioni.
È pregato di presentarsi lunedì mattina per essere assegnato ad una classe
ed essere testato dai maestri.
Successivamente, come di consueto,
le lezioni saranno libere di essere seguite a piacimento del gruppo-classe.
Le auguro buona giornata.
 
 
                                                                                                        Avis
 
 
Dovette rileggere il messaggio una decina di volte per rendersi conto di cosa significasse in realtà.
Dopo che tutti ebbero ricevuto quella lettera, finalmente anche lui poteva entrare nell’Accademia e conoscere i maestri.
In quel momento, le idee di Walt sull’allenarsi da solo e sul non aver bisogno di nessuno si sciolsero rivelando la loro fragilità; era contento come un bambino, non vedeva l’ora di iniziare, di far parte di un gruppo.
Come un flash, gli rimbombarono nella mente le parole che Frida gli aveva detto quel pomeriggio: lei sapeva che avrebbe ricevuto l’ammissione all’Accademia, doveva essere riuscita a scoprirlo in qualche modo.
Walt sorrise come un ebete e si diresse in cucina a comunicare la notizia a sua madre.
Sì, di sicuro quella era una bella giornata.
 
 





Angolo dell'autore:
Eccoci per una nuova storia! Lo ammetto, sono un po' in ansia essendo la mia prima opera completamente originale.
Il primo capitolo potrebbe sembrare in una forma abbastanza embrionale, essendo comunque un esperimento, e spero di ricevere dei consigli per migliorare il tutto.
Alcuni di voi avranno riconosciuto il personaggio di Walt come co-protagonista delle mie precedenti fanfiction "Kingdom Hearts W" e "Kingdom Hearts 2W"  (le trovate entrambe nel mio profilo) infatti questo è ufficialmente un prequel in cui conosceremo la storia del passato di Walt.
Per chi non conoscesse queste due storie avviso che possono tranquillamente considerare questa come puramente originale.
Ho inserito il rating arancione e l'avvertimento violenza forse in maniera impropria ma verso la conclusione di questa storia vedremo scene un po' più violente del solito quindi ho preferito prevenire.

L'aggiornamento di questa storia avverrà alternando con "Kingdom Hearts 2W" quindi aspettatevi un capitolo ogni due/tre settimane o di qui o di là.
Vi è piaciuto il primo capitolo? 
Cosa ne pensate dei personaggi introdotti fin ora e del simbolo di Athom?
Siete curiosi di conoscere i maestri e le meccaniche di Athom?
Per chi ha già letto il resto della storia, vi aspettavate che il passato di Walt fosse in questa città ed impostato in questo modo?

Più del solito ho bisogno di un vostro parere quindi vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate in un commento o in una recensione: critiche, consigli e nuove idee sono sempre ben accetti! 
Alla prossima!

See you nex time!

 
   
 
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