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Autore: Aiqul Marnerazver    24/06/2017    0 recensioni
Nel Mondo della Magia, lì dove abitano i Mageschi, esseri con la coda che controllano la magia dei colori, un ragazzo conduce quella che sembra una vita quasi tranquilla. Ma quando una sola scelta sbagliata lo porterà a non dipendere più da sé stesso, dovrà affrontare ogni sorta di nemici per ottenere la libertà: tiranni, demoni, angeli, dèi, amori e, soprattutto, sé stesso...
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Delle grida si susseguivano senza sosta, dei passi veloci e affannati di centinaia di persone in fuga si ammassavano tutti attorno a lui. I suoi occhi erano chiusi, o l’oscurità aveva preso il posto dell’aria? Aria… un’aria densa di polvere e di un odore metallico… l’odore del sangue. I suoi occhi si aprirono su uno scenario sfuocato: c’erano delle fiamme, fiamme potenti, così alte da sovrastare ogni cosa, che tuttavia non riuscivano a rischiarare l’oscurità in cui era avvolto. E poi lo vide: alto, imponente, le mani macchiate di sangue di tutti i colori: un magesco avvolto in un mantello nero indistinto, che copriva completamente il suo corpo e il suo volto. Ma non i suoi occhi: occhi neri come una nuvola di pioggia prima di un temporale. Occhi macchiati da una rabbia e una ferocia senza pari, privi di pietà, di gioia, di amore, ma ricchi di rancore e odio. In un attimo, il suo stomaco si contorse per l’incredulità e il disgusto. Un urlo terrorizzato fuoriuscì dalla sua bocca, mentre l’oscurità conquistava anche i suoi occhi. Cadeva, cadeva girando su sé stesso, come in un forte tornado. Vide delle immagini confuse: un castello nero alla sinistra di un grande deserto, un medaglione nero con una grande pietra incastrata nel mezzo, degli occhi neri, i suoi occhi neri, che si chiudevano per un attimo, per poi riaprirsi a mostrare delle pupille verticali spaventose dall’iride blu elettrico. Un bastone, un bastone lungo con una parte a semicerchio alla fine, circondato da erba e da fiori, che si spezzava, distruggendo tutto ciò che c’era intorno a sé…
Zl si alzò di scatto, ansimante. La luce colpì i suoi occhi come un colpo di frusta, facendogli alzare d’istinto un braccio per coprirsi. Che razza di sogno era? Non aveva mai avuto così tanta paura in tutta la sua vita: mai gli era capitato di avere un incubo così ricco di emozioni, così forte: nessun sogno lo aveva terrorizzato a tal punto da svegliarlo.
«Tutto bene?» chiese una voce.
Zl tolse il braccio dagli occhi, ormai abituati alla luce, e si guardò intorno. Si trovava nella foresta, schiacciato fra le radici dell’albero sotto il quale si era addormentato la sera prima. Davanti a lui, un ragazzo lo guardava, preoccupato.
«Mario! Che cosa… cosa ci fai qui?» chiese Zl, meravigliato e felice.
«Ti ho cercato, ieri. Per tutto il pomeriggio. Credevo che ti fosse successo qualcosa, soprattutto perché non c’eri a casa. Mi hai fatto preoccupare. Ho saputo dell’espulsione quasi subito, gira voce che tu abbia tirato un pugno a Vii durante la pausa»
Il ricordo colpì Zl come un pugno nello stomaco, e ormai aveva abbastanza esperienza per fare quel paragone.
«Io non… io non volevo… almeno credo… Mario, ascolta, è successo qualcos’altro, temo di averlo lanciato contro un muro, era svenuto e…»
«Non preoccuparti, sta bene, l’ho visto io» rise Mario.
«Tu non… non sei arrabbiato?»
«Arrabbiato? Perché dovrei essere arrabbiato? Ho sempre sognato di poter dare un pugno a quell’idiota, ma non ne ho mai avuto il coraggio, e tu ci sei riuscito al posto mio! Zl, non hai idea di quanto io ti stimi in questo momento» disse Mario, scoppiando a ridere.
Zl lo guardò, stralunato. Un grande peso si dissolse dal suo stomaco come per magia, e forse proprio di essa si trattava: Vii e il suo gruppo stavano bene, non era successo niente, forse era stato tutto un sogno. Già, un sogno… come quello che aveva avuto la notte precedente, come quello che aveva avuto quella stessa notte. Che il sognare il tizio con il mantello nero sbloccasse i suoi poteri? Sin da piccolo era stato negato con la magia, non era mai riuscito ad eguagliare i suoi coetanei. In molti dottori avevano parlato di un blocco psicologico e per la prima volta Zl iniziò a pensare che avessero ragione. Eppure… quella voce, quel magesco, quei sogni gli davano un brutto presentimento, come della calma prima della tempesta.
«Allora, vieni?» disse Mario, riscuotendolo brutalmente dai suoi pensieri.
«Cosa?»
«Non puoi entrare a scuola, ma mi ci puoi accompagnare. Mentre io sono costretto a scaldare una sedia, magari potresti cercare un po' di cibo in giro, che ne dici?»
«Volentieri!» disse Zl, felice di potersi finalmente rendere utile.
Mario gli porse il suo zaino.
«Lo avevi lasciato a scuola. Non hai avuto freddo?»
«Un po'» ammise Zl, prendendo riconoscente lo zaino. Era vero: quella notte sarebbe quasi morto di freddo se non fosse stata estate e se non avesse trovato quell’albero le cui radici offrivano un perfetto riparo dal vento. Si avviarono insieme verso la scuola.
«Che stavi sognato?» domandò Mario, offrendogli un panino e una bottiglia d’acqua che Zl accettò ringraziando.
«In che senso?»
«Ti stavi agitando molto quando ti ho svegliato. Che stavi sognando?»
«Francamente non ne ho la minima idea. Non mi era mai successo di fare un sogno così strano»
«Qualcosa ti ricorderai» disse Mario, ficcandosi in bocca un enorme pezzo di pane e guardandolo incuriosito. Zl esitò. Non voleva sembrare un bambino spaventato davanti a Mario, soprattutto dopo che lo aveva trattato così bene. Decise di eliminare la maggior parte dei dettagli.
«Non ricordo bene» disse, evasivo. «Ricordo solo un paio di occhi strani e un vortice che mi faceva cadere. Un classico, eh?» scherzò con un sorriso. Per evitare di sembrare pazzo o imbarazzato, diede un morso al suo panino.
«Erano degli occhi con le pupille verticali?» chiese Mario, indifferente.
Zl per poco non si strozzò: il panino gli si bloccò in gola di colpo. Tossì varie volte, prese un sorso dalla borraccia d’acqua e guardò stralunato Mario.
«Se stai morendo soffocato dimmelo, so come aiutarti»
«No, io… bene, grazie» disse Zl, tossendo. Mario ridacchiò.
«Ho indovinato?»
«Sì, ma… come fai a sapere…?»
«Semplice, probabilmente sarà stato un Demone»
«Un che?»
«Un Demone» rispose Mario. «Non sai cosa sono?» aggiunse, sorpreso.
Zl scosse la testa. Notò che l’altro sembrò vagamente a disagio per un attimo, ma dovette accorgersene, perché subito gli sorrise.
«I demoni» spiegò, «sono delle personificazioni delle nostre paure. Sono solo degli Incubi più potenti. Sai, quando tu fai un brutto sogno è perché un incubo ti ha posseduto. Se gli incubi riescono a far realizzare la peggiore paura del magesco a cui appartengono, diventano dei Demoni, che sono esseri corporei simili ai mageschi… credo. Di storie ne girano tante. Queste leggende valgono anche per i Sogni e gli Angeli»
«Non sapevo che fossi superstizioso» commentò Zl, sorpreso.
«Non lo sono. Non è una superstizione. I demoni esistono, e anche gli angeli. Per esempio, quando un magesco commette un crimine gravissimo, tipo uccidere tanti mageschi o torturare persone innocenti, può essere condannato al Giudizio dei Demoni. È come un normale tribunale, sono che è tenuto dal Re dei Demoni, che è un giudice sempre imparziale. Lui stabilisce una condanna: il colpevole può essere spedito, a seconda della gravità del suo crimine, in uno dei tre gironi di Inferia, la città dei demoni. Nessuno sa cosa accada lì sotto di preciso, ma coloro che tornano non commettono più errori di nessun genere»
«E gli angeli? Si hanno prove anche su di loro?»
«Certo» disse Mario. «Chi credi che sia colui che assegna i mondi agli Dei? Chi credi che li renda immortali? Il Re degli Angeli, naturalmente. Altro tipo imparziale, o almeno così dicono le leggende. Francamente, non so come funzioni di preciso. Quello che tutti sanno, tuttavia, è che funziona. E questo è l’importante»
Zl continuò a camminare, pensoso. Demoni, angeli… potevano esistere davvero delle creature così strane e potenti? O era una superstizione talmente radicata nei mageschi da essere diventata parte della loro cultura?
«Cos’è tutto questo casino?» disse d’un tratto Mario, bloccandosi.
Zl seguì il suo sguardo e si fermò anche lui, sbalordito. Davanti ai cancelli della scuola c’era un’enorme folla di persone, talmente ampia da bloccare la Strada Principale: mageschi di tutte le età cercavano di vedere cosa succedeva nel cortile della scuola, senza tuttavia varcare i cancelli. Una ragazza di massimo vent’anni gli passò accanto correndo, fermandosi davanti ad un gruppo di mageschi che la accolsero con una raffica di domande.
«Come sta?»
«È vero che è stato ferito?»
«È morto?»
«No» rispose la ragazza, ansimando per la corsa, «lo hanno trovato chiuso in una stanza, ferito, ma non morto: è su una barella»
«E si è riuscito a capire chi è stato?»
«Non lo so, ma temo che molti professori saranno presto nei guai, alcune guardie minacciano di chiudere la scuola. È appena arrivato il Re in persona!»
«Il Re?» chiesero i mageschi, stupiti.
Mario lo strattonò all’improvviso, trascinandolo di peso verso un punto più distante dalla folla, abbastanza lontano da non essere sentiti.
«Cosa stavi dicendo questa mattina? Che avevi lanciato Vii contro un muro?» gli chiese, la voce tesa e spaventata.
«Io non… tu hai detto che lo avevi visto, hai detto che stava bene!» gli disse terrorizzato Zl, capendo all’improvviso cosa era successo.
Vii non doveva essersi risvegliato dal loro ultimo incontro, e ora il Re in persona era andato nella scuola per avviare le ricerche e per punire i colpevoli. O meglio, il colpevole: era stato lui a causare tutto questo, e appena Vii si fosse svegliato avrebbe sicuramente fatto il suo nome.
«Ma intendevo subito dopo la pausa! Si può sapere che cosa hai fatto?»
«Io… io...» ansimò Zl, spaventato. E se il Re lo avesse voluto morto?
«Zl, calmati e spiegami, non abbiamo molto tempo: cos’è successo? Sei stato tu?»
«Io non… io…» provò a rispondere Zl, ma era troppo terrorizzato per riuscire a parlare.
«D’accordo, facciamo così: corri a casa, non ti fermare e nasconditi. Io vado a vedere cos’è successo, magari riesco a capire se ti stanno cercando oppure no» gli disse Mario.
Poi, senza preavviso, corse nella folla, verso il cancello. Zl guardò il punto in cui era sparito, lo stomaco aggrovigliato come non mai. La mossa più saggia per lui era quella di nascondersi, ma Mario era in pericolo: lui non sapeva che il Re avrebbe presto capito, se non lo aveva ancora fatto, chi era il responsabile di tutto quello, ed era sicuro che la maggior parte dei professori li aveva visti insieme. E se lo avessero catturato per arrivare a lui? Non poteva lasciare che il suo unico amico fosse imprigionato per colpa sua, doveva aiutarlo. Zl corse verso il cancello della scuola, cercando la testa dai capelli bordeaux di Mario: doveva fermarlo prima che potesse essere visto, dovevano fuggire insieme. Fendette la folla fino a trovarsi davanti al cancello, ma di Mario non c’era nessuna traccia. Disperato, percorse con lo sguardo tutto il cortile, cercando un segno dell’amico, quando si bloccò per lo stupore.
Al centro c’erano una decina di guardie vestite con armature verdi scintillanti con un triangolo sul petto, il simbolo di Verdia: delle barelle erano poggiate per terra eccetto una, che era tenuta in mano da due soldati. Accanto alla barella c’era un magesco che non poteva essere altri che il Re Tivius. Era incredibile quanto somigliasse a Vii. Gli occhi erano verdi come i suoi, ma di una sfumatura più brillante, più calda, come il muschio appena nato, i capelli verde chiaro si confondevano con la grande corona di smeraldo che portava sulla testa, il mantello color foglia era lungo fino ai suoi piedi e lo avvolgeva completamente. Non sembrava avere l’aspetto del tiranno crudele di cui tutti parlavano: sul suo viso era dipinta un’espressione di pura preoccupazione e angoscia, era inginocchiato vicino alla barella senza curarsi dello sporco del terreno e chiedeva con insistenza qualcosa al magesco dall’altra parte della barella, probabilmente un dottore, che cercava di tranquillizzarlo con una smorfia simile ad un sorriso.
All’improvviso, una mano gli afferrò la spalla da dietro, facendolo sobbalzare.
«E tu chi saresti?» gli chiese un soldato, guardandolo male.
«Io…» balbettò Zl, il cuore in gola.
Senza nemmeno rendersene conto, per vedere meglio il Re, aveva fatto qualche passo avanti verso di lui e non si era accorto della guardia che lo osservava finché essa non lo aveva bloccato.
«Un momento, io quello lo conosco! È lui! È lui, mio Re, ne sono sicuro!» disse una voce.
Zl guardò per la prima volta le persone alle spalle del Re, terrorizzato. Il segretario lo stava indicando, lo sguardo arrabbiato e spaventato. In un attimo, tutte le guardie si girarono verso di lui, e così fece anche il Re, la preoccupazione che defluiva dal suo viso per lasciar posto ad un’espressione di ira assoluta. Zl cercò di protestare, mentre una guardia lo trascinava davanti al Re, ma la sua voce sembrava essere fuggita come gli aveva suggerito Mario, perché appena lo sguardo del Re si posò su di lui, il ragazzo non riuscì più ad aprir bocca, terrorizzato.
«Così sei stato tu, non è vero?» gli chiese il Re.
In quell’attimo di terrore puro, Zl notò distrattamente che la sua voce era l’unica cosa che non aveva minimamente in comune con il figlio: era bassa e potente, eppure trattenuta, come un domatore di bestie con un animale inferocito al guinzaglio. Zl scosse piano la testa, senza riuscire a parlare. Il Re sollevò un sopracciglio, scettico.
«Mio Re, non gli creda! L’ho visto io, lo giuro!» gridò di nuovo il segretario. Zl notò che aveva delle catene ai polsi.
«Silenzio» ordinò il Re, e l’altro si zittì all’istante. «Nell’attesa che mio figlio si svegli, tu, ragazzo, sei considerato colpevole da numerosi testimoni. Perciò, almeno che tu non abbia una prova schiacciante della tua innocenza da offrirci in questo in questo preciso momento, sarai condotto nelle prigioni del mio castello in attesa di un processo. Portatelo via» disse poi alle guardie, che subito si avvicinarono e gli misero delle catene ai polsi.
«Aspettate! Aspettate, io… io sono innocente, non sono stato io…» provò a dire Zl, ma le guardie erano irremovibili.
Il ragazzo cercò disperatamente una via d’uscita, ma era talmente terrorizzato che non riusciva nemmeno a opporre resistenza. Un cocchio di legno senza finestre, il carro dei prigionieri, veniva trascinato dentro il cortile da dei Becchi-lunghi *(esseri simili agli struzzi, forti come orsi e usati come cavalli)*.
Zl chiuse gli occhi in preda al terrore e alla paura. Gli serviva aiuto, un aiuto disperato… gli serviva una via d’uscita, qualcuno che lo aiutasse. In un impeto disperato, Zl ripensò al giorno prima, a quando aveva pronunciato un incantesimo senza conoscerlo, una magia che lo aveva salvato dal pericolo…
Senza rendersi conto di ciò che faceva, aprì gli occhi di scatto e si abbandonò all’istinto.
«Udinski, hetara is!» gridò.
In un attimo, un enorme ondata di fumo nero si riversò fuori dalle sue mani, avvolgendolo come una coperta. Senza sapere cosa faceva, come se qualcun altro comandasse il suo corpo, Zl tocco le guardie che lo trattenevano e il fumo le sbalzò via, scaraventandole via a metri e metri di distanza fra le grida terrorizzate della folla. Il ragazzo alzò poi una mano verso il Re, che si era alzato di scatto come per attaccarlo, il fumo si appiattì come un proiettile e lo colpì al petto. Tivius ebbe appena il tempo di fare un’espressione di puro stupore, prima di cadere a terra.
In un attimo, il terrore riprese il controllo della mente di Zl. Il ragazzo guardò il corpo esanime del Re, mentre una strana sensazione di potere gli stritolava lo stomaco. Senza pensarci due volte, approfittando dello stupore delle guardie e del caos della folla, fuggì, correndo fuori dal cortile. I suoi piedi lo trascinarono verso la foresta, cercando disperatamente di tornare alla casa di Mario. Era così preso dalla paura che si scontrò violentemente contro l’amico, che sembrava quasi essersi materializzato dal nulla.
«Zl! Eccoti! Dove sei stato? Perché non sei a casa? Cos’è successo?» gli chiese, mentre attorno a loro la folla si disperdeva, urlando di terrore, senza sapere dove scappare.
«Io non… Mario, aiutami, non so cosa sia successo, io…» provò a spiegare Zl, le lacrime che scorrevano incontrollabili.
«Lascia stare, dimmi solo cos’è successo»
«Io… io ho…» provò Zl, senza riuscire a parlare. Prese fiato e riprovò: «Io ho ucciso il Re»
Mario lo guardò sbalordito, senza riuscire a proferir parola. Poi lo prese per un braccio e lo trascinò verso la Strada Principale, seguendo la via opposta al castello.
«Mario, cosa…?»
«Ascoltami bene: ti sto portando in un rifugio sicuro, ma non devi parlarne con nessuno, chiaro?». Zl provò a chiedere qualcosa, ma l’altro gli fece segno di stare in silenzio con la mano, tirandolo con un braccio e costringendolo a correre.
«È un covo di ribelli di Rossia, io ne faccio parte. Lì sarai al sicuro. Non farmi altre domande, non so cosa posso dirti, non ho il permesso, teoricamente. Ti tratteranno bene, appena sapranno cosa hai fatto. Non commentare nulla, non parlare se non sei interpellato, fai quello che ti dicono e non protestare mai»
«Ma io…»
Mario non lo ascoltò nemmeno. Erano giunti in un piccolo vicolo fra due locande che portava ad una piazza spoglia. Dopo aver controllato che non ci fosse nessuno in giro, Mario si accovacciò per terra e sollevò un grande tombino tondo e arrugginito. Zl ormai era troppo stupito per protestare. Mario gli fece segno di calarsi per primo. Il ragazzo scese i piccoli gradini in ferro scivoloso e Mario richiuse l’entrata dietro di lui con uno stridio acuto e metallico.
«Apri la seconda botola e scendi» gli ordinò.
Zl, ancora stordito da tutto ciò che stava succedendo, non riuscì ad opporsi. Sbucò in un’enorme grotta rettangolare di pietra biancastra alta più di sette metri, illuminata da decine di torce con dei buchi nel soffitto per lasciare una va libera al fumo, che doveva trovare una via d’uscita da qualche parte sopra di loro. Alla sua destra c’erano una dozzina di porte numerate, mentre davanti a loro c’era un gigantesco tunnel che girava a sinistra, da cui si udivano dei passi frettolosi e delle voci concitate.
«Dove siamo?» chiese Zl con ciò che gli era rimasto della sua voce.
«Benvenuto nel quartier generale degli Impellerossa», disse Mario, «spie scelte della Resistenza».

ANGOLO AUTRICE
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Se è così, lasciate un voto e un commento!
Più andiamo avanti, più la vita di Zl si complicherà, e d’ora in poi introdurremo molti nuovi personaggi, quindi vi consiglio di aggiungere il libro alla vostra biblioteca, così da non perdervi nulla!
Siccome io conosco il Mondo della Magia e la sua cultura molto bene, potrei dare alcune cose per scontate per cui, se non capite qualcosa, scrivetemelo in un commento.
Grazie dell’attenzione e buona settimana! 
   
 
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