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Autore: Aiqul Marnerazver    24/06/2017    0 recensioni
Nel Mondo della Magia, lì dove abitano i Mageschi, esseri con la coda che controllano la magia dei colori, un ragazzo conduce quella che sembra una vita quasi tranquilla. Ma quando una sola scelta sbagliata lo porterà a non dipendere più da sé stesso, dovrà affrontare ogni sorta di nemici per ottenere la libertà: tiranni, demoni, angeli, dèi, amori e, soprattutto, sé stesso...
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«ComfandtallcoFrezr?»
Zl fece una smorfia.
«Se parli a bocca piena non capisco»
Mario inghiottì l’enorme insieme di verdure grigliate che aveva in bocca e sorrise.
«Ti ho chiesto com’è andato l’allenamento con Freezer»
«È andato bene»
Mario sollevò un sopracciglio, prese un pezzo di pane e ci spalmò sopra del formaggio. Erano seduti ad uno dei lunghi tavoli della mensa, una camera spartana scavata nella pietra abbastanza grande da contenere tre tavoli e sei panche. C’erano altri tre ragazzi oltre a loro, i quali mangiavano nell’angolo opposto della stanza parlando sottovoce.
«Sicuro? Perché Freezer sembrava parecchio sconvolto, per non dire arrabbiato. Che gli hai fatto?» chiese Mario.
«Non è colpa mia se è arrabbiato» disse Zl in un moto di stizza. Come poteva anche solo immaginare che Freezer avesse una storia simile alle sue spalle?
«Sì, certo» disse Mario addentando il pane.
«Tu non mi credi»
«Sìcfetcrfedo»
«Cosa?»
Mario inghiotti il panino tutto intero e iniziò a prepararne un altro.
«Sì che ti credo. Solo che è strano. Dai, scocca la freccia, con me lo puoi fare» *(Scocca la freccia è l’equivalente magesco di sputa il rospo)*.
Si ficcò il secondo panino in bocca.
«Mi ha detto che avete tutti delle storie tragiche e io gli ho chiesto la sua»
Mario spalancò la bocca dallo stupore, tanto che il panino che aveva in bocca ricadde nel piatto.
«Mario, che schifo!» esclamò Zl. Lui non ci badò.
«E ti ha risposto?»
«Sì»
«Ti ha raccontato della sorella?»
«Sì»
«E della gilda?»
«Ti ho detto di sì!»
«Per gli Dei» disse lui, visibilmente sconvolto. Pulì distrattamente il tavolo con un tovagliolo.
«Ci credo che era arrabbiato» commentò.
«Non potevo immaginare che…» cercò di giustificarsi Zl.
«No, certo che no. Però è strano…»
«Cosa?»
«Lui odia il suo passato. Credo che se potesse si cancellerebbe la memoria. Io so la sua storia perché…» iniziò, ma si incupì e non finì la frase.
«Perché?»
Mario scosse la testa, lo sguardo imbarazzato.
«Dai, scocca la freccia» disse Zl con un ghigno.
«In quella gilda ci siamo stati tutti»
Il ghigno di Zl si sciolse come neve al sole.
«Cosa!?»
«Già. Il governo di Rossia ci ha pagati per venire qui» disse lui prendendo un altro panino.
«Tu… voi siete…» provò a dire Zl, le parole che si ammassavano nella sua bocca.
«Stati in quella gilda in veste di cavie? Sì. Nessuno però ha una storia brutta come quella di Freezer. Io, per esempio, ci sono nato»
«Tu sei nato in quel posto?» chiese Zl, sconvolto.
«Sì. Cioè no. I miei genitori sono morti assassinati da un gruppo di banditi. Loro mi hanno trovato e mi hanno cresciuto, quindi è come se fossi nato lì»
«Stai scherzando»
«No»
«Come puoi essere così normale se hai vissuto lì?» domandò sconvolto.
«Guarda che non sono così cattivi come dice Freezer. È vero, hanno fatto cose orribili, e non hanno mai smesso, ma fanno esperimenti solo su chi gli fa un torto grave»
«Freezer mi ha detto che chiunque falliva nell’esame finale diventava una cavia» disse Zl, confuso.
«Falso. Inoltre Freezer aveva passato ogni limite»
«Freezer non aveva fatto niente di male»
«Tralasciando il fatto che aveva tentato di uccidere il capo della gilda»
Zl sgranò gli occhi.
«Cosa?»
«Lo ha fatto senza motivo o, se aveva uno scopo, non l’ha detto a nessuno. Non è riuscito ad ammazzarlo, ma ha ucciso molte guardie e ha ferito molti innocenti»
«Come ha fatto?» domandò l’altro, incredulo.
«Ha provocato un incendio. Blaterava cose senza senso, era in stato di stato di shock quando lui lo ha fermato»
«Lui chi?»
Mario esitò. Sembrava quasi come se si stesse rimproverando mentalmente per aver detto troppo.
«Un tizio che stava là» disse, cercando di rimanere vago.
«Chi?» chiese Zl, curioso.
 «Era la guardia del capo della gilda, la nostra guida e il nostro insegnante» spiegò Mario.
Zl notò che la sua voce era malinconica e arrabbiata allo stesso tempo.
«E dov’è ora?»
«Sottoterra»
All’espressione sorpresa di Zl scoppiò a ridere.
«Non ti preoccupare, non è morto. Anche se sarebbe meglio se lo fosse»
«Cosa intendi?»
«Intendo che è peggio che morto. Ha cercato di abbandonare la gilda proprio mentre stava per completare una missione molto importante e segreta. Ha abbandonato il lavoro di una vita perché doveva ammazzare un tipo che nemmeno conosceva, e bada che era un sicario da anni. Diceva che qualcosa in lui gli aveva fatto capire che quello che faceva era sbagliato, o qualcosa di simile»
«E perché si trova sottoterra?»
«Perché il capo della gilda non voleva distruggere tutto il lavoro di suo padre più il suo solo per un solo ribelle, quindi sta cercando di estorcergli informazioni. Era molto potente, e conosceva incantesimi necessari per la difesa della gilda che non ha mai voluto condividere ed era lui a controllare Esper. Inoltre il capo è sicuro che gli stia nascondendo qualcosa di grosso. Nessuno si rivolterebbe contro i propri amici così velocemente senza motivo. Non era da lui comportarsi così»
«Chi sono gli Esper?»
«È l’abbreviato di Esperimenti. Sai, quando ti devono chiamare di fretta è molto più comodo dire “Esper” e poi un numero, piuttosto che ricordarsi il tuo nome»
Zl lo guardò, indeciso. Mario aveva ripreso a mangiare, ma ora evitava il suo sguardo. Sembrava molto triste, come se avesse riposto una fiducia assoluta in quel magesco che poi lo aveva tradito. Malgrado tutto ciò, Zl non riusciva a capacitarsi del fatto che qualcuno potesse essere torturato solo perché voleva lasciare il suo lavoro. Infondo, uccidere era sbagliato, e se quel magesco lo aveva capito era solo un bene per lui. Anche se Mario aveva detto che quella gilda non era del tutto malvagia, Zl iniziava a credere che lo dicesse solo perché lui era nato lì. Si chiese distrattamente se la differenza dei punti di vista fra lui e Freezer non derivasse dalla loro provenienza. Freezer gli aveva taciuto dei dettagli molto importanti, ma Zl iniziava a credere che avesse ragione lui e non Mario: chiunque agisse così non poteva avere niente di buono in sé. 
«Forse non… non hai mai pensato che magari non voleva più fare il sicario da tempo? Voglio dire, uccidere non è proprio… bello, ecco. Forse era indeciso se andarsene o no da un bel po’, e magari il tizio che doveva uccidere è stata la cosa che lo ha fatto scegliere» provò a spiegare a Mario. 
Lui lo guardò con un misto di incredulità, confusione ed incertezza. Zl si chiese perché l’amico non ci avesse mai pensato prima.
«Forse» concesse l’amico «Ma allora non capisco… lui non ha mai voluto dirci nemmeno il nome del tizio che aveva scovato. Lo ha nascosto per un sacco di tempo»
«Che c’è di male?»
«Beh, se quel tizio gli ha fatto cambiare idea non vedo perché non avrebbe dovuto presentarcelo. Eravamo suoi amici»
«Forse perché voi non avreste capito. Probabilmente quel tizio gli aveva ricordato qualcosa, o qualcuno di particolare, e magari è stato questo a fargli cambiare idea, quindi deve aver pensato che per voi sarebbe stato solo un magesco normale. Inoltre, se il piano originale era di farlo uccidere, chi gli assicurava che non voi ci avreste provato? Forse non ve lo ha detto per non dovervi combattere. Ci possono essere tantissime ragioni»
Mario sembrò riflettere per un attimo, il volto segnato da un’indecisione senza pari. Ma prima che potesse replicare alcunché, Fiama entrò nella mensa e si avvicinò a loro.
«Scusate se vi interrompo» disse, facendo sobbalzare Mario, che non l’aveva notata.
«Che succede?» chiese, contrariato.
«Per te, nulla» ridacchiò lei, divertita dal suo spavento. «Zl, questo pomeriggio ti allenerai con Rew»
Zl riuscì a malapena ad annuire, sperando di non arrossire per l’imbarazzo. O meglio, annerire, visto che il sangue che scorreva nelle sue vene era nero. Fiama gli sorrise e se ne andò. Il ragazzo espirò sonoramente, come se fosse stato in apnea. Mario lo guardò, l’espressione cupa sostituita da un ghigno divertito.
«Che c’è?» chiese Zl, per niente rassicurato da quell’espressione.
«Oh, niente» disse Mario con voce affabile, fingendo indifferenza. «Ho solo vinto una scommessa»
«Su cosa?»
«Prova ad indovinare» ridacchiò Mario.
Zl guardò lui, poi la porta da dove era uscita Fiama e capì.
«Io…lei…non…» balbettò, imbarazzato come non mai.
«Sì, sì, certo» rise Mario, prendendo un altro panino.
 
Zl entrò nella grande palestra. Un magesco lo attendeva seduto sul bordo del campo, esattamente dove si era seduto Freezer quella mattina. Aveva un fisico atletico come tutti gli Impellerossa, i capelli biondi e gli occhi blu.  Zl notò alcune cicatrici sul suo collo e sulle braccia che sembravano concentrarsi sulla spalla destra, la quale non era visibile a causa della maglietta che indossava.
«Tu devi essere Zl» disse alzandosi.
Zl annuì, nervoso. Questa volta non voleva rovinare tutto come aveva fatto con Freezer, ed era pronto a impegnarsi il più possibile.  Per sua fortuna, il suo nuovo insegnante sembrava molto meno scorbutico del precedente, e aveva un sorriso incoraggiante impossibile da non ricambiare. Zl salì sul campo.
«Io sono Rew, e ti allenerò sui tipi di magia da usare in caso di attacco. Ti insegnerò principalmente barriere, ma anche attacchi ai sistemi nervosi e cure per le ferite»
Zl annuì di nuovo, questa volta più nervosamente. Se non era bravo nell’allenamento fisico, nell’allenamento sulla magia era ancora peggio visto che non era mai riuscito ad utilizzare i suoi poteri. Come se non bastasse, una parte di sé non voleva usare la magia per paura di scatenare di nuovo quella forza che aveva causato la morte del Re.
«Credo che potremmo partire dalle barriere, visto che sono la cosa più utile in battaglia. Per prima cosa, bisogna evocare una sfera di magia»
Detto ciò, come se nulla fosse, aprì il palmo della mano destra e lo rivolse verso l’alto, e subito una sfera di un blu dorato dal diametro di una spanna eruttò dalla sua pelle. Sembrava fatta di fumo condensato, e cambiava continuamente tonalità del colore. Zl sentì una lieve morsa allo stomaco.
«Io non... non so evocare sfere»
Rew lo guardò per un attimo in silenzio, stupito.
«Beh, allora partiamo da quello!» disse, il sorriso rimasto invariato. «Non sei il primo allievo che non riesce a farlo. Ne ho avuti altri tre fin ora»
Zl gli sorrise, anche se dubitava che le sue parole fossero vere.
«Devi focalizzare una sorta di calore all’interno del tuo corpo, devi immaginare di muovere questa forza, di portarla fuori dal tuo corpo attraverso le mani». Fece una pausa e rifletté un attimo. «Ti conviene stare in piedi. Tieni le gambe leggermente divaricate e i piedi paralleli. Schiena dritta»
Mentre parlava, Zl eseguiva, rapido.
«Allarga leggermente le braccia. E chiudi gli occhi»
Osservò la posizione che aveva preso Zl e annuì soddisfatto.
«Ognuno acquista la sua posizione dopo un po’, ma all’inizio è meglio partire così. Ci vuole solo pratica e pazienza» disse sorridendo. Zl ricambiò.
Quell’atmosfera di lavoro giocoso iniziava a metterlo a suo agio.
«Avanti, ora. Non pensare al tempo che impieghi. Abbiamo tutto il pomeriggio libero»
Detto ciò, per solidarietà, si sedette a gambe incrociate, le mani dal palmo rivolto verso l’alto appoggiate inerti alle ginocchia, la schiena non perfettamente dritta e gli occhi chiusi.
Zl esitò, poi chiuse gli occhi anche lui e provò a concentrarsi. Cercò a percepire quella strana forza di cui aveva parlato Rew e a portarla fuori dal corpo, ma qualcosa lo bloccava. Spinse la sua volontà fino allo stremo, ma non funzionò. Il tempo scorreva come se fosse immerso nel miele: a volte scorreva veloce, altre volte era di una lentezza esasperante. Col passare dei minuti il collo iniziò a fargli male, così come le gambe e tutto il corpo provato dal perdurare della posizione. Era appena passata mezz’ora quando sentì qualcuno aprire la porta.
«Silenzio!» disse Rew, scocciato.
«Scusa!» mormorò una voce.
«Che vuoi?» rispose il ragazzo, sempre con un tono molto basso.
«Volevo sapere come va»
«Così così. Ci sta lavorando, ma non ci riesce»
Zl capì che il qualcuno entrato dalla porta era un maschio, probabilmente uno degli Impellerossa che non conosceva. Scrollò la testa e prese fiato. Non poteva restare così. Pensò a cosa gli aveva detto Rew sulle posizioni, sul fatto che ognuno aveva la sua. Decise muoversi quel tanto che gli serviva per placare il dolore al collo. Scosse lievemente le spalle e si bloccò di colpo. Un’energia che fin ora non aveva percepito scorreva nel suo petto, come un fiume d’acqua calda che passava dal fianco sinistro a quello destro, per poi passare fra le scapole, salire sul suo collo e sul suo viso e infine riscendere per la stessa strada. Confuso, si chiese se fosse quella la magia che scorreva in lui. Provò a smuoverla lievemente col pensiero, e sentì un formicolio sulla nuca. Le due voci ammutolirono all’improvviso. Senza rendersene conto, si lasciò andare all’istinto. Lasciò la testa libera di ciondolare sul petto, chiuse le mani e fece ruotare i pugni quanto più gli concedevano i polsi, tanto che li sentì scricchiolare. Una volta fatto il giro completo, aprì le palme. Due sfere nere emersero dalle sue mani: sembravano fumo dentro una bolla di sapone nera, ed erano due volte più grandi di quelle di Rew.
Senza rendersene conto, come se il suo corpo fosse controllato da qualcun altro, mosse le dita e subito le sfere si sciolsero in volute di fumo nerastro e presero ad ingigantirsi, diventando un enorme colonna di fumo silenzioso.
«Però! Mica male!» provò a dire la voce estranea. Ma fu interrotta da un’altra, densa di panico.
«Non parlare! Quello è l’incantesimo del Drak, se ti colpisce ti entra nella mente! Dobbiamo chiamare Freezer, lui è l’unico che può contrastarlo. Credo che Zl non sia cosciente» disse Rew.
«Sei tu che drammatizzi» disse l’altro con un sonoro sbuffo.
«Zitto!» lo rimproverò Rew, la voce densa di panico.
«Oh, andiamo. Sta solo evocando delle sfere di magia, non c’è pericolo»
«Lui non si rende conto di quello che sta succedendo! Non devi farti coinvolgere, se il Drak ci sente…»
«Parli come se fosse vivo…» disse l’altro, ridendo.
Il fumo che si era condensato attorno alla sedia cambiò direzione all’improvviso, trascinandosi verso quel suono chiaro e cristallino.
«Ti ha sentito! Presto, andiamo da Freezer!»
«È solo del fumo, Rew. Guarda» disse l’altro.
Dei passi risuonarono nella stanza, mentre il proprietario della voce si avvicinava al fumo.
«Allontanati!»
La voce sconosciuta lo ignorò, mentre il fumo lo circondava. Zl percepì distrattamente la magia di quella voce, scorreva come fosse sangue. Il fumo vorticò creando un cerchio sempre più stretto attorno alla voce, che si fece esitante.
«Certo che è strano…»
«Scappa, prima che…»
Non terminò la frase che il fumo si raggruppò in una nuvola e attaccò il proprietario della voce.
 
Un grande buco nel terreno. Una vasta pianura circolare. Delle costruzioni indistinte si agitavano sfuocate nell’enorme fossato.
«Ho paura» disse.
«Fai bene ad averla» rispose qualcuno.
Il proprietario della voce si girò, mentre la scena si schiariva lentamente. Il buco era circolare e aveva un diametro di circa venti metri e una profondità di almeno quindici. Delle scale in metallo davanti a lui portavano sul fondo. Sul lato destro del buco, soprelevato rispetto al fondo, c’era un corridoio che portava ad un piccolo spazio coperto da un tetto di pietra e dalla terra circostante. Non aveva la porta e si poteva intravedere un tavolo con sopra dei libri aperti e disordinati. Sotto al corridoio, nella parte più a destra sul fondo del buco, c’era un grande portone di legno.
Il resto della struttura non era visibile da dove si trovava.
«Non dovresti confortarmi? Potrei morire fra poche ore per colpa tua, se non l’hai notato»
L’altro rise. Il proprietario della voce si girò verso di lui per guardarlo male. Era un magesco coperto da un mantello nero dal cappuccio che terminava con un triangolo rovesciato probabilmente situato in corrispondenza col naso. Non riusciva a vedere nulla del magesco, nemmeno le gambe o il petto, come se la notte stessa fosse ricreata sotto quella stoffa, probabilmente il frutto di un incantesimo. Solo una cosa era visibile: un paio di occhi neri come la notte.
 «Se io provassi a consolarti, ci riuscirei? No. Sappiamo entrambi che le probabilità di sopravvivere dipendono dalla tua volontà»
Parlava con una voce graffiante che gelava il sangue nelle vene. Tuttavia il proprietario della voce non ci fece caso.
«Facile per te! Così se mi uccidi puoi dire che non è colpa tua!»
Un vago sorriso illuminò il volto coperto del magesco, un sorriso caldo dai denti bianchi che creavano un curioso contrasto con gli occhi gelidi.
«Beh, il piano è questo» disse.
L’altro fece un verso a metà fra uno sbuffo di esasperazione e una risata.
«Sei di pessima compagnia»
«Chissà perché questa frase mi è famigliare»
Il proprietario della voce rise, una risata nervosa, come di chi sta per affrontare un duro esame e che si lascia andare alle battute più stupide per tirarsi su.
«Non voglio morire» disse poi in tono serio. La scena divenne di nuovo sfuocata, questa volta a causa dei suoi occhi lucidi.
«E chi lo vuole davvero? Affidati alla tua volontà. La paura non ti aiuterà molto»
«Come faccio a non avere paura, me lo spieghi?»
«Non ho detto che non ne devi avere. La devi controllare»
L’altro sbuffò.
Rimasero così per qualche secondo, fino a che non si udì il suono di un corno provenire dal buco circolare. Il ragazzo impallidì e iniziò a respirare più velocemente, come se stesse avendo un attacco di cuore.
Si avvicinarono al bordo del buco. Da lì si vedeva una folla di gente e un grande stemma appeso al muro in fondo: un asterisco con sopra un cuore, il tutto chiuso in un cerchio.
«Ultimo desiderio?» disse la figura. La voce graffiante si marcò di quello che sembrava nervosismo. Ma non era niente in confronto a quello del proprietario della voce che, incredibilmente, sorrise.
«Non toccare il tatuaggio»
 
D’improvviso la terra svanì da sotto i suoi piedi e il suo corpo venne catturato da un enorme tornado. Vide delle immagini confuse: un castello alla sinistra di un grande deserto, un medaglione nero con una grande pietra incastrata nel mezzo, degli occhi neri con le pupille verticali dall’iride blu elettrico, un bastone lungo con una parte a semicerchio alla fine…
E un magesco alto, imponente, le mani macchiate di sangue di tutti i colori, avvolto in un mantello nero indistinto, che copriva completamente il suo corpo, gli occhi neri come una nuvola di pioggia prima di un temporale. Un urlo terrorizzato fuoriuscì dalla sua bocca, mentre l’oscurità lo conquistava.
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
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