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Autore: Aiqul Marnerazver    24/06/2017    0 recensioni
Nel Mondo della Magia, lì dove abitano i Mageschi, esseri con la coda che controllano la magia dei colori, un ragazzo conduce quella che sembra una vita quasi tranquilla. Ma quando una sola scelta sbagliata lo porterà a non dipendere più da sé stesso, dovrà affrontare ogni sorta di nemici per ottenere la libertà: tiranni, demoni, angeli, dèi, amori e, soprattutto, sé stesso...
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Non può essere un caso! Questo spiega tutto, lo hai detto tu stesso che…»
«Non possiamo esserne sicuri, né possiamo mollare tutto ora…»
«Avete la prova che volevate! Non potete continuare a…»
«SILENZIO!» gridò una voce roca.
Le voci si zittirono all’improvviso, anche se numerosi mormorii ripresero quasi subito a consumare il silenzio.
«Continueremo…» disse la voce roca.
«Ma lui ha detto…»
«SO COS’HA DETTO! NON HO INTENZIONE DI MOLLARE PER UNA COSA FUTILE COME QUESTA!» tuonò, ma si interruppe all’improvviso con dei violenti colpi di tosse. Il mormorio riprese, questa volta più alto e definito.
«Continueremo… e non voglio sentire altre lamentele, sono stato chiaro!?»
Il mormorio si chiuse in un silenzio di protesta e rassegnazione.
«Bene…» mormorò la voce roca, «Bene…»
 
Zl si svegliò di soprassalto.
Ansimante e coperto di sudore freddo, guardò attorno a sé. Si trovava nella sua camera, steso sul letto, impossibile dire che ore fossero. Si sedette sulle coperte lentamente, la testa che gli doleva come non mai. Pian piano, a fatica, si trascinò nel bagno barcollando e, senza sapere bene come, si ritrovò a vomitare nel lavandino. Nonostante la mente fosse ancora annebbiata dal brusco risveglio, i suoi pensieri erano invasi di confusione: non capiva come fosse arrivato nella sua stanza, né perché era lì, né quanto ci fosse restato. Ma una domanda in particolare emerse fra tutte le altre: cosa era successo?
Prima che potesse chiedersi altro, appena i conati si fermarono, sentì qualcuno aprire la porta della stanza.
«Zl?» chiese voce.
«Sono qui» disse lui con una strana tonalità roca.
Mario entrò nel bagno con un’espressione confusa che subito sparì alla vista del lavandino. Storcendo il naso per la puzza, lo sorresse e lo aiutò a ritornare a letto.
«Grazie» gracchiò Zl.
«Figurati. Basta che poi pulisca tu» disse Mario con un sorriso preoccupato. Zl sorrise debolmente, mentre il suo stomaco borbottava con violenza, come se fosse pronto a farlo vomitare di nuovo.
«Tutto bene?» chiese Mario, preoccupato.
«Sì, credo. Che cos’è successo? Come sono arrivato qui?»
«Devo farti i miei complimenti, Freezer dice che hai usato poteri molto potenti, incantesimi che nemmeno lui conosce. Sembrava invidioso»
«Che tipo di poteri?»
«Telepatia. Sei un telepatico, anche se Freezer continua ad insistere nel dire che questa parola non esiste. Si dice sakuri, secondo il signor Voi-Siete-Solo-Ignoranti»
Zl ridacchiò piano, cercando di muoversi il meno possibile per non scatenare un altro conato, mentre un senso di terrore e di panico montava dentro di sé peggiorando la situazione. Ancora una volta aveva usato dei poteri a lui sconosciuti, ancora una volta li aveva usati male e ancora una volta non era riuscito a controllarli: sembrava che più fosse deciso a liberarsene più essi lo cogliessero impreparato.
«Mario, credo di… ho un problema» provò a spiegare, «Non riesco a capire cosa mi sta succedendo. Io non ho mai… non sono mai riuscito ad usare poteri così forti, non avrei mai pensato di riuscire a… ad uccidere, e non sono mai entrato nella mente di una persona. Non sono io che controllo questi poteri, Mario, sono loro che controllano me!»
«Che intendi?» chiese Mario, preoccupato e attento.
«Quando ho ucciso il re, quando ho scaraventato Vii contro il muro, io non volevo farlo, ho solo seguito ciò che mi diceva l’istinto»
«Non... cosa intendi per istinto
«Intendo che il giorno prima di attaccare Vii ho sognato questo tizio che mi parlava, e ogni volta che…»
Si bloccò di colpo, come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia.
Il magesco con il mantello nero dei suoi sogni.
Il magesco dei ricordi che aveva appena violato.
Il fatto che non si sentisse padrone del suo corpo quando usava i suoi poteri.
«Devi vomitare di nuovo?» chiese Mario, preoccupato.
«Chi… di chi è la mente in cui sono entrato?»
«Di Cancieco, perché?»
«È un Esper anche lui?»
«Perché ti interessa?» chiese Mario, sospettoso e confuso.
«Viene dalla tua gilda?»
«Sì, e allora?»
«Il vostro maestro, quello che ora è sottoterra… portava un mantello nero? Un mantello a becco d’aquila?»
 Mario lo fissò per una decina di secondi senza parlare, stupefatto. Zl ragionava, i pensieri impazziti. Come era possibile che avesse sognato lo stesso identico magesco che si trovava nei ricordi di uno degli Impellerossa? O meglio, perché? E in che modo questo magesco aveva a che fare con i suoi misteriosi poteri? Ogni volta che li aveva usati si era sentito come se il suo corpo fosse controllato da qualcun altro, ma era davvero così?
«Cosa… cosa sai di lui?» mormorò Mario, incredulo.
«Non… non capisco. Da quando l’ho sognato la mia vita continua a peggiorare. Credevo fossero solo sogni, non pensavo che potessero essere reali. Mi ha detto che avrei avuto bisogno del suo aiuto, prima o poi, e il giorno dopo sono stato espulso. Io credo di averlo chiamato, ma non so come ho fatto, né il perché… Mario, tu ne sai qualcosa? Perché ho sognato il vostro maestro? Che cosa mi sta succedendo?»
«Calmati» borbottò Mario. «Calmati» ripeté, posandogli una mano sulla spalla.
«Pensavo che… non pensavo che avrebbe mai provato a… lui ci perseguita, Zl, mi dispiace, non credevo che avrebbe mai provato a fare una cosa simile, non lo ritenevo capace…»
«A fare cosa?» chiese Zl, terrorizzato.
«A controllarti»
 
«Potrebbe essere, in effetti. Spiegherebbe tante cose» disse Freezer.
Appena Zl era riuscito a mettersi in piedi, era andato insieme a Mario dall’unica persona che poteva chiarire il mistero: Freezer.
Malgrado mancasse più di due ore al pranzo, si erano seduti ad uno dei tavoli della mensa per discutere dell’accaduto.
«È probabile che, in qualche modo, sia riuscito ad evadere dalla prigione solo con il pensiero. Lui era un potente sakuri, usava la telepatia senza nemmeno avere il bisogno di pronunciare incantesimi: potrebbe aver trovato il modo di controllare la mente delle persone. In questo caso, è probabile che abbia provato a cercarci»
«Perché avrebbe dovuto farlo?» chiese Zl, le mani avvolte attorno ad una tazza contenente qualcosa di caldo e verde che gli aveva portato Mario.
«Per vendicarsi, suppongo»
«Sicfrmenfe» disse Mario, masticando un panino, il modo migliore secondo lui di scaricare lo stress.
«Ma perché prova a controllare me? Perché non controllare voi?»
«Semplice: non può. Noi siamo degli Esper, non possiamo essere controllati facilmente. Tu invece sei abbastanza raggiungibile: hai il suo stesso colore, sei un sakuri come lui, quindi hai una mente più invadibile di quelle normali, e sei in contatto con noi. Sei il magesco perfetto» spiegò Freezer.
«E come facciamo a mandarlo via? C’è un modo, vero?»
«Ci deve essere, ma va cercato. Mi servirà tempo, ma ho alcune ricerche che ho portato dalla gilda quando ce ne siamo andati, forse lì posso trovare qualcosa»
«Non preoccuparti» lo interruppe Mario, «Non lasceremo che ti controlli di nuovo. Possiamo aiutarti. Bevi, ti farà bene, tremi come una foglia»
Zl non rispose, spaventato. Non sapeva più cosa peggiorasse di più la sua vita, se il fatto che fosse ricercato o se fosse probabilmente controllato come una marionetta. Malgrado Freezer gli avesse offerto più di una ragione sensata per il quale quel tizio dovesse controllarlo, Zl non riusciva ancora a credergli: era sicuro che quel magesco dal mantello nero cercasse molto di più di un burattino per i suoi scopi, anche se non sapeva bene dire il perché. Tuttavia, anche se l’idea di essere posseduto da un eventuale assassino non lo alettava, una parte di sé non poteva fare a meno di essere sollevata. Infondo, se era stato posseduto, voleva dire che tecnicamente non era stato lui ad uccidere il re, e quindi, in teoria, non era un assassino. Probabilmente era l’unico pensiero che gli impediva di avere una crisi nervosa.
«Per cui ora che facciamo?» chiese Mario a Freezer.
«Aspettiamo. O meglio, voi aspettate, io cerco un modo per tenerlo fuori dalla sua testa. Non abbiamo altra scelta, mi sembra»
«Quanto ci metterai?»
«Non lo so»
Mario sbuffò, irritato, e Freezer gli rispose con uno sguardo di superiorità.
«Posso aiutarti in qualche modo?» si rivolse Mario a Zl, che scosse debolmente la testa.
«Sicuro? Vuoi mangiare qualcosa? Ti preparo un panino?»
Zl scosse di nuovo la testa.
«Lascialo in pace, ha bisogno di riposo, entrare nella mente di una persona non è semplice» disse Freezer.
«Cancieco come sta?» gli chiese Mario.
«Meglio»
«Aspettate, ho fatto male a qualcuno? Credevo di essere solo entrato nei ricordi di Can-coso, non credevo di avergli anche fatto del male» disse Zl.
«Non preoccuparti, si è solo spaventato» spiegò Mario, «Sta bene ora. Comunque, è Cancieco, non Can-coso»
«Che razza di nome è Cancieco?» sbottò Zl, senza riuscire a trattenersi.
«Prima si chiamava Canvier, da tutti chiamato Can. Poi ha perso un occhio durante gli esperimenti, e dall’ora si chiama Can-cieco. Quasi tutti noi abbiamo cambiato nome, dopo essere diventati Esper»
Zl rimase in un silenzio sconvolto per quasi un minuto. Perdere una parte del corpo era cosa rara per i mageschi: nella cultura comune, mutilare qualcuno era un crimine grave in qualsiasi situazione, persino nella guerra o nella tortura, ed era incredibilmente insolito incontrare qualcuno con parti del corpo mancanti. All’improvviso sentì la porta della mensa chiudersi, e capì che Freezer era uscito.
«Anche tu hai cambiato nome?» chiese Zl, cercando di cambiare discorso.
«Non proprio. Io sono nato come Esper, e mi hanno sempre chiamato otto, o numero otto»
«E allora come mai ora ti chiami Mario?»
L’altro non gli rispose, indeciso, ma ad uno sguardo di Zl cedette.
«Lui… mi ha chiamato così il nostro maestro. Diceva che essere chiamati come un numero era come essere trattati da animali. Così mi chiamò Mario. Deriva dal verbo meraze del magesco antico»
«Che cosa significa?» chiese Zl senza riuscire a trattenersi.
«In realtà, il mio nome sarebbe Merio, ma a me non piaceva, quindi lo abbiamo cambiato in Mario»
«Ma cosa vuol dire?»
«Niente di che» mormorò l’altro, scrollando le spalle. Zl notò che aveva gli occhi lucidi.
«E il… il vostro maestro, anche lui era un Esper? Anche lui ha cambiato nome?» domandò velocemente.
«Sì, lui era… lui era l’undicesimo Esper. Aveva un nome, credo, ma non ce l’ha mai detto. Siccome lui si lamentava spesso del fatto che venisse chiamato undici, Il capo della gilda lo chiamava Udinski, il che è molto da ipocriti, visto che Udinski vuol dire comunque Undici in magesco antico» disse con voce amara.
«E non gli dava fastidio?»
«Non lo so. Non credo, in realtà. Sai, l’undici e il venticinque sono considerati i numeri più magici di tutti, per i superstiziosi. E lui era la persona più scaramantica che io conoscessi»
«Ma l’undici non è il numero che porta sfortuna?»
«Guarda dov’è finito adesso» ironizzò Mario «Forse avrebbe dovuto essere più scaramantico»
«Se era l’undicesimo Esper» lo interruppe Zl, confuso «e tu eri l’ottavo, come mai non comandavi tu?»
«Perché tutti gli Esper, dal primo all’ottavo, sono stati cavie dalla nascita, lui era più grande di me e era l’ultimo di noi, e quindi quello più riuscito»
«Ma in cosa consistevano gli esperimenti che vi facevano? E Freezer a che numero corrisponde?»
«Freezer è il decimo. Gli esperimenti erano vari»
«Ma in cosa…»
«Non me lo chiedere» lo interruppe Mario, secco.
Zl non lo aveva mai sentito parlare con quel tono: non era solo rabbia, ma anche… odio? Non riusciva a capirlo, ma sapeva che qualunque cosa fosse doveva essere terribilmente grave, perché Mario aveva smesso di mangiare.
«Zl, ascoltami bene, per favore» gli mormorò d’un tratto Mario, come se non volesse essere sentito, anche se non c’era nessun’altro nella stanza oltre a loro. «Ho bisogno che tu mi dica una cosa, e ti prego di rispondermi con la massima sincerità: quando hai parlato con Udinski, lui come stava? Aveva un medaglione con sé? Un medaglione nero, con una pietra al centro?»
Zl lo guardò sconvolto, senza capire. Una sensazione orribile e sconosciuta si fece strada dentro di sé, come se, per un attimo, Mario si fosse trasformato in uno sconosciuto, uno sconosciuto che sapeva cose di lui che non avrebbe mai dovuto sapere.
«Traditore…» sussurrò una voce nella sua testa, la stessa voce dei suoi sogni.
Fu un attimo.
Un enorme boato spezzò il silenzio della stanza. Tutte le gallerie tremarono, dei pezzi di intonaco e della polvere caddero dal soffitto e una crepa comparve sopra la porta, mentre diverse grida risuonavano per i corridoi.
Mario lo prese per un braccio senza preavviso e lo scaraventò lontano dal tavolo: pochi istanti dopo un enorme masso cadde dal soffitto, spezzando a metà il legno e sbalzando via le panche dove erano seduti fino a pochi momenti prima. Una pioggia di schegge esplose in tutte le direzioni, colpendo le pareti e infiltrandosi nell’enorme cratere che si era aperto nel pavimento.
«CORRI!» gli gridò Mario, trascinandolo a forza verso la porta e aprendola con una spallata.
Il corridoio stava ancora tremando, il soffitto era percorso da innumerevoli crepe che si moltiplicavano come fiumi in piena, il rumore di rocce che si spezzavano era così assordante che risuonava persino nelle loro ossa. Corsero insieme lungo il corridoio, la mano di Mario ancora serrata attorno al braccio dell’amico, come se fosse deciso a non lasciarlo finché non lo avesse portato fuori da quel terremoto che stava distruggendo il loro rifugio. Sbucarono ansimanti nella sala d’ingresso, dove il resto degli Impellerossa si affollava attorno al tombino come uno sciame di insetti impazziti. Mario lo spinse verso le scale con così tanta veemenza da fargli sbattere la testa contro la scala, facendogli perdere l’equilibrio. Una mano sconosciuta corse ad aiutarlo, issandolo sopra la prima botola e guidandolo su per i gradini di ferro.
Finalmente sbucarono alla luce del giorno. Tutti i dodici Impellerossa, esclusi Zl e Mario, avevano i vestiti bruciacchiati e sporchi di cenere e sembravano terribilmente malridotti: molti di loro tossivano, Freezer era chino verso un ragazzo con un’ampia bruciatura sul braccio, Rew vomitava in un angolo: il fumo doveva averli danneggiati molto di più del fuoco.
Ansimando, Zl si guardò intorno, e sentì il cuore pietrificarsi dall’orrore.
«Cos’è successo?» chiese Mario.
«Mario…» provò a chiamarlo Zl.
«Una bomba incendiaria» gracchiò Fiama, appoggiata ad uno dei muri delle locande.
«Mario…»
«Che c’è? Vorrei sapere chi ha lanciato la bomba, Zl, se non ti dispiace» sbottò lui.
Zl indicò la piazza verso il quale si affacciavano le due locande. L’enorme spazio circolare era invaso di soldati vestiti con armature d’un verde splendente con sopra inciso un triangolo, disposti a semicerchio per far passare un magesco sorridente con una corona verde smeraldo sulla testa.
«A questo credo di poter rispondere io» disse Vii.
 
ANGOLO AUTRICE
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
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Buon fine settimana a tutti!
   
 
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