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Autore: Grimmjowswife    25/06/2017    2 recensioni
Ispirata ad un prompt inglese:
"Sono il tuo Babbo Natale segreto e ti ho comprato questa cosa super costosa che allo stesso tempo ha un grande valore sentimentale per te e spero che tu non scopra che tu non scopra mai che sono innamorato di te da 1943982 anni"
[K L A N C E]
AU - Modern Setting
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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His Secret Santa.

 

«Ok, adesso che abbiamo estratto tutti un nome per il nostro Babbo Natale segreto possiamo…»
La voce di Allura si fece distante nella testa di Keith, ancora intento a fissare il foglietto su cui era stato scritto – in una calligrafia difficilmente comprensibile – il nome di Lance, insieme alla combinazione del suo armadietto. Non poté trattenersi dal guardare con la coda dell’occhio in direzione del cubano, troppo impegnato a ridere a una battuta di Hunk, la testa buttata all’indietro e le braccia strette alla bocca dello stomaco, per accorgersi del paio di occhi grigi intenti a fissarlo. Il moro riportò lo sguardo sul piccolo foglietto di carta, stringendoselo in pugno, pensando di sapere esattamente cosa avrebbe regalato a Lance McLain.
 
La prima volta che Keith aveva incontrato ufficialmente Lance - grazie all’amicizia strettasi tra il gruppo di amici di quest’ultimo e il suo fratellastro Shiro - aveva scoperto che, a quanto pare, loro due erano “nemici giurati”. Da quanto gli aveva spiegato Hunk successivamente, Lance si era legato al dito il fatto che, quando erano uscite le graduatorie dell’ultimo anno di liceo, non si era trovato al primo posto come aveva immaginato, ma al secondo, e tutto per colpa di una A più di Keith. Eventualmente, una volta che il comportamento da primadonna del castano si era placato, aveva iniziato a sopportare la presenza dell’altro, e, nonostante non l’avrebbe mai ammesso ad anima viva, anche a notare come, esclusa quell’orribile taglio di capelli che si ostinava a portare – “Non importa cosa Keith dica, Pidge, quella è totalmente un’acconciatura alla David Bowie degli anni sessanta.” “Ma tu non hai sempre considerato David Bowie sexy?” “Oh, sta zitto.” – il moro fosse, a modo suo, attraente. Per Keith - che, nonostante il suo continuo negare, si era completamente invaghito del cubano - la situazione era precipitata quando, durante una festa, si era ritrovato seduto su un divano – fortunatamente rimasto illeso da colati di vomito dovuti al troppo alcool – con un Lance decisamente ubriaco a cavalcioni su di lui che biascicava qualcosa di offensivo sul suo taglio e su come diavolo facesse a eccellere in qualsiasi cosa facesse. Ad un certo punto, dopo essersi bloccato per studiare il volto del coreano, Lance aveva ghignato e aveva afferrato i capelli più lunghi dell’altro, tirandoglieli all’indietro, pronto a ridere di come buffo sarebbe apparso. Subito dopo averlo fatto, il sorriso gli era scivolato via dalle labbra, ed era rimasto a fissare il volto perplesso del moro, prima di imprecare.
«Merda, come puoi essere così dannatamente sexy?» si era lamentato, prima afferrargli la nuca e catturare le sue labbra in un bacio. Era stato breve, uno di quelli a labbra aperte, e subito dopo Lance era crollato, ridacchiando e nascondendo il viso nell’incavo del collo latteo di Keith, troppo impegnato ad avere una crisi – e forse un piccolo infarto - per curarsene.
Era assolutamente fottuto.
 
«Terra chiama Keith» una mano passo velocemente davanti la sua visuale, distogliendolo dai suoi ricordi. Seduta al suo fianco, una ragazza dai lunghi capelli platino lo stava guardando perplesso.
«Stai bene? Sei rimasto a fissare il vuoto per gran parte della serata.»
Il coreano non poté fare a meno di annuire, scusandosi.
«Stavo solo pensando.» spiegò, distogliendo lo sguardo da lei per portarlo su Pidge e Lance, intenti a discutere se fosse meglio ordinare pizza o cinese. Anche Allura seguì il suo guardo, sorridendo quando, nel farlo, incontrò quello di Shiro.
«Sai già cosa regalerai a Lance? - chiese la ragazza, dopo diversi secondi di silenzio. Il moro sgranò gli occhi, riportandoli su di lei, che gli sorrise semplicemente, portandosi dietro l’orecchio una ciocca candida. – Si era capito dalla tua espressione quando hai pescato il biglietto. Ovviamente Lance non l’ha notata, quindi non preoccuparti. Allora? Che cosa hai deciso di fargli?»
Keith la osservò ancora qualche secondo, indeciso sul da farsi, prima di arrendersi.
«… La sua chitarra.» sospirò, notando gli occhi cristallini della ragazza sgranarsi.
 
Lance aveva sempre posseduto – almeno da quanto aveva imparato a suonarla - una chitarra a cui era particolarmente affezionato, regalatagli dall'unico nonno che era mai riuscito a conoscere. Era una chitarra classica, ma ciò che legava sentimentalmente il ragazzo a quell'oggetto erano i disegni che il nonno aveva apportato intorno alla buca: un bouquet di due fiori che - stando a quanto gli aveva detto suo nonno - significavano amore puro e protezione, entrambi dipinti in sfumature rosate. Purtroppo il cubano aveva dovuto separarsene qualche mese prima, per evitare di pesare economicamente sui propri genitori, e, in seguito, non era più riuscito a riaccumulare la somma necessaria per riottenerla. Quando i suoi amici lo avevano scoperto si erano anche offerti di prestargli dei soldi, che il ragazzo aveva prontamente rifiutato, dicendo che altrimenti sarebbe rimasto in debito con loro per sempre, e che, in un modo o nell’altro, sarebbe riuscito a racimolare la somma necessaria – cosa che si era rivelata più difficile del previsto.
 
Una cosa di cui Keith non tenne conto, però, fu l’effettivo prezzo dell’oggetto.
«Mi serve un altro lavoro part-time.» sospirò, ancora sovrappensiero, fissando il prezzo a tre cifre del sito online del negozio.
Shiro alzò lo sguardo dal proprio libro di astrofisica solo per lanciare un’occhiata stranita al suo fratellastro.
«E perché?» chiese, prendendo un sorso del caffè preparatosi, ancora fumante.
Il moro si paralizzò a sentire il suono della voce del maggiore, che nel frattempo si era voltato a guardarlo, l'espressione accigliata dipinta sul volto.
«Devo... Comprare qualcosa?» provò, con la voce titubante, evitando il più possibile di incrociare il suo sguardo.
«Me lo stai dicendo o me lo stai chiedendo?»
Un gemito di sconforto uscì dalle labbra di Keith prima che potesse fermarlo e, dopo aver inventato una scusa riguardo ad un compito da ricontrollare prima di essere spedito, si precipitò nella propria stanza. Una volta che la porta alle sue spalle si chiude, il moro afferrò il proprio cellulare, scorrendo tra la manciata di contatti che possedeva prima di trovare quello che gli serviva.

A: Pidge
Ehi
Sai se qualcuno sta cercando un lavoratore part-time?
Da: Pidge
Non ne ho la minima idea????
Aspetta, forse lo zio/tutore/non ne ho idea di Allura stava cercando un cassiere??
Sai, quel tizio strano che ha aperto una libreria/caffetteria vicino al vecchio Walmart
Chiedi ad Allura però, sicuramente ne sa più di me
A che ti serve comunque?
A: Pidge
Per una… cosa?
Da: Pidge
K, non vuoi dirmelo, fa nulla. Fammi sapere poi se trovi il lavoro. Buonanotte c:
A: Pidge
Buonanotte.

Dopo aver chiuso la chat il moro aprì quella di Allura, scrivendole di fargli sapere qualcosa il prima possibile, abbandonando subito dopo il cellulare sulla propria scrivania, agganciato al proprio caricatore, per poi mettersi a letto, sperando che, almeno per una volta, la sua insonnia non sarebbe venuta a fargli visita.
 
Quando il coreano riaprì gli occhi, i numeri fluorescenti della sua sveglia segnavano le cinque meno venti.
Sbuffò, rigirandosi un paio di volte sotto le coperte, prima di arrendersi, allontanandosi dal tepore confortante per andare a prepararsi una tazza di caffè, prendendo nel tragitto il proprio cellulare e controllandolo, trovando due notifiche: un messaggio di Allura e uno snap di Lance, che mostrava la sua A nel compito di fisica astronomica per cui Keith lo aveva aiutato a studiare, con su scritto un semplice “grazie”, a cui rispose con una faccina sorridente. Il moro non riuscì neanche a bloccare il telefono che questo gli vibrò tra le mani, un nuovo messaggio da parte del cubano in bella vista nell’anteprima della chat.

Da: Lance
Cosa ci fai sveglio a quest’ora????
A: Lance
Potrei farti la stessa domanda
Da: Lance
Ho un compito alla prima ora, sto ripassando.
E non rispondere ad una domanda con un’altra domanda.
È l’insonnia di nuovo?

Il ragazzo sospirò rispondendogli in modo affermativo, aggiungendo in seguito di tornare a ripassare, ricevendo in tutta risposta una foto del diretto interessato che gli faceva la linguaccia, che per poco non lo fece inciampare nei suoi stessi piedi.
 
Circa tre ore dopo, passate a cercare tra il centinaio di canali in rassegna uno che trasmettesse qualcosa di decente, Keith si ritrovò a salire sulla sua moto, in direzione dell’indirizzo inviatogli da Allura, appartenente alla libreria di suo zio Coran. Una volta che riuscì finalmente ad uscire dall’ufficio dell’uomo – che si era rivelato essere ancora più eccentrico di quanto Allura non gli avesse già preannunciato, caratteristica incrementata non solo dal suo buffo modo di parlare ma anche dal suo aspetto, dato da capelli e baffi di un improponibile arancione – ne uscì con un nuovo lavoro e un piccolo anticipo della busta paga, della somma necessaria per comprare la chitarra del cubano, cosa che avrebbe fatto immediatamente.
Una settimana dopo, il proprietario della chitarra in questione si era diretto verso di lui sconsolato, allungandosi sul tavolo della biblioteca e sospirando in modo teatrale, aspettando di ricevere l’attenzione del moro di fronte a lui. Quando questo non era successo la prima volta, il ragazzo si era apprestato a ripetere il gesto.
«Cos’è successo?» aveva chiesto alla fine, esasperato, alzando gli occhi al cielo prima di portarli su quelli blu dell’altro ragazzo.
«Hanno preso la mia chitarra.» aveva risposto, sporgendo il labbro inferiore in avanti prima di interrompere il contatto visivo per andare a sbattere la propria nuca sul legno laccato.
Di fronte a quella scena Keith aveva dovuto ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per non ridere - certamente non aveva provato l’istinto di accarezzargli la testa – e si era limitato a mordersi la lingua, tornando a prestare attenzione al suo libro di testo, ripetendosi che ormai mancavano solo due settimane al 23 sera.
Più tardi aveva visto Nyma, una delle cheerleaders della scuola, fingere di cadere per potersi aggrappare a Lance, di passaggio in quel momento, e aveva preferito accelerare il passo per non vedere altro.
 
La realizzazione colpì Keith soltanto il giorno prima dello scambio dei regali.
Non ho un posto dove nascondere la chitarra.
Lo sguardo gli ricadde sull’oggetto in questione: la custodia nera su cui era stato posto un fiocco dello stesso blu degli occhi del suo destinatario – Keith potrebbe o non potrebbe aver trascorso quasi mezz’ora a esaminare i nastri, ignorando gli sguardi vagamente preoccupati dei commessi – era decisamente troppo appariscente da portare a scuola, soprattutto considerando il fatto che il donatore sarebbe dovuto restare anonimo, almeno fino alla fine della giornata, quando si sarebbero riuniti per parlare di ciò che ognuno avrebbe ricevuto. Il moro era stato così occupato a cercare di non uccidere Nyma ogni singola volta che casualmente era andata a infilarsi in quello che avrebbe dovuto essere lo spazio personale di Lance – cosa che era successa più spesso di quanto non avrebbe mai ammesso - che si era completamente dimenticato di pensare a cosa avrebbe dovuto fare con il regalo.
Sospirando, fece l’unica cosa di senso compiuto che gli venne in mente: chiedere aiuto a Hunk.

A: Hunk
Ehi
Devi lasciarmi entrare nel tuo appartamento domani. Possibilmente senza che ci sia nessuno.
Da: Hunk
Ehi! Certo, fino alle cinque Lance ha dei corsi, quindi puoi venire prima di quell'ora. Come mai non glielo puoi consegnare a scuola domani?
A: Hunk
Aspetta, come fai a sapere che il regalo è per lui?
Da: Hunk
Perché era palese da come lo guardavi dopo aver estratto i bigliettini??
Eri tipo (/°//-//°/)
Comunque
Cosa gli hai regalato alla fine?
A: Hunk

La sua chitarra?

Pochi secondi dopo il cellulare del moro prese a vibrargli in mano, lo schermo illuminato dalla chiamata in arrivo dell’altro ragazzo.
«Stai scherzando, vero?! - la voce del maggiore lo investì ancora prima che potesse avvicinare l’oggetto all’orecchio, facendoglielo tenere a debita distanza dal proprio timpano. – Quella chitarra costava un occhio, dove hai trovato i soldi?!» continuò, abbassando gradualmente il tono della voce fino a riportarla alla normalità.
Dopo una manciata di secondi passati nel più totale silenzio, la risposta di Keith arrivò quasi come un sussurro alle orecchie di Hunk, ancora incredulo.
«Amico, devi essere proprio innamorato di Lance per aver fatto una cosa del genere…» fu l’unico commento che riuscì a formulare, prima che la voce del minore lo interrompesse.
«Ok allora passerò domani per nasconderlo da qualche parte grazie mille a domani.» disse tutto d’un fiato, prima di chiudere bruscamente la chiamata non aspettando nemmeno la risposta dell’altro, buttandosi sul proprio letto, il viso premuto contro la federa del cuscino, sospirando.
 
Il giorno dopo, come previsto, Lance aveva tenuto un occhio su ognuno dei suoi amici, curioso di scoprire chi gli avesse fatto cosa, e, quando si ritrovò nel proprio armadietto solo un biglietto stampato, che spiegava che avrebbe ottenuto il suo regalo quella sera, non poté non rimanerne deluso.
 
Quando Lance arrivò davanti alla porta della stanza dove avevano deciso di incontrarsi per passare la serata la sua attenzione venne catturata da un foglio, attaccato ad essa, un'unica frase stampata a indicargli dove avrebbe trovato il suo regalo. Lo staccò e entrò nella stanza, dirigendosi verso il letto di Hunk, ignorando i cinque paia di occhi puntatiglisi addosso e, quando le sue dita si saldarono intorno alla custodia dell’oggetto, il castano sgranò gli occhi e si affrettò a tirare fuori il proprio regalo, bloccandosi immediatamente dopo. Accarezzò il tessuto che ricopriva la sua chitarra, creduta perduta fino a poche settimane prima, e si portò le mani alla bocca, trattenendo a stento un singhiozzo. Dopo essersi calmato, ancora sotto gli occhi attenti di tutti, si alzò e percorse velocemente il poco spazio che lo divideva dal suo gruppo, gettando le braccia attorno al collo di Hunk e ringraziandolo per il miglior regalo che potesse ricevere.
«Amico, per quanto io ti possa volere bene, il regalo non te l’ho fatto io.» spiegò imbarazzato il più grande, facendo staccare il cubano da quell’abbraccio.
«Se non tu allora chi… Pidge?» si voltò, guidato – erroneamente – dai cenni del suo migliore amico.
Il minore in tutta risposta roteò gli occhi, esasperato, chiedendogli dove secondo lui potesse aver trovato così tanti soldi. All’espressione ancora più confusa di Lance, sospirò, indicando palesemente Keith, sedutogli affianco, che era rimasto con lo sguardo basso da quando Lance aveva abbracciato Hunk, facendo sgranare gli occhi del cubano.
«Keith?! State scherzando, vero?»
Il ragazzo in questione, sentendo queste parole, senza aggiungere altro prese la sua giacca e si precipitò fuori, sbattendosi la porta alle spalle, facendo piombare la stanza in un silenzio pesante.
«Lance – lo chiamò Allura, facendolo voltare verso di lei e verso di Shiro, che lo stava osservando con disappunto. – Va da lui.» aveva concluso, sorridendogli leggermente.
 
Keith non poté che darsi dello stupido mentre correva a perdifiato attraverso il parco che divideva il dormitorio di Hunk dal suo. Cosa gli era venuto in mente, aspettandosi qualcosa – un grazie, un sorriso – dal castano?
«Keith! Keith fermati!»
Il coreano si voltò appena, intravedendo in lontananza la sagoma di Lance, e cadde rovinosamente, scivolando su delle foglie secche che non erano state spazzate via.
«Stai bene?»
Ripresosi dal dolore della caduta e aprendo gli occhi, il moro se ne ritrovò difronte un paio cobalto, accigliati in un’espressione apprensiva. Scansò la mano tesagli e si mise a sedere da solo, evitando di guardare il ragazzo di fianco a lui nuovamente negli occhi.
«Puoi spiegarmi?» chiese in tono pacato il cubano, facendo sfiorare quasi in una carezza le loro mani, cercando di riportare su di sé lo sguardo del moro.
«Cosa c’è da spiegare?» rispose stizzito l’altro, allontanandosi da quel contatto come scottato.
«Che ne dici del motivo per cui hai voluto regalarmi una cosa tanto costosa?»
«Era importante per te.» spiegò nervosamente.
«Non può essere solo questo il motivo. Avanti, dimmi il perché.»
«Non ha importanza.»
«Perché?»
«Perché tu ora stai con quella Nyma.» urlò voltandosi verso di lui, la voce incrinata.
Sul volto del castano si andò a delineare per la seconda volta dello stupore, e, dopo qualche secondo, andò a rompere il silenzio formatosi scoppiando a ridere.
«Nyma mi ha solo usato per far ingelosire Rolo… Aspetta, - si interruppe, e il sorriso già presente sulle sue labbra si trasformò in un ghigno. – questo significa che ti piaccio o qualcosa del genere?»
A quelle parole il volto del moro – già rosso di imbarazzo –avvampò, e lui tentò di alzarsi per fuggire, venendo però prontamente bloccato da Lance, che lo costrinse a terra.
«Voglio la verità, Kogane. Io ti piaccio?» chiese nuovamente il cubano, questa volta completamente serio.
Keith, sotto di lui, rimase a fissarlo negli occhi per diversi secondi, prima di distogliere lo sguardo, l’imbarazzo a colorargli le guance, e annuire.
Il volto di Lance a quella risposta silenziosa si aprì in un sorriso genuino.
«Bene, perché sinceramente stava diventando difficile non chiederti di uscire ogni singola volta che ti vedevo.»
Poi, approfittando dello stupore dell’altro, si abbassò per lasciargli un piccolo bacio all’angolo della bocca.
«Ora torniamo dentro, si congela qui fuori.» rise, alzandosi e tendendo la mano al moro, che questa volta l’accettò, mentre sul suo volto si andò a formare un sorriso.
 
Quando Pidge, dalla finestra della stanza, vide i suoi amici camminare mano nella mano, si voltò verso il resto del suo gruppo sorridendo.
«Mi dovete tutti cinque dollari.»


 
 
 
 
 
 

Angolo deliri.
 
FINE.
ODDIO.
NON CI CREDO CHE CE L'HO FATTA.
MESI PASSATI CON UN BLOCCO E CE L'HO FINALMENTE FATTA.
SONO FELICE.
I Klance sono i miei bambini e io li amo tanto. No, non mi sono dimenticata di Goner, ma per il momento ho deciso di scrivere solo su ciò che mi dà ispirazione (ergo sto già preparando un'altra os Spideypool AU, quindi non preoccupatevi).
Detto questo io vado - devo ancora farmi il letto e sono quasi le due di notte, yeee.
Deadpool: Sinceramente mi fai paura.
I: Perchè mai?
D: Hai scritto con cinque ore di sonno.
[Senza neanche aver bevuto della caffeina.]
I: Shhhh, va bene così. Ora andiamo a dormire.


 
P.S. .
Baci e alla prossima, la vostra Grimmjowswife.

  
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