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Autore: WibblyVale    25/06/2017    0 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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I funerali furono celebrati il giorno successivo. Shiori era accanto alla sua famiglia, teneva le mani ai suoi bambini, mentre Shikamaru abbracciava la madre. Kakashi, in barba a qualunque regola, che lo vedeva super partes, si posizionò accanto a loro, sostenendoli nel dolore.
Fu Tsunade, a compiere i riti, come suo ultimo atto da Hokage. La donna stava di fronte all’intera comunità, un po’ tutti in quella guerra avevano perso qualcuno.
“Non erano eroi, molti di loro non avrebbero apprezzato la definizione. Erano shinobi. Shinobi che volevano proteggere il loro villaggio, che hanno dato la vita per proteggere le persone, che amavano, che credevano nel nostro futuro. Dobbiamo ricordarci di onorarli, di continuare a lottare per quel futuro che loro ci hanno permesso di costruire. So che è quello che vorrebbero.” La donna si asciugò una lacrima, doveva rimanere forte. “A volte mi domando se queste perdite abbiano un senso, e mentre pensavo a cosa dire mi sembrava che qualunque parola avrei pronunciato oggi sarebbe stata inutile” ammise. “Così ho pensato di riutilizzare le parole di un caro amico, una persona che è sempre stata in grado di parlare ai cuori delle persone, una persona che parlava al mio. ‘Tsuna,’ mi disse una volta, ‘non ci dobbiamo arrendere, perché ne sono certo, un giorno le guerre finiranno. Ho visto la speranza in questo mondo e voglio crederci.’”
La donna guardò Naruto, che stava accanto ai suoi amici. Hinata era accanto a lui, incapace di trattenere le lacrime. Guardò quei giovani, e un po’ in disparte vide il capitano Yamato tra Orochimaru e Sasuke, anche loro dovevano partecipare alle funzioni.
“Quell’amico lo conoscete tutti, era Jiraiya. Lui voleva vedere il bene nelle cose, lo vedeva anche in persone che tutti avevano dato per perse. Voglio essere come lui, voglio sperare. Credo che sia l’unico modo che abbiamo per onorare i nostri cari.”
La funzione finì e mano a mano la gente cominciò ad andarsene. Alcune persone sparse qua e là, restavano. Kakashi prese in braccio i suoi figli e posò un bacio sulla guancia di Shiori. Mentre Shikamaru e la madre si dirigevano verso casa.
La kunoichi dal ciuffo rosso si avvicinò a Tenzo, senza rivolgere lo sguardo ad Orochimaru, ma prendendo Sasuke sotto braccio e conducendolo con sé. Camminarono insieme, in silenzio, fino a raggiungere un luogo appartato dove due tombe stavano l’una accanto all’altra. Un corvo poggiava sulla lapide di Itachi, probabilmente per rendere onore all’uomo con il quale quegli animali avevano avuto un contratto di evocazione.
Sasuke si avvicinò alle lapidi e le sfiorò delicatamente. “Posso…”
Shiori non aspettò nemmeno che finisse la frase e gli tolse il paraocchi. “Non dirlo a nessuno” gli sussurrò.
Il ragazzo si inginocchiò accanto alla tomba del fratello, mentre Shiori rimaneva in piedi a guardarlo. I due shinobi le mancavano terribilmente, ma il suo dolore era nulla se paragonato a quello del giovane Uchiha. Lui aveva perso, per l’ennesima volta, la sua famiglia.
“È una punizione? Ho fatto troppi sbagli, vero?” chiese, rivelando una nuova consapevolezza di sé.
Shiori gli si inginocchiò accanto e gli strinse la mano. “Quello che è successo a loro è dovuto alle loro scelte. Hanno combattuto anche per te. Nel caso di Itachi, soprattutto per te.”
Sasuke alzò lo sguardo su di lei, trovando un volto confortante. “Perché… perché non si è fidato?”
“Non era questione di fiducia. Itachi voleva… razza di bastardo… voleva morire. Voleva che tu avessi la tua vendetta, voleva che tu lo punissi per quello che aveva fatto. In realtà lui si puniva ogni giorno, ma…”
“Gli volevi bene?” chiese il ragazzo.
“È stato l’unico amico che ho avuto là fuori per anni. Poi, è arrivato Shisui. Insieme eravamo meno soli.”
“Shisui mi ha detto che voleva che fossi felice.”
“È così...”
“Ma come faccio, se…” Sasuke scoppiò a piangere e Shiori lo strinse a sé.
“Lui voleva una vita normale per te. Bè per quanto normali possano essere le nostre vite, chiaramente. Voleva che tu avessi tutto quello a cui lui aveva dovuto rinunciare. Voleva che fossi di ispirazione per il villaggio, voleva che fossi libero di proteggerlo in piena luce, voleva che fossi libero di amare e formarti una famiglia. Voleva che… troppe cose. Questo lo rendeva umano. Ma la cosa più importante è che voleva solo il tuo bene.”
“G… Grazie, Shiori” sussurrò il giovane.
“E di che? Loro sanno che farò le loro veci. Non sono un Uchiha, ma amavo quei due con tutto il mio cuore. E proteggerò te come avrebbero fatto loro. Loro erano parte della mia famiglia, tu sarai parte della mia famiglia.”
“Anche dopo quello che ti ho fatto?” domandò. “Ho saputo che Yoha…”
“Non importa. Non potevi sapere.”
“Potevo salvarti…”
“Tuo fratello direbbe che nessuno può salvarmi da me stessa” disse lei ridacchiando. “Tranquillo, Sasuke. Ho combattuto i miei demoni. Bè… Non tutti” aggiunse, pensando a Isobu. “Alcuni li ho accettati. Ma sai come ho fatto questo?”
Lui scosse la testa. “Con gli amici.”
Fu in quel momento che Sakura e Naruto apparvero e si inginocchiarono accanto a loro. La ragazza strinse le spalle dell’Uchiha.
“Ora vado. Richiudetegli gli occhi, prima di uscire da qui. E Naruto?” Il ragazzo si voltò verso di lei. “Dopo dobbiamo parlare.”
Il Jinchuriki annuì.
 
Yoshino aveva lasciato il figlio con i suoi amici, mentre lei percorreva la strada che qualche settimana prima aveva percorso bendata con suo marito. Non era ancora andata lì, ma era arrivato il momento.
 
“Quanto manca?” chiese per l’ennesima volta.
“Eccoci, mia cara impaziente” commentò Shikaku con tono scherzoso. Non era mai un buon segno, di solito voleva dire che c’era qualcosa che lo preoccupava.
La sbendò delicatamente e le sussurrò all’orecchio: “Apri gli occhi.”
Si ritrovarono davanti a un enorme salice piangente, le foglie arrivavano fino a terra, coprendo il tronco. Yoshino si guardò intorno e capì: si trovavano sulla collina dietro il palazzo del fuoco.
“Ma… Ma questo posto era andato distrutto!”
“Si, bè…. Era importante per noi, e io… Ho chiesto aiuto a Tenzo. Insieme, ad essere onesti lui ha fatto la maggior fatica, l’abbiamo ricostruito.”
Era quello il posto in cui loro si erano amati per la prima volta, lontano dalle loro case, lontano dagli occhi indiscreti dei colleghi, era lì che si erano decisi ad ammettere a loro stessi che, lo volessero o meno, avrebbero passato il resto della vita insieme.
“Manca solo una cosa…” spiegò il marito, vedendo che la moglie non riusciva a parlare. La prese per mano e la portò sotto le foglie di quell’albero, fino al tronco e lo accarezzò.
“Non ci sono i nostri nomi” capì lei.
“Già, quelli non potevo farli mettere a Tenzo, capisci? Quelli li dobbiamo incidere noi di nuovo.”
Yoshino prese il kunai dalle mani del marito e segnò il proprio nome, poi lo passò a lui che scrisse il proprio, circondandolo insieme a quello della moglie con una piccola nuvoletta stilizzata. Anni prima, l’aveva disegnata come simbolo dei sogni che condividevano e che avrebbero condiviso insieme.
“Ero schifosamente sdolcinato allora? Sono migl…” Yoshino non lo lasciò finire, tappandogli la bocca con un bacio. Lui la strinse a sé e rispose con trasporto.
“Sei… Tutto questo… Con tutto quello che hai da fare, hai perso tempo per…”
“Tu non sei mai, mai, una perdita di tempo.”
“Non partire!” lo pregò lei.
“Hanno bisogno di me.”
“Al diavolo gli altri. Ce ne andiamo. Tutti quanti. Lasciamo perdere questa guerra.”
“Sai che non è così che funziona.”
Yoshino non riuscì a trattenere le lacrime. “Lo so, ma…”
“Vincerò questa guerra.”
“Ma non mi stai promettendo che tornerai” notò lei, sapendo che il marito non le avrebbe mai mentito.
Lui posò la fronte su quella di lei. “Non posso, ma ti assicuro che è la prima ragione per cui voglio vincere questa guerra.”
Yoshino lo abbracciò, spaventata a morte di perderlo. Lui le accarezzò dolcemente la schiena, anche lui aggrappandosi a lei come ad un salvagente in mezzo all’oceano.
“Ti ricordi cos’abbiamo fatto dopo aver inciso i nostri nomi l’altra volta?” chiese, con l’intento di smorzare la tensione.
La donna arrossì leggermente e lo guardò negli occhi. “Vagamente.”
“Dal tuo sguardo non mi sembra che sia solo vagamente” ammiccò lui.
“Vorresti rinfrescarmi la memoria, Nara? Perché vorrei ricordarti che non siamo più dei ragazzini.”
Lui la baciò dolcemente, poi la alzò da terra e lei, dopo aver lanciato un grido di sorpresa, allacciò le gambe al suo bacino.
“Questo è positivo. Sono meno imbranato ora.”
Lei rise. “Tu sei sempre imbranato. Ma fa parte del tuo fascino” disse accarezzandogli il volto.
Le posò un bacio sul collo, avvicinandola alla pianta. “Ti amo.”
“Ti amo.”

 
Varcò la tenda di foglie e si avvicinò al tronco. Accarezzò dolcemente l’incisione con il suo nome e quello del marito, poi si lasciò ricadere lungo la corteccia, portandosi le ginocchia al petto e stringendole con le braccia.
“Mi manchi. Mi manchi così tanto” disse al vuoto, poi scoppiò in un pianto disperato.
 
Il trio Ino-Shika-Cho si trovava nella camera della ragazza. Shikamaru era disteso sul letto a pancia in su, Choji era seduto accanto a lui, mentre Ino guardava fuori dalla finestra.
“Ora che facciamo?” chiese la ragazza, asciugandosi le lacrime.
“Il solito, credo. Io e la zia abbiamo deciso di aiutare Naruto. Kakashi lo vuole pronto per quando deciderà di dimettersi.”
“E noi tre?” chiese Choji.
“Saremo sempre una squadra, pronti a tornare in sella al momento del bisogno” rispose il Nara.
“Sai che non devi essere forte per noi, vero?” gli ricordò Ino.
Shikamaru sorrise. “Ti assicuro che sto bene.”
La ragazza sbuffò e prese una cosa dalla sua scrivania. “È arrivata questa.” Gli porse una lettera. “L’ho intercettata al Palazzo del Fuoco. Spero che almeno con qualcuno tu decida di sfogarti!”
Il ragazzo la guardò e arrossì nel leggere il nome del mittente. “L’hai…”
“Non l’ho letta, razza di imbecille! Con chi credi di avere a che fare?” sbottò la ragazza.
Choji e Shikamaru si guardarono e scoppiarono a ridere.
“Allora? Non la apri?” chiese il castano.
“Ci saranno messaggi sdolcinati” lo prese in giro Ino.
“Non dire sciocchezze!” sbottò il Nara, alzandosi in piedi.
“Eddai Shikamaru! Dopo tutto quello che abbiamo passato, ancora…” La lamentela di Ino fu interrotta sul nascere.
“Era nel mio sogno. Lei era nel mio sogno e la cosa mi fa paura.”
I suoi amici si scambiarono uno sguardo carico di significato. “Hai superato prove ben peggiori, amico mio” gli ricordò l’Akimichi.
“A me lei piace. È un po’ burbera, ma ti sa mettere in riga,” commentò Ino.
Shikamaru alzò le spalle e si alzò dal letto. Normalmente, sarebbe tornato a casa, ma in quel momento non riusciva ad allontanarsi dai suoi amici. Si sedette alla scrivania e aprì la busta. Temari gli porgeva le sue condoglianze e gli diceva che gli era vicina. Se avesse avuto bisogno di qualunque cosa lei c’era. Poi, passava a parlargli dei progetti di Gaara e del futuro dei loro villaggi.
“Cerca di non fare tardi alla riunione,” diceva. Il giovane sorrise. “Seccatura” borbottò.
“Allora?” chiese Choji.
“Sta bene.”
“Lei ti ha sognato?”  domandò Ino.
Shikamaru arrossì. “Certo che no! Lei non… Non lo so…”
I due amici scossero la testa. “Abbiamo sei mesi per renderti meno idiota” sospirò la ragazza.
 
Shiori passeggiava accanto a Naruto. Al passaggio del ragazzo tutti si voltavano verso di lui guardandolo con ammirazione. Era diventato più di un eroe. Lui cercava di far finta di non notare quegli sguardi, ma si sentiva leggermente in imbarazzo per quanto felice di essere finalmente amato dal resto del villaggio.
“Sai, ti ci devi abituare” gli fece notare la donna dal ciuffo rosso. “Sei un grande ninja e diventerai ancora più grande. Noi tutti ti ammiriamo.” Gli sorrise e lui le sorrise di rimando.
“A volta, non so nemmeno se me lo merito. Sono stato aiutato.”
Shiori lo prese sotto braccio e gli posò un bacio sulla guancia. “Tutti siamo stati aiutati. A proposito di questo… Io e Isobu… Noi andiamo d’accordo, ma mi servirebbe il vostro aiuto per… per migliorare la... convivenza”
“Certo” rispose Naruto.
“Bene, e un altro favore…”
“Qualunque cosa!” rispose il biondo pronto ad aiutare una persona che, a modo suo, gli era stata accanto.
“Vieni alle cene in famiglia. Tutti a casa Nara ti vogliono.”
Naruto sentì le lacrime fargli capolino dagli occhi, ma si trattenne. “Anche Shikamaru?” chiese cercando di scherzare.
“Oh, lui dirà che è una seccatura, ma… lui lo dice di tutti i membri della nostra famiglia.”
A quelle parole, il ragazzo si illuminò. “Ho tanti amici… Hiruka, Kakashi e Jiraiya, ma… Non ho mai avuto una vera e propria famiglia.”
Shiori fece finta di farsi seria. “Mi sa che purtroppo ora te la devi sorbire.”
“Sopporterò” rispose il Jinchuriki con un sorriso.
 
Poco più tardi Shiori entrò da sola nell’ufficio dell’Hokage. Kakashi, che faceva avanti e indietro per la stanza pensieroso, sussultò nel sentirla entrare. Lei gli si fiondò tra le braccia e lui la strinse a sé. La donna tremava come una foglia.
“Ti stai tenendo troppo dentro” le fece notare lui.
“Scusa” rispose lei allontanandosi. “È stata una giornata difficile. Tu come…”
Il Copia-ninja scosse la testa. “Ho chiesto a Tsunade di pensare a qualcun altro. Lei mi ha mandato al diavolo e se n’è andata.”
“Sei solo nervoso.”
“No, Shiori. Non sono il genere di persona che viene acclamata. Io sono il Copia-ninja, un uomo misterioso, un uomo da temere, ma non un uomo da seguire.”
“Ti hanno seguito in battaglia.”
“Era diverso!” Si appoggiò sulla scrivania e lei gli si mise accanto. “Parliamo di una battaglia, parliamo di guerrieri. Questo è un popolo, fatto di artigiani, bambini, mercanti… Io non so un cazzo di tutto questo.”
Shiori gli prese la mano. “Hai solo un po’ di ansia da prestazione. Sei l’uomo migliore che io conosca. E, anche se non lo vuoi ammettere, sei empatico, fattelo dire da una che se ne intende. Non senti forse quello che sento io, ma sai riconoscere chi ha bisogno, e fai di tutto per aiutarlo. Kakashi questo è un Hokage. Tu sei un Hokage.”
Lui sospirò, cercando di riprendere il controllo di sé stesso. “Tu sarai al mio fianco domani?”
Lei gli strinse la mano ancora più forte. “Non posso. È meglio che non ti associno a me…”
“Stronzat…”
“No.”
“Tu sei importante. Sei la madre dei miei figli, sei…”
“Kakashi!” lo interruppe lei. “Sarò comunque lì. Cercami nella folla e mi troverai. Non mi lo perderei per nulla al mondo.”
“Non è giusto” borbottò lui.
Lei gli posò la testa sulla spalla. “No, ma dobbiamo accettarlo.” Poi, aggiunse: “Devo chiederti un favore…”
 
Shiori era nelle segrete sotto il Palazzo del Fuoco. I suoi passi risuonavano per i corridoi, quando raggiunse la sua meta si fermò davanti alle sbarre. Dal buio, una silhouette longilinea si fece strada verso la luce. Il volto pallido e piatto di Orochimaru ricambiava lo sguardo della donna.
“Non penavo saresti venuta così presto,” commentò con voce bassa e sibilante.
“Non hai sempre ragione.”
Il serpente ridacchiò, poi rimase in silenzio ad aspettare che lei parlasse.
Shiori fece qualche passo verso di lui, poi gli voltò la schiena facendo qualche passo nella direzione contraria, poi di nuovo, tornò indietro. Afferrò le sbarre, ponendo le mani appena sotto quelle di lui e lo guardò dritto negli occhi.
“Ho creduto di essere un esperimento, un tuo burattino. Non lo ero. Certo, tu hai approfittato di una situazione creata dai miei, ma non pensare che questo ti discolpi. Hai ucciso mia madre. Non parlare!” sbottò, vedendo che stava per aprire bocca. “Hai usato le tue capacità per ritardare lo sviluppo completo dei miei poteri. Ogni volta vivevo con il terrore… Ad ogni nuovo potere, credevo che sarei morta, che quello mi avrebbe ucciso, perché sarebbe stato troppo. Credevo che non fosse parte di me! Hai agito come meglio credevi, hai abusato del mio corpo per cosa? Conoscenza? Divertimento? Potere? E, cazzo, non sono nemmeno una di quelli che hanno subito il peggio da te, vero? Anko, sfruttata e abbandonata; Tenzo, cresciuto in un laboratorio; e quanti altri? Quanti ne hai uccisi? Quanti ne hai torturati? Ricordo ancora quei bambini…” Chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime.
“Tu… tu sei spregevole. Corrompi, complotti, uccidi…”
“Siamo così simili, eh?” la interruppe lui, facendole abbassare gli occhi. “Ora anche tu sai cosa vuol dire fare qualcosa di sbagliato per un bene più grande.”
“È diverso!” sbottò.
“Credi davvero?”
“Io mi sono pentita!”
Lui inclinò la testa. “Non di tutto.”
Lei arrossì. “No, non di tutto, ma di molto.”
“Sei diventata la kunoichi forte che mi aspettavo. È stato un piacere aver contribuito.”
“Sai? Ti devo ringraziare. Senza di te Aibi non avrebbe resistito un giorno con me dentro di lei. Senza di te per i miei sarebbe stato difficile gestire qualcuno con i miei poteri. Senza di te non avrei capito che potevo diventare più forte, ergermi al di sopra delle avversità e combatterle. Itachi aveva ragione: a volte, avere qualcuno da odiare è l’unica cosa che ti fa andare avanti. A volte, però, mi ha fatto scordare che avevo molto di più e che l’ho perso per sconfiggerti.
Ora la mia vita è diversa. Ora sono abbastanza forte da ammettere, che forse una parte di me ti rispetta. Hai dato la tua vita per qualcosa. Hai perseguito le cose sbagliate, ma non hai mai rinunciato. Ora sono qui, per offrirti una chance.”
“Chance? Cosa intendi?”
“Oggi, domani, fra sei mesi, mi verrà fatta una richiesta. Ora come ora sono tentata di rispondere no, ma vorrei poter dire sì per due ragioni: il voler aiutare la persona che mi chiederà aiuto, e il voler dimostrare di essere migliore di te.”
“Qual è questa richiesta?” chiese lui.
Lei fece un sorrisetto divertito. “So qualcosa in più di te per una volta, credi davvero che te lo rivelerei?”
“Cosa deve succedere perché tu cambi idea?” chiese lui senza scomporsi.
“Devi aiutarmi con i cloni. Daremo loro una vita vera.”
“Vuoi avere un esercito personale che solo tu puoi controllare?”
“Saranno liberi.”
“Ma tu hai il potere…”
“No,” rispose lei categorica. “Loro non saranno il mio esercito.”
 
Dopo aver convinto Orochimaru, Shiori passò davanti alla cella di Obito. Fece per sorpassarla, ma l’uomo le urlò dietro, implorandola di fermarsi.
“So che ho contribuito alle tue sofferenze, prima con Orochimaru, poi con Yoharu, mi dispiace. Mi dispiace tanto.”
Shiori si scagliò sulle sbarre. Il suo viso una maschera di rabbia.
“Sei qui, solo perché Itachi ha scelto di darti un’altra occasione. Fosse per me marciresti nel campo di battaglia. Hai idea di quello che Yoharu mi ha fatto? Se ci fosse stato qualcun altro… Non credevo nemmeno di avere la forza in me per poter affrontare la cosa. Per un momento… Un terribile momento, ho sperato di morire. Sai cosa significa? Che per un momento il desiderio di riabbracciare i miei figli è stato più debole del dolore che provavo! Ma tu non hai colpa, dopotutto” terminò lei calmandosi. “Non vali nulla.”
“È vero” rispose lui calmo. “Me lo ha detto anche Itachi, sai? Quando mi ha… mi ha riscritto, mi ha lasciato nel cervello una traccia delle sue motivazioni. Sai che poteva uccidermi e eliminare gli Edo Tensei nello stesso tempo?”
Shiori sbarrò gli occhi. “Per… Perché lui non…”
“Lui voleva farlo. Poi, si è ricordato di te, di quando gli dicevi che tutti meritano una seconda chance, che forse… forse certe persone erano diventate in un certo modo per una ragione, bastava cambiare quell’evento. Lui voleva uccidermi, e voleva farlo facendoti sapere che l’aveva fatto per te, ma sapeva che poi tu mi avresti avuto sulla coscienza, che ti saresti sentita in colpa. Così ha deciso di cambiare le cose, aveva mettere in pratica il tuo insegnamento. L’ultimo gesto che ha fatto da vivo è stato onorare te. E io voglio cambiare. Voglio afferrare questa possibilità che lui mi ha dato.”
Shiori si appoggiò al muro e si morse il labbro inferiore. “Idiota. Alla fine, è sempre più furbo di me.” Si avvicinò ad Obito e gli strinse una mano, attraverso le sbarre. “Il te che mi ha lasciato nelle grinfie di quell’uomo, non credo di poterlo perdonare. Quello che però è risorto da quella grotta, posso aiutarlo ad essere migliore. Posso aiutarlo ad onorare l’uomo che gli ha ridato la vita.”
 
Kakashi si passò le mani tra i capelli per l’ennesima volta. Era nervoso. Tutto stava per passare nelle sue mani, appena fosse uscito su quella terrazza tutto sarebbe cambiato. Genma e Raido lo raggiunsero con i suoi figli che gli si fiondarono tra le braccia.
“Shiori ce li ha lasciati davanti alla porta del Palazzo,” lo informò lo shinobi con la cicatrice.
“Papà, la mamma ha detto: ‘buona fortuna’” gli disse Amaya.
Kakashi sospirò e si sistemò la lunga tunica bianca.
“Sei agitato?” chiese Hikaru.
“Un po’” ammise il Copia-ninja.
Tenzo e Gai arrivarono. Il primo, spingeva la carrozzina del secondo, dietro di loro vi erano Choza e Hiashi.
“Sei pronto, mio eterno rivale?” chiese il ninja moro.
Kakashi annuì. Non riusciva a parlare. Sentì la folla all’esterno lanciare un boato. Tsunade doveva aver finito di parlare. La sua supposizione fu confermata da Shizune che entrava di corsa.
“È il tuo momento!” gli disse.
Il Copia-ninja si passò le mani tra i capelli e fece cenno ai suoi consiglieri di seguirlo. Vide Tenzo sfiorare delicatamente la guancia della sua ragazza, poi prese i propri figli per mano.
“Papà andrà tutto bene” cercò di consolarlo Hikaru.
“Lo so, piccolo mio.” Gli sorrise e cercò di prepararsi a quella responsabilità.
Lasciò i suoi figli appena indietro e si affiancò a Tsunade appoggiando le mani sul muretto dove terminava la terrazza. Le persone sotto lo acclamarono. Il Quinto Hokage gli appoggiò una mano sulla spalla e gli sorrise.
“Credo di non averti mai visto così spaventato” gli sussurrò ridacchiando. Poi, aggiunse ad alta voce: “Io Tsunade Senju, Quinto Hokage di Konoha, rinuncio alla mia carica in favore di Kakashi Hatake. Accetti l’onore di divenire il Sesto Hokage?”
“Io, Kakashi Hatake, accetto questo onore.”
Tsunade si tolse il cappello e lo porse a Kakashi, che lo prese tra le mani e se lo mise in testa. La folla urlò e lui si voltò verso di loro. Il Quinto Hokage diede un colpetto sulla schiena del suo successore e fece qualche passo indietro.
“Rendimi fiera” sussurrò.
Kakashi guardò la folla e si sentì inadatto. Come poteva avere sulle sue spalle la responsabilità di così tante persone? Come poteva decidere per loro? Ad un tratto, qualcosa toccò il suo animo. Era caldo, era dolce, e lo fece sorridere. Si tolse il cappello e lo appoggiò accanto a sé, poi alzò la testa. Nella confusione, trovò un paio di occhi verdi. Shiori stava seduta in equilibrio sul ramo di un albero e ricambiava il suo sguardo. Poté vedere che annuiva, mentre i suoi sentimenti di sostegno lo colmavano. Il Copia-ninja sentì che poteva farlo.
“Salve a tutti! Dopo tanta sofferenza, questa sarà una nuova era. Un’era di pace. Ma non dobbiamo scordarci del passato, lo dobbiamo portare dentro di noi, imparare da esso. Il mio compito è quello di proteggervi, di portarvi alla prosperità e, come ogni Hokage, userò i miei metodi, ma sono in debito con chi è venuto prima di me e seguirò le loro orme. Questo villaggio è composto da persone forti, coriacee, e supereremo anche questo momento di transizione, questo momento in cui noi tutti dovremo recuperare le nostre forze. Il mio compito sarà quello di riportarvi alla luce.”
La folla urlò il suo nome. A quel punto, Tsunade tornò ad avvicinarsi e gli sorrise.
“Kakashi Hatake, sei ufficialmente il Sesto Hokage del Villaggio della Foglia!”
  
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