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Autore: Yellow Daffodil    25/06/2017    5 recensioni
Le superiori stanno per cominciare. Tuo padre ha più paura di te. Finora hai avuto più bulli che amici.
Sopravvivrai al primo giorno?
Io credo di no.
Una prima persona inedita ci conduce attraverso i corridoi del liceo linguistico Maffei di Venezia. Riuscirà a sopravvivere al primo giorno di scuola? E voi?
Dal testo:
"Mi sistemo lo zaino sulla spalla e, ignorando bellamente il cretino che mi ha rivolto la parola, mi incammino fino all'entrata principale; una cancellata grande e scura, che si è aperta giusto qualche secondo fa. Come papà prima, mentre la massa si accalca per entrare, cerco di bypassare tutti i volti che incrocio: sarà lui il mio miglior amico? Sarà lei la mia compagna di classe? Sarà lui la mia prima cotta?"
*Attenzione: questa OS si riferisce al romanzo "Io e te è grammaticalmente scorretto", MA in quanto collocata temporalmente prima, si può tranquillamente leggere e capire senza conoscere la storia principale*
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Primo giorno di scuola

Ciao a tutti! Due veloci parole per spiegare il perché di questa OS. Si tratta di una storia che TUTTI possono leggere e capire, ma che chi conosce “Io e te è grammaticalmente scorretto” apprezzerà maggiormente. Proprio ai lettori e recensori di questo romanzo (e il suo sequel) è dedicata la OS. Siete tantissimi e tutti fantastici, ma questo GRAZIE va in particolar modo a chi di voi mi ha sostenuto qui su EFP, dove tutto ha avuto inizio. Crediamoci ancora in questo sito, nonostante tutto, e non lasciamo decadere, perché le sue potenzialità sono incredibili!


Ma ora non vi annoio oltre; ci leggiamo a fine storia! Buona lettura!

P.S. per chi di voi conosce già “Io e te” lancio una sfida: il nome del narratore si scopre solo a metà capitolo, ma voi riuscite a indovinarlo prima? 

*





Primo giorno di scuola

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Il mio stomaco si contorce e una scarica di dolore sale fino al petto, mentre il cuore batte irregolare. Allora stringo più forte i bordi della felpa, con le mani sudate, e strizzo gli occhi nel tentativo di scacciare lo sfarfallio che disturba la mia vista.


Sembra che io sia sul punto di morire, lo so. Ma è normale: lo chiamano ‘primo giorno di scuola’.

Deglutisco sonoramente, realizzando di avere la bocca completamente secca e le tonsille così gonfie da farmi male mentre ingoio l’agitazione. Papà è vicino a me; mi ha accompagnato fino al liceo perché ci teneva a essere presente, anche se credo che in realtà abbia paura pure lui.

Forse addirittura più di me… lo sentivo mentre ne parlava a bassa voce con la mamma due sere fa, convinto che io stessi dormendo.

“Chissà quale di loro sarà un tuo compagno.” esordisce, cercando si suonare allegro, ma tradendo una certa apprensione.

Credo che pure lui sia sconvolto dalla massa di gente urlante davanti al cancello.

Difatti, lancio uno sguardo ai suoi occhi azzurri e li vedo assai preoccupati: stanno passando in rassegna i ragazzi poco distanti da noi e posso indovinare con esattezza la successione dei suoi pensieri.

Questo è un coglione, questo si droga, questo ha troppi tatuaggi, bullo di professione, stronza, meretrice, cervello ibernato, altro coglione, criminale in erba, coglione numero tre...

“Papà.” lo richiamo, posandogli una mano sul braccio. “Tranquillo, ok? Andrà alla grande.”

Sorrido e lui sorride a sua volta con tenerezza: “Ok, ma mi raccomando, non esitare a picchiare nessuno, se lo merita. E ricorda: se ti prendono di mira o ti bullizzano, pugno di ferro.”

“Papà.” sbuffo fissandolo intensamente.

Mio padre ha questa ossessione dei bulli. Dato che non sono un ragazzo imponente o particolarmente temibile, crede sempre che la gente mi guardi attraverso un mirino che lampeggia.

Certo, non è che questa fissa sia del tutto immotivata, ma non voglio subito dare l’impressione della piattola vittimista, quindi non vi racconterò di quella volta in cui mi hanno abbassato i pantaloni davanti alla prof di matematica, né di quella gita alle elementari in cui un compagno mi bagnò il cavallo dei pantaloni con la Coca Cola. Sia davanti che dietro.

“E va bene, la smetto di stressarti. Buon primo giorno di scuola.” papà si china, come ha sempre fatto da anni, e mi bacia sulla guancia.

Io gli sorrido, ma la risata che sento alle mie spalle smorza subito la mia allegria. Fortunatamente lui non la nota e se ne va salutando con la mano, mentre io, quando mi volto, cerco di associare la voce al corpo di chi mi ha preso in giro.

Purtroppo l’ambiente pullula di deficienti e fallisco nel mio intento, ma l’accaduto mi tocca e non poco: primo giorno di superiori e si prospettano già cinque anni di merda. Evviva.

Quale sorte mi toccherà ora che siamo al liceo? Furto di oggetti personali? Disegni porno attaccati alla schiena? Testa nel water?

No, ok: niente vittimismo. Cerchiamo di essere positivi.

“Ciao, frocetto, non è che hai da accendere?”

Va bene, facciamo neutri.

Mi sistemo lo zaino sulla spalla e, ignorando bellamente il cretino che mi ha rivolto la parola, mi incammino fino all’entrata principale; una cancellata grande e scura, che si è aperta giusto qualche secondo fa. Come papà prima, mentre la massa si accalca per entrare, cerco di bypassare tutti i volti che incrocio: sarà lui il mio miglior amico? Sarà lei la mia compagna di classe? Sarà lui la mia prima cotta?

Ah, non ve l’ho detto? Il tipo di prima ci ha preso; credo fortemente di essere gay.

Il pensiero mi mette ancora più ansia, perché li ho visti i film in cui, al liceo, rovinano la vita di un povero diavolo solo perché è omosessuale. Fortunatamente non lo sa nessuno e spero che magari in questi anni la cosa passi e si riveli essere solo una fase.

Be’, certo, una fase un po’ lunga, però… chi lo sa? Magari è solo il mio cervello che gioca brutti scherzi e un domani guardare il culo degli uomini mi farà schifo.

Fino a quest’estate, poi, nemmeno io me n’ero accorto. Non avevo mai pensato a cosa mi piacesse, ero lì in attesa del paio di tette che mi avrebbe fatto alzare l’amico ai piani bassi, ma poi al mare mi è passato davanti un bagnino e bam! Mamma, ho un problemino.

Non che l’abbia mai detto a mamma, eh, e tanto meno a papà, però sono fiducioso che quel momento non arriverà mai. Credo nella fase omosessuale; credo in quel paio di tette che prima o poi mi farà avvicinare all’eterosessualità.

In realtà lo spero davvero, perché, per quanto mi affascini l’idea di essere gay, sono anche molto consapevole della mia fragilità morale e dell’idiozia che pervade le menti dei miei coetanei. Non voglio che mi prendano di mira per questo, non voglio ripetere l’esperienza delle elementari e delle medie, non voglio finire per diventare un pazzo omicida con l’ossessione per gli alluci smaltati di rosso.

… oddio, penso già come un pazzo omicida.

“Scusa?” qualcuno mi salva dall’immaginarmi una collezione di alluci, così mi volto per vedere chi ha attirato la mia attenzione.

Lo stomaco si contorce ancora di più all’imminente interazione umana che devo affrontare, ma cerco in qualche modo di mettere insieme un sorriso per la ragazza che mi sta davanti.

È più alta di me e senza tette; iniziamo bene.

“Sai dove si trova la prima A?” mi domanda, fresca e raggiante, come se non si fosse svegliata alle sette. “Ho già setacciato tutti i piani, ma non la trovo.”

“Ehm...” estraggo la piantina che ho scaricato e stampato da internet, poi le indico il punto, sapendo che la mappa può esserle sicuramente più d’aiuto di me.

Ma evidentemente sbaglio, perché lei la fissa e poi alza lo sguardo con un sorriso completamente smarrito: “Non ho capito.”

Perfetto.

“Dovrebbe essere all’ultimo piano, però un po’ imbucata.” dico, allora, sperando che non mi esca la voce bianca che sopraggiunge nei momenti di agitazione.

La ragazza ride e io maledico il mio fottuto sviluppo tardivo. Arriverà un giorno in cui avrò i toni di bel tenebroso… ma non è questo il giorno.

“Sembri proprio un bambino, sei anche tu di prima?” mi domanda, allegra.

“Sì. Anche io in prima A.”

“Stupendo! Allora mi accompagni! Sono Ilenia.” si presenta dandomi la mano, ma non aspetta nemmeno che io la stringa, perché si aggrappa subito al mio braccio e mi conduce verso le scale.

E va bene, è stata una conoscenza d’impatto, ma almeno ora non sono più solo.

Con la pazza al mio fianco… cioè, ehm, con Ilenia al mio fianco, salgo le gradinate che sembrano infinite e giungo finalmente di fronte alla porta di quella che sarà la mia classe. Per un attimo riesco anche a godere il minimo sollievo di aver già conosciuto qualcuno, e quindi di non fare la figura dello sfigato, ma è appunto solo un attimo, perché Ilenia si dilegua nel nulla non appena ci fermiamo.

Riesco a seguirla solo per un po’ con lo sguardo: come un’ape di fiore in fiore, si è già avventurata nel prato delle pubbliche relazioni e sta stringendo la mano a chiunque. Non credo che andremo molto d’accordo, io e lei.

Davanti all’aula mi sento un po’ spaesato, lo stomaco che ancora non mi lascia pace e sono indeciso se rimanere qui fuori ad aspettare il ritorno di Ilenia o se entrare ed accaparrarmi un posto. Possibilmente lontano dal genere maschile.

Tuttavia, sto giusto per sgusciare dentro con fare impaurito, quando qualcuno mi viene letteralmente addosso. Ma proprio letteralmente, tanto che barcollo e mi spiaccico contro il muro. E, ovviamente, quel qualcuno è uno stronzo di genere maschile.

“Scusa.” ride, senza nemmeno voltarsi nella mia direzione e rimettendosi in equilibrio. Sì, insomma, come se avesse schiacciato un insignificante moscerino.

Un altro ragazzo compare proprio in quell’istante. Si avvicina a noi e, dando una spallata al tizio, lo prende in giro: “Fiore, mezza checca che non sei altro!” poi si rivolge a me. “Scusalo, novellino, ha l’equilibrio di un ippopotamo.”

Ecco, dev’essere il mio giorno fortunato. Quello appena arrivato è il cretino che prima mi ha chiesto se avevo da accendere e che, evidentemente, chiama chiunque con appellativi omofobici.

Costui esibisce anche un accento strascicato piuttosto riconducibile all’America Latina e un’espressione da divo che sicuramente lo colloca nella top ten dei maschi più imbecilli di questa scuola. Subito dopo il suo amico bisonte, si sottintende, la cui maleducazione lo colloca anche nella mia di top ten: quella della lista nera di persone su cui mi dovrò vendicare quando sarò un pazzo omicida fuori di senno.

Proprio quest’ultimo si stira i pantaloni con uno sbuffo e poi sventola il dito medio nella direzione del latinoamericano: “Sei tu che mi spingi, coglione.”

“I veri uomini mica si abbracciano per salutarsi, ma questo è strano per te, lo capisco.” il ragazzo guarda me e come se gliel’avessi chiesto, mi spiega. “Il mio amico Tommaso qui è mezzo effeminato, per quello non rimorchia una donna dall’anno scorso. Vedi di non fare la sua fine.”

Fisso il tipo con gli occhi a palla, pregando iddio che non sia veramente uno studente di questa scuola, ma realizzando che purtroppo è appena uscito dall’aula accanto alla mia, la 3C.

“Sono Lionel.” si presenta senza nemmeno degnarsi di darmi la mano. “Sanchez Lionel, ma sentirai di certo parlare di me. Ora dimmi, novellino, quale bella pollastra c’è quest’anno in prima A?” tira gli occhi per cercare alle mie spalle, totalmente disinteressato a me, a come mi chiamo, e al fatto che il suo amico-ippopotamo mi abbia schiacciato contro il muro.

Odio questa scuola.

“Non lo so e onestamente non ricordavo che il Maffei fosse un rinomato pollaio.” parlo, non sapendo nemmeno dove ho trovato il coraggio di farlo. “Se sapevo che qui si veniva a cercare pollastre, di sicuro mi iscrivevo in un altro posto.”

Lionel ridacchia, dando alla mia battuta zero spessore, mentre il suo amico Tommaso Fiore si degna per la prima volta di guardarmi alzando un sopracciglio.

Che vuoi? Vorrei ringhiargli addosso, ma mi sembra un po’ troppo ben piazzato per dargli contro, così mi limito a mantenere un’espressione cazzuta, mentre lo osservo anch’io con superiorità.

Grandissimo errore: il ragazzo è tutt’altro che un ippopotamo. Anzi, è piuttosto carino e posato, con delle linee eleganti, anche se nascoste sotto un abbigliamento che non gli rende giustizia. Ciò che forse lo rende più intrigante è il volto: chiaro, pulito, ma segnato da due occhi talmente neri che non si distingue l’iride dalla pupilla.

I miei sono azzurri, perciò ho sempre visto le due parti ben separate… dev’essere bello non riuscire a capire dove finisce una e dove inizia l’altra.

Questo pensiero mi sorprende quasi quanto quello degli alluci: devo essere parecchio sconvolto, stamattina.

E sicuramente gay, maledizione!

La campanella risuona per tutto il corridoio e così nessuno ha più tempo di tergiversare. Lionel fa l’occhiolino a una ragazza poco distante da noi, una biondina molto bella che sta entrando nella mia classe, e poi tira Tommaso per la maglietta, ripetendogli per l’ennesima volta che non ci sa proprio fare con le donne e che finirà con dei gran ‘cose che iniziano per c’ ficcati in ‘posti che iniziano per c’.

Osservo i due allontanarsi, aspettando che anche Tommaso entri nella sua classe e scoprendo così che appartiene alla sezione A pure lui, solo che frequenta la seconda e quindi ha almeno un anno in più di me.

Scrollo la testa per distogliermi dai miei pensieri già abbastanza confusi e mi costringo ad entrare nell’aula. Devo convincermi che sono pronto ad affrontare il mio destino… in fondo, dopo questo che cosa potrebbe mai succedere di peggio?

Ma la gente dovrebbe saperlo che non ci si deve mai fare questa domanda, perché ciò che vedo è seriamente il peggio.

A parte il marasma agitato che popola i banchi e le sedie, il vociare insopportabile e l’odore di libri nuovi che assocerò sempre e per sempre alla scuola, c’è pure un tizio deviato che sta amoreggiando con se stesso accanto al cestino.

No, non è uno scherzo.

Si è messo con la faccia rivolta al muro e si è abbracciato, dando così l’impressione che ci sia qualcuno avvinghiato a lui che gli palpa la schiena. E fa versi e rumori che… mio Dio, voglio la mamma.

Che cosa è capitato a questa generazione?

Una ragazza non troppo lontana da me si accorge della mia espressione sconvolta e mi si avvicina indicando il pervertito: “Quello dev’essere un povero deficiente.”
 
Mi volto e non smentisco nulla, mantenendo il mio labbro superiore alzato e gli occhi a palla: “Veramente.”

“Probabilmente non l’hai visto prima, ma era in piedi sulla cattedra e distribuiva abbracci alle ragazze, dando un voto a ciascuna non appena si staccavano.”

“Un voto?”

“Sì, valutava la morbidezza del seno. Spero vivamente che tu non sia così. Finora nessun maschio in questa classe sembra molto raccomandabile.”

“No, non sono così.” scuoto la testa energicamente, ancora turbato dal voto alle tette. “Sono Lorenzo e puoi contare sul fatto che non guarderò mai le tette di nessuna.”

Stringe la mia mano con vigorosità, rallegrata dalla mia presentazione: “Cristiana. Mi sei già simpatico. Quelli laggiù invece sono Alessandro, Pierpaolo e Amerigo.”

Cristiana mi indica tre ragazzi: il primo concentrato sul suo riflesso alla finestra, la mano che sistema spasmodicamente il ciuffo di capelli biondi, il secondo che ridacchia assieme a un gruppo di ragazze carine mentre prendono in giro una tipa dark e il terzo rannicchiato nell’angolino del primo banco, la faccia oscurata dai ricci e la maglietta di Gianluigi Buffon.

“Visto? Per niente raccomandabili.” ripete non appena ho completato il mio tour visivo.

In tutta risposta le sorrido e concordo con lei. A essere sincero non mi ero creato troppe aspettative, dato che nel leggere l’elenco della mia classe ho subito pensato che sei maschi in una classe di diciannove persone fossero davvero troppi pochi. Per statistica, è impossibile sperare in una selezione decente, visti i numeri.

Già il fatto che ci sia io in mezzo fa pensare che potremmo essere potenzialmente tutti casi umani e ora che ho visto con i miei occhi la situazione, penso che sì, siamo davvero tutti casi umani. Certo, ne manca ancora uno all’appello, ma non credo salverà la media.

Improvvisamente mi rendo conto di non aver scelto un posto e quindi mi guardo intorno con un certo panico, maledicendo la mia svista. Non è saggio lasciare al caso certe cose: in prima, la persona con cui capiti in banco è decisiva.

Così mi rivolgo a Cristiana, che mi sembra simpatica e gentile al punto giusto, e le chiedo dove è seduta, sperando che sia libero vicino a lei.

“Mi spiace, ma siamo già in tre.” spiega, mostrandomi tutti i banchi occupati. “Se vuoi c’è posto in ultima fila, vicino ad Alessandro e Pierpaolo, altrimenti c’è spazio lì e lì.”

Lancio un’occhiata al posto vuoto vicino ai ragazzi e tentenno per un attimo. È pur vero che per me sarebbe un suicidio, ma papà mi ha ripetuto che dovrei cercare di farmi più amici possibile, specialmente amici del mio stesso sesso. Ovviamente papà ignora le mie turbe psico-sessuali, ma ha ragione nell’osservare che ho sempre avuto la tendenza ad accerchiarmi di amiche femmine. Lui dice che dovrei iniziare subito con il piede giusto ed entrare in una compagnia tutta al maschile.

Ovviamente lui spera che così facendo poi i maschi:
a- non mi pestino
b- mi proteggano da altri eventuali bulli.

Papà e le sue utopie.

Tuttavia cerco di seguire i suoi consigli, come sempre, e faccio un respiro profondo per farmi coraggio: non è detto che Cristiana li abbia giudicati saggiamente. Magari sono persone a modo e gentili, magari un domani diventeranno sul serio i miei migliori amici. Dunque muovo qualche timido passo in direzione dell’ultimo banco, ma…

“Dove pensi di andare? Questo posto è prenotato.” il ragazzo che Cristiana mi ha indicato con il nome di Pierpaolo si è gettato sul banco vuoto e l’ha occupato con la sua persona.

“Oh, scusa.”

“Sei fortunato, ci sono altri posti liberi e tutti vicino a delle ragazze.” mi indica con il mento i due banchi a cui si riferisce. “Puoi anche scegliere tra le carine della classe o le sfigate in primo banco. Anche se qualcosa mi dice che andrai proprio da queste ultime.”

Le carine della classe secondo Pierpaolo sono una ragazza dai capelli ramati, ordinata e vestita di tutto punto, e quella bionda ben formata che prima ha ricevuto l’occhiolino da Lionel. Ma sto giusto pensando a quanto Lionel e Pierpaolo siano superficiali che una terza ragazza prende il posto libero nella schiera delle ‘carine’.

Ecco, lei forse non è del tutto comparabile al loro stile, ma dà comunque l’idea di calzare a pennello in quel terzetto. È bassetta, un po’ rotonda e si è appena presentata come Veronica, ma attenzione: Veronica Anna Chiara Adele Rinaldi e, sì, quella che ha in spalla è proprio l’ultima tracolla Vuitton della linea autunnale a effetto specchiato! Veste firmata e sa come rendersi bella, questo è vero, ma quanto è snob!

Ora sono certo che Pierpaolo sia il superficiale dei superficiali. Non avrà mai una ragazza seria.

“Ops, che sfortuna.” commenta, provocatorio, quando è palese che l’ultima alternativa rimasta per me sia quella tra le ‘sfigate’. Ma non gli do molta retta; non sono imbecille come lui e non classifico le ragazze in base alle loro apparenze.

Anzi, mi dà quasi la nausea che lui abbia catalogato quelle due in primo banco solo perché appaiono più timide e meno impalcate delle altre. A dire il vero, non sembrano nemmeno troppo male, ma immagino che a Pierpaolo vadano solo le galline che gli ronzano attorno e si mettono in mostra a suon di falso interesse.

Odio già la maggior parte dei miei compagni: bene. Ottima cosa.

Scuoto la testa e mi allontano dal fondo della classe, da una parte felice di non dover più interagire con quello stronzo, dall’altra demoralizzato per la povera varietà di cervelli in questa classe.

Finalmente approdo davanti al banco libero in prima fila, e lo indico un po’ timidamente, rivolgendomi alla schiena delle ragazze che stanno parlando e che hanno già occupato gli altri due posti.

“Scusate, è libero qui?”

Le due interrompono il loro dialogo per guardarmi.

E io prego tutti gli dei della storia perché mi facciano una buona impressione, dato che ho bisogno di qualcuno con del buonsenso in questo girone infernale.

“A dire il vero, è occupato dalla mia voglia di vivere. Non vedi nessuno perché non c’è, ma ti assicuro che prima di conoscere il resto della classe, mi seguiva più fedelmente dell’ombra di Peter Pan.”

Sarcasmo. Non lo sopporto.

Iniziamo molto male.

“Non darle retta, quando è agitata straparla.” interviene la ragazza con i capelli neri e gli occhi grigiastri. “Siediti pure, anche noi siamo andate per esclusione dato che il resto dei banchi era già occupato.”

Questa, invece, ha già capito che non sono stato io a scegliere loro e, per di più, mi ha informato del fatto che si conoscono già e probabilmente mi escluderanno in quanto maschio, riservato e non incline alle persone logorroiche.

“In realtà qualche posto c’era, ma erano tutti singoli e noi volevamo assolutamente stare assieme.” è la spiegazione non richiesta della ragazza sarcastica. “Questa classe è piena di gente strana, non sembra anche a te? E poi quella tipa.” indica una piccoletta con un caschetto e un block notes in mano. “Si sta appuntando tutti i nomi di chi le si presenta. Non scherzavo quando ti ho detto che ho perso la voglia di vivere.”

Oh, pure io ascoltandoti, vorrei dirle. È davvero logorroica, forse non se ne rende conto.

Tuttavia, faccio buon viso a cattivo gioco e mi siedo accanto a lei, allacciando il mio zaino alla sedia.

Lancio un’occhiata al suo banco e mi accorgo del corredo per nulla serio che si è portata appresso: astuccio a forma di banana, agenda settimanale di Harry Potter e un quaderno con i Digimon in copertina e le righe di terza elementare all’interno.  È tutto già confusionario: ha seminato penne ovunque, disegnato un fiorellino sull’angolo del banco e pure accartocciato un pezzo di carta stagnola da lasciare così in bella vista accanto all’astuccio. Senza motivo. O giusto per aggiungere caos al caos.

La sua amica è molto più ordinata e minimalista: nell’angolo destro ha messo il diario immacolato di Holly e Hobbie, nell’angolo sinistro l’astuccio nuovo di zecca e al centro un quaderno ad anelli vuoto con la stampa di un cavallo.

Mentre anche io estraggo le mie cose, immagino che starei bene nel posto centrale, perché rappresento un po’ un equilibrio tra le due. Ho portato lo stesso astuccio che ho usato per tutte le medie (l’avevo trovato una volta in un uovo di Pasqua), il diario della Comix e due quaderni neutri, uno a righe e uno a quadretti.

Invece mi trovo all’estrema sinistra, verso il corridoio. Accanto a me, nel posto centrale, c’è la ragazza sarcastica, casinista e logorroica, mentre all’estrema destra, attaccata al muro, c’è la sua amica ordinata e minimalista. Quindi, oltre a essere il più vicino alla cattedra, sono anche confinato alla prossimità con quella delle due che mi sta meno simpatica. Anzi, a essere preciso, con quella che non mi sta affatto simpatica.

E, lo so, poco prima ho giudicato Pierpaolo per lo stesso errore, ma sfido chiunque a non rimanere disorientato di fronte a una nanetta soggetta ad accessi di aggressività verbale con lo stesso impatto visivo di una vetrina Desigual.

Immerso come sono in questi pensieri discriminatori, non mi rendo nemmeno conto che proprio lei mi sta fissando con occhio inquietante, quindi mi volto e sussulto.

“Pensavo di chiamare questo banco Rossano.” mi informa, aggiungendo inquietudine al tutto.

“Bene.” commento, indeciso se allontanarmi di qualche centimetro da lei, oppure scappare a gambe levate invocando mia madre.

“Perché ci sono tutte queste strisce rosse e-” ma la sua stupida spiegazione, grazie a Dio, viene interrotta dal professore, che entra solennemente zittendo tutti all’istante.

Si accomoda in tutta tranquillità alla cattedra, sorridente ma guardingo, anche lui naturalmente spaesato da questi volti estranei.

Si presenta come professor Visatti, insegnante di inglese e coordinatore della classe, poi ci annuncia che essendo questa la sua prima ora di lezione, ci chiederà semplicemente di scrivere qualche riga di presentazione su di noi in lingua. Poi le farà leggere ad alta voce e io già a questo punto sto morendo di vergogna, ma sapevo che sarebbe stato un primo giorno ricco di negatività.

Papà era quasi riuscito a farmi pensare positivo, ma il tutto è andato in declino nel giro di nemmeno un’ora e adesso sono sicuro al cento per cento che saranno cinque anni orribili.

Il prof fa inoltre passare un foglio con l’elenco degli alunni di prima A e ci chiede di firmare accanto al nostro nome. Aspetto che faccia tutto il giro e, quando finalmente arriva alla mia fila, spio la firma della ragazza corvina del banco a destra, scoprendo che si chiama Federica Di Mario. Le sorrido mentre passa il foglio alla sua amica e penso che Pierpaolo sia proprio uno stronzo: i suoi pregiudizi sono piazzati male, dato che Federica mi sembra una ragazza carina, gentile e a modo. Di certo, molto più di quelle tre che lui considera migliori e che attualmente stanno ridacchiando con fare starnazzante verso il professore.

Faccio una panoramica veloce della classe, per cercare chi altro non sia un completo ebete qui dentro. In primo banco, dalla parte opposta alla mia, ci sono Amerigo, il timidone capelluto di prima, Ilenia, la PR dai capelli rossi, e una biondina con cui non ho avuto il piacere di parlare. Di fatto, sembra molto riservata e la più nerd di tutti, con gli occhialoni più grandi del viso e l’espressione concentratissima sul suo foglio.

Dietro di loro, il trio satanico da cui Lionel e il suo amichetto potrebbero tranquillamente pescare la prossima pollastrella. Alessandra, Giorgia e Veronica si sono già fatte riconoscere in quanto posseggono almeno un accessorio che rechi il loro nome… perché no, non sono affatto egocentriche. Come a sottolineare ufficialmente che loro tre sono le reginette incontrastate della classe, i tre posti in ultima fila – e con vista sulle loro chiappe – sono dei maschi.

Alessandro a destra, Pierpaolo al centro e a sinistra il posto vuoto che ospiterà l’ennesimo caso umano. Possibilmente stronzo, auto-riferito e attirato dalle arpie firmate Vuitton.

Poi passiamo all’altra metà della classe. In fondo c’è l’unico banco dispari, dato che hanno fatto file da tre e siamo in diciannove, e se l’è aggiudicato un ragazza tanto pallida quanto inquietante. E sì, anche più della mia vicina di posto. Dall’aspetto, sembra una di quelle modelle scandinave il cui blu degli occhi si intona al blu visibile delle vene, ma non l’ho ancora sentita parlare, perciò spero che risulti più calorosa di come sembra.

Davanti a lei, la fila da tre ospita elementi più o meno riconoscibili: la tipa che si annota tutto e osserva con curiosità ogni mossa dal posto che ha scelto appositamente per avere il controllo, una ragazza che poco fa parlava con Cris e che lei ha chiamato Shaimée e poi il maniaco sessuale.

Credo che nemmeno lui si sia piazzato lì a caso, perché da quel punto ha molteplici vantaggi: può conversare con i suoi simili voltandosi da una parte, ammirare la bellezza ambrata di Shaimée voltandosi dall’altra e avere comunque un certo panorama davanti.

Infatti, in linea con il suo banco, ma nella fila successiva, c’è Cristiana, alla quale lui sta palesemente mimando un gesto sconcio. Per fortuna, lei non si fa mancare di rispetto, quindi alza il medio nella sua direzione e si volta senza dargli retta. Ma accanto a lei c’è una ragazza di bella presenza e molto allenata, quindi il maiale passa subito a concentrarsi sulle sue di chiappe ed ecco che anche il suo entourage risulta essere perfetto.

Nel posto a sinistra, giusto alle spalle di Federica, c’è la ragazza dark che prima veniva presa in giro. Sarà contento, Pierpaolo, che tutti gli sfigati si siano spontaneamente ammassati qui in angolo, come vuole la natura stessa della vita.

Mio Dio, mi sembra di essere nel Re Leone. O peggio, dentro un esperimento darwiniano.

Quindi conclude il quadro la mia fila, con Federica, la sua amica casinista e infine io. Una bella spennellata di serietà.

Questo è quanto, per la 1^A, e tutto sommato, non si salva quasi nessuno. Inizio quest’anno scolastico con la motivazione sotto le scarpe, senza la speranza di andare d’accordo con i miei compagni e, più in generale, con gli studenti dell’intero istituto.

Ora che ci penso, l’elenco con le firme è ancora nelle mani della mia compagna di banco. Sono ancora in tempo per scappare senza ufficializzare la mia presenza, sostenendo che ci sia stato un errore e che il mio nome non doveva essere nella lista.

Tuttavia, sto giusto considerando quest’ipotesi quando dalla porta sbuca un ragazzo tutto trafelato, che entra senza salutare e correndo nella speranza di passare inosservato dal brusio generale.

Il suo arrivo mi distrae dai miei pensieri, perché, nella fretta, compie un grande errore: sbatte contro il banco della mia compagna pazza e le fa tirare una linea dritta sull’elenco.

“Porca troia!” sbotta lui, saltellando sul piede e controllando in fondo all’aula, dove si trova il prof.

Ora, Visatti non si è accorto di nulla, dato che è impegnato a commentare il testo di Veronica, ma credo che questo ragazzo sia inciampato proprio nel banco sbagliato.

Ottima mossa. Ora la mia vicina esploderà nel caos.

“Mi hai fatto sbagliare.” ringhia lei, fissando con odio prima il nuovo arrivato e poi il foglio su cui ha pasticciato.

Spero che lui dica qualcosa di intelligente come “Scusa” o “È colpa mia”, invece ho la conferma che è un folle, oltre che un gran maleducato, e le risponde con una semplice scrollata di spalle. Poi alza gli occhi, saluta il suo amico Pierpaolo e se ne va verso l’ultima fila di banchi.

Grazie mille… Mattia Zingaretti, deduco, controllando l’elenco degli alunni e andando per esclusione. Ora per colpa di quello stronzo, la tipa qui farà la sua sclerata da instabile con me.

“È proprio un idiota.” sbuffa infatti, e io mi volto preparandomi a qualche stramberia.

Ma appena la guardo, non posso ignorare le sue guance arrossate e l’imbarazzo che tenta di nascondere mentre fissa indignata il pasticcio sull’elenco di classe.

Mi impietosisco all’istante e, forse perché seguo troppe serie tv, mi faccio convincere dal suo sguardo che quello che è appena successo ha avuto un certo impatto su di lei. Da una parte la capisco pure: questa mattina mi è successa più o meno la stessa cosa con quel Tommaso Fiore, ma d’altra parte mi fa pena.

Quel demente è a dir poco cafone, senza contare che è spropositatamente altro, grassoccio e pure brufoloso. Insomma, capirei se avesse preso un colpo di fulmine per Alessandro, ma questo qui non ha proprio nulla di giusto: né nel carattere né nell’aspetto. E se è stato amore a prima vista, mi spiace proprio tanto per lei.

Così, preso da queste considerazioni, mi addolcisco: “Usa questo.” le suggerisco, passandole il bianchetto.

Lei mi ringrazia e mi sorride, sorpresa. Cancella la riga di penna, poi firma accanto al suo nome, il primo della lista, e osserva il documento per qualche secondo. Avendo iniziato il giro dalla parte opposta, ora le uniche firme che mancano sono la mia e quella dell’ultimo arrivato.

“A naso, direi che tu sei Lorenzo e l’idiota è Mattia.”

“Esatto.” confermo, notando per la prima volta i suoi occhi grandi e caldi e l’espressione da bambina.

“Per fortuna.” commenta, lasciandomi perplesso.

“Che cosa? Che mi chiamo Lorenzo e non Mattia?”

“No, che ti sei seduto qui tu, anziché chiunque altro.” mi sorride e mi restituisce il bianchetto. “Io sono Marinella, ma puoi chiamarmi Nelli.”

“E tu chiamami Lori.” dico, stringendole la mano e sentendo che, per la prima volta, quella stupida ansia abbandona il mio stomaco.

“Ah, e quasi dimenticavo!” ci interrompe Visatti, distraendosi dal compito di Veronica e rivolgendosi a tutti. “Da domani si cambia posto; i banchi li assegno io!”

Marinella e io ci scambiamo un’occhiata sconvolta: nemmeno mezzo minuto di pensieri positivi e subito tutto quanto è di nuovo stravolto.

Per un nanosecondo avevo inconsciamente sfiorato l’idea che, tutto sommato, non fosse male essere finito in banco con lei e Federica. Con Nelli, poi, avevo davvero sentito qualcosa di particolare, insolito. Una sorta di connessione tra il mio filone di pensieri e quello di lei, una piccola, traballante luce, una speranza.

Ora tutto è di nuovo buio e negativo. Non so con chi dovrò dividere i miei spazi domani, non so a quali personalità mi dovrò abituare, non so nemmeno se avrò fortuna una seconda volta.

Le mia paure tornano ad assalirmi istantaneamente: l’incertezza, le difficoltà, le diversità. Non so come sia stato possibile, ma per un momento ero riuscito a non pensarci per davvero.

La scuola è appena iniziata e io non so proprio nulla… forse, l’unica cosa che spero è che Marinella non smetta mai di ritenersi fortunata ad aver condiviso quest’istante con me, anziché con chiunque altro.


*




Ed eccoci dunque arrivati alla fine di questa OS. Come l’avete trovata? Vi è piaciuta? Se sì e siete curiosi di sapere come se la caveranno Lori, Nelli e tutto il resto dei ragazzi della 1^A, non vi resta che…


Comprare un libro XD

Eh, lo so, ora vorrete ammazzarmi, ma questa sorta di “prequel” vi introduce al romanzo “Io e te è grammaticalmente scorretto”, dove il focus passa da Lori a Nelli e ciò di cui si blatera fino alla nausea per 22 capitoli è la sua complicata relazione con Mattia Zingaretti. Già, Lori ci aveva preso XD

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(foto MODESTISSIMA)

Ma se non avete ancora chiuso la pagina con un’imprecazione e siete interessati a saperne di più, potete controllare su Amazon l’anteprima del libro e poi magari acquistarlo direttamente da lì, dato che è in offerta. Questo è il link: https://www.amazon.it/Io-grammaticalmente-scorretto-Micol-Agio/dp/8869212106/ref=cm_cr_arp_d_product_top?ie=UTF8


In alternativa, potete trovare il libro nelle Mondadori e Feltrinelli della maggior parte delle città italiane (se non ce l’hanno, ve lo ordinano) e… nulla, se poi siete così masochisti da arrivare anche a voler leggere oltre, sappiate che esiste un “Io e te 2”, chiamato “Io e te non è completamente sbagliato”, che, finalmente, potete leggere gratuitamente su Wattpad (https://www.wattpad.com/339892890-io-e-te-non-%C3%A8-completamente-sbagliato-maturit%C3%A0) e qui su EFP (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2863035&i=1).

Io ora parlo per quelli che già conoscevano la storia principale: ho sempre fantasticato su come tutto ha avuto inizio, finché un bel giorno ho deciso di scriverlo. La scelta del narratore mi ha turbato: avevo sempre immaginato che sarebbe stata Nelli a raccontarvelo e non Lori, però poi ho ragionato.

Nelli è da un romanzo e una storia che vi parla, quindi direi che ha anche rotto XD Ci sono tanti altri personaggi che non avete ancora letto in prima persona, tra cui uno dei più amati e discussi negli ultimi tempi; il caro Castelli!

Dunque spero che abbiate apprezzato questa apertura sul suo punto di vista, che potrebbe anche servire come punto di ricongiungimento tra “Io e te 1” e “Io e te 3”. Lo so, ora sto parlando di qualcosa che è ancora un progetto, ma solitamente non pubblico mai nulla a caso, perciò… fate tesoro di questa OS. Ecco XD (non si capisce un cazzo)

Quindi ultime due info su “Io e te 3” e poi vi lascio studiare per la terza prova (seeeee). Come sapete, se avete letto “Io e te” 1 e 2, le mie intenzioni sono quelle di pubblicare un terzo e ultimo capitolo di questa saga (quante cazzate che sto sparando). Vi ho lasciato un po’ con il fiato sospeso dopo l’ultimo finale, perciò sto cercando di fare le cose con velocità.

E’ vero anche che ci tengo a scrivere un gran finale degno per questa storia che amo alla follia, quindi mi prendo il tempo necessario. Finora ho scritto 3 capitoli, che sono un po’ da sistemare e, appena vedrò che la pubblicazione può iniziare, non esiterò ad avvisarvi.

Per alleviare un po’ il vostro dolore da lettori massacrati, grazie al suggerimento di Ruoa, vi lascerò qui una fugace e incomprensibile anteprima di Io e te 3, rigorosamente senza dirvi da quale dei 3 capitoli è tratta.

Buoni esami di maturità, buona fortuna con la terza prova e… non vogliatemi troppo male! <3


*

“Mai, Argenti, fatti vedere!” fa, allontanandosi e tirandomi il braccio per controllare il mio gusto estetico. “Non ti sei nemmeno vestita da funerale! Credevo che l’avresti fatto, immaginando di morire stasera.”

“Ma ti pare!” minimizzo con un gesto della mano.

“Oh, Nelli, non sei emozionata? Mio Dio!” gorgoglia, congiungendo le mani e facendo dondolare la sua treccia come in un anime giapponese.

“Non sono emozionata.” mento, in parte, scostando la tenda del balcone e osservando chi arriva in questo momento. “Ho seriamente paura.”

*

“Centouno.” lo indica, poi si passa la mano sulla bocca ricordandomi molto Heidi. “Buongiorno, Marinella. Come va?”

Alzo le spalle: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.”

“Wow, positiva. Oggi si pensava di fare un giro in centro, sei dei nostri?”

“Dipende.” ribatto gettando lo yogurt. “Tra i vostri c’è anche Succhia Trepalle?”

“Chi?”

“La tua ragazza.”

“Ah. Be’, mi pare ovvio.”

“Allora no.”

*


Prego, arrovellatevi pure :)

Aspetto i vostri commenti sia sulla OS che su questo spoiler :* E grazie ancora per le 300 e più recensioni per Io e te 2 su EFP!

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