Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Princess_of_Erebor    25/06/2017    17 recensioni
May è una giovane donna che vive nel XXI secolo. Un giorno si ritrova magicamente nella Terra di Mezzo, vedendo così realizzato il suo sogno più grande. Si unirà alla Compagnia dei Nani di Thorin Scudodiquercia e combatterà al loro fianco; vivrà esperienze uniche e incontrerà l'amore della sua vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Fili, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



CAPITOLO XI

Segreti e rivelazioni






“Sveglia, piccioncini! Se non vi sbrigate, perderete la colazione!”.

La voce spumeggiante di Kili giunse remota come dalle profondità di un sogno, strappando a May un leggero mugolio di protesta: era già ora di alzarsi? Qualcosa stava solleticando il suo naso e, aprendo gli occhi di malavoglia, la fanciulla si deliziò di una ciocca intrecciata di Fili che riempiva tutto il suo campo visivo, come un raggio di sole pronto a cingerla col suo “buongiorno”.
Non avrebbe saputo dire se fosse più bello addormentarsi o svegliarsi stretta al petto di colui che ora la guardava, un po’ assonnato, rivolgendole il più radioso dei sorrisi. Dunque, non aveva sognato: le amorevoli braccia del suo Nano erano ancora avvolte attorno al suo corpo, sopra il cappotto del quale lui si era spogliato per ripararla dal freddo. Quella notte, subito prima di cedere alle lusinghe del sonno, cullata dal battito tumultuoso del cuore di Fili, ella aveva sentito le labbra del giovane carezzarle il capo: quelle stesse labbra che avrebbe desiderato baciare fino a perdere i sensi.
May si scostò da lui ricambiando il sorriso con un certo imbarazzo e si mise a sedere, rossa in viso. Stava albeggiando. Si stiracchiò e rivolse un giocoso sguardo di rimprovero a Kili che, in piedi davanti a loro, li osservava con un sorrisetto malizioso stampato sul volto.
“Se la colazione che ci attende ha la stessa consistenza del nostro ultimo pasto, direi che posso farne a meno!” rispose May, leggermente irritata.
“Hum, vedo che una notte di romanticismo non ha giovato al tuo umore!” osservò Kili, con crescente soddisfazione. Si divertiva troppo a punzecchiarla.
Con un’occhiata furente lei si alzò senza replicare, ma lui non ne aveva ancora abbastanza.
“Beh, una volta che sarete sposati le cose miglioreranno, non c’è da preoccuparsi!”, concluse il monello con un ghigno.
La bisaccia da viaggio di May volò dritta in faccia a Kili, prima che lui avesse terminato la frase.
“Te la sei cercata, fratello!” disse Fili, ridendo di gusto. “Mai provocare una donna!”.
In quel momento, Bilbo giunse trafelato dalla rupe sopra le loro teste, dov’era stato di vedetta.
“Gli orchi!” ansimò, fermandosi in mezzo al cerchio dei compagni. “Si avvicinano! Poche leghe ci separano da loro”. Riprese fiato, per poi continuare. “Ma questa non è la parte peggiore”.
I due fratelli e May, un po’ distanti dagli altri, si voltarono tesi.
“Ci siamo attardati troppo!” dichiarò Balin, scuotendo la testa.
“I mannari ci hanno fiutato?”, volle sapere Dwalin.
“Non ancora, ma lo faranno”, lo ragguagliò Bilbo. “Abbiamo un altro problema”.
 “Ti hanno visto?” domandò Gandalf, facendosi ansioso.
“No, non è questo”.
“Che vi avevo detto? Silenzioso come un topo! Lavoro eccellente, caro il nostro Bilbo!” commentò lo stregone, fiero di avere uno scassinatore nel gruppo.
“Volete darmi ascolto?!” insistette lo hobbit, cercando di richiamare l’attenzione su di sé. I Nani, infatti, avevano cominciato a parlottare fra loro ed egli aveva imparato che, quando cominciavano in quel modo, era difficile interromperli. “Vi sto dicendo che c’è qualcos’altro, là fuori!”.
Di colpo regnò il silenzio, interrotto dalla domanda di Gandalf.
“Quale forma ha assunto? Quella di un orso?”.
Tutti lo guardarono confusi, ignorando a chi o cosa si stesse riferendo; tutti tranne May, che insieme a Fili e Kili aveva raggiunto gli amici davanti all’ingresso della grotta.
“Sì… Sì, ma molto più grosso di un orso” provò a ricordare Bilbo, sorpreso che lo stregone fosse al corrente dell’esistenza di quella bestia.
“Io dico di tornare indietro!” propose Dori, temendo per la propria vita.
“Ed essere travolti da un branco di orchi?”, ribatté Thorin.
“C’è una casa non lontano da qui, dove potremmo trovare rifugio” disse Gandalf voltandosi verso i compagni, dopo aver riflettuto per alcuni istanti dando loro le spalle.
“E’ forse la dimora della figura misteriosa di cui accennavi ieri?” azzardò a chiedere May.
Lo stregone le lanciò un’occhiata acuta da sotto le sopracciglia irsute. “Sì, è così”.
“Di chi è la casa?” s’informò Thorin, accigliato. “Amico o nemico?”.
“Nessuno dei due” replicò Gandalf, lasciandosi sfuggire un sospiro. “Lui ci aiuterà… O ci ucciderà”.
“Che scelta abbiamo?” chiese Scudodiquercia, dando voce al pensiero di ogni compagno. Nessuno di loro avrebbe gradito essere l’ospite e al contempo la preda di un orso infuriato. Tuttavia, dovevano tentare; in fondo, era sempre meno terribile che correre incontro agli orchi.
“Non c’è scelta, a quanto sembra” considerò Dwalin, cupo.
Lui può essere spaventoso quando è in collera, e ahimé va in collera alquanto facilmente”, spiegò Gandalf. “Ma quando è di buon umore, sa essere una persona davvero eccezionale”.
“Lui?”.
“Sì Bilbo, lui” precisò lo stregone. “Il suo nome è Beorn, ed è un mutatore di pelle: a volte assume le sembianze di un grosso orso, altre, di un uomo alto e forte dai capelli lunghi e la barba folta. Dovrete essere molto educati quando vi presenterò, e sappiate che lo farò in maniera graduale: due o tre per volta, non di più. Guardatevi bene dall’infastidirlo, o solo il cielo sa cosa ci aspetta!”.
Improvvisamente, un ringhio non molto distante li fece trasalire. Non c’era tempo da perdere.
 
Si ritrovarono a correre ancora una volta. Attraversarono campi fioriti, un fiumiciattolo e infine una foresta, guidati dallo stregone. Presto, May si rese conto di essere l’unica della compagnia ad avere serie difficoltà nel mantenere la velocità, e non soltanto perché non era abituata alle lunghe corse: si sentiva estremamente debole. Benché fosse estate, il freddo era tornato a tormentarla con brividi intensi e, peggio ancora, faticava a respirare per via dei violenti e ripetuti attacchi di tosse. Fili rallentò l’andatura per rimanerle accanto, ma l’apprensione che May lesse nei suoi occhi non contribuì a farla sentire meglio.
“Ci manca solo che mi ammali!” si disse, sforzandosi di tenere duro.
Nel cuore della foresta, un forte ruggito echeggiò tra gli alberi; l’orso si stava avvicinando, ma nessuno dei fuggiaschi poteva immaginare che la bestia si fosse imbattuta negli stessi orchi che li inseguivano dal giorno precedente. Finalmente, i sedici viandanti arrivarono ad un recinto di alte querce antiche, che ospitava una grande casa di legno nel mezzo.
“Svelti!”, li incitò Gandalf puntando il bastone verso l’ingresso.
L’ultima immagine che May distinse prima di essere risucchiata dal buio più pesto, fu l’enorme pancia grassa di Bombur che ballonzolava su e giù al folle ritmo della corsa del Nano; abbozzò un sorriso divertito, poi non vide né sentì più nulla.
 
 
-s-s-s-
 
 
Aprì gli occhi. Le travi annerite del soffitto erano illuminate da una rossa luce tremolante. Si girò appena: alla sua sinistra, un piccolo fuoco ardeva in un camino posto nella parete di quella che sembrava una stanza di modeste dimensioni. Le fiamme proiettavano strane ombre danzanti sui muri in legno.
Nell’alzarsi a sedere, May affondò le mani su qualcosa di soffice e scoprì di trovarsi su un materasso di paglia, avviluppata in una morbida e ampia coperta di lana.
“Oh, finalmente! Ero sicuro che ti saresti svegliata in tempo per l’ora di cena, furba di una sorellina!”.
“Kili!” esclamò lei, stupefatta. Non si aspettava di vedere l’amico seduto ai piedi del letto; Bilbo era con lui.
“Dove mi trovo? E dove sono tutti?”.
“Sei nella casa di Beorn”, rispose il Nano. “Questo comodo giaciglio l’ha preparato lui, tutto per te. Gandalf sa essere persuasivo, quando vuole: se non siamo stati divorati, è solo merito suo! Gli altri stanno cenando di là, in cucina. Il nostro anfitrione è un tipo gentile, sai… Credo abbia capito che, se pure non siamo suoi amici, non deve considerarci dei nemici”.
“Vuoi dire che avete conosciuto l’orso?” domandò May, sgranando gli occhi.
Kili rise. “Oh no no, è stato l’uomo ad accoglierci in casa, ma andiamo per ordine. Il fatto è che, quando sei svenuta all’improvviso, stavamo correndo verso il cancello e Fili ti ha recuperato immediatamente da terra, prendendoti in braccio; noialtri, nel frattempo, abbiamo quasi sfondato la porta principale prima di barricarci tutti all’interno, per sfuggire alla furia dell’orso che ci inseguiva. C’è mancato poco che ci sbranasse! Per fortuna, dopo un po’ si è calmato e Gandalf si è arrischiato ad uscire per tentare di ragionare con lui, che intanto aveva ripreso le sue sembianze umane. Devo ammetterlo, il nostro stregone ci ha saputo fare: ha lasciato che venissimo fuori allo scoperto due alla volta chiamandoci per nome, per non metterci in pericolo, presentandoci in questa maniera mentre Beorn era intento a spaccare la legna. Ma sei stata tu a fare il resto!”.
“Io?!”.
“Ebbene sì, cara la mia sorellina! Se Beorn non ti avesse vista apparentemente priva di vita tra le braccia di mio fratello, dubito che ci avrebbe offerto ospitalità in casa sua. Gandalf è stato chiaro: avevi urgente bisogno di cure!”.
May emise un sospiro; non sapeva se rammaricarsi per aver fatto preoccupare i compagni, o se rallegrarsi per il lieto fine.
“Siamo stati in pena per te” intervenne Bilbo in tono carezzevole. “Avevi la febbre alta. Come ti senti adesso?”.
“Molto bene, grazie”. Un colpo di tosse smentì la risposta di lei. “Mi rincresce, non era mia intenzione crearvi disagi. Se non altro, ho imparato che la pioggia e il vento non sono l’ideale, per un’apprendista guerriera non avvezza alle escursioni in alta montagna!”.
Kili e Bilbo sorrisero.
“Suppongo che tu abbia appetito! Vado a prenderti qualcosina da mettere sotto i denti, anzi no… Sarà qualcun altro a portarti la cena!”. Kili si alzò e, infilando la porta, si voltò verso l’amica.
“Non mi dispiace che tu sia ammalata” aggiunse, ignorando l’espressione attonita di lei. “Così il mio fratellone potrà prendersi cura di te!”. Strizzò l’occhio e uscì.
“Beh, non ha tutti i torti…” esclamò Bilbo, ridacchiando.
“Hey, scassinatore! Ti ci metti anche tu?!” lo riprese May per metà contrariata, per metà divertita.
“Se ti stai chiedendo dov’è lui, sappi che è rimasto qui a vegliarti per tutto il giorno” proferì lo hobbit, indovinando i pensieri di lei. “Non ti ha lasciata neppure un attimo e Kili lo ha quasi buttato fuori a calci, un pò prima che ti svegliassi, per mandarlo di là a mettere giù un boccone!”.
May tacque, e Bilbo scorse in quegli occhi puri una profonda emozione.
“Non ti chiedo cosa provi per Fili poiché mi è ormai chiaro”, proseguì il signor Baggins facendosi serio. “Ciò che invece voglio domandarti, è: lui sa dei tuoi sentimenti?”.
Lei scosse lievemente il capo.
“Penso che dovresti dirglielo, May. Ha il diritto di sapere. Probabilmente lui immagina, spera ardentemente che tu ricambi il suo affetto, tuttavia dovrebbe averne la conferma dalla tua voce, non credi anche tu?”.
“Lo vorrei, Bilbo… Non puoi neanche immaginare quanto! Ma come posso pensare di fargli una simile rivelazione, senza prima considerare tutte le conseguenze?”.
“Lo so. Sei riluttante all’idea di aprire il tuo cuore, in quanto temi che questo possa rendere Fili vulnerabile. L’ultima cosa che vuoi è esporlo al pericolo e compromettere l’esito della missione. Ti preoccupi per lui come per tutti noi e questo ti fa onore, ma adesso ascolta quanto ti dico: se l’amore che vi unisce è sincero, cosa di cui non dubito, posso assicurarti che non accadrà niente di male. Al contrario, il vostro legame potrebbe addirittura portare qualcosa di inaspettato… Qualcosa di buono!”.
A questo, May non aveva pensato. Tutto ciò che occupava la sua mente, che le premeva sopra ogni altra cosa sin dal giorno della partenza, era l’incolumità di Fili.
“Oh, a proposito di rivelazioni: mio bravo scasshobbit, non penserai che mi sia dimenticata del nostro segreto… Saremo soli ancora per poco, temo, e chissà quanto tempo dovrà passare prima che si ripresenti un’occasione del genere! Coraggio, voglio sapere tutto!”.
Quella ragazzina era piuttosto abile nel cambiare argomento in un batter d’occhio facendo girare la conversazione a proprio vantaggio, pensò Bilbo esitando.
“Suvvia, non farti pregare!” lo incoraggiò May. Non c’era traccia di invadenza nel suo mite sguardo, solo un’amichevole curiosità che alla fine vide lo hobbit sciogliersi e parlare con una tale spontaneità da meravigliare se stesso per primo.
Così, per la prima volta, Bilbo si ritrovò a raccontare per filo e per segno del suo incontro con Gollum e della scoperta dell’Anello. May lo ascoltò con quieta attenzione e, a resoconto terminato, fece del proprio meglio per ostentare uno stupore che non le apparteneva; in realtà, avrebbe voluto mettere in guardia il suo amico da quel pericoloso oggetto magico del quale lui ignorava l’origine e la potenza, ma si rendeva conto che ciò avrebbe significato interferire con gli eventi presenti e futuri, stravolgendone il corso. Si limitò a riflettere per un momento, dopodiché si decise a manifestare quella che le parve la più naturale delle reazioni: una sana incredulità.
“Aspetta, vediamo se ho capito bene” disse, fingendo di riordinare le idee. “Dalla Città dei Goblin, sei piombato in una caverna nel profondo della montagna dove hai incontrato una subdola creatura gorgogliante e affamata, che ti ha sfidato ad una gara d’indovinelli: se fossi stato tu a vincere, lui ti avrebbe mostrato la via d’uscita, altrimenti saresti finito dritto nel suo stomaco vuoto. Eravate in una situazione di perfetta parità quando tu, essendo privo di ulteriori idee, gli hai chiesto cos’avessi in tasca; la creatura ha fornito tre risposte sbagliate e malgrado ne fossi uscito vincitore non ti avrebbe risparmiato, a dispetto della promessa iniziale, se non fossi scomparso dalla sua crudele vista grazie ad un anello precedentemente raccolto da terra e infilato quasi inavvertitamente al dito al momento opportuno. Invisibile com’eri, ti è stato possibile trovare l’uscita senza alcuna difficoltà seguendo il tuo aggressore, il quale credeva di inseguire te. Cosa ho tralasciato?”.
“Nulla”, rispose Bilbo. “E’ tutto”.
“Straordinario… Non c’è che dire!” ammise May. “Storie di questo tipo sembrano uscite fuori direttamente dai libri per bambini e hanno la capacità di lasciarti a bocca spalancata! E’ stata una fortuna inattesa che tu sia riuscito a salvarti grazie ad un semplice, minuscolo oggetto dalle magiche virtù, com’è stata una fortuna per quell’essere che tu non l’abbia infilzato con la tua spada!”.
Lo hobbit fissò la giovane amica con evidente sorpresa, ignaro del fatto che la sua pietà – la pietà dei Baggins – avrebbe cambiato il destino di molti.
“Vedi, Bilbo” continuò lei “in tutta onestà, ritengo che tu abbia compiuto un grande atto di altruismo nei confronti di quell’essere meschino. Che qualcuno meriti di morire oppure no, credo che nessuno di noi abbia il diritto di strapparlo alla vita, a meno che non sia strettamente indispensabile. Hai agito con saggezza, come pochi altri avrebbero fatto al tuo posto!”.
Quelle parole, non elargite a caso, erano il frutto dei preziosi insegnamenti di Gandalf, dei quali May aveva fatto tesoro negli anni. Ma c’era di più. Le era altresì tornata alla mente una lezione del capitano Faramir di Gondor, che recitava: “Non uccido uomo o bestia inutilmente, e mai con piacere”.
Il signor Baggins stentava a credere di aver udito un simile discorso da una giovinetta come colei che lo guardava sorridendo dal suo lettino; improvvisamente si sentì fiero di May, almeno quanto lei lo era di lui.
Dei colpetti leggeri risuonarono all’uscio, facendo voltare i due.
“Qualcuno ha ordinato la cena?”. La testa bionda di Fili fece capolino all’interno e, non appena la vide, lo hobbit si alzò.
“La nostra eroina merita di mangiare tutto ciò che desidera, stasera” asserì con convinzione. “Quanto a me, credo di essermi trattenuto a sufficienza. Guarisci presto, May!”. Bilbo augurò la buonanotte e lasciò la stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
“La cena è in ritardo” protestò May, sforzandosi senza troppo successo di dissimulare la felicità che provava nel vedere Fili. “Cominciavo a pensare che ti fossi dimenticato di me…”.
Lui la guardò accennando un sorriso compiaciuto tra i baffi; adorava quel finto tono stizzito e, se avesse potuto fare a modo suo, si sarebbe lanciato su quella cuccia di fieno per catturare il viso di lei e torturarlo di baci fino al mattino. Posò il calice e il piatto con le cibarie su un tavolino nell’angolo a sinistra del caminetto e si chinò per ravvivare il fuoco, dando le spalle a May.
“Dimenticarmi di te, dici… E tu, che hai passato l’intera giornata a dormire beata senza degnarti di aprire gli occhi un solo secondo, per donare un briciolo di sollievo ad un povero viaggiatore stanco e affranto che non ha smesso di curarti? Vogliamo parlare di te?” replicò Fili, stando al gioco.
“Non mi sento per niente in colpa, se ci tieni a saperlo” confessò May con una piega ironica sulle labbra che lui non poté vedere.
Finito che ebbe di riattizzare la fiamma, il Nano tornò in piedi e si girò verso di lei; sollevò le sopracciglia con fare interrogativo e vagamente provocatorio. Risero entrambi.
“Ammettiamo pure che io mi senta un pochino in colpa per aver approfittato di te, mio malgrado… In che modo posso fare ammenda?” chiese May, con l’aria colpevole di una bimba che ha rubato i biscotti dalla dispensa della mamma.
“Potresti cenare, per esempio”, la illuminò Fili indirizzandole un occhiolino.
“Non ho molta fame, a dire il vero”.
“May, cerca di essere ragionevole: non puoi sperare in una pronta guarigione, se non riempi lo stomaco. Ecco, manda giù questo: è caldo, farà bene alla tua gola!”.
Fili porse alla fanciulla un boccale di latte fumante con miele e lei lo bevve a piccoli sorsi, per poi addentare una spessa fetta di pane e burro dal piatto che lui le aveva poggiato sulle ginocchia con affettuosa sollecitudine. Per invogliarla a mangiare, il giovane si accomodò per terra di fianco al basso letto su cui lei sedeva, illustrandole la cena coi compagni avvenuta nella sala da pranzo di quella che, più che una casa, appariva come una spaziosa stalla ben fornita e accogliente. Le raccontò della rude cortesia del padrone di casa, delle api giganti che svolazzavano dappertutto e dei cavalli dal pelo lucido che con curiosità osservavano gli ospiti dalle finestre, con la promessa che l’indomani – se si fosse sentita meglio – le avrebbe mostrato il giardino, nel quale crescevano dei magnifici fiori di una specie a lui sconosciuta.
May, avida di ogni singola parola, ascoltava affascinata quella voce profonda e gentile che parlava per lei, soltanto per lei. Si sentiva lusingata dalle premure che le riservava il suo principe – come aveva preso a chiamarlo nei più intimi pensieri – e non poteva fare a meno di domandarsi se fosse degna di riceverle. Soprattutto, lui era davvero il suo principe? Lo sarebbe mai diventato, un giorno?
Un improvviso attacco di tosse la piegò in due e il boccale vuoto scivolò giù dal materasso, rotolando sul pavimento. Fili scattò in piedi.
“Che vadano in malora le mie chiacchiere!” disse, affrettandosi a coprire May dopo averla adagiata sul cuscino. “Ho lasciato che ti raffreddassi, non ho scuse!”.
“Non dire sciocchezze, hai fatto per me più di quanto mi fosse dovuto! Stà tranquillo, sto bene” tentò di rassicurarlo lei. Ma gli occhi lucidi e le guance in fiamme dicevano l’esatto contrario.
“Non sembra affatto” mormorò Fili ansioso, poggiando il palmo sulla fronte scottante della donna. Si inginocchiò vicino a lei e le tastò delicatamente il polso minuto; rimase in silenzio per qualche istante, esaminandola con attenzione. Le pulsazioni di May stavano aumentando, e non solo a causa della febbre; era sempre così quando lui si avvicinava o la toccava, pensò la fanciulla mentre respirava a fondo nel tentativo di calmare il battito furioso del cuore.
“La temperatura sta salendo di nuovo”, osservò Fili con un’ombra di inquietudine sul volto. “Ma non temere: presto sarà tutto passato. Una buona dormita non potrà che farti bene!” affermò alla fine, incoraggiante. “Ora è tempo che vada”.
Si era appena voltato, pronto ad alzarsi per lasciar riposare la malata, quando sentì la mano bollente di May afferrare la sua e trattenerla con appassionata energia.
“Fili…”.
La supplichevole dolcezza di quella voce vibrò nell’aria come il più soave e incalzante dei richiami; il cuore di lui, già traboccante di amore, ne fu trafitto. Fili restò in ginocchio di fianco al letto e si chinò leggermente sulla giovane donna, ammaliato dalla muta intensità di quello sguardo che seppe scuotere ogni fibra del suo essere. Se poco prima era stato sul punto di andarsene, adesso sapeva che per l’intera notte non si sarebbe staccato da May: tutto, dentro e fuori di lui, gridava il suo nome. Ogni muscolo, ogni pensiero, ogni respiro era disperatamente, meravigliosamente pieno di lei.
Con la mano di Fili stretta nella sua, May si affannava a cercare le parole migliori per cominciare un discorso importante.
“Voglio dirti una cosa…”. Esordì timidamente – nella speranza di risultare il più semplice e diretta possibile – ma s’interruppe immediatamente, incapace di continuare. Il momento sembrava perfetto, eppure non era quello giusto: voleva davvero confessare a Fili i propri sentimenti distesa com’era su un fitto strato di foraggio, febbricitante?
“Voglio dirti…” ripeté, incerta e nervosa, racimolando il coraggio necessario per esternare almeno una minuscola porzione delle emozioni che agitavano il suo animo.
“E’ stato bello… Essere avvolta dal tuo calore, la scorsa notte…”.
Forse i consigli di Bilbo avevano reso May audace, o forse fu semplicemente l’amore che ardeva in lei a guidarla quando – dopo aver finalmente parlato – portò la mano di Fili al viso, sfiorandone lentamente le dita con le labbra brucianti. Lui chiuse gli occhi: un sospiro lungo e tremante gli uscì dal profondo del petto.
Adagio, il Nano spinse il ginocchio in avanti affondandolo nella paglia e si coricò accanto alla donna, cingendola con un braccio sopra la coperta; nell’avvicinarsi, sfiorò la graziosa guancia cocente col soffio del proprio fiato e, mentre stringeva dolcemente a sé quel corpo squassato da brividi implacabili, sentiva che la vera missione della sua vita sarebbe stata rendere felice colei che amava.
Fili non si mosse fino a che May – spossata – non si abbandonò al sonno con la mano intrecciata alla sua appoggiata sulla bocca dischiusa, il cui tocco squisito ancora aleggiava sulle sue dita frementi. Allora scivolò via cautamente per andare ad aggiungere altra legna sul fuoco; mantenere l’ambiente caldo era di vitale importanza. Alla luce vacillante della nuova fiamma, dopo averle rimboccato le coperte, il giovane rimase immobile come fuori dal tempo a contemplare la dormiente, perso nella candida bellezza del suo volto rilassato; il respiro della fanciulla, fattosi lento e regolare, era in grado di placare le inquietudini che gli eventi più recenti avevano destato in lui.
 
“Buonanotte, mia piccola guerriera!” bisbigliò Fili teneramente; accostò le labbra alla fronte di lei e vi depose un bacio lieve come l’aria, quasi a non voler sciupare il più prezioso dei tesori.
 
 
-s-s-s-
 
 
May si svegliò sorprendentemente piena di energie e si domandò che ora fosse; il freddo e la stanchezza se n’erano andati, lasciando il posto ad una fame da lupi. Persino la tosse era quasi del tutto sparita, grazie all’effetto benefico del latte caldo mescolato col miele. Si era giusto sollevata a sedere con una mezza idea di correre alla finestra e spalancare le imposte, quando si accorse di una mano posata sulla sua sopra il cuscino di fieno. Il bagliore di un fuocherello che perdurava scoppiettante nel camino le mostrò una folta e lunga chioma sparsa sulla coltre di lana: riluceva nella semioscurità come oro puro.
Fili dormiva sereno, la guancia contro la gamba di May che di fronte ad una tale, tenera visione, non seppe resistere e affondò le dita bramose tra i capelli di lui, carezzandoli piano in preda ad un irrefrenabile istinto. Sarebbe rimasta così a lungo, se Kili non avesse fatto allegramente irruzione nella stanza scordandosi di bussare come il suo solito, facendola sobbalzare; reggeva in mano una brocca piena d’acqua che andò a posare sul tavolo, vicino ad una bacinella in ceramica. Aprì la finestra fischiettando rumorosamente.
“Buongiorno, bei piccioncini! Ho forse interrotto qualcosa?”.
“Sì… Il mio sonno!” si lamentò Fili, sbadigliando. “Ma insomma, ti pare il caso di fare tutto questo chiasso di prima mattina?!”.
“Se ti affretti, caro il mio fratellone, troverai la colazione in tavola. Ma se fai tardi, dovrai accontentarti di avanzi e briciole!”. May scoppiò a ridere: la minaccia di Kili non suonava molto seria.
“Fa sempre così?” chiese, rivolta a Fili.
“Ovviamente può fare molto peggio!” ammise quest’ultimo, con un ghigno tanto spiritoso quanto complice.
“Ecco! Vai a fare del bene ai fratelli maggiori!” brontolò scherzosamente Kili, uscendo.
Di nuovo soli, Fili e May si guardarono negli occhi e sorrisero.
“Vedo che la febbre è passata” mormorò lui, sollevato.
“Già”, confermò lei. “Sono pronta per un giretto nei dintorni e, perché no, per riprendere gli allenamenti con la daga, se avremo tempo a sufficienza”.
Fili rise. “Sicura di volere me come maestro? Dimentichi com’è finita l’ultima volta…”.
“E tu dimentichi che dopo l’ultima volta ho infilzato un goblin e un orco!” obiettò May fieramente.
Lui annuì con orgoglio. “Va bene guerriera, più tardi vedremo il da farsi. Adesso sbrighiamoci, o sul serio troveremo soltanto briciole ad attenderci!”.
Aveva quasi oltrepassato la porta, quando lei lo portò a voltarsi.
“Fili!”.
Il blu intenso di quegli occhi colpì May come un fulmine e un’ondata di calore invase il suo corpo.
“… Grazie!”.
Egli non rispose, ma un sorriso dolcissimo si sostituì alle parole che avrebbe voluto pronunciare.


-s-s-s-
 
 
Lavata e rinfrescata alla bell’e meglio, May si unì agli altri nel locale adiacente a quello in cui aveva passato la notte: una grande sala sorretta da colonne fatte di tronchi d’albero, con un ampio camino al centro, acceso, nonostante la stagione. Il pavimento era composto da paglia e, qui e là, una pecorella o una gallina passeggiavano indisturbate tra i commensali. Prendendo posto sulla bassa ed enorme tavola rustica, la giovane vide spuntare il muso di un bellissimo pony bianco e nero dalla finestra che dava sul cortile, e si sentì in pace col mondo.
Al suo ingresso fu accolta da esclamazioni di gioia, fischi e battiti di mani; i compagni sembravano talmente contenti di rivederla, per giunta in salute, che soltanto allora ella realizzò quanto fosse affezionata a ciascuno di loro. Fili le fece posto vicino a lui sulla panca di legno; May sedette tra il Nano e Kili, mentre il suo anfitrione – impegnato a servire la colazione – la osservava con curiosità, studiandone ogni minimo movimento. Era un omone dall’aspetto burbero, alto e grosso, lunghi capelli scuri, fitta barba, braccia e gambe nude; i suoi modi non erano tra i più eleganti che ci si potesse aspettare, eppure si poteva scorgere una buona dose di bontà e gentilezza nello sguardo accigliato.
“Costui sarebbe quindi Beorn?” sussurrò May a Kili, una volta che il padrone di casa le ebbe dato le spalle; era sensato mostrare un minimo di sorpresa, pensò, sorseggiando il suo primo boccale di latte fresco di giornata.
“Proprio lui in carne ed ossa, o forse dovrei dire in pelo ed ossa” replicò Kili sottovoce. “Stanotte l'ho visto aggirarsi per la casa, e non in forma umana!”.
Beorn era l’ultimo dei mutatori di pelle e detestava gli orchi più dei Nani: Azog il Profanatore aveva sterminato quasi tutti i suoi familiari, alcuni dei quali li aveva resi schiavi, torturandoli per puro divertimento. Quando seppe che i suoi ospiti avevano intenzione di raggiungere la Montagna Solitaria prima degli ultimi giorni d’autunno e che avrebbero attraversato Bosco Atro prendendo la via elfica, li mise in guardia sugli elfi silvani – che reputava meno saggi e più pericolosi rispetto ai loro parenti – e sulla forza oscura che gravava su quella foresta, ma soprattutto li avvisò della presenza degli orchi, di cui quelle terre brulicavano.
Circa due ore più tardi i viandanti si rimisero in viaggio, con disappunto di May, che avrebbe voluto trattenersi ancora un po’ per riprendere gli allenamenti e visitare la fattoria. Beorn, dopo aver scambiato qualche parola in privato con Gandalf, gli aveva suggerito di proseguire, finché ci fosse stata la luce.
Aveva inoltre riempito di cibo i bagagli dei Nani e prestato loro dei pony, che li portarono in sella fino all’entrata della foresta, dove furono lasciati liberi di tornare dal padrone, com’era stato pattuito. Il bosco nel quale la compagnia era in procinto di addentrarsi non aveva un bell’aspetto; secondo Gandalf, l’unica maniera di aggirarlo era recarsi duecento miglia a nord o quattrocento a sud. Il tempo incombeva inesorabile su di loro e la scelta fu obbligata dalla necessità di spingersi avanti, ma c’era di peggio: lo stregone se ne stava andando. C’erano questioni urgenti da risolvere, questioni di importanza vitale che non potevano aspettare. Quando ebbe informato i compagni della sua risoluzione ne furono tutti costernati, in special modo Bilbo; May lo vide parlare in disparte con Gandalf e capì che era sul punto di rivelargli dell’Anello, ma alla fine lo hobbit ci ripensò e lei sentì gravare su di sé il peso di una certa responsabilità, essendo l’unica della compagnia a conoscere e custodire un segreto di tale portata.
 
“Vi aspetterò allo spiazzo prima delle pendici di Erebor. Tenete la mappa e la chiave al sicuro!”, ordinò lo stregone. “Non entrate in quella Montagna senza di me!”. Ma le raccomandazioni non erano finite.
”C’è un ruscello nel bosco che contiene un oscuro incantesimo: non toccate quell’acqua!”, li avvertì ancora. “Attraversatelo sul ponte di pietra. La stessa aria della foresta è pesante, crea illusioni… Tenterà di entrarvi nella mente e sviarvi dalla strada. Dovete restare sul sentiero, non lasciatelo. Se lo fate, non lo ritroverete mai più! Qualunque cosa accada, restate sul sentiero!” gridò infine, galoppando via come una freccia nel vento.
 
“Coraggio, dobbiamo raggiungere la Montagna prima che il sole cali su dì di Durin!”. La voce sicura di Thorin incitò i compagni a proseguire oltrepassando la porta degli elfi, dalla quale partiva il sentiero. May fece un passo ma subito dopo si voltò, fermandosi a guardare Gandalf che scompariva nel verde all’orizzonte. A differenza degli altri, ella sapeva che la loro guida era stata costretta a lasciarli per indagare sulla faccenda del Negromante di Dol Guldur, ciononostante, si rese conto di provare una cocente delusione: lo stregone se n’era andato senza un consiglio, senza un cenno, senza una parola per lei.
”Stavolta lui non verrà in nostro aiuto. Ora siamo soli!” pensò, sospirando rassegnata.












Nota dell'autrice:

Con questo capitolo, si apre il film "Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug". Spero vivamente che continuerete a seguire la mia storia come avete fatto fino ad oggi: il vostro entusiasmo e il vostro interesse sono la linfa vitale della mia ispirazione! Grazie di cuore a tutti voi!

Claudia






  
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Princess_of_Erebor