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Autore: FrancescaPotter    25/06/2017    3 recensioni
Questa è una serie di OS sui personaggi di Shadowhunters; tendenzialmente sono ambientate dopo TWP e riguardano la vita di tutti i giorni delle coppie principali, ma non escludo di poter scrivere anche dei missing moments o simili.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Jace Lightwood, Julian Blackthorn, Simon Lewis
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Scrivo le note dell'autrice in alto per questa prima OS così da introdurre la raccolta.
Ciao a tutti, se non mi conoscete ancora, mi chiamo Francesca. E sì, faccio schifo perché ho una long su Rose e Scorpius quasi terminata ma che non mi decido a completare. In realtà ci sto lavorando, quindi dovete avere fede ahah.
Questa raccolta di OS è nata dopo aver letto Lord of Shadows, io e una mia amica avevamo la necessità di un po' di dolcezza dopo l'ultimo libro della Clare e quindi sono uscite quattro OS -per ora sono quattro, spero aumenteranno- molto dolciose e mielose, perciò se non siete dell'umore per un po' di zucchero, non sono le storie che fanno per voi!
Non ci sono spoiler da LoS, forse qualche riferimento a LM, mentre invece è probabile incorrere in spoiler dei libri passati -TMI, TID e le varie cronache. Ovviamente TWP, ultima saga sugli Shadowhunters, così come l'ultimo libro di TDA, non sono ancora usciti, quindi qualsiasi cosa io scriva a riguardo -tipo che SImon è console- me lo sono inventata di sana pianta e non so se accadrà. Non so neppure se sopravviveranno tutti, ma quello lo spero vivamente. 
Qui sotto vi metto la prima e nei prossimi giorni pian piano pubblicherò anche le altre. :)
E nulla, spero vi piacciano e vi trasmettano emozioni positive. Di solito non mi piace scrivere storie troppo sdolcinate, ma scrivere queste OS è stato un piacere, quindi spero davvero vi tirino su di morale. <3
Un bacio,
Francesca

The boy never cried again

 
«È stato molto sexy» disse Jace, senza staccare le labbra da quelle di Clary. «Il modo in cui hai mozzato la testa a quei due demoni in un colpo solo».
Clary, le braccia allacciate dietro al collo di Jace e il corpo premuto contro al suo, si mise a ridere. «Credo che sia meglio spostare questa conversazione a casa. Non penso proprio che il Conclave sarebbe molto contento se scoprisse che è così che passiamo le nostre serate di pattuglia».
«Abbiamo rispedito nella loro dimensione tutti i demoni Mantide della zona, direi che per oggi il nostro lavoro è concluso». Jace la sollevò da terra, continuando a baciarla, sempre con più trasporto.
Il vicolo era deserto, fatta eccezione per qualche ragazzo ubriaco che usciva ogni tanto da un locale squallido per fumare una sigaretta. L’unica fonte di luce era l’insegna al neon del pub –The Night Hour- che conferiva alla strada un’aria spettrale.
Jace mise Clary a terra e lei gli diede un bacio sul collo, sotto la mandibola. Jace chiuse gli occhi e sospirò.
«Sì, direi che andare a casa il più in fretta possibile è la decisione più saggia» disse con un ghigno, ma il sorriso gli si congelò sulle labbra quando vide, grazie alla runa che potenziava la vista, qualcosa muoversi alle spalle di Clary. La ragazza se ne accorse e sfoderò la spada con la mano destra, girando su se stessa e infilando la lama nel cranio di un demone Mantide superstite. Il demone emise un suono agghiacciante e scoppiò in mille pezzi, facendo ritorno alla sua dimensione.
«Wow» disse Jace con ammirazione. Clary si era mossa ancora prima che lui potesse mettere mano all’elsa del pugnale. Se qualcun altro lo avesse preceduto, Jace si sarebbe sentito infastidito, ma si trattava di Clary, l’unica persona che Jace avrebbe mai ammesso essere più bella e più brava in qualcosa di lui stesso medesimo. «Vuoi la mia morte, donna».
Ma qualcosa non andava. Clary continuava a dargli le spalle, ora leggermente incurvate. Si portò una mano alla testa e si voltò piano, ma non fece in tempo a fare un passo verso di lui che le sue gambe cedettero.
Ora Jace, benché colto di sorpresa, ebbe i riflessi pronti. Scattò in avanti e la afferrò prima che toccasse terra. Le passò un braccio sotto le ginocchia e un altro dietro la schiena, sollevandola come se fosse fatta di carta velina. Era abituato a vedere Clary come una guerriera con acciaio che scorreva nelle vene, e spesso si meravigliava di quanto in realtà fosse leggera e delicata.
«Clary» la chiamò piano Jace, una terribile sensazione di déjà-vu lo attraversò come la lama di una spada. Si ricordò la prima volta che l’aveva incontrata, quando era stata punta dal divoratore mandato da Valentine ed era quasi morta.
Senza perdere un istante di più, Jace si mise a correre.
 
---

 
Entrò in casa di Alec e Magnus come se avesse l’inferno alle calcagna.
«Jace, che cosa ci fai qui?» chiese Alec, chiudendo la porta alle sue spalle. Quando vide Clary svenuta tra le sue braccia sbiancò. «Cos’è successo?»
Quello era il punto, ciò che aveva tormentato Jace lungo tutto il tragitto dal locale notturno al loft di Magnus: non era successo niente.
«Magnus» disse Jace con voce roca. «Dov’è Magnus?»
Magnus arrivò dalla camera da letto con aria assonnata. Indossava un paio di morbidi pantaloni di velluto viola abbinati a una vestaglia dello stesso colore. I suoi occhi felini si accesero non appena si posarono sul viso spaventato di Jace e su Clary.
«É ferita?» chiese, avvicinandosi.
«No» disse Jace, e la sua voce suonava estranea alle sue stesse orecchie. «Ha ucciso un demone ed è svenuta. Non è stata colpita, non ha battuto la testa, non le è schizzato addosso nessun icore. Ho anche provato a disegnarle un iratze, ma non si sveglia».
Magnus mise due dita sul collo di Clary con fare esperto e annuì. «È svenuta, questo è certo. Gli iratze guariscono le ferite, non ti fanno riprendere i sensi, quindi non mi stupisce che non abbia funzionato».
«Ma perché?» chiese Jace «Perché è svenuta?»
«Questo» disse Magnus. «Ancora non so dirtelo. Dalla a me, la porto in una delle camere così posso lavorare meglio».
Magnus fece per prendere Clary dalle sue braccia, ma Jace lo fulminò con lo sguardo e si scostò di lato.
«Fai strada» gli disse serio. Non avrebbe lasciato Clary con nessuno, neanche con Magnus. Sarebbe restato con lei per tutto il tempo.
Magnus alzò gli occhi al cielo e borbottò a bassa voce qualcosa che somigliava molto a “Nephilim!” e lo condusse lungo il corridoio, in una piccola stanza con delle tende arancioni.
Jace depositò Clary sul letto e si sedette accanto a lei. Non appena le prese la mano, Clary spalancò gli occhi e Jace si ritrovò immerso in quel mare verde giada che tanto amava.
«Clary» disse, la voce spezzata per lo stupore.
Clary fece per tirarsi su a sedere, ma Magnus la bloccò. «Piano, biscottino» le disse, versando in un bicchiere un intruglio verdastro. «Bevi questo, ti sentirai meglio»
«Cos’è successo?» Chiese confusa, accettando il bicchiere con un sorriso e portandoselo piano alle labbra.
«Sei svenuta» le ricordò Jace con apprensione.
Clary lo guardò e sbiancò. «Sto bene» si affrettò a dire. Gli carezzò i capelli con una mano e poi gliela posò sulla guancia. «Va tutto bene, Jace».
Jace chiuse gli occhi e si abbandonò a quel tocco. Voltò il capo e le baciò il polso. Era sollevato perché Clary era di nuovo cosciente, ma non si poteva ancora dire del tutto tranquillo.
Magnus schioccò le dita. «Ora che hai condotto tu stesso la tua bella addormentata –ora non più così addormentata- su questo giaciglio, mi spiace dirti che te ne devi andare».
Jace fece per protestare, ma Alec era entrato nella stanza, e lo stava guardando.
«Jace» disse con la sua voce tranquilla, una delle poche in grado di calmarlo quando tutto ciò che desiderava fare era urlare. «Vieni di là con me. Lascia a Magnus lo spazio per lavorare».
Jace annuì controvoglia e seguì il proprio parabatai in salotto.
«So che è difficile» gli disse Alec, che stava cullando Max tra le braccia. «Ma a volte si deve fare un passo indietro e lasciare qualcun altro prendersi cura di coloro che amiamo».
«Lo so» disse Jace, camminando avanti e indietro davanti alla televisione, incapace di fermarsi. «Ma si tratta di Clary. È diverso».
Alec sospirò e gli si avvicinò. «Tieni» gli disse, mettendogli in braccio Max, un bellissimo bambino di tre anni con la pelle blu. Jace all’inizio parve allarmato: gli piaceva Max, ma se si fosse messo a piangere?
Max invece si stropicciò gli occhi e appoggiò la testa sulla spalla di Jace, succhiandosi il dito.
«Gli sei sempre stato simpatico» disse Alec con semplicità. «E dicono che i bambini siano in grado di calmare i nervi».
Era vero. Era come se il cuore di Jace, che stava battendo all’impazzata, stesse pian piano rallentando per andare di pari passo con quello di Max.
Magnus li raggiunse poco dopo. Senza degnarli di uno sguardo prese carta e penna e si mise a scrivere qualcosa velocemente, poi agitò la mano destra e delle scintille rosso e oro avvolsero il foglio, che si dissolse nel nulla. «Ho mandato un messaggio di fuoco ai Fratelli Silenti» spiegò. Poi, davanti all’espressione di Jace, si affrettò ad aggiungere. «Clary sta bene. Ti prometto, Jace, che starà bene. Ho solo bisogno di… un consulto, diciamo così».
Jace non si sentiva rassicurato, ma non disse niente e continuò a camminare avanti e indietro reggendo Max tra le braccia. Alec e Magnus si misero a parlottare a bassa voce tra di loro, nel modo in cui le persone innamorate fanno, estraniandosi dal resto del mondo.
Max grugnì un po’ e si agitò nel sonno, e Jace ebbe paura che si svegliasse e si mettesse a piangere. Gli diede un bacio sulla fronte e il bambino parve tranquillizzarsi, come se Jace avesse in qualche modo scacciato l’incubo che lo turbava.
Il Fratello Silente arrivò quasi immediatamente e seguì Magnus nella stanza dove riposava Clary. Jace non si accorse della sua presenza fino a quando non lo sentì parlare nella sua mente, la voce fredda come la lama di una spada.
Jace Herondale, disse. Clarissa desidera vederti.
Jace non se lo fece ripetere due volte. Passò Max in braccio ad Alec e si precipitò da Clary.
Stava seduta sul letto, la schiena appoggiata a un paio di cuscini e le gambe stese davanti a sé sotto le coperte. Si era sciolta i capelli, che ora le ricadevano sulle spalle come morbide onde rosso fuoco.
Quando lei lo vide, il suo viso si illuminò e allungò le braccia verso di lui. Jace le si sedette accanto sul letto e la abbracciò forte.
«Ero preoccupato» le disse, continuando a stringerla a sé.
«Lo so» disse Clary vicino al suo orecchio. «Ma sto bene».
Jace la lasciò andare. La guardò in viso, poi le passò le mani sulle spalle, sul collo, come ad assicurarsi che fosse davvero lì, viva. «Che cos’ha detto il Fratello Silente?»
Gli occhi di Clary si spalancarono e Jace poteva vedere il proprio volto riflesso in quelli. «Jace». Clary pronunciò il suo nome in un sussurro, poi gli prese la mano.
Jace voleva urlare -perché poteva dire dalla sua espressione che c’era qualcosa che Clary non gli stava dicendo- ma si costrinse a tacere e a prendere un respiro profondo.
«Oggi non ho mangiato. Magnus ha detto che è per quello che sono svenuta».
Jace non capiva. Clary non si era mai preoccupata del suo peso. Al contrario, a volte si era lamentata perché credeva di essere troppo magra, anche se secondo Jace era bellissima così.
Clary scosse il capo e Jace notò che i suoi occhi erano lucidi come vetro. «Non ho mangiato perché non mi sentivo bene, solo l’odore del cibo mi dava il voltastomaco. Fratello Enoch ha detto che è perché sono incinta. Aspettiamo un bambino, Jace».
Jace deglutì. Perché si era preparato ad affrontare ogni scenario apocalittico a cui era stato in grado di pensare, ma non si era preparato per quello.
«O mio dio» disse.
«Cosa vuol dire “O mio dio”?» Chiese Clary titubante. «O mio dio è una catastrofe, oppure o mio dio è fantastico?»
Jace in risposta la attirò a sé. Sapeva che stava tremando ma non gli importava. Le baciò prima le guance, poi il naso, la fronte, mentre le diceva che la amava e che non si era mai sentito così felice in tutta la sua vita. «Sarò migliore» le disse infine, guardandola fisso negli occhi. «Di Valentine, intendo».
«Oh, Jace» Clary gli carezzò piano i capelli. «Lo so. Ne sono sicura».
Jace le diede un bacio sul ventre e Clary si mise a ridere. Quando alzò il capo, Clary lo stava guardando. Allungò una mano e gliela posò sulla guancia. Solo allora Jace si rese conto che il suo viso era bagnato. Jace, il bambino che non pianse mai più, stava piangendo.
 
  
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