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Autore: tixit    25/06/2017    0 recensioni
Dopo Teoricamente Theoric, una storia brevissima su inganni, baci sotto la luna, cose che non si dicono e cose che non serve dire.
[Pre-Thor]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cose che si dicono

Loki la osservò mentre si guardava allo specchio incerta, le stoffe drappeggiate sopra i suoi vestiti e contro la pelle del viso - le sarte intanto cicalavano senza requie, ma nessuno le stava ascoltando.

Si ricordò di quando aveva deciso di invitarla al suo primo ballo importante: aveva pensato che Sigyn non aveva una madre che le insegnasse a vedersi bella ritrovando dentro di sé le cose amate in chi la amava.
Lui aveva avuto Frigga che gli aveva insegnato a combattere nel modo che a loro due veniva meglio - una serie di gesti fluidi concatenati, il cui scopo era muoversi, colpire, evitare, senza fermarsi, un movimento che scivolava dentro l’altro, versatile ed imprevedibile, che finiva per dettare il ritmo del combattimento.
Se con Tyr aveva imparato ad incassare senza far capire quanto gli bruciasse - nessun danno permanente solo grazie a Lady Eir - con sua madre aveva imparato che poteva vincere, che c’erano altri come lui, che non possedevano la forza dirompente di Thor, e che comunque vincevano, nel modo che era loro per natura. Che era una cosa, insomma, che poteva succedere.

D’impulso si avvicinò a Sigyn e cercò di spiegarle cosa le sarebbe stato bene e perché, sciogliendole i capelli, scuri e lucidi e ammirandone le sfumature, che gli ricordavano ogni volta il guscio delle castagne. Solo i bambini, qualunque fosse il colore dei loro capelli, avevano quel privilegio della non uniformità, mentre tra gli adulti pochi, pochissimi - era bello, come avere la prova di conservare ancora qualcosa dell’infanzia. Magia, curiosità, innocenza.

La vide abbassare lo sguardo, il rossore che le lambiva le guance e pensò che era colpa delle parole velenose di Sif, che poi alla fine erano state le sue. Ma lui non aveva mai pensato che il sesso fosse in una relazione esclusiva con l’affetto. Mai.

Invidiò un pochino Theoric con il suo animo semplice. E la sua libertà.

La capo-sarta, una donna alta ed imperiosa consegnò Sigyn a due ragazze più giovani, che se la portarono via per misurarla come fosse uno strano pacchetto.

“Mi ha fatto molto piacere quando mi avete chiesto un appuntamento, Vostra Altezza Reale.”

“E a me ha fatto molto piacere che abbiate trovate del tempo per me con così poco preavviso, Mia Signora.”

La donna lo stava studiando e lui la lasciò fare. Come ogni altra volta.
Sorrise tra sé, infilandosi le mani in tasca, rilassato. Gli piaceva quella stanza del laboratorio, con la sua confusione e l’evidente creatività. Osservò con occhio critico la scaffalatura che andava da parete a parete, con i rotoli di stoffa e le bobine di filo, disposti disordinatamente eppure secondo sfumatura - ordine e caos. E lo incuriosivano i campioni di stoffa appuntati sopra dei disegni a carboncino.
Frigga si sarebbe divertita.

La donna lo invitò a sedersi su un divanetto. Portava i capelli grigi lunghi fino alle spalle trattenuti in parte da un fermaglio vistoso, e sfoggiava un paio di penetranti occhi chiari sotto due sopracciglia importanti - aveva indubbiamente una buona dose di carisma e questo le doveva essere servito quando era stata un’attrice.

Una ragazza arrivò di corsa con un vassoio con il tè e di corsa scomparve, lasciandoli soli.

“Cosa devono vedere quando la guarderanno, Vostra Altezza Reale?” Andò dritta al punto, mentre gli versava il tè con modi impeccabili, più Lady di una Lady.

“Non la mia amante - non lo è.” Questo doveva essere chiaro. “E non è una Lady. Mia Signora.”

“Una guerriera?” gli occhi della donna brillavano divertiti mentre con studiata cortesia gli porgeva una tazza di tè - le chiacchiere su cosa era successo all’Arena dovevano essere arrivate fin lì.

“Non di quelle che vincono.”

La donna fece un breve cenno con il capo “Credo di averlo sentito dire in giro.”

“Una donna o una ragazzina?” insistette con aria professionale.

“Non è una ragazzina.”

“E’ dolce? E’ tenera? Obbediente?”

Loki corrugò la fronte e sorseggiò in silenzio il suo tè - bella domanda. Come era Sigyn quando lui non la guardava?
Sigyn era rispettosa con tutti - era una ancella del resto, e le ancelle scortesi non duravano a lungo. Con Sif, però, nell’Arena, era stata, non impertinente, ma nemmeno… acquiescente, e, dopo, aveva cercato di metterla in guardia, perché non giocasse contro la magia di Loki. Si era messa contro di lui, insomma - sapeva che lei gli voleva bene, ma non lo vedeva come Re. E sospettava che se Frigga le avesse detto di non vedere più Theoric, lei non avrebbe obbedito - motivo per cui doveva essere lui a lasciarla. Forse aveva ragione Wili sulle Dimenticate.

Tu pensi che io sia una bambina? aveva chiesto, irritata, in quel giardino.

“A un uomo piace pensare che la ragazza che sta corteggiando non sia troppo indipendente.” Theoric si era scusato per qualche frase infelice che a Loki sarebbe stata perdonata.

“Alla pari ti andrebbe bene?”

Aveva trattenuto un commento sarcastico a stento. Nessuno era alla pari con un Principe della Casa dei Borson.
Solo che lei non stava parlando a Loki.

Non le aveva risposto, quella volta. Nemmeno Frigga era alla pari di Odino.

Ma lui osservava una coppia da un punto di vista in cui troppo era mescolato: il potere personale era minimo rispetto a quello pubblico, ed i privilegi portavano con sé dei doveri. Capiva che sua madre dovesse stare pubblicamente un passo indietro rispetto a suo padre così come lui doveva rispettare gli amici di Thor per via di Thor. Perché erano stati scelti da un Principe, che, solo incidentalmente, era anche suo fratello.
In privato non lo sapeva come si regolassero davvero quei due, ma non era qualcosa che riguardava lui, come figlio. Lui si era solo preoccupato che Fensalir fosse autosufficiente, che Frigga non dovesse pregare nessuno nemmeno per una monetina di rame. L’affetto sono le cose che fai per chi le fai.

Quanto alle altre coppie che vedeva intorno a sé, i jarl della Corte, nobiltà antica, beh loro credevano fermamente nella trasmissione patrilineare, e le loro donne erano tutte tenute sotto stretto controllo in modo da assicurarsi che eventuali figli del loro non così fertile mondo, fossero tutti del sangue giusto. Facevano della verginità un mito - perfino Sif, la Guerriera, quando aveva voluto sperimentare con lui, su quello era stata molto chiara.

E non c’erano donne nella hird.

Sigyn chiedeva molto. Ma non lo chiedeva a Loki. Lei lo chiedeva a Theoric.

“Una persona che si dà un valore.” rispose brusco alla capo-sarta.

“Una donna che si dà un valore.” ripeté la donna calcando la voce sulla parola “donna.” Stavolta toccò a Loki annuire.

Quanto a lui, che come poteva faceva come gli pareva, aveva capito molto presto come stavano davvero le cose. Un membro della famiglia Reale faceva parte di un sistema il cui scopo era guidare un Paese e proteggerlo, facendo ciò che era meglio per tutti, anche se quello che faceva non era quello che tutti avrebbero gradito. Questa regola valeva anche per il Re ed i suoi figli - i matrimoni dovevano essere politici e se non servivano per stringere una alleanza che servisse ad Asgard, dovevano servire per trovare una alleata, che il popolo rispettasse e con cui i sudditi potessero trovare un legame.

Non avrebbe mai contratto un matrimonio d’amore.

Sigyn invece avrebbe potuto - sentì una sensazione spiacevole proprio vicino al cuore - Ma, accidenti, non con Theoric.

“Un valore, ma non un prezzo.” disse in fretta, sentendosi improvvisamente irritato.


“E’ vero?” Sigyn lo guardò seria.

“Era una discussione privata, non era propriamente un segreto, ma non avrebbe dovuto essere narrata in giro.” Loki la guardò con severità “Tu da chi lo hai saputo?”

“Da altre come me.” Loki alzò gli occhi il cielo, rallentando il passo.

“Da chi?” insistette infastidito.

“Non lo so, Mio Signore.” Cioè lei sapeva chi glielo aveva detto, ovvio, ma a Loki non voleva il nome di una ancella qualunque, voleva la fonte principale.

Si fermò e la squadrò irritato. “Non mentirmi, lo sai che non mi piace, e, soprattutto, che non serve a niente.”

Sigyn sussurrò “Thor. Ne ha parlato con Fandral che ne ha parlato ad una dama di compagnia di Lady Frigga, appena giunta a Corte, che lo ha ripetuto...”

“Il livello di pettegolezzo a Palazzo è disgustoso. Farò un bel discorsetto a Thor. Al Principe Thor”

Ripresero a camminare rapidi, Loki chiuso in un silenzio irritato.
A Sigyn parve di riconoscere il dedalo di viuzze, era qui che con Theoric… scacciò subito il pensiero per l’imbarazzo. Non le era mai successo di pensare a qualcuno in quel modo. O di aver parlato così liberamente con un uomo.
A parte Loki s’intende. Ma anche con Loki - Il Principe Loki, ricordò a se stessa - non era la stessa cosa.

Pensava di aver messo ogni cosa a suo posto, ma poi lui le aveva sciolto i capelli e a lei era sembrato che le sue dita le stessero bruciando la pelle sotto il vestito. Aveva pensato a quella notte in montagna - sarebbe stato tutto diverso se lei gli avesse detto sì quella notte? Probabilmente lui l’avrebbe già dimenticata, come ogni volta se le dimenticava sempre tutte. Sif aveva ragione. Aveva torto marcio su tante cose, ma su quella, proprio su quella, vedeva le cose come stavano.

“Non siamo tante. C’è davvero bisogno di una legge?”

“E’ solo una ipotesi Sigyn. E non di una persecuzione.”

“Ma Mio Signore…”

“Si?”

Sigyn si morse le labbra e non proseguì. La hird aveva fatto ipotesi sulle Dimenticate, ma questi, a quanto pare non erano fatti di cui una Dimenticata si dovesse impicciare.

Quando si fermarono davanti al portone trasalì: questa era la casa con quel bellissimo giardino coi meli, la casa in cui Theoric l’aveva baciata.

Si sentì morire dall’imbarazzo


La tavola era apparecchiata con gusto e gli uomini parlavano di nulla tra di loro, scaldando piacevolmente l’atmosfera.
Sigyn cercò di rilassarsi - quello su cui stava lavorando a Palazzo stava decantando e se anche fosse rimasta lì non sarebbe cambiato nulla. Aveva fatto una scelta in base alle informazioni che aveva, si augurò fosse quella giusta. Sperò tanto di aver giudicato bene le persone. C'erano cose che avrebbe voluto discutere con Loki, le era sembrato di aver visto una persona nelle cucine, ma non sapeva se fosse prudente che lui sapesse - ammesso che non sapesse, perché se avesse saputo di certo non avrebbe condiviso con la sua "sorellina".
L'idea che potesse parlarne con Lady Gissa le fece male - lei non ne aveva parlato con Theoric. Il che faceva di lei una persona orribile. D'altro canto lei e Theoric si stavano appena conoscendo...
Lasciò vagare lo sguardo sulla tovaglia, con approvazione. Avevano apparecchiato in una sala che dava sul giardino, dove brillavano un paio di bracieri. La casa non era abitata da tempo, ma, da quel che aveva compreso, Loki l’aveva comprata per sé e questa era una cena per gli ultimi dettagli. E di addio ai ricordi per il vecchio proprietario.

Si chiese per la centesima volta cosa ne volesse fare Loki di una casa tutta sua. Era piccolina rispetto a Fensalir. Ed era praticamente nascosta. Malignamente pensò che forse il Principe si era stancato di doversi rotolare tra i gomitoli di Lady Frigga - gran bello spettacolo davvero - e voleva un posto che fosse comodo per baciarsi e dove non essere sorpreso da delle sciocche ancelle. Quel bellissimo giardino... sarebbe stato perfetto per Fenrir - detestava vederlo confinato in una gabbia - ma non poteva chiederglielo. Se questo era li posto segreto di Loki e di Gissa, il loro nido d'amore - senti il cuore che le faceva male - non poteva. Probabilmente non era il loro nido d'amore, probabilmente era solo il posto in cui si sarebbero scambiati... fluidi. Anche se, questo andava detto, lui non dimenticava Gissa così come faceva con le ancelle. Era sempre gentile con Gissa... Per cui questa era la casa di Gissa e Lady Gissa non avrebbe approvato un lupo nel suo giardino. E poi lei non voleva arrivare per giocare con Fenrir e sorprenderli.
Ammesso che sarebbe stata ancora lì ad Asgard - ma perché Lord Wili si preoccupava delle Dimenticate, ora? Ora che erano grandi?

Cercò di non pensare più a tutte quelle cose. Era grata a Loki e a Lord Thorvald Dagstjarnson per l’invito - una prova generale.
Al Campo erano stati educati come principi in quanto a buone maniere - ognuno aveva cercato di passare loro se non una abilità almeno una capacità: leggere e scrivere, colpire il bersaglio con una fionda, usare il seidhr se ne avevano, accendere un fuoco, orientarsi, conoscere le leggi e la loro tradizione orale, saper stare a tavola, saper cercare il cibo tra i rifiuti, saper rubare con destrezza, saper confezionare un antidolorifico ed un veleno, conoscere una serie di parolacce pirotecniche e non usarle assolutamente mai... le venne da sorridere: i prigionieri dovevano essere stati un bel gruppo composito, segno che il dolore è cieco e, come la morte colpisce senza distinzioni.

Ma lei non era così sicura di avere imparato a stare a tavola come si doveva.
E poi avrebbe reincontrato degli Elfi Neri - chi l'aveva invitata a quanto pare non sapeva e Loki non ci aveva pensato, ma l'ultima volta lei era stata una loro prigioniera e loro si erano presi tutto quello che che aveva. Era anche per quello che era meglio che Loki non sapesse... e se fosse stata una trappola per un capro espiatorio?

Cercò di concentrarsi sulle cose carine, il vestito per esempio... Il vestito era stato un altro regalo di Loki - la stava riempiendo di vestiti. Era adatto per una uscita informale, secondo Loki.
Era stupendo, secondo lei.
Lady Gissa probabilmente, con un vestito simile, al massimo si sarebbe degnata di pelar cipolle in una cucina, se mai le fosse venuta voglia di fare una cosa così plebea - arricciò il naso, ripensandola assieme a Loki tra i gomitoli, che indecenza - quello andava detto, ma per lei... accidenti non aveva mai avuto un vestito così bello e così.. perfetto.
Era di velluto verde quasi blu, lungo fino alle caviglie, adatto per il Palazzo, ma anche per passeggiare in giardino, aderente, ma ricco di stoffa - poteva camminare o correre senza problemi - aveva della tasche profonde nascoste tra le pieghe, per cui poteva indossarlo anche senza la sua bisaccia. Le maniche erano lunghe e dal gomito si allargavano come un imbuto, o l’ala di un pipistrello, ma solo per bellezza, volendo poteva stringerle intorno ai polsi, senza perdere nulla dell’effetto scenografico.
Era un pochino scollato davanti e sulla schiena. Non lasciava intravedere niente della camicia di lino che portava sotto - sembrava a contatto della pelle con cui faceva un contrasto grazioso - sospettò che a Theoric sarebbe piaciuto.
Sulla schiena era tenuto chiuso da un lungo nastro incrociato che correva a serpentina per le asole che a coppie partivano dal bordo in alto ed arrivavano giù fino un po’ oltre la vita. Un nastro dorato la avvolgeva arruffato passando da sotto i seni fino ai fianchi.

S’era distratta, tornò a concentrarsl su quello che lord Thorvald stava dicendo. Fu a quel punto che quasi le andò l’acqua di traverso.

“Le famiglie saranno contente di riaverle indietro…”

Sigyn alzò un sopracciglio, ma non disse nulla. Sorseggiò lentamente il vino elfico, cercando di stare calma. Non voleva rovinare l’incontro di Loki; se voleva qualcosa da quell’uomo - e la voleva - non l’avrebbe mai avuta trascinandosi dietro una ancella viziata dalla bocca troppo grande.

“E tu Sigyn cosa ne pensi?”

Si sentì morire - non poteva tacere per tutto il pasto, d’accordo, avrebbero pensato che era scema oltre l’immaginabile e che il suo unico talento stava in cose che lei in realtà non sapeva nemmeno esattamente come fare, ma non poteva coinvolgerla in una conversazione su qualcosa di più neutro, come il tempo? Avrebbe perfino preferito una dissertazione sull’ultimo romanzo d’amore che stava leggendo la cuoca - una cosa tremenda. Perché gli Elfi, fra tutti, erano quelli che sentivano di più il dualismo tra corpo e mente, producevano bellissime poesie spirituali e una sottocorrente di romanzi a dir poco roventi, puerili eppure pieni di scene esplicite - e lei aveva sbirciato quelle pagine al volo tentando di capire cosa Theoric avrebbe potuto aspettarsi da lei, capendo che non era assolutamente pronta.

Mormorò una frase di circostanza, non osando guardare Loki negli occhi.

“Mi fa piacere sapere che sei d’accordo, prima non mi era sembrato…” lei lo fissò con stupore e lui aggiunse con un sorriso divertito “Così non torneremo mai più sull’argomento.”

E così la stava sfidando.

Sigyn si schiarì la gola e disse in tono cortese: “Io credo che se davvero queste famiglie avessero desiderato accogliere le persone di cui parlate, forse lo avrebbero fatto a suo tempo.”

E se non avrai quello che vuoi da Lord Thorvald sappi che non me ne importa proprio niente.

   
 
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