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Autore: Master Chopper    25/06/2017    3 recensioni
E' obbligatoria la lettura di '[SoF] Saga della Nascita' e di '[SOF] Saga dei Sette Peccati Capitali' per la comprensione delle vicende e degli avvenimenti trattati.
Il viaggio di Tengoku sta per concludersi, catturare Xian per costringere Sebastian alla resa pare l'unica possibilità di vittoria.
Ma cosa ha spinto il Boss degli Anonimato ad essere il peggior avversario che i Vongola abbiano mai affrontato?
Cosa rivuole indietro e qual è la sua vendetta?
- STORY OF A FAMILY: SAGA DELLA VERA FAMIGLIA -
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Reborn, Tsunayoshi Sawada
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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     a cura di nekomata04

 
 Target Number 5: Komm, Süßer Tod

" In un mondo pieno d'odio, dobbiamo avere il coraggio di sperare. In un mondo pieno di disperazione, dobbiamo avere il coraggio di sognare. In un mondo pieno di sfiducia, dobbiamo avere il coraggio di credere" Micheal Joseph Jackson, 21 Marzo 2001.


 

Accompagnato dal frastuono dei rotori, un elicottero sorvolava l’Oceano Pacifico.

In quella tarda notte senza luna solo il nero colorava le acque, con le onde leggermente increspate da una brezza fredda. Le nuvole si stagliavano nel cielo, così grandi da incutere timore.

 

Reborn si avvicinò al vetro, scrutando il tetro paesaggio con sguardo indecifrabile.

Corex Licaone pilotava, ed al suo fianco Tsunayoshi stava indossando degli speciali guanti in cuoio nero placcati d’acciaio, decorati con una grossa sfera di cristallo riportante il simbolo della Famiglia Vongola.

Erano i leggendari X-Gloves, i quali oltre che essere la sua arma in quanto Boss, in battaglia rendevano il suo stile di combattimento simile a quello di Primo Vongola.

 

Sui sedili posteriori invece sedevano Drake, Azura, Akane e Kiiro, accanto al Tutor.

Il ragazzo biondo rivolgeva spesso degli sguardi preoccupati alla ragazza corvina, senza però domandarle a parole come si sentisse. Di risposta, Akane gli sorrideva per rassicurarlo: la Fiamma del Sole di Reborn aveva curato le ossa e le ustioni sulle sue gambe durante il loro viaggio di cinque ore.

Azura, intanto, respirando profondamente per controllare il proprio nervosismo, concentrava lo sguardo in un piccolo oggetto tra le sue mani. Un anello di acciaio con il simbolo di una goccia scolpito sul fronte, al di sotto di tre piccole vongole.

Era l’unica a non averlo ancora indossato, e ripensò al momento in cui glieli avevano donati.

 

“ Gli Anelli dei Vongola… prima o poi li avrebbero usati.” Aveva mormorato Tsuna, quasi con tono malinconico.

“ Ovviamente non sono quelli originali.” Lo aveva interrotto Reborn sorridendo, quasi per rimproverarlo.

“ …ma ugualmente aumenteranno gli effetti e faciliteranno l’emissione delle Fiamme.”

 

Dopo che Kiiro la ebbe indossata, attraverso i fotoni emessi dal suo corpo riuscì a generare un luminoso fuoco giallo sulla punta dell’anello del Sole. Immediatamente, la rigenerazione delle cellule che era già capace di attivare, ebbe un notevole incremento di velocità.

La macchina fu sorpresa, ma ai restanti tre venne proibito di sperimentare gli effetti delle loro Fiamme potenziate sull’elicottero, ovviamente per questioni di sicurezza.

“ Questi ragazzi erano già capaci di controllare le proprie Fiamme e di propagarle nelle armi… chissà, magari in futuro non ci sarà più bisogno di Anelli o Box.” Quella frase di Reborn, pronunciata durante un sospiro di amara dolcezza, aveva in qualche modo rincuorato il Boss.

 

 

Ma c’era poco su cui ridere e scherzare per i ragazzi. Non ci sarebbero stati ricordi felici, come invece quelli che condividevano Reborn e Tsuna.

Per loro, da quel momento, alcuni ricordi sarebbero stati solo dolorosi.

 

“ Hanno ritrovato il suo corpo sulla strada, poco prima dell’imbocco di Porto Marghera sulla strada regionale. Vi siete incontrati a pochi chilometri dal punto dove si era fermata la macchina guidata da Alberto, non avreste avuto il tempo di salvarla.”

Tutti avevano capito di chi stessero parlando, non erano stupidi.

Si rendevano conto benissimo da soli che in quell’elicottero, andando a soccorrere Ten, ci sarebbe dovuta essere una quarta persona.

 

“ Akira …” Drake strinse i pugni, chiusi sulle sue ginocchia.

- Non riesco nemmeno ad immaginare… ad immaginare una morte per una come lei.- Scuro in volto si chinò in avanti, respirando con un brivido lungo la schiena.

Akane, proprio scorgendo quella desolazione negli occhi del biondo, si rese conto che quella perdita andava affrontata in fretta. Avrebbe messo a dura prova il morale di tutti e…

- Perché non posso piangere per la morte di una mia amica, proprio come ho fatto con il Generale Korvo ?!-

La rabbia, come un fuoco, le incendiava la gola ed il petto, sebbene in quel momento non sapesse chi odiare.

Era un mondo confuso, un circolo continuo di peccato e pentimento.

 

La voce del Tutor fece rinsavire i ragazzi, cogliendoli di soprassalto.

“ Siamo quasi arrivati.” Con un dito l’uomo disegnò un cerchio sul vetro, inquadrando un’ombra avvolta nella nebbia notturna.

Tra le onde del mare, era possibile scorgere una sagoma misteriosa, squadrata e larga.

Dopo pochi secondi, la distanza svelò la sua vera forma: un forte, simile ad una villa, edificato su di una piccolissima isola. Era costruito interamente in pietra e dava l’impressione di un luogo per difendersi da un assedio, il che era strano valutando le dimensioni della struttura.

“ La roccaforte di Groove Island, a quattrocento chilometri dalle coste dell’Hokkaido.”

 

“ Aspetta, siamo in Giappone?! Il covo di Sebastian è in Giappone ?” Esclamò dalla sorpresa Azura, rimasta confusa quanto i suoi compagni.

Reborn gli rispose con uno sguardo incredibilmente freddo e serio.

“ La villa è stata proprietà di Oda Nobunaga dal 1582 fino alla sua morte. In seguito è rimasta abbandonata, prima che un nobile inglese l’acquistasse nell’Ottocento e la facesse restaurare… con il risultato che ad oggi è rimasta ugualmente disabitata e lasciata in rovina.”

 

Dalle sue labbra erano percepibili le parole che avrebbe sussurrato a se stesso.

- Ed in questa notte sarà il nostro campo di battaglia.-

 

“ Avete mai effettuato un’incursione ?”

Domandò Corex Licaone, interrompendo la tensione creata da quella discussione. I giovani lo guardarono con curiosità, anche un po’ interdetti nella risposta.

Il Boss sospirò silenziosamente, riportando la concentrazione sulla guida mentre parlava. Nei suoi occhi spenti si rifletteva perfettamente la sagoma oscura di Groove Island.

“ Va bene anche così, dato che ciò che faremo sarà sfondare l’ingresso principale e condurci fino al cuore dell’edificio, dove secondo le predizioni di Yuni si troverà Sebastian.”

 

Tsuna si portò la mano alla fronte, lisciandosi distrattamente con le dita i capelli castani.

“ Corex ed io sfonderemo dall’alto la prima parete esterna, in modo da poter avere una visuale su cosa potrebbe essere in nostra attesa all’interno. In seguito lasceremo l’elicottero con il pilota automatico e vi paracaduterete nella struttura. Noi vi seguiremo planando.”

Davanti a sé il Boss dei Vongola stringeva una cartina della villa, probabilmente fatta disegnare da Yuni stessa.

“ I nostri alleati ci aspetteranno all’interno, all’incirca nel secondo blocco, quello più vicino alle scale.”

 

“Quali alleati ?” Una voce rauca e cupa proveniente dal retro dell’elicottero, sui sedili posteriori a quelli dei ragazzi, richiamò l’attenzione di Tsuna.

Dei capelli corvini fecero capolino da lì dietro, rivelando presto il volto di Yukiteru, tracciato da un’espressione di odio. Non era riuscito a recuperare il sorriso di un tempo dopo quanto accaduto quattro ore prima, e fino ad allora non aveva aperto bocca per tutto il viaggio.

Akane provò tristezza per la scomparsa di quel sorriso. Per lei Yuki era un uomo sempre solare, ma era ugualmente stupido negare quanto l’importanza dei sentimenti verso sua figlia l’avessero distrutto interiormente.

 

Il Boss dei Licaone abbassò lo sguardo, volgendolo alle proprie mani fredde e scarne sul piano orizzontale.

“ Himeko, Devon e Taylor… la sorella di tua moglie.”

 

 

 

“ Sono arrivati.”

Erano state quelle le uniche parole pronunciate da Sebastian, quando nell’aria immobile della stanza era rimbombato l’eco di un’esplosione.

“ Cosa? Chi è arrivato ?!” Domandò Tengoku, ormai con i nervi a fior di pelle, incapace di controllare le proprie emozioni seppur avesse pianto a dirotto.

 

Il padre lo guardò per un istante, facendo nuovamente incrociare i loro occhi. In quel momento eterno al ragazzo parve quasi di vederlo sorridere.

“Ci hanno seguito per riportarti indietro.”

E dopo quelle parole, voltò gli voltò le spalle e mosse il primo passo verso le scale.

“ E-e tu dove stai andando ?” La voce del bruno, rotta dalla confusione e dalla paura, sembrò chiamare il padre come farebbe un bambino perso.

 

L’uomo spalancò la porta davanti a sé, rimanendo in silenzio durante il processo. Quando l’ebbe aperta, i capelli corvini, un tempo bianchi, scivolarono sul suo viso oscurato dall’ombra.

“ Tengoku, oggi tu dovrai prendere una decisione. Afferrerai la strada che ormai hai deciso di intraprendere, perché solo tu puoi porre fine a ciò che ho fatto.”

Lasciando il ragazzo a bocca spalancata dopo quelle enigmatiche parole, o forse troppo impaurito dallo scoprirne il significato, le pesanti ante della porta iniziarono a richiudersi.

Le fiamme delle candele vacillarono, ma non si estinsero con quel leggero spostamento d’aria.

 

“ Dovrai anche uccidermi, se sarà questa la soluzione che preferisci.”

Il sorriso sulla bocca di Sebastian si allargò. Un triste, ma dolce sorriso premuroso, inghiottito dalla pesante pietra del portone che lo cancellò nel buio.

 

Venne solo altro silenzio in quella sala, riempita dal freddo di un corpo immobile, dentro una bara nera, ed il tenue calore di un cuore che batteva.

 

- La decisione che prenderò ?- Si chiese, e quella singola domanda risuonò all’interno del proprio io, scuotendo tutti i suoi sensi in un refrigerante flusso di coscienza.

Non voleva versare altre lacrime, non voleva piangere per soffocare una perdita o rimpiangere un passato che non avrebbe più potuto riavere.

Ciò che in realtà voleva, era non lasciare da soli i suoi amici. Eppure, sapeva cosa andava fatto prima.

Si voltò con una calma quasi solenne, posando i suoi occhi sulla bara di sua madre.

Le ginocchia sul freddo pavimento e le mani congiunte all’altezza della fronte, anch’essa per terra.

“ È stato un piacere conoscerti, mamma.” Sussurrò sorridendo.

 

 

 

Mentre l’eco del boato vibrava ancora nell’aria, quattro ombre precipitarono in un largo corridoio privato del soffitto. Macerie incandescenti o quasi del tutto trasformate in fragile brina rimbalzavano da ogni dove come schegge impazzite.

Nonostante tutto però, Azura, Drake, Akane e Kiiro atterrarono sul pavimento in completa salvezza, assieme ai loro paracadute.

Se ne liberarono all’istante, e chi di loro poteva, contemporaneamente sfoderò le proprie armi.

Akane estrasse la Walther PPQ a cui  era tanto fedele, mentre Azura allungò il piccolo cilindro di acciaio fino a fargli assumere la forma di Steel Soul. Drake si sfiorò con entrambe le mani gli avambracci, ricoprendoli di una patina di fulmini, e Kiiro semplicemente si aggiustò la maschera sorridente sul volto.

Non si voltarono al suono di passi, nemmeno quando due figure li superarono in corsa.

“ Sbrigatevi !” Incitò Reborn, affiancato da Yukiteru, il quale continuava a non pronunciare parola.

 

I giovani sapevano per certo che i due Boss, dopo aver esaurito il loro attacco di sfondamento, li avrebbero raggiunti dall’alto, così obbedirono rapidamente.

 

Ben presto la luce del cielo terso notturno li abbandonò, coperta dal soffitto rimasto intatto all’interno di quella struttura in pietra e legno massiccio.

I corridoi labirintici richiamavano l’identità di castello giapponese, lasciando perdere qualsiasi traccia di dove si fosse arrivati. Comunque fosse, grazie alla cartina dell’edificio marchiata con le Fiamme di ciascuno di loro sulle mani, riuscivano ad orientarsi senza dubbi.

 

Yukiteru, in testa assieme al Tutor Hitman, non riusciva a rimanere tranquillo e sicuro di sé neppure con quella certezza. Le domande ed i misteri lo avevano lasciato senza parole, assieme all’unica cosa che fin’ora sapeva di non avere: sua figlia Primula.

- Per lei io sarei uguale a Sebastian… ma questo cosa vuol dire ?- Si guardò distrattamente le mani, immaginando che su quella mappa potesse trovare la posizione dell’amore della sua vita, rinchiusa sicuramente tra quelle mura.

- Devo ritrovarla! Solo così potrò sapere cosa l’ha spinta ad andarsene da me. -

 

Improvvisamente, assieme a Reborn, si mise sull’attenti non appena scorse un movimento nell’ombra esattamente davanti a sé.

Si ritrasse all’indietro inarcando la schiena, e poté solo accorgersi di un riflesso metallico sfiorargli la testa.

Quando realizzò il tutto, qualcosa di infinitamente pesante si era abbattuta con forza sul pavimento nell’esatto punto in cui stava correndo una frazione di secondo prima.

 

Kiiro, dalle retrovie, sussultò: era lui.

Dall’oscurità, con lentezza e sotto gli sguardi vigili di tutti, una figura umanoide si fece avanti.

Vestiario nero ed una maschera sorridente nera e rossa, contornato da una poltiglia nera al posto del suo braccio destro dentro la quale si potevano notare lame e spuntoni sporgenti.

“ Quel coso deve essere un Kuro, non avvicinatevi !” Esclamò Reborn, agendo per primo in quanto il più vicino alla creatura artificiale.

Sapeva che alle sue spalle né Akane, né Corex o Tsuna avrebbero potuto colpire dalla distanza il nemico con lui come ostacolo, così l’unica alternativa era attaccare immediatamente e poi scostarsi.

 

- Lo farò arretrare per garantire una maggiore visuale su di lui !- Puntò la pistola in avanti, sparando immediatamente un proiettile.

Quello che vide davanti a sé però non fu il nemico venir perforato, bensì il Kuro essersi avvicinato nell’istante in cui aveva premuto il proiettile. Adesso erano ad un metro di distanza, e la macchina nera stava già allungando i suoi arti, entrambi trasformati in quella massa informe di lame verso il suo corpo.

Non avrebbe avuto il tempo per abbassare il braccio e pararsi, ma rimase ugualmente immobile.

Ovviamente non si trattava di disperazione, perché in fiducia di quella sicurezza il nemico annullò l’attacco poco prima di colpirlo, deformando il cranio per assottigliarlo come un foglio di carta.

Il proiettile precedentemente sparato, che aveva lasciato una crepa sul muro in fondo al corridoio dov’era rimbalzato, era stato schivato sì, ma aveva salvato ugualmente la situazione.

 

La creatura riprese la sua forma originaria, persino nelle braccia, ma sollevò il volto verso quello del Tutor come se non lo avesse mai attaccato per ucciderlo.

I presenti rimasero immobili, in attesa che qualcosa succedesse. Il suono del respiro era l’unico rumore presente nel corridoio, mentre la macchina continuava a scrutare da vicino Reborn come un ragno con la mosca intrappolata.

- È stato creato per essere il plus-ultra dell’assassinio e noi siamo ufficialmente i suoi obbiettivi: a quanto pare cerca di uccidere il primo che provi a muoversi o che emetta un suono.- Ragionò il sicario a mente fredda, non lasciandosi intimorire da quella maschera inquietante.

- Inoltre deve essere sicuramente più forte di Kiiro, visto che nel suo caso mi era stato assicurato che non avrebbe mai potuto darmi del filo da torcere in battaglia. Questo qui, invece …-

Non terminò il pensiero, siccome un leggero movimento alle sue spalle fece scattare la testa del Kuro verso la direzione d’origine.

 

Tsuna, Corex, Yukiteru ed anche i ragazzi puntarono gli occhi verso la responsabile di quel leggero campanello di allarme, ovvero Azura Schlmit.

Videro la ragazza dai lunghi capelli rossi mossi impugnare Steel Soul, distendendo le gambe i più possibile e stabilizzando l’asta parallelamente al pavimento, all’altezza del petto.

Un’aura cristallina composta da gocce d’acqua trasparenti la ricopriva, segno, assieme ai suoi occhi freddi ma assorbiti nel vuoto, che fosse volontariamente in guardia.

 

Nessuno riuscì ad urlare, o a tornare indietro per proteggerla, perché in quell’esatto istante l’ombra nera scivolò tra di loro fino a raggiungere la tedesca.

Azura rimase immobile in quella posizione fino a quando l’aura di morte dell’avversario non le penetrò il cuore, percorrendo il suo sistema nervoso fin dalla radice.

Soltanto un suono ovattato ed un movimento da entrambe le posizioni.

 

Kuro protese i suoi arti mostruosi in avanti, allungandoli mentre si era slanciato ad alta velocità. Allo stesso tempo però, la rossa roteò l’asta davanti a sé, generando un vortice di Fiamme della Pioggia.

Quando l’attacco vi entrò in contatto, Steel Soul aveva già cambiato schema, assumendo la lama appuntita di una lancia.

Āśrama: Affondo Errante !”

Le braccia della macchina erano state distanziate, ed al loro centro adesso Azura aveva appena affondato la sua lancia verso il suo corpo scoperto.

La creatura dovette far ricorso a tutta la sua accelerazione per arretrare in tempo, riuscendo ad allontanarsi dalla punta di qualche millimetro in una frazione di secondo.

 

Nuovamente piombò il silenzio tra i presenti.

Tsunayoshi paragonò quella ragazza al suo equivalente di un mese prima, quando pur di non dire addio a Tengoku si era fatta avanti tra i suoi uomini a Namimori. Già all’epoca vantava di una forza caratteristica, ma dopo gli allenamenti estremi di Reborn e tutte le esperienze passate, sembrava completamente un’altra persona.

- Non è possibile che in così poco tempo… Reborn abbia reso la forza di una ragazza quanto quella di un Guardiano senza Cambio Forma !- Rifletté, impressionato quanto spaventato.

 

 

Il Tutor Hitman in questione non ebbe il tempo di sentirsi orgoglioso del lavoro fatto per Azura, ma in quei pochi momenti di salvezza aveva già ideato un piano.

Così voltandosi di scatto impugnò la pistola davanti a sé, sparando in sequenza sei proiettili.

“ Correte! In due possiamo sconfiggerlo !!” Al suo urlo, Tsunayoshi, Corex e Yukiteru annuirono silenziosamente.

Non che i tre fossero indifferenti alla vita di Azura, ma al contrario si fidavano ciecamente del metro di giudizio del sicario, abituato ad addestrare boss ed assassini.

 

Soprattutto il giovane italo-giapponese dai capelli corvini, il quale aveva conosciuto quell’irritante ed orgoglioso individuo sin da prima di diventare un Arcobaleno.

- Così come ti sei sempre preso cura di me e di Lara… fai sopravvivere Azura, Reborn !- Yukiteru sperò che il suo desiderio fosse giunto sin alla mente del suo amico, perché subito dopo averlo pensato iniziò a correre verso la fine del corridoio.

Corex lo seguì, mentre Tsunayoshi rimase fermo, aspettando che gli ultimi in coda tra loro, ovvero Drake ed Akane, li raggiungessero.

Come temeva, purtroppo, vide solo la corvina strattonare il braccio del biondo, il quale non riusciva a fare altro se non guardare sua sorella con la disperazione negli occhi.

 

- Io non posso lasciarla qui! Perché non capite ?!- Urlava senza voce il ragazzo, non potendo nemmeno chiamare sua sorella per sperare di guardarla in faccia un’altra volta. Non voleva fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista in vita sua, dopo essere stati legati sin dalla nascita.

 

Akane gli afferrò il viso con una mano, costringendolo a voltarsi verso di sé con uno strattone.

Era esasperata quanto lui, voleva che lo sapesse, però con un’intensa occhiata cercava di trasmettergli un importante messaggio: - Fidati almeno un’altra volta di tua sorella !-

Con i suoi occhi azzurri lucidi per le lacrime, Drake Schlmit dovette soffocare un singhiozzo di paura, stringendo forte le spalle della sua compagna.

Infine abbassò lo sguardo, e senza più voltarsi, seguì gli altri davanti a loro.

 

Anche in quella situazione, Tsuna non riuscì a non sorridere amaramente: quella situazione gli ricordava tanto quando Kyoko. Sua moglie, temeva per la sopravvivenza di suo fratello Ryohei durante la battaglia contro i Varia.

- Nel bene o nel male, per sostenere la paura di perdere i propri cari questo ragazzo potrà solo diventare più forte combattendo.-

 

A pochi metri da loro, la macchina chiamata Kuro si stava limitando ed evitare i proiettili sparati da Reborn con facilità, osservando incuriosito tutto quel movimento prodotto dai fuggiaschi. Non reagiva, né si ribellava agli attacchi, perché questi non risultavano per lui un vero pericolo.

 

Il Tutor Hitman sogghignò all’ombra del suo fedora, divertito da quella situazione così complessa e pericolosa. Terminò la sua raffica di colpi per un istante, voltandosi verso i suoi compagni di squadra ed urlando ad alta voce:

“ Drake !”

Il biondo, colto di soprassalto, si voltò durante la corsa, scorgendo gli occhi ridenti ed il sorriso beffardo del suo mentore.

L’uomo sollevò il braccio, lanciandogli con estrema precisione e velocità una busta di plastica trasparente.

Lui la afferrò prontamente, senza farsi domande, ma quando ne scorse il contenuto, poté osservare una pistola Magnum in legno laccato rosso ed un anello composta da una pietra rossa ed una azzurra.

“ Ti assegno il compito di portarli a Ten-baka… mi fido di te.” Gli mimò con le labbra l’assassino, e quella carica di fiducia e responsabilità lo fecero riprendere a correre ancora più veloce di prima.

 

In quel momento Kuro reagì, scattando verso la direzione da cui era provenuto: quegli oggetti passati ai fuggitivi sarebbero potuti essere una minaccia, o almeno così aveva intuito.

Si lasciò alle spalle Azura, puntando con il suo arto trasformato Reborn, intenzionato ad ucciderlo per poi eliminare anche Drake.

 

Tuttavia il Tutor non fece sparire il ghigno sicuro di sé, e sollevò una mano all’altezza del suo viso, con il palmo aperto verso l’esterno.

La macchina tentò di avvinarsi il più possibile, valutando solo prima di attaccare la possibilità di una trappola. Bastò un minuscolo spostamento d’aria alle sue spalle per fargli deviare la traiettoria, accovacciandosi a terra come un insetto più velocemente che potesse.

Uno scintillante attrezzo in metallo lo sorvolò, raggiungendo la mano dell’assassino, il quale lo afferrò prontamente.

Era un bastone di acciaio, esattamente identico a Steel Soul, tanto da poter essere proprio quell’arma.

 

Kuro si voltò per constatare la veridicità di quell’ipotesi, ma ciò che vide fu proprio Azura correre nella sua direzione armata dello stesso bastone-lancia.

Così la macchina, si era ritrovata esattamente al centro di due avversari armati allo stesso modo, quando ormai il resto della squadra nemica era scomparsa nell’oscurità dei labirintici corridoi.

Non gli restò altro da fare se non sollevarsi in silenzio, espandendo i propri arti fino a renderli delle poltiglie nere senza forma, dalle quali sporgevano lame ed aculei.

 

Reborn scattò in avanti, così come la ragazza dai capelli rossi, impugnando il bastone per prepararsi ad attaccare.

- Azura deve aver intuito la mia idea ripensando a quando gli insegnai il Bōjutsu e lo Yarijutsu per farle padroneggiare Steel Soul.-

Maestro ed allieva si lanciarono in un turbine di attacchi roteanti, in perfetta sintonia e comprendendo ognuno i movimenti dell’altro per sfruttare al meglio lo spazio ristretto del corridoio.

 

La tedesca stava sudando freddo, senza però lasciandosi scoraggiare dal nemico, il quale riusciva a strisciare attraverso i loro attacchi semplicemente ondeggiando il busto.

- A quanto pare non è in grado di attaccare e difendersi allo stesso tempo, per questo dovremo basare i nostri attacchi come se fossimo in un gioco di strategia a turni.-

Trattenne il respiro mentre appoggiava Steel Soul al petto, in posizione verticale. Fece confluire un’aura di Fiamme della Pioggia nel metallo, per poi sollevare l’arma e colpire il nemico con la sua estremità.

 

Il pavimento si aprì in una piccola fossa, esplodendo in blocchi di pietra e cemento che schizzarono verso l’alto.

- Ho fuso i proiettili indirizzati da Reborn verso di me per trasformarli in un secondo bastone, proprio per sfruttare al meglio una perfetta combinazione di attacchi ravvicinati. In questo modo il nemico non avrà aperture per coglierci alla sprovvista !-

 

Nonostante la forza di volontà impressa nel colpo, la macchina assassina emerse dalla polvere sollevata con un salto all’indietro.

Sfruttando le spalle offerte, Reborn saltò anch’egli per sferrare un fendente orizzontale con la punta di lancia.

- Non posso lasciargli il tempo di attaccare! Se solo lo facesse… sarebbe troppo persino per me sostenere un suo colpo !-

L’uomo ringhiò, tendendo tutti i suoi muscoli per scaricare al meglio la forza in una sola e singola sferzata.

 

Fu quello il suo errore: percependo il suono di un respiro teso e di un battito cardiaco accelerato, la macchina assassina ebbe tutto il tempo per curvare il proprio corpo in volo, lasciando che la lama non tagliasse neppure la punta dei suoi capelli corvini.

In seguito, quasi con derisione, slanciò gli arti all’indietro, schiantandoli entrambi contro l’avversario alle sue spalle.

Con un rumore sordo, tra schizzi di sangue sospesi in aria, Reborn venne scagliato violentemente contro la parete dietro di sé.

 

Allora il Kuro realizzò di avere solo un altro obbiettivo di cui occuparsi, ma proprio in quel momento un’onda di roccia fusa e fredda lo travolse.

Le macerie sollevate dal precedente colpo di Azura si erano sciolte grazie alla Tranquillità della Fiamma, ricoprendo la macchina e facendole perdere l’equilibrio nel momento in cui aveva abbassato la guardia.

 

La Guardiana della Pioggia di Tengoku, Azura Schlmit, fu la prima cosa che Kuro riuscì a scorgere mentre della roccia fusa gli ricopriva in parte il volto.

La rossa, con un’espressione indurita dall’odio e Steel Soul sollevato in obliquo sopra la testa, lo aveva appena superato in altezza con un salto degno di nota.

“ SPARISCI !!” Urlò a pieni polmoni, calando la sua arma verso il basso.

 

Con leggerezza e semplicità il braccio di Kuro intercettò la ragazza in aria, spiaccicandola alla parete come se fosse stata una mosca. Sul muro si espanse una ragnatela di crepe e numerosi schizzi di sangue, accompagnati da un rombo che segnalava la durezza del colpo, tanto da aver scosso le fondamenta di quell’intero piano.

 

La macchina atterrò al suolo in piedi, osservando il corpo di Azura staccarsi dalla pietra e cadere a peso morto sul duro pavimento.

La puntò incuriosito per qualche altro secondo, fino a quando quella ragazza non venne scossa da uno spasmo.

La tedesca vomitò altro sangue, tremando per tutte le costole e le ossa incrinate. Gemette, soffocando un urlo di dolore, e poi, sorprendentemente fece leva con un braccio a terra per risollevarsi.

I capelli rossi le scivolavano sul volto sporco e ferito. Uno dei suoi occhi azzurri era stato serrato da un taglio lungo la fronte, ed adesso solo un altro rimaneva spalancato, con il terrore di perdere per sempre la luce della vita.

Con tutte le sue forze si stava aggrappando a ciò che aveva pur di sopravvivere abbastanza da…

- TEN, NON RIMARRAI SOLO !- Serrò le labbra, ringhiando come un animale inferocito per lo sforzo, mentre tentava di rialzarsi in piedi.

 

“ AZURA! NOOO !!” L’urlo di Reborn scosse il Kuro, che si voltò verso la parete al terminare del corridoio.

Il Tutor Hitman, anch’esso ferito su tutto il corpo, riusciva comunque a sorreggere la pistola per mirare l’avversario.

Bruciando d’ira sparò una raffica di proiettili, terrorizzato dall’idea di veder morire una sua allieva davanti ai propri occhi. Non gli era mai successo in vita, e mai sarebbe accaduto.

 

La creatura artificiale, mentre le pallottole sferzavano l’aria, individuò per terra l’originale Steel Soul della ragazza, e lo afferrò con una delle sue mostruose braccia.

In un attimo riuscì a far roteare con maestria l’asta davanti a sé, intercettando tutti i colpi in volo allo stesso istante.

Infine, sotto lo sguardo terrorizzato ed impotente del Tutor, si voltò con l’arma ancora in mano per impalare alla parete Azura, sollevandola di peso da terra.

 

La tedesca tentennò, sentendo la sua schiena venir schiacciata contro la parete ed il proprio ventre trapassato da parte a parte dalla sua stessa Steel Soul.

Divenne pallida e rigida, avvertendo come tutto il mondo attorno a sé stesse diventando freddo e distante.

 

Tengoku era stato portato via senza che lei avesse potuto fare niente, e nonostante l’illusione di poterlo salvare e ricondurre ad una vita felice, senza mafia o combattimenti, lì stava morendo.

Il respiro le moriva sulle labbra. Reborn iniziò a correre verso di lei.
 

 

C’era una bambina seduta sul proprio banco di scuola. Era minuta e piccola, con i capelli rossi corti che le coprivano gli occhi.

Mancava molto all’inizio delle lezioni, e la sua classe di scuola elementare non era ancora entrata.

Con sguardo vuoto osservava qualcosa.

Scritte. Con il pennarello nero indelebile. Sul suo banco e sui suoi quaderni.

                                  

                                                      AMMAZZATI

        INUTILE

                                     VATTENE

                                                                                                                                                            SCHIFO

                                                                                                    NON TI VOGLIAMO

                               DISGUSTOSA

                                                                                             RACCHIA

 

Non pensava ai suoi lividi, al ciondolo regalatole da sua madre, suo unico ricordo, gettato nel lago il giorno precedente.

Aveva paura di pensare, perché già la paura di restare a lì dentro, in attesa che lontano dagli sguardi dei maestri l’avrebbero ferita, era troppa.

Chiamare suo fratello era inutile, lui frequentava già le medie.

Chiamare i suoi genitori era stupido, suo padre era rimasto in Germania, e quelli che ora si ostinavano a farsi chiamare così non badavano nemmeno alle loro parole.

Le uniche attenzioni che riceveva erano da parte della sua classe… che giorno dopo giorno le ricordavano quanto fosse sola, abbandonata dal suo vero padre e lontana dalla sua vera casa.

 

Sì, questa era lei: una bambina indifesa bisognosa di attenzioni.

Le ottenne, un giorno ottenne proprio le attenzioni che voleva.

I professori la interruppero prima che potesse saltare dal tetto della scuola, e gli assistenti sociali consigliarono alla sua falsa famiglia di farle cambiare scuola.

Dopo molto tempo, per la prima volta allora sorrise colma di gioia, tra le lacrime del fratello che pensava di averla persa per sempre e gli sguardi spaventati di quegli adulti.

AVEVA AVUTO LE ATTENZIONI CHE DESIDERAVA!

 

Eppure, se proprio si sentiva così felice, perché quando la portarono alla Namimori High School, tre anni dopo, aveva di nuovo paura a restare da sola?

Un giorno, mentre ripensava a quanto la sua vita sarebbe stata diversa con sua madre ancora viva e con lei, in Germania, qualcuno irruppe nella sua vita.

Senza nessun avvertimento, come un fulmine a ciel sereno, di punto in bianco nell’oscurità dei suoi pensieri, quell’invasore le disse:

“ Ma quindi tu… sei nuova ?”

Un idiota, tanto quanto la domanda posta, ovviamente retorica e così spudoratamente ovvia da farla infuriare.

“ Sì …”

Ci era cascata lo stesso: gli aveva risposto.

 

Da quel momento tutto ciò che aveva costruito, o meglio distrutto, venne cancellato da un’onda fredda.

Quell’onda si chiamava Tengoku Marco Sawada.

Un ragazzo solo, in cerca di attenzioni e di affetto quanto lei.

 

E per tutto quel maledettissimo viaggio, non avevano fatto altro in fin dei conti se non scambiarsi affetto, leccare le ferite dell’altro per farlo sentire meglio.  Così diversi, così colmi di un dolore che entrambi avevano dimenticato.

 

 

- Sì! Io avevo paura di rimanere da sola !-

Quell’occhio azzurro non perse la forza e rimase aperto. Allo stesso modo i muscoli del corpo freddo si tesero, stringendosi alla parete ed all’asta di ferro piantata nella pancia.

- Ed ho approfittato di un ragazzo emotivamente più fragile di me per sentirmi forte! Eppure io… EPPURE IO… !-

Con il dolore che le esplodeva nella testa, la ragazza serrò la mano destra a pugno, stringendola con tutta la forza che potesse sprigionare su Steel Soul.

- IO DI QUEL RAGAZZO, DEL MIO MIGLIORE AMICO, ME NE SONO INNAMORATA !!-

 

 

Un fiotto di sangue ricadde sul pavimento.

La voce morì nella gola di Reborn, rischiando di lasciar cadere la pistola per lo stupore, nel mentre con forza calpestava il terreno.

Kuro si voltò lentamente verso le proprie spalle, e ciò che gli si parò davanti sorprese qualsiasi sua previsione.

 

I capelli rossi di Azura ondeggiavano in balia di una pressione che si era espansa in un lampo all’interno del corridoio, strisciando attraverso le macerie ed ogni anfratto di quei muri di pietra.

La ragazza, grondante di sangue e con parte della sua divisa nera in pelle lacerata, aveva assunto una posizione di guardia nonostante il buco che le perforava lo stomaco.

Estratta Steel Soul, la impugnava con la sola mano sinistra, puntando la macchina assassina con un terrificante sguardo colmo d’odio.

Prima che qualcuno potesse agire però, il sangue che sgorgava dalla ferita smise di coagulare.

O meglio, fluttuò verso l’alto come un serpente con vita propria, assumendo una forma compatta. Scivolò attorno alla mano destra della tedesca, brillando con scintille di Fiamme della Pioggia.

 

Azura non mosse un muscolo, se non quando strinse la mano libera attorno ad una consistenza solida.

Sapeva cos’aveva appena fatto: il sangue si era trasformato in una seconda lancia scarlatta, poco più lunga di Steel Soul e con una larga lama triangolare.

 

“ E non posso permettere… che qualcuno me lo porti via prima che possa ringraziarlo !”

Il volto era contorto dalla rabbia, come una furia divoratrice incontrollabile.

 

In un istante sia il Kuro che la ragazza scomparvero, generando nello spazio che li separava una pioggia di scintille.

Il primo a riapparire fu la macchina, schiantandosi sul pavimento di roccia ed incastonandosi in esso con violenza. Si rialzò indietreggiando poco prima che un bagliore cremisi calasse sulla sua testa.

Azura ridivenne visibile, estraendo lentamente la lancia di sangue da terra mentre manteneva lo sguardo fisso sul suo nemico.

 

- È riuscita a colpirlo! Come ha fatto? Perché non ho potuto seguire i suoi movimenti ?-  Reborn intanto stava continuando a correre verso i due, impallidito per quanto era accaduto in una frazione di secondo.

Qualcosa però catturò la sua attenzione, distraendolo dalla battaglia.

- Perché mi sembra di non essermi ancora avvicinato ?- La distanza che gli rimaneva da percorrere pareva troppa, soprattutto dato che aveva iniziato a correre all’incirca venti secondi prima.

Lampi rossi si scatenarono nel corridoio.

 

Era Azura, la quale turbinava le sue lance con la dirompenza di una pioggia torrenziale, accorgendo sempre di più la distanza di tempo fra un attacco e l’altro, La macchina assassina, per via della troppa precisione da impiegare o nell’attacco o nella difesa, costretto a schivare tutti quegli attacchi non riusciva più a contrattaccare.

Poteva accadere che delle gocce di sangue si staccassero dalla lancia creata dalla ragazza, disperdendosi in aria.

 

Fu allora che Reborn comprese, osservando come quelle goccioline, nonostante la velocità con la quale la rossa agitasse le sue armi, schizzavano ad una velocità più che normale, impiegando un secondo prima di picchiettare il suolo.

- La Tranquillità delle Fiamme della Pioggia sono capaci di ammorbidire qualsiasi cosa, rendendo inefficaci gli attacchi dell’avversario. Però non è possibile che Azura sia più veloce di un Kuro, quindi… è possibile che con le sue Fiamme abbia rallentato l’intero tempo all’interno di questo corridoio, tranne Azura stessa?!-

Questo spiegava perché, nonostante credesse di correre sempre alla stessa velocità, non avesse ancora raggiunto la sua allieva, oppure perché le gocce staccate dalla lancia non fossero altrettanto veloci.

 

La tedesca, sorella di Drake e figlia di un noto bancario, mai come in quel momento stava provando un dolore lancinante bruciargli in petto.

Tutti i suoi muscoli sembravano starsi spezzando, sovraccaricati dalla sua stessa capacità di muoversi nel tempo rallentato. Il respiro ed il battito cardiaco agivano più lentamente del normale, rischiando di far collassare presto il corpo in un’insufficienza cardiorespiratoria.

- Ma come posso arrendermi ORA ?!- Disse a se stessa, riuscendo a supportare il richiamo di un sonno eterno.

Ruggì ed aumentò ancora la sua velocità, mulinando in un perfetto multiplo taglio orizzontale le proprie armi.

Il busto del Kuro venne lacerato in profondità, ed una melma nera ribollì dal suo interno.

Azura colse l’occasione, soddisfatta di sapere che anche quelle macchine sovrumane fossero distruttibili.

Con Steel Soul compì un taglio obliquo, e la punta si conficcò tra la spalla e la testa della creatura, immobilizzandolo sul colpo. Infine, utilizzando la lancia sanguinea affondò con tutta la sua forza nel ventre dell’avversario, trapassandolo da parte a parte.

 

Allora l’atmosfera parve colorarsi di azzurro, per poi riapparire normale. Reborn con il successivo passo coprì una superficie la quale gli apparve incredibilmente ampia.

- Il tempo ha ripreso a scorrere normalmente !- Realizzò, sollevando lo sguardo in avanti su quelle due figure immobili, che adesso gli sembravano molto più vicine.

Azura aveva il capo chinato, boccheggiando in cerca d’aria con la ferita sanguinante sul fianco. Era possibile che il colpo subito le avesse anche solo leso la colonna vertebrale, anche se nessuna persona sana di mente avrebbe compiuto quegli sforzi rischiando di far crollare sopra il proprio peso la spina dorsale.

Il Kuro era immobile, con quella sostanza nera colante dai fori trapassati.

 

- Un momento… ma se non si sta più difendendo …!- Il Tutor Hitman comprese troppo tardi il piano della creatura artificiale, e solo allora sollevò il braccio urlando il nome della sua allieva.

“ AZURAAA !!”

Senza dover impiegare la propria velocità per schivare i colpi, la macchina avrebbe potuto attaccare a pieno potere, e senza nemmeno la limitazione del tempo rallentato.

Non fece in tempo ad aprir bocca.

 

“ Nirvana: Ultimo Giudizio !”

Azura Schlmit si voltò di scatto, trascinando le sue braccia per formare una X nell’aria una volta lasciatasi alle spalle il corpo del Kuro.

La macchina, con la testa separata dal corpo, ed il busto dalle gambe in due tagli netti che si incrociavano, iniziò a ribollire nella sua stessa schiuma nera. Non ci volle molto prima che della sua figura non rimanesse nulla, se non una macchia di pece sul pavimento in pietra.

 

“ Stai bene ?!” Reborn afferrò la spalla della rossa, costringendola a girarsi nella sua direzione.

Inizialmente venne assalito dal timore, vedendola con gli occhi e la bocca serrata, ma osservando in seguito come il suo petto si muovesse debolmente tirò un sospiro di sollievo.

“ Sei stata molto brava …” sorrise il sicario, fiero della sua allieva, ed eternamente grato per avergli salvato la vita.

 

 

 

Tsunayoshi, Yukiteru, Corex, Akane, Drake e Kiiro continuarono la loro corsa fino a quando non scorsero in lontananza una luce.

Sembrava che lì il corridoio sarebbe terminato.

“ Stiamo per entrare in una vecchia fucina.” Li avvisò il Boss dei Vongola, osservando la mappa sul proprio dorso della mano.

“ Una stanza con una con una piattaforma sopraelevata a forma di anello lungo le pareti.”

Correva in testa al gruppo compatto, ed in volto portava l’espressione tipica di chi fosse pronto ad incassare qualsiasi colpo per la salvaguardia degli altri dietro di sé.

Qualsiasi persona nelle sue condizioni probabilmente avrebbe avuto in mente solo l’idea di salvare Tengoku, ma a quanto pare l’uomo non riusciva a non assumere la responsabilità per quei ragazzi, per il suo amico e per il giovane Licaone che aveva visto crescere.

 

Quando si furono avvicinati abbastanza allo sbocco del corridoio nella stanza, Tsuna improvvisamente sprigionò delle calde Fiamme del Cielo dai suoi X-Gloves, proiettate dietro la schiena come se fossero dei propulsori.

I presenti lo guardarono incuriositi, non avendo tempo per domandarsi cosa stesse facendo, perché in meno di un secondo l’accelerazione lo aveva fatto scattare in avanti.

 

Mentre il Decimo sentiva l’aria sferzargli i capelli castani dove bruciava un’ardente fuoco arancione, ragionava a mente fredda:

- Escludendo Kiiro, dovrei essere il membro più veloce in questa squadra. Se anche ci fosse qualcuno ad aspettarci in questa stanza, dovrei avere modo di accorgermene ed attaccarlo aspettando supporto.-

Inclinò la gamba destra in avanti, diminuendo la propulsione delle Fiamme e perdendo velocità.

- Fingendo di rallentare il nemico dovrebbe abboccare sicuramente !- Pensò rapidamente, ed in un batter d’occhio era all’interno della stanza.

 

La sua attenzione venne catturata da qualcosa, e spalancò gli occhi per la sorpresa. Per un attimo diede l’impressione di voler arretrare, ma si trattenne dal farlo.

 

“ Merda !!” Ringhiò sottovoce Corex Licaone, a qualche decina di metri di distanza dal Boss dei Vongola.

Yukiteru, al suo fianco, lo osservò compiere uno scatto in avanti e sparire dalla sua vista in un istante.

L’Ottavo Boss dei Licaone, avvolto da un turbine di gelido vento, cercò disperatamente di azzerare la distanza tra sé e Tsunayoshi.

Eppure gli manca ancora troppo, mentre lo scintillio che aveva intravisto si stava sempre più avvicinando al suo compagno di squadra. Così, mostrandosi adirato per la decisione appena presa, allungò la mano in avanti e ne fece scaturire un raggio di freddo.

 

Nel momento in cui l’energia bluastra colpì Tsunayoshi, una pallottola proveniente dall’alto penetrò la fronte dell’uomo. Il cranio venne spappolato completamente nell’urto, e la testa, ormai divisa in tanti frammenti, ricadde a terra con un rumore ovattato.

Neve, candida e soffice neve era tutto ciò che restava della testa del Boss.

 

Corex maledisse mentalmente la sagoma appostata tra le ombre della piattaforma sopraelevata metallica, sulla parete opposta all’ingresso: un Kuro inginocchiato dietro una cassa, con tra le braccia un fucile di precisione munito di silenziatore.

Il Licaone agì prima che l’avversario potesse sparare un altro proiettile, ergendo un muro di neve con altre Fiamme turchesi.

La parete bianca ostruì completamente l’ingresso, proteggendo sia lui che il corpo disteso per terra di Tsuna.

 

“ DECIMO !!” Gridò Akane, osservando con i suoi grandi occhi terrorizzati l’uomo immobile, privo della testa.

Prima che potesse muovere un altro passo, l’albino sollevò un braccio per interrompere sia lei che chiunque volesse avvicinarsi. Infine sospirò profondamente, cercando di nascondere l’agitazione palese sul suo viso.

Rivestì le sue mani di Fiamme della Neve, e toccando ciò in cui aveva trasformato il cranio di Tsunayoshi, questo si mosse fino a riattaccarsi al collo mozzato.

In breve tempo la neve si ritrasformò in carne e ossa, ripristinando la forma della testa umana.

Quando anche i capelli si furono riformati del tutto, il castano spalancò gli occhi e sussultò, rimettendosi seduto.

Accorgendosi degli sguardi sorpresi su di lui, si tastò il viso incredulo. Delle ferite ancora sanguinanti solcavano la sua pelle, persino sul collo e sulla nuca.

“ Anche se potrebbero rimanerti delle cicatrici, era l’unico modo per farti sopravvivere.” Con tono distaccato l’albino anticipò qualsiasi sua domanda.

Tsuna si voltò verso di lui, vedendolo a testa bassa e con le braccia conserte al petto mentre si rimetteva in piedi.

“ Grazie …” Disse soltanto quello, sapendo quanto Corex detestasse anche l’ovvio riconoscimento.

 

Kiiro osservò quella scena in silenzio, seppur fosse difficile scacciare la sensazione di paura che aveva provato quando la testa del Boss era caduta per terra.

- Non si è trattato di capacità curative o di rigenerazione… ha trasformato il punto dove sarebbe stato colpito in neve, per poi fargli riassumere la forma originaria.-  Si interrogò su quanti modi potessero esistere di guarire il prossimo utilizzando le Fiamme.

- Se il proiettile avesse penetrato il cranio ed avesse leso il cervello, o nel peggiore dei casi se l’avesse distrutto… nemmeno la Fiamma del Sole avrebbe potuto curarlo. O dovrei dire resuscitarlo? Esistono delle Fiamme capaci di resuscitare un corpo, salvandolo anche dalle lesioni mortali o dagli organi mancanti ?-

Aveva capito che in quanto unico guaritore in assenza di Reborn, si sarebbe dovuto preoccupare maggiormente di queste sue prerogative.

 

“ Si può sapere cos’hai visto lì dentro, se non il cecchino ?” Corex interruppe l’attimo di sollievo generale, attirando l’attenzione di Tsuna, il quale fino a quel momento stava controllando dove altro avesse dei tagli.

Il Boss sollevò lo sguardo, per poi rivolgerlo alla barriera di neve.

“ C’è un secondo nemico. È più lento di un Kuro normale, e penso sia per via della bomba contenuta nel suo corpo.”

Alla parola bomba fu difficile mantenere il sangue freddo, e lo sguardo di tutti inevitabilmente volse al muro, chissà quanto fragile, che li separava momentaneamente dal pericolo.

 

“ Il tuo corpo sarebbe capace di contenere una bomba e farla detonare ?” Domando allarmato Drake, rivolgendosi a Kiiro. La macchina sussultò per la sorpresa, per poi interrompersi a riflettere.

“ Se facessi esplodere una bomba all’interno del mio corpo sono abbastanza sicuro che l’esplosione interna danneggerebbe anche il mio cervello, in tal caso uccidendomi. Però è anche vero che non sono a conoscenza di quanti miglioramenti Leeroy possa aver effettuato in sette anni.”

“ Stai dicendo che i nuovi prototipi potrebbero essere capaci di sopravvivere ad un’esplosione del genere ?” Si intromise Yukiteru, ricevendo un segno di assenso da parte del biondo.

 

“ Ascoltatemi bene …” la voce fredda ma determinata di Tsunayoshi Sawada fu l’ultima cosa che i presenti riuscirono a sentire, prima che una serie di rumori pesanti, come di roccia che veniva frantumata, si facessero sempre più vicini.

Gli occhi di tutti furono indirizzati verso una parete del corridoio, dove in meno di un istante si era aperto un buco proveniente dal muro stesso.

Otto ombre fuoriuscirono da ciò che sembrava una galleria scavata nelle pareti.

“ Nel momento in cui riusciremo ad attirare la loro attenzione, dirigetevi verso l’uscita a destra e proseguite dritto dopo aver bloccato il passaggio.” Il Boss dei Vongola si rialzò da terra aggiustandosi la cravatta nera sul doppiopetto bianco.

 

Corex rimase interdetto e sorpreso, sia per la richiesta di dissolvere il muro di neve, sia nel momento in cui riconobbe le otto figure appena sopraggiunte.

A capo del gruppo c’erano due giovani, un ragazzo dai capelli scarlatti ed una ragazza bionda.

Sembravano avere entrambi sulla ventina.

Lui  lasciava che i capelli lunghi gli ricadessero sulle spalle, con il volto coperto sull’intero lato destro da una maschera simile ad un’ala. Indossava una pancera sopra i pantaloni neri, con i genta tradizionali in legno ed un solo mantello a coprirgli il torso nudo, con il collo alto a forma di V.

La bionda invece portava una lunga treccia che le scivolava lungo la schiena, ed i corti capelli restanti sulla fronte erano acconciati in una frangia. Il suo vestiario era costituito da una giacca di pelle beige, con un tema a ragnatela bianco che si ripeteva anche sui pantaloni neri. Calzava degli stivali muniti di speroni d’acciaio, ed una cintura ricoperta di bottoni a forma di sole coronava il tutto.

 

I restanti sei, quattro uomini e due donne, avevano un vestiario molto simile a quello del ragazzo, tutti con un simbolo raffigurante i quattro punti cardinali ben in vista sulla divisa.

 

“ Spero non abbiate attirato troppo l’attenzione.” Mormorò Tsuna, rivolgendosi all’undicesima generazione della Famiglia Simon.

Simon Kozato, con un’espressione seria ed una voce dura, rispose:

“ Se con Bulldozer avessimo scavato più in profondità, addentrandoci in postazioni che nemmeno voi avevate esplorato, ci avrebbero scoperto sicuramente.”

Un gigantesco uomo alle sue spalle, con degli ispidi e lunghi capelli viola, sia appoggiò sulla spalla un manganello, ricoperto da ciò che sembravano schegge di minerali e roccia.

 

“ Perdonatemi se vi ho chiamato per prendere parte a tutto questo.” Il Decimo Boss dei Vongola appoggiò la mano sulla parete di neve, dando di nuovo il segnale al Licaone di dissolverla.

“ Per tutti i fallimenti compiuti ultimamente, un’occasione di riscatto è più che gradita.” Sorrise sicura di sé Zaffiria Sibilla, Guardiana della Pianura.

“ Sottolineo: ci sarà impossibile fallire anche stavolta.” Decretò Angelo Adith, Guardiano della Palude, aggiustandosi gli spessi occhiali dalla montatura nera.

“ Faremmo davvero schifo se bruciassimo la possibilità di successo, mamma mia …” Sospirò con amarezza Aris Chosen, Guardiano del Ghiacciaio.

“ Con il mio amato Boss alla guida vinceremo di sicuro, non c’è neanche bisogno di chiederselo !” Yuro Raiko, Guardiano della Foresta, fece l’occhiolino a Simon, sorridendo sornione.

“ Sarà dura, ma collaborando con i Vongola ce la faremo !” Raylai Spadafora, Guardiana del Deserto, strinse i pugni, iniziando a fasciarli con delle bende.

“ Sarà il più forte a sopravvivere, questa è l’unica certezza.” Sieg Bulldozer, Guardiano della Montagna, fece roteare distrattamente la propria arma.

 

Veronica Cavallone sfoderò dalla guaina una frusta interamente nera, e spalancando gli occhi sferzò l’aria per poi farla schioccare sul pavimento di pietra.

“ Facciamolo !”

La giovane figlia del Boss dei Cavallone non sapeva cos’altro sarebbe stato necessario dire.

I sospetti che Sebastian potesse essere in realtà il padre legittimo di Tengoku, proprio come per Reborn, erano iniziati da quando il ragazzo era stato rapito.

E se fosse stato così allora, cosa sarebbe stato giusto fare? Senza rischiare di manomettere la determinazione degli altri, si convinse che sarebbe dovuta arrivare fino in fono alla faccenda per prendere una decisione definitiva.

 

Con un flebile vento il muro di neve si dissolse sotto gli occhi di tutti, e Corex, Akane, Drake, Kiiro e Yukiteru si prepararono a seguire gli ordini del Boss.

Improvvisamente Simon estrasse la sua nodachi, e due scintille impercettibili si scontrarono sulla lama.

 

Con sorpresa, il rosso comprese che dei tre proiettili che gli erano stati sparati contro ne aveva parati solo due, mentre il terzo adesso giaceva alle sue spalle. Un fiotto di sangue zampillò dal suo pettorale destro.

“ SIMON  !!” Esclamò spaventato Angelo, venendo però interrotto proprio dal suo Boss prima che potesse avvicinarsi.

Un ghigno beffardo, solcato però da sudore freddo, si dipinse sul volto del ragazzo.

“ Angelo… copertura totale.” Sussurrando con voce tremante quelle parole, rinfoderò lentamente la spada con cura nel fodero.

Mantenendo la mano sull’impugnatura, d’improvviso spalancò entrambi gli occhi, sia quello rosso cremisi che quello verde smeraldo.

“ Simon, Protocollo Δ !!” Senza ancora aver sfoderato la spada scattò in avanti, rimanendo con la schiena e la testa più in basso possibile.

Al suo comando tutta la sua squadra, compresa Vernoica, lo seguirono a ruota estraendo ciascuno le proprie armi.

Tsunayoshi si voltò verso i restanti membri della squadra, rivolgendo quello che sarebbe potuto sembrare un triste sorriso.

“ Correte !” Ordinò in seguito con voce tonante, e grazie alle sue fiamme propulsori planò all’interno della stanza.

 

Nel mentre, dopo pochi metri il giovanissimo Boss rosso aveva già individuato la posizione del cecchino, e vedendolo intento ad osservarli avanzare senza alcuna reazione, colse il momento perfetto per attaccare.

Silenziosamente sfoderò la katana dalla lunga lama, ma tutto ciò che fece fu lasciare un sottile taglio su di una parte del pavimento che aveva appena calpestato.

Vedendolo continuare a correre, alle sue spalle Bulldozer impugnò a due mani il manganello d’acciaio, ricoprendolo con le vigorose Fiamme della Montagna.

 

“ Impeto del Re della Montagna !”

Caricò l’arma fin sopra la sua testa, per poi calarla in una mezzaluna fino a farne sprofondare la punta nella pietra sottostante.

La roccia stessa a quel punto sembrò illuminarsi di una luce color ocra, fino a quando una gigantesca lastra di terreno non venne scagliata verso l’alto con la mera forza dell’omone.

A distanza maggiore, Aris incoccò una freccia nel suo lungo arco azzurro ricoperto di scanalature bianche.

Sollevò i suoi freddi occhi azzurri sulla massa di roccia sollevata, e la fulminò all’istante.

“ Flusso Glaciale Polare !”

 

Mentre il dardo fendeva l’aria iniziò a ricoprirsi di uno spesso strato di ghiaccio, il quale a velocità sorprendente ne raddoppiava le dimensioni.

Ben presto quindi, fino a quando perforò la lastra di pietra, la singola freccia si era trasformata in un’enorme spuntone ghiacciato della grandezza di un autobus.

 

Il Kuro armato di fucile non mostrò alcuna emozione dinnanzi a quell’ammasso di roccia e ghiaccio che gli stava precipitando addosso. Semplicemente, in meno di un secondo, con la sua grande velocità corse verso un’altra direzione della stretta piattaforma.

“ Non pensare di cavartela con così poco !”

Una voce furiosa attirò però la sua attenzione, facendolo voltare in tempo per scorgerne la fonte.

In piedi sulla roccia in atto di precipitare si trovava Simon Kozato, appollaiato con la sua nodachi nel fodero stretta nella mano destra.

L’occhio cremisi del ragazzo, quello che portava impressa la runa tipica della sua stirpe, si illuminò sinistramente, ed una misteriosa Fiamma color terra inondò la spada.

Anche il taglio lasciato sulla pietra parve illuminarsi, e grazie al potere gravitazionale della Fiamma della Terra, la lastra di pietra si bloccò in aria poco prima di schiantarsi sulla parete.

Infatti allora il rosso ghignò, mostrandosi già stanco per la quantità di potere usato, e puntò con sfida il nemico in allontanamento.

“ CARICA !!”

 

Il Kuro avvertì un rumore proveniente dal piano sottostante superarlo, siccome a causa del poco spazio a disposizione non avrebbe potuto superare la velocità del suono e muoversi con precisione.

Sul pavimento di pietra Angelo Adith aveva appena compiuto uno scatto in avanti, mantenendo entrambe le sue pistole gemelle sopra la testa. Nell’istante in cui l’avversario si accorse di lui però non gli sparò, ma andò a colpire con i suoi proiettili la parte della piattaforma poco più distante

Così la macchina assassina accelerò per evitare di avere ulteriori avversari a cui tenere conto, ma quando posò un piede sul punto sfiorato dalle pallottole, l’acciaio sembrò esser diventato gomma molle e soffice.

 

In breve tempo provò inutilmente a muovere le gambe, ma queste erano rimaste intrappolate in un groviglio di metallo sciolto raggrumato sulla piattaforma come una pozza di fango da cui non poteva né cadere né rialzarsi.

Il Guardiano della Palude soffiò sulla canna delle sue armi, voltandosi per ammirare con quanta precisione avesse attirato in trappola il nemico, grazie alla proprietà degradante delle sue Fiamme.

 

Il Kuro a quel punto avrebbe avuto tutto il tempo di imbracciare il fucile ed eliminare il ragazzo dai capelli blu, ma due ombre sopra la sua testa ebbero la priorità sulla sua attenzione.

Sollevò il capo repentinamente, trovando sorprendentemente due perfette copie di Raylai, la Guardiana del Deserto, precipitare dall’alto su di lui, urlando.

Una visione del genere avrebbe lasciato sorpreso chiunque, ma la macchina era stata programmata per uccidere, così per lui non ci fu alcuna differenza nell’avere un bersaglio in più.

Siccome le due ragazze si erano ormai avvicinate troppo, riuscì ad imbracciare il fucile in una mano sola.

Così ad una poté sparare in piena fronte , mentre all’altra sfoderò una potente gomitata nel petto, penetrandolo.

La copia con il buco in testa però, anziché perdere sangue o materia cerebrale, si dissolse in fini granelli di sabbia.

La vera Raylai Spadafora cadde a terra con un tonfo, in un lago del suo stesso sangue.

 

Kuro la osservò silenziosamente, per poi puntarle il fucile contro.

“ Tu …” le labbra della corvina si schiusero in un sorriso, per poi venir interrotto con un colpo doloroso di tosse.

La sabbia dispersa da prima sembrava continuare a danzare in aria, anzi, veniva prodotta dai bendaggi tribali color porpora legati attorno ai polsi ed alle caviglie della giovane tailandese.

“ Non sei immune alle mie illusioni !” Terminò con un ghigno compiaciuto, prima di dissolversi nella polvere.

La macchina assassina vide soltanto il corpo, prima immobile e sanguinante di Raylai, unirsi alla sabbia che già vorticava in aria.

“ Pyramid Gauntlet !”

Ben presto da quella fusione si generò un gigantesco braccio di granito ed arenaria, decorato con tatuaggi fiammeggianti ed una polsiera nera. La creatura, avendo le gambe immobilizzate non poté muoversi, e solo con il proprio fucile non riuscì ad evitare che il maglio la centrasse in pieno.

La parte della grata trasformata in fango si staccò dalla parete, iniziando a precipitare.

 

Frammenti di poltiglia nera schizzarono in aria, ma l’originale Kuro, seppur con una lieve crepa sulla maschera, rimaneva intatto ed ancora armato.

In quel momento, mentre lui stava ancora precipitando al suolo, Zaffiria, Bulldozer, Angelo, Yuro ed Aris si lanciarono verso il punto esatto dove sarebbe atterrato.

Sfortunatamente per loro lui manteneva salda la stretta attorno alla sua arma.

Così, grazie alla straordinaria di 10 Match donatagli dal suo creatore, caricò al massimo il fucile e prese la mira sui suoi bersagli allo stesso tempo.

 

Finalmente il suo corpo toccò terra, non danneggiandosi per niente nella caduta.

In quel preciso istante i restanti membri dell’undicesima generazione dei Simon venne perforata da una pioggia di proiettili precedentemente sparati.

Sangue e schegge d’osso schizzarono in aria, mentre quei giovani assassini stramazzavano a terra privi di forze.

In una frazione di secondo la macchina killer aveva avuto tutto il tempo di centrarli, seppur non proprio nei punti vitali, ma lasciando loro almeno dieci fori di proiettile in corpo.

Risolto anche quel problema decise allora di comprendere come liberarsi dalla grata, dato che la consistenza fangosa persisteva sulle sue gambe.

 

Se avesse avuto una conoscenza superiore in materia di Fiamme, avrebbe capito che il potere della Palude non era svanito proprio perché il suo possessore era ancora in vita.

A testimonianza di ciò, Angelo sollevò il capo sanguinante da terra, mostrando come un colpo di fucile avesse inciso un lungo taglio lungo tutta la sua fronte, quasi fino a scoprire il cranio.

Sfidando a tutti i costi quella terribile ferita, il mafioso puntò una terza pistola, nascosta accuratamente tra l’ascella sinistra ed un capo del mantello rosso, verso il nemico.

“ Disease Swamp Shot !”

 

Proiettili composti da una densa melma verdastra sfrecciarono nel’aria, venendo subito canalizzati dallo sguardo super preciso della macchina.

Le pallottole sparate dall’assassino dei Simon vennero intercettate una ad una dall’improvvisa raffica di fucile, generando nei punti dove si scontravano delle rapidissime scintille sospese in aria.

- Non posso arrendermi… Non posso arrendermi! NON POSSO ARRENDERMI !!- Iniziando a sudare copiosamente, il ragazzo non terminò di sparare, estraendo la sua quarta e ultima pistola per aumentare la quantità di fuoco.

La sparatoria sembrò durare all’infinito, purtroppo ci fu un suono metallico ad annunciare il termine dei proiettili da parte di uno dei due combattenti.

 

Angelo Adith sgranò gli occhi, venendo trapassato da una pioggia di piombo.

I suoi preziosi occhiali dalla montatura spessa, muniti di mirino telescopico, si infransero in centinaia di vetri scuri.

- Mi dispiace figlio di puttana, ma quello era solo il diversivo ...- Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto tumefatto, chiudendo gli occhi con un sospiro tanto simile ad una risata.

- Boss, per favore… in mia assenza non combinare guai.-

 

 

Il Kuro portò una mano al caricatore per controllare i proiettili rimasti. Uno solo.

Nessuna reazione. Neppure quando un’imponente ombra oscurò la luce alle sue spalle.

Bulldozer riuscì a coglierlo di sorpresa, afferrando con le sue grosse mani il collo della macchina, stringendolo e sollevandolo in aria come se non avesse peso.

La creatura artificiale gli sferrò un pugno per liberarsi, un solo colpo, ma abbastanza forte da frantumare tutti i denti davanti dell’uomo e da spaccargli il setto nasale.

L’ex carcerato rimase immobile anche dopo il danno subito, rimanendo a fissare il proprio nemico con uno sguardo vuoto, morto, privo di alcuna emozione.

 

“ Fallo adesso, ragazzo !!”

Sbraitò improvvisamente, con la sua cavernosa voce da animale.

Alle sue spalle Aris Chosen si era appena rialzato, seppur stesse grondando copiosamente sangue.

Con i suoi occhi freddi ed inespressivi prese bene la mira, puntando la freccia verso la schiena del suo compagno di squadra.

“ Sei un grande, vecchio cane bastardo.” Sussurrò impercettibilmente, prima di scoccare il dardo intriso di Fiamme del Ghiacciaio.

Il proiettile, trasformato in un’acuminata ma sottilissima lancia di ghiaccio, trapassò una ferità già presente nel dorso dell’uomo, arrivando a colpire in pieno il corpo del Kuro che Bulldozer stringeva tra le mani.

La macchina assassina sussultò, osservando numerosi rivoli di melma nera schiumosa uscire dal suo petto.

Ma non solo, constatò istantaneamente la presenza di venti coltelli conficcati nella sua schiena, i quali però non erano riusciti a penetrare molto la sua pelle artificiale.

 

Venne lasciato cadere per terra, accorgendosi di come i pugnali ora avessero iniziati a brillare di un’intensa luce azzurrina, quasi metallica.

Accovacciata per terra dove era caduta, Zaffiria si passò una mano tra i capelli biondi a caschetto, sputando per terra un grumo di sangue.

“ Le mie Fiamme della Pianura assorbono l’umidità, e fanno da calamita per ciò che è composto da acqua… specie se quello che attrae è molto grande.” E sorridendo svenne anch’ella, ma non prima di rivolgere speranzosa uno sguardo al cielo.

 

Anche il Kuro lo fece, osservando il gigantesco sperone di ghiaccio sparato da Aris precedentemente, senza più la lastra di roccia attorno, precipitare esattamente verso la sua direzione.

O meglio, dei residui di pietra erano ancora attaccati alla superficie, ma proprio sotto i suoi occhi si stavano sciogliendo. Ed ogni volta che si deterioravano del tutto, dei misteriosi proiettili incastonati tra i detriti precipitavano al suolo.

 

“ Angelo è il miglior pistolero che abbia mai conosciuto …” ruggì con spietatezza Simon Kozato, in piedi sulla lancia in rotta di collisione con il corpo inerme della macchina.

“ …nonché il primo ad aver preso sul serio la mia capricciosa idea di diventare Boss !”

Con un’esplosione di schegge e pietra, l’impatto avvenne, ed il rosso urlò a pieni polmoni tutta la sua rabbia.

“ Ed il suo sacrificio non sarà vano !!”

 

Per almeno un intero minuto dopo il boato, un’irreale silenzio aleggiò quasi etereo nella stanza.

 

Simon rimaneva immobile, come un cadavere, ma in piedi sulle sue stesse gambe.

Era stata una follia schiantarsi su quella specie di iceberg volante, soprattutto dato che adesso il suo nemico…

- È ancora vivo …- Respirò profondamente, sfoderando con un sibilo metallico la nodachi.

Dal fumo, alle sue spalle, un’ombra si fece avanti con un’andatura anormale.

- Si è lasciato colpire per recidersi dal busto in giù.- Intuì il ragazzo, impugnando a due mani la katana, senza però voltarsi.

Ciò che si stagliava dietro di lui era il Kuro di prima, con ancora il fucile imbracciato, ma dalla vita in giù il suo corpo era stato inghiottito da numerosi arbusti verdi e nodosi provenienti da delle voragini nel terreno.

La linfa di quelle piante sembrava brillare come un fuoco verde chiaro.

 

In lontananza Yuro Raiko, Guardiano della Foresta, sorrise mettendosi seduto.

- Angelo… se non fosse stato per le erosioni nel terreno create dai tuoi proiettili caduti, non sarei mai riuscito a salvare la vita al Boss. È tutto merito tuo.- Una lacrima solitaria percorse il suo triste viso accigliato.

 

Nel mentre, il giovane Simon si era finalmente preparato alla mossa finale, il cosiddetto scacco matto.

In un secondo ruotò attorno al proprio asse, tracciando un’arcata in aria con la lama della sua katana.

In silenzio, in completo e puro silenzio, facendo appello a tutta la sua concentrazione.

 

Entrambe le sue braccia vennero però bloccate da una sola mano del Kuro, il quale troppo veloce per poter essere colto di sorpresa, lo fissava senza alcuna reazione.

Gli occhi di Simon si colorarono di paura e frenesia, sentendo come i suoi muscoli fossero impotenti contro la morsa micidiale della macchina.

Il costrutto artificiale intanto,  a dimostrazione della sua forza sovrastante, infilò la canna del fucile sotto il braccio sinistro e così facendo lo caricò con una mano sola.

Infine, con lentezza metodica, infilò l’estremità dell’arma nella bocca spalancata per lo stupore del rosso.

 

Il figlio di Enma pensò di star impazzendo.

Era la paura, era il dolore, era qualsiasi cosa stesse accadendo lì dentro, senza nessuna certezza di poter vedere il domani. Di poter rivedere Veronica, di poter rivedere Tengoku.

Angelo questa certezza non ce l’ha più, così disse una voce nella sua testa.

Ecco cosa lo stava facendo impazzire. Non era la paura e non era il dolore. Era la rabbia.

 

“ È stupido arrabbiarti con tuo padre perché in fondo tu vuoi essere come lui, Simon. Tutto quello che devi fare è scoprire chi vuoi essere, senza doverti per forza legare ad una figura di riferimento. Tu sei tu, e nessun altro potrà mai esserlo…”

Ricordava quelle frasi dette in segreto dall’assassino della sua età, che lavorava da sempre a stretto contatto con suo padre, e per cui fino a quel momento aveva anche sviluppato una sorta di invidia.

Erano periodo in cui non sapeva cosa sarebbe diventato, e per questo vagava disperatamente alla ricerca di certezze. Capì solo in futuro che le certezze non le avrebbe mai trovate guardando il potere di suo padre, ma soltanto sfidando il futuro a testa alta.

 

- Me le avevi insegnate tu queste cose, bastardo.-

Gli occhi bicromatici del giovane si inumidirono, prossimi a delle disperate lacrime liberatrici.

Delle potenti Fiamme della Terra improvvisamente investirono la katana e contemporaneamente anche le sue braccia nude, appesantendone la potenza gravitazionale.

Ed in quel momento così delicato, il rosso aveva deciso che la gravità avrebbe soltanto dovuto spingere verso il basso la propria lama, con il solo scopo di tranciare il suo avversario.

I muscoli e le ossa cigolarono come dei cardini prossimi a sfondarsi, il polso a malapena riusciva a sostenere il peso della spada, che con il passare del tempo sembrava aumentare di tonnellate.

 

In meno di un secondo, persino il Kuro si ritrovò sbalordito, dovendo resistere a quella potenza imprevista e fuori da ogni calcolo.

In preda ad un viscerale istinto di sopravvivenza, premette il grilletto.

 

“ CON CHI CREDI DI AVERE A CHE FARE, EEEEEH ?!!”

La pallottola penetrò nella bocca di Simon, spalancata in quell’urlo selvaggio.

Tuttavia, il destino volle che perforò soltanto una parte superiore del palato, fuoriuscendo sulla guancia ed incidendo la carne in salita lungo la faccia.

Generò una crepa nella mezza maschera di cristallo rosso, aprendone un varco e conficcandosi nella pupilla verde smeraldo, tanto diversa da quella ereditata dal padre.

Quando tutto questo cessò, ovvero quando il proiettile volò via senza perforare gravemente la scatola cranica, la nodachi aveva già tranciato in due parti distinte sia il braccio che la testa della macchina assassina.

 

I pezzi separati del Kuro iniziarono a ribollire, per poi sgonfiarsi in un vapore nauseabondo color petrolio.

Simon Kozato crollò in ginocchio, premendosi con una mano l’occhio che aveva appena perso, e con l’altra il cuore, segno che da allora avrebbe dovuto convivere con un importante lutto.

 

 

Tsunayoshi e Veronica erano riusciti ad interrompere l’avanzata del secondo Kuro, che ora li guardava come incuriosito.

Il suo ventre era visibilmente più gonfio, ed attraverso la veste nera era possibile vedere un bagliore sinistro, quasi pulsante come un cuore, provenire dal suo interno.

 

“ Sai già cosa fare ?” Domandò freddamente il Boss, concentrato su qualsiasi movimento sospetto potesse compiere il suo avversario.

La Cavallone non rispose nemmeno. Con sguardo altrettanto immerso nella battaglia sollevò il braccio sinistro in aria, nel mentre con la mano destra iniziò a far roteare la frusta in moto circolare.

Quando la corda si attorcigliò attorno anche alla mano sinistra, a causa della sua imprevedibile lunghezza tracciò un cerchio perfetto di circa dieci metri attorno a tutti e tre.

Esattamente nella scia d’aria tracciata era possibile intravedere delle sottili Fiamme del Cielo, simili a delle linee di fumo.

 

Prima che il nemico potesse agire, il Decimo dei Vongola unì tutte e dieci le sue dita, facendo combaciare i palmi delle mani. La Fiamma del Coraggio di Morire sulla sua fronte brillò, ed in un batter d’occhio le fiamme arancioni di Veronica si espansero, formando  una cupola di cristallo semi trasparente sopra di loro.

- Così facendo limiteremo qualsiasi tentativo di ostacolare gli altri, oppure di inseguire chi è già scappato.-

Terminata la prima parte del suo piano, il Boss assunse una posa di combattimento, preparandosi al vivo dell’azione.

Persino Veronica non riuscì a seguirlo con lo sguardo: l’uomo in meno di un secondo, sfruttando la propulsione dei suoi guanti aveva rapidamente aggirato lo sguardo di Kuro, giungendogli alle spalle.

Tsuna sollevò la mano destra sopra la testa del nemico, abbassandola come una scure per decapitarlo rapidamente con il taglio.

 

La macchina assassina emise un singolo, ma prolungato sbuffo di fumo da sotto la sua maschera. Troppo velocemente il suo busto si sgonfiò, come liberato da quel vapore.

Una potente luce investì sia il Boss che la ragazza, accecandoli prima ancora che potesse sopraggiungere un forte calore.

I corpi dei due vennero travolti dall’esplosione, e la pressione fu sufficiente a scaraventarli contro le pareti cristalline, le quali sorprendentemente resistettero.

Tsunayoshi Sawada si piegò su se stesso, ritrovandosi con i propri vestiti lacerati e la pelle ricoperta ematomi.

L’eco dell’esplosione ancora rimbombava nelle sue orecchie, stordendo sia la vista che l’udito. Davanti a sé vide il Kuro, intatto, ed il corpo disteso a terra di Veronica. La ragazza sembrava non aver perso i sensi, ma il trauma appena subito era palese nei suoi occhi spalancati e tremanti mentre disperatamente cercava di rimettersi in piedi.

- Ho fallito! Pensavo che il peso dell’esplosivo rallentasse anche i suoi riflessi… se così non fosse stato lo avrei aperto in due per poi pietrificare la bomba nel suo corpo.- Il Boss dei Vongola raddrizzò la schiena, sopportando il dolore delle ustioni sulla pelle per assumere una mentalità più concentrata e calma.

 

Sfortunatamente non ci riuscì, e tutto ciò che ricevette fu un pugno da parte della macchina assassina sul naso, il quale gli ruppe il naso ed il labbro nell’impatto.

Dalla sua bocca zampillò del sangue, accorgendosi l’istante successivo di quanto l’avversario fosse diventato veloce senza l’ordigno esplosivo nel corpo.

Venne bersagliato da un centinaio di quei rapidissimi pugni su tutto il corpo, ed avvertì con un atroce dolore le proprie ossa scricchiolare e spostarsi ad ogni danno. La clavicola sinistra e due costole si ruppero subito, mentre la mascella si slogò dopo un’agonia più prolungata.

 

Nel momento in cui però il Kuro sollevò il pugno dalla carne immobile dell’uomo, notò un qualcosa di singolare che lo circondava.

Seguendo quella corda, decretò che provenisse dalla frusta di Veronica, ora a stento in piedi a distanza di cinque metri. La ragazza bionda lo fissava con paura, ma anche con una forza interiore insostenibile ed intramontabile persino dopo l’ingente danno subito.

“ MALEDETTOOO !!”

Urlò, sentendosi strappare una vita troppo preziosa davanti a sé.

Caricò a testa bassa l’avversario, mantenendo salda il capo della corda ancora teso, sotto lo sguardo inespressivo, quasi annoiato, del costrutto.

Un istante prima che il Kuro potesse reagire, si accorse che la frusta annodata attorno al suo polso si era cristallizzata, bloccandogli la mano in uno strato di brina in continua espansione.

Essendo stato distratto da quel particolare, riuscì a malapena a parare un calcio della ragazza quando questa gli si parò di fronte.

 

Allora però, sentì il proprio peso venir sbilanciato in avanti, ed i propri piedi sollevarsi da terra.

La figlia di Dino sorrise, dissolvendo quella maschera di rabbia creata appositamente per la trappola.

L’impugnatura della frusta, stretta nella sua mano sinistra, dimostrava come la corda fosse effettivamente legata alla mano dell’avversario, ma prima di quel nodo si protraeva come un serpente lungo la schiena della ragazza, attorcigliandosi attorno alla sua caviglia.

In questo modo sollevare la gamba per scalciare verso l’alto aveva trascinato la mano della creatura verso il basso, facendolo dunque scivolare addosso a lei.

 

Veronica non perse tempo, e con entrambe le braccia si aggrappò alle estremità del corpo del Kuro, ovvero al collo e alla gamba. A contatto con la corda lungo la schiena la macchina tremò, essendo che l’intera frusta stava propagando velocemente sul suo corpo i cristalli.

Infine la bionda strinse i denti e rafforzò la presa, spiccando un salto verso l’alto con tutte le energie che le fossero rimaste.

Il terreno si allontanò sotto la sua vista mentre i muscoli dei suoi arti inferiori accusarono una dolorosa fitta.

 

Veronica non aveva ancora perso le speranze: sarebbe arrivata fino in fondo a quella triste storia per scoprirne il lieto fine. Era rimasta per troppo tempo lontana da Tengoku, dal bambino che aveva cresciuto per tutti quegli anni come se fosse suo fratello, festeggiando i suoi successi e consolando le sue paure.

- Perché abbandonarlo proprio ora che, lontano da tutti, starà soffrendo e chiamando aiuto ?!-

“ VAI, DECIMO !!”

Con tutto il fiato nei suoi polmoni lanciò quell’ultimo grido, inclinando il corpo per esporre la schiena a favore del terreno.

 

Sentendosi chiamato, Tsunayoshi Sawada si sentì quasi risvegliato da un sonno d’oblio. Spalancò gli occhi, illuminati da un fuoco ardente di colore arancione, come quello che brillava violentemente sulla sua fronte.

Non ebbe nemmeno bisogno di annuire. Sollevò il braccio destro verso i due ed il sinistro, parallelamente, in direzione del terreno.

- Mi fido di te, Veronica.-

“ X-BURNER: IL LIBECCIO VERSION !!”

Un getto di Fiamme del Cielo ascendente scaturì dal suo X-Gloves, proiettando una linea luminescente nell’aria fino a quando non colpì Kuro e la ragazza. Un’esplosione luminosa illuminò a giorno quella cupola di cristalli, sprigionando un calore tale da trasformare in polvere le macerie di roccia sul pavimento.

La macchina assassina si contorse in preda alle convulsioni, ancora avvolta dal calore, gonfiandosi e poi dissolvendosi tra versi inumani come una lumaca a contatto con del sale.

 

Dalla nuvola di fumo denso sollevata precipitò solo una figura: il corpo svenuto di Veronica, con ancora la presenza di una debole Fiamme del Cielo sulla fronte sanguinante.

- Per fortuna… è riuscita ad effettuare lo Sfondamento del Punto Zero proprio come le avevo insegnato.-

Accasciandosi alla parete di cristalli con un sorriso stanco ma soddisfatto, il castano si lasciò scivolare a terra per le troppe ferite che gravavano sul suo stato di veglia.

In silenzio chiuse gli occhi, avendo terminato parte di ciò che avrebbe garantito la sopravvivenza di tutti loro.

 

 

 

 

La pesante porta di pietra si spalancò, lasciando che uno spiragli di luce squarciasse il buio nella stanza.

Una folata di gelida corrente spense le quattro candele poggiate sul tappeto, scuotendo i capelli bruni di un ragazzo, lì inginocchiato.

 

“ Ma si può sapere che cazzo ha di così interessante questa stanza ?”

Doku Dokuro Rokudo si appoggiò allo stipite della porta, con fare annoiato ed indifferente, scrutando l’interno della sala. Si era stancato di aspettare lì fuori, da quando il suo capo se n’era andato.

Tengoku emise un flebile respiro, come delle parole sussurrate, prima di alzarsi lentamente da terra.

Si voltò verso il ragazzino.

“ Chi ti ha dato il permesso di entrare ?”

Occhi profondi come l’abisso, ed una maschera inespressiva, oscura, al posto di quel volto emotivo e gentile che aveva sempre indossato. Il bruno non aveva mai usato quel tono con qualcuno, eppure adesso la sua voce rimbombava cupa e profonda tra le quattro pareti.

Doku rabbrividì, e non poté fare niente per impedirlo. Per un attimo aveva percepito un intenso Intento Omicida. Anzi, lo stava ancora percependo.

Con falsa sicurezza, resa poco credibile dallo stupore appena provato, iniziò a sghignazzare di gusto.

“ Pensi di poter usare questo tono con me? Vuoi …”

“ Vuoi che ti uccida… vero ?”

 

Il corvino ebbe di nuovo quella sensazione di disagio, osservando il bruno fare un passo avanti verso la scalinata. Camminava a testa bassa, era dunque impossibile scorgere ancora un tratto del suo volto.

“ Non provare …” Ricominciò, leggermente intimorito, Doku, venendo nuovamente anticipato dalla voce piatta dell’altro.

“  Non provare a sottovalutarmi, non sai nemmeno chi io sia… vero ?”

Per un attimo parve di intravedere un sorriso sulle labbra di Tengoku, o forse solo un bagliore sinistro in un suo occhio.

“ Sembra proprio che la tua peggior paura sia quella di venir sottovalutato. O meglio, siccome ormai hai capito di esserti trovato in una situazione più grande di te, fai buon viso a cattivo gioco e speri che nessuno scopra quanto in realtà gli sei inutile.”

Istintivamente il più piccolo portò una mano al coltello, estraendolo quando vide il ragazzo essersi avvicinato di molto a sé.

“ Sono arrivato alla conclusione che questo tuo esibizionismo sia dovuto a pochi riguardi di mamma e papà, o probabilmente dalla mancanza di ciò che tu volevi da loro. È strano però che siano stati proprio tra gli unici a non venir uccisi… per caso ti incutono troppo timore per occupartene con le tue mani? O forse non sei libero di fare ciò che vuoi liberamente ?”

 

Quella voce che gli rimbombava nella testa sembrava star stappando dalla mente ogni suo segreto, come un ladro che scassina la serratura di una cassaforte. Doku non resse più, ed attaccò urlando.

Il ciuffo bianco di Tengoku si scostò dalla sua fronte, scoprendo per un attimo i suoi occhi profondi.

“ Shadow Counter !”

Il bruno inflisse una rapida ginocchiata nella pancia dell’avversario, per poi colpire con la propria mano il polso di quella armata di Doku, lasciando che il pugnale scivolasse a terra.

 

Il ragazzino si ritrovò in un istante piegato su se stesso, con un filo di bile che gli colava dalla bocca ed il respiro affannato.

Ten chinò il capo per avvicinarsi all’orecchio di lui, iniziando a sussurrare:

“ Sei un personaggio secondario, anzi, quasi una comparsa. La tua motivazione di essere qui è insignificante di fronte a quella di chiunque altro, e questo dovrebbe farti capire quanto sia futile la tua presenza. Hai ucciso qualcuno, è vero… ma allora? Ho sconfitto assassini che avranno mietuto almeno il doppio delle tue vittime, cosa ti spinge a pensare che non farei lo stesso anche con te ?”

 

Il figlio di Mukuro e Chrome si sentì tirare per i capelli, ma istintivamente chiuse gli occhi.

Ormai un senso di paura così viscerale lo faceva tremare al solo suono della voce di Tengoku, e nella sua mente era convinto che anche solo guardarlo lo avrebbe ucciso.

“ Lo capisci tu stesso, arrivato a questo punto. Il futuro mostrato dal Bazooka dei 10 anni alla Magione, prima che tu prendessi parte a questa iniziativa, mostrava come le tue abilità sarebbero state usate a fin di bene, facendoti ottenere addirittura un posto prematuro nel campo della medicina. Non sopporto chi spreca il proprio futuro in questo modo, lo sai? Non ti voglio più vedere sulla mia strada.”

Ridotto quindi ad un impotente corpo sudato e lacrimante, venne lasciato cadere a terra dal bruno, il quale in seguito chiuse la porta per il mausoleo e sparì.

 

Del ragazzino non si seppe più nulla, se non che da allora si rannicchiò sul pavimento, tremando convulsamente e pronunciando parole senza un senso logico.

 

 

 

Corex Licaone sentiva l’aria sferzare il suo volto ed i suoi capelli argentei.

Il suo corpo immobile si stava muovendo ad altissima velocità senza nemmeno più toccare terra, tutto questo grazie ad una punta acuminata che gli perforava in pieno il centro del petto.

Alle sue spalle un Kuro stava correndo, spingendolo con la lancia proveniente dalla sua fronte con la quale l’aveva impalato, verso un muro distante ancora pochi secondi di quella sorprendente velocità.

 

Il Boss guardò distrattamente la mappa sulla sua mano, con aria distratta ed annoiata.

- Dovrei quasi essere arrivato, la svolta che cerco è esattamente alla fine del corridoio.-

Osservando meglio il polso freddo, poté osservare come questo si fosse gonfiato, colorandosi di porpora e ricoprendosi di bolle.

La decomposizione stava già iniziando, realizzò. Muoversi per tutto quel tempo, senza più che il sangue circolasse nelle vene, non aveva impedito al suo corpo di andare in cancrena.

Presto si sarebbe decomposto, sciogliendosi in monconi di carne putrefatta con le ossa esposte e poi basta. Era il destino di ogni umano, quale illuso avrebbe creduto di non appartenere a quel ciclo?

 

“ Ehi, idiota !” Con tono indisposto, l’albino voltò il più possibile la sua testa per guardare direttamente il suo assalitore. Questo, impassibile, continuava a correre.

“ Probabilmente il tuo stupido cervello si chiede come mai io non stia sanguinando, visto che in teoria mi avresti reciso l’aorta e dovrebbe esser scoppiata un’emorragia . Non ho tempo di spiegartelo, ma sappi che se mi schiantassi su quella parete mi ridurrei ad una poltiglia zombie immobile, e bhe… sarebbe una gran rottura terminare i miei giorni così.”

Il muro era ormai ad un secondo dall’impatto.

Corex strinse una mano attorno al corno che sporgeva dal suo petto, ed un sottile strato di brina lo ricoprì.

“ Piuttosto, tu non hai freddo ?”

 

Nella distanza di tempo percorsa per raggiungere la parete, il Kuro si scompose in un’implosione della sua materia interna, collassando su se stesso privo di equilibrio.

Sembrava una torre di mattoncini colpita da un pugno, ed i suoi mille pezzi schizzarono senza freni verso il muro, scontrandosi ad una velocità tale da farlo crollare su loro stessi.

Il Boss dei Licaone invece atterrò in piedi, sano e salvo, estraendosi dal busto quel che rimaneva di un corno congelato, il quale si sbriciolò al minimo tocco.

Infine si voltò, dando le spalle ad uno spesso cumulo di neve che aveva improvvisamente camuffato le macerie ed il corpo frammentato del Kuro.

“ Ragnarok: Fimbulvetr !”

 

L’albino manteneva un atteggiamento freddo, il che si addiceva perfettamente al suo potere ed alla sua natura combattiva.

“ A quanto pare nemmeno le tue cellule possono rimanere intatte ad una temperatura bassa come quella dei più freddi inverni. Dicembre del 1708, l’Anticiclone Termico Russo, causato da un gelo imprevisto anche per la Russia stessa, fu in grado di gelare l’intera Laguna di Venezia, il Lago di Garda e tutti i fiumi d’Europa… un po’ troppo per te, in effetti.”

Si tastò il foro nel petto, per poi riempirlo di ghiaccio con le stesse Fiamme della Neve che ancora brillavano nelle sue mani.

- Almeno così puzzerò di meno …-

 

 

 

Tengoku non si muoveva tra quel labirinto di corridoi senza una direzione, sebbene non disponesse di una mappa.

Seguiva quella misteriosa presenza che da quando si era risvegliato lì lo teneva sott’occhio. Si domandò se anche suo padre l’avesse sentita.

Camminò per dieci minuti nell’oscurità, producendo con i suoi passi l’unico rumore in quell’ala del palazzo.

Raggiunse finalmente una fonte di luce, proveniente da dietro una porta d’acciaio con la parte adiacente al soffitto in vetro trasparente.

Constatò subito che l’anta fosse non del tutto chiusa, lasciando che uno spiraglio facesse intravederne parte dell’interno. La presenza si trovava esattamente lì dentro.

 

Portò una mano dentro la tasca, mentre con l’altra fece tamburellare le dita sul muro, componendo uno strano ritmo. Il suono serviva per mimare il rumore di passi, sebbene il ragazzo fosse fermo, in attesa.

Aspettò una quantità di tempo indefinibile prima che qualcuno aprisse la porta, uscendo dalla luce.

Il ragazzo era pronto in qualsiasi momento a lanciare con elevata precisione il sasso nella sua mano destra, facendogli assumere la letalità di un proiettile, ma qualcosa in lui lo trattenne dall’agire d’impulso.

 

Una donna. Una donna con dei lunghi capelli turchesi e la pelle candida impiegò poco per voltarsi verso di lui, puntandolo con dei profondissimi occhi di ghiaccio.

Immobile, in quel silenzio irreale, sembrava una lupa nella neve che con espressione indecifrabile aveva puntato qualcosa.

Il ragazzo si sentì messo in pericolo da quella presenza, non al punto di provare paura, ma sicuramente sentiva che non avrebbe potuto attaccarla impudentemente, o lei l’avrebbe sovrastato con semplicità.

 

“ Puoi entrare.” Sorrise la donna, ritornando improvvisamente dentro la stanza senza aggiungere altro.

Ten spalancò gli occhi, sorpreso. Non aveva compreso il motivo di quell’incontro, ma solo osservando quegli occhi aveva certificato che fosse stata quella donna a seguirlo fino ad allora.

Non si lasciò spaventare ancora, e per svelare il mistero accettò l’invito e si chiuse la porta alle spalle.

 

La stanza doveva essere un magazzino, colmo di casse in legno e container d’acciaio affiancati da scaffali ricolmi di vecchi fogli.

Seduti su di una banca, due ragazzi osservarono sorpresi l’ingresso di Tengoku, scrutandolo in silenzio ma attentamente.

La ragazza aveva le ginocchia portate al petto e le braccia conserte. I suoi capelli erano color castano scuro, lunghi fino a metà della schiena e mossi. Vestiva un top bianco senza maniche sopra dei pantaloni di cuoio nero e degli stivaletti.

Un ragazzo la abbracciava dalle spalle, era poco più alto di lei, ma sembrava leggermente più giovane, poco più di un diciottenne. Aveva i capelli corvini pettinati accuratamente in un corto ciuffo dalla punta tinta di viola e vestiva un completo giacca e pantaloni color lavanda, al di sopra di un maglione nero a collo alto.

Sembravano molto intimi, pensò il bruno prima di rivolgere l’attenzione verso la donna davanti a sé.

 

“ Mi conosci.” Non fu una domanda, bensì un’affermazione quella con cui iniziò il dialogo.

Lei si voltò, nuovamente con quel sottile sorriso in volto che la circondavano di mistero e tristezza.

“ Il mio nome è Himeko Ogawa, sono la Guardiana della Neve del Decimo Vongola.”

Reborn gli aveva spiegato che i Guardiani della Neve svolgevano dei ruoli molto distaccati dalla Famiglia, adoperando nel giusto senza mai far notare della propria presenza. Sebbene si potessero paragonare ai Varia, questi peculiari Guardiani spesso non prendevano nemmeno ordini dal Boss, agendo nel giusto delle eterne leggi della tradizione.

Di fatti, lui non aveva mai visto questa donna, ma non gli balenò in mente l’idea che stesse mentendo. O era molto brava a nasconderlo, oppure era sincera.

Non fu questo però ad attirare l’attenzione del ragazzo. Fu l’ultima parte della frase, qualcosa che istintivamente lo fece scattare sull’attenti, attivando impercettibilmente l’Istinto Omicida per autodifesa.

 

“ Sì, come hai potuto notare sono al corrente che il Boss non sia il tuo vero padre, è questo il motivo per cui ho indagato su Sebastian per tutto questo tempo.” La donna parlava con voce serena, senza mai scomporsi, mentre alle sue spalle Taylor e Devon parvero agitarsi per via dell’oscuro ed imprevedibile sguardo del ragazzo.

“ Volevo parlarti solo per dirti che… non ti saremo d’intralcio. Non sono nemmeno più in grado di battere Sebastian, e quelle macchine che ha portato quattro ore fa sembrano davvero ardue da eliminare. Ero solo curiosa di sapere quale scelta avresti fatto, arrivato fin qui e conosciuta la verità.”

 

Tengoku abbassò lo sguardo, e strizzando le palpebre rimase per un attimo immobile. Quando sollevò il capo guardò Himeko negli occhi, fisso e serio, per poi voltarsi.

“ Non ne ho ancora idea… ma sembri davvero nelle condizioni di non poter lottare, quindi ti consiglio di rimanere qui fino a quando non avrò risolto tutto.”

Pronunciando quelle fredde, ma enigmatiche parole, mosse i primi passi verso la porta.

 

- Se n’è reso conto in questo poco tempo.- Pensò sorridendo la Guardiana, e non poté vedere un futuro radioso per quel ragazzo così sveglio e timidamente altruista.

Taylor invece, osservando come il bruno se ne stesse andando, si alzò allarmata, tirando la mano a Devon. La castana corse subito verso di lui, fermandolo fuori dalla porta.

 

“ Perdonami, ma ho bisogno di te !” Gli disse non appena egli si fermò, notando il suo sguardo speranzoso.

Tengoku rimase in silenzio, aspettando un seguito. Per un attimo incrociò gli occhi con quelli del corvino, e questo si ritrasse istantaneamente, chiudendosi in se stesso.

“ Tu sei il figlio di Elisabetta, giusto ?” Riprese Taylor, e nuovamente lui rimase in silenzio, non dimenticandosi però di annuire.

  “ Lei è mia sorella maggiore! Lasciò me e mio fratello per andare a vivere da sola quando avevamo nove anni, e da allora non l’ho più rivista.”

Curvandosi verso il ragazzo, congiunse le mani in preghiera, e sul suo volto si palesò la paura e la tristezza.

“ Io sento che lei è qui, e anche la profezia di Yuni diceva che avrei ritrovato dei miei parenti tra queste mura! Eppure io… non riesco a trovarla! Tu sai dove la tiene nascosta Sebastian ?”

 

Il bruno spalancò gli occhi, freddi e per un istante spaventosi, puntandoli su quelli della ragazza.

“ Quell’ultima domanda potevi anche risparmiartela !” Sussurrò tagliente come la lama di un coltello.

La voce di Taylor si spezzò, non sapendo cosa dire davanti ad un’aura così minacciosa.

“ Mia madre non c’è più da diverso tempo… ma la sua tomba è custodita qui dentro, questo è vero.”

 

Devon colse la speranza svanire dagli occhi della sua compagna, ed avvertendo la sua silenziosa sofferenza la strinse con un braccio, cingendole le spalle.

Taylor segretamente, nei meandri della sua determinazione incrollabile, temeva una risposta del genere.

Aveva conosciuto a stento Elisabetta, aveva nove anni e lei venti quando si erano viste per l’ultima volta. La maggiore, Lara, aveva già due guardie del corpo ma continuava a vivere tra le mura della Magione, eppure l’unico contatto con la propria famiglia che aveva continuato ad avere dopo la loro partita era stato con Pinocchio.

Non sapeva perché ormai fosse rimasta l’unica figlia di Dado Emanuele Vongola a non essere scomparsa, mentre nel corso degli anni la sua famiglia si era disfatta come tanti fogli ad una folata di vento.

Era rimasta sola, soprattutto ora che aveva ricevuto la certezza al suo peggiore dubbio.

 

“ Perdonami, non volevo …” Bisbigliò Tengoku con un filo di voce, resosi troppo tardi della rudezza con la quale aveva detto le ultime parole.

“ Non preoccuparti.” La castana accennò un sorriso, seppur con le guance tremanti e gli occhi lucidi le fosse difficile. Notò una strana somiglianza nel modo in cui il ragazzino aveva distolto lo sguardo, quasi con vergogna, nei modi misteriosi usati da Elisabetta quando si chiudeva in se stessa.

“ Forse è chiederti troppo, ma vorrei vederla almeno un’altra volta. Potresti portarmi dalla sua tomba ?”

Il bruno annuì energicamente, senza più voltarsi nella loro direzione e ripercorre la strada appena superata, consapevole di star venendo seguito dai due.

 

 

 

Himeko aveva seguito con lo sguardo i tre ragazzi uscire dalla stanza, ma proprio in quel momento era accaduto qualcosa di irreale.

Mentre Taylor e Devon inseguivano Tengoku, una figura era contemporaneamente entrata dalla porta, venendo però attraversata come un velo d’acqua dai due.

Lei aveva spalancato gli occhi, sorpresa. La maggiore sorpresa, tale da farle arretrare di qualche passo, era stata riconoscere quell’individuo misterioso.

 

“ Hime !”

“ Corex !”

 

L’Ottavo Boss dei Licaone, apparso sull’uscio della porta, sembrava altrettanto sorpreso di trovare lì la Guardiana.

Hime rimase per un attimo indecisa su cosa fare, cosa pensare, cosa dire, ma improvvisamente si ritrasse nel silenzio. Distolse lo sguardo dall’albino, fissando il pavimento senza dire una parola.

“ Hime ?” Ripeté il ragazzo, sussultando davanti a quella reazione.

 

Il silenzio perpetuò nella stanza fredda, fino a quando anche lui chinò il capo, respirando con amarezza.

“ Non volevo metterti in pericolo, dato che Sebastian non sospettava che io fossi sopravvissuto …”

“ Ti ho sempre detto che saresti potuto correre da me, in qualsiasi situazione ed in qualunque momento !”

Con una punta di rabbia nel suo tono freddo, la ragazza interruppe la voce triste di Corex, lasciandolo senza parole.

 

“ Di me ti sei sempre potuto fidare, o no ?” A quel punto Himeko alzò il tono di voce, sollevando lo sguardo per fissare con i suoi occhi pieni di energia, una vitalità che da tempo non possedeva, l’altro.

 

“ Però, ti prego, non lasciarmi più sola.”

 

Con una smorfia sofferente che cercò di mascherare, fallendo, il respiro dell’albino si fece più pesante.

“ Riuscirò mai a combinarne una giusta, Hime? Ho sbagliato un’altra volta, sono proprio senza speranza !” Con odio si portò una mano al petto, stringendosi la camicia che indossava, quasi come se volesse strapparsi il cuore per il troppo dolore che stava provando.

 

“ Per me esisti solo tu… qui, davanti ai miei occhi !” Con una rapidità immane, l’azzurra azzerò la distanza che la separava dal Boss, senza nemmeno che lui se ne accorgesse fino all’ultimo istante.

Infine, accarezzandogli il volto tra le mani, lo baciò all’improvviso.

Corex impallidì per lo stupore, rabbrividendo in preda all’emozione che sembrava aver cancellato il dolore straziante al cuore.

Nei suoi occhi celesti adesso però c’era solo molta malinconia, mista alla paura di dirle la verità, e di rovinare quel momento tanto appassionante da estraniarli dal mondo intero.

- Io non sono più qui …-

 

Himeko sussurrò, ancora sulle sue labbra, puntando i suoi occhi in quelli di lui con passione.

“ A me non importa se sei vivo o mezzo morto o morto, tu sei qui con me... e tu sei il mio Corex.”

Inconsapevole di aver appena letto nel pensiero del ragazzo, la Guardiana della Neve crollò in preda alle sue emozioni, dando via libera ad un pianto che le proveniva dritto dal cuore. Si strinse forte al petto grande e forte dell’altro, immergendo il suo volto singhiozzante nel collo.

A quella distanza poteva sentire i capelli argentei del Lupo Immortale sfiorarle la fronte, ed il calore delle sue labbra, e delle sue vere e proprie lacrime.

 

“ Tu lo sapevi ?” Mormorò tremando il Licaone, non riuscendo a trattenere il pianto. Il suo corpo, fino a poco prima tanto reale, sembrava adesso composto da luce fioca, opaca e prossima a dissolversi.

Fragile, come era sempre stato. Fragile, come solo a lei si era mostrato.

Himeko e Corex, per molti gli inseparabili figli di due famiglie mafiose legati ai Vongola, per pochi due amanti in grado di curare i dolori del prossimo.

Come se fossero due avvelenati, l’uno era il costante antidoto dell’altro.

 

“ Non mi importa.” Ripeté tra i singhiozzi la ragazza, cercando disperatamente di convincere se stessa con quelle parole.

“ Perché non potrò mai dimenticarti, amore mio !” Urlando la parola amore, come tra una tempesta dirompente di neve, il silenzio rumoroso cancellò la furia del dolore.

“ Ti amo, Hime… ti ho sempre amata, e sono così felice di essere tornato qui per te !” Disse debolmente Corex, accennando un sorriso tra tutte quelle lacrime, mentre l’azzurra si sollevava dal suo petto per ricambiare il sorriso guardandolo negli occhi.

“ Per noi.”

 

Lo sguardo del ragazzo vacillò, osservando il sorriso radioso di lei farsi largo tra il dolore del pianto, illuminandola di bellezza.

Himeko si portò una mano al ventre, sfiorandolo lentamente, per poi afferrare una mano di lui, quasi composta da bagliori tremolanti.

La appoggiò sulla sua pancia, continuando a guardare la sua espressione confusa, quasi con divertimento.

Era sempre stato molto sveglio ed intelligente, per questo era stato a lungo lo stratega e primo consigliere di suo padre per molti anni… ma in questioni di quel genere, invece, non era facile raggiungere la sua mente eternamente complessata.

 

La ragazza resistette, in attesa che fosse lui a svelare il mistero del suo sorriso.

Improvvisamente qualcosa provenne dal suo ventre: un calore primordiale, simile ad un abbraccio dolce e cullante, una dolcezza infinita in quell’impercettibile vibrazione.

“ Noi ?” Ripeté allora lui, con la voce rotta.

“ Sì, Cor… noi.” L’azzurra sottolineò l’ultima parola avvicinandosi al suo volto.

 

“ Noi.” Questa volta con più decisione, l’albino disse quella parola.

Il suo intero viso si illuminò di speranza e gioia, per poi sollevare le sue mani tremanti.

Con uno scattò abbracciò Himeko, la quale urlò il suo nome tra un singhiozzo di pianto e ricambiò con altrettanta energia.

Nuovamente i due, ridotti in lacrime, ma in preda a delle risate sconnesse, si stavano abbracciando in nome della vita e dell’amore.

 

“ Dopo di te… non pensavo che un’altra cosa meravigliosa mi sarebbe accaduta.” Rivelò il Boss, affondando il suo viso nell’incavo del collo di lei, stravolto da quella valanga di emozioni incontrollabili.

“ Anche se crescerà senza un padre… parlerò sempre a nostro figlio di te, come se non te ne fossi mai andato, e lui crescerà con i tuoi valori… perché è frutto del nostro amore !” La Guardiana scoppiò a piangere più forte, e di conseguenza aumentò la stretta attorno al suo amato.

 

“ Ah, sarà un maschio allora ?” L’albino sorrise, e improvviso il suo corpo si fece più leggero, i suoi stessi vestiti iniziarono come a sprofondare nel corpo.

Hime si accorse immediatamente di questo cambiamento, ma non volle aprire gli occhi, continuando ad abbracciare il ragazzo e a parlare senza mai interrompersi.

“ Sì! Non ho ancora deciso il nome, ma vorrei crescesse con me fino ai diciotto anni, quando potrà decidere quale strada intraprenderà. Potrebbe rimanere nella Famiglia, oppure diventare un fornaio, un musicista, un pittore, uno scrittore, un fotografo, magari anche un parrucchiere, se è questo ciò che vorrà… l’importante sarà che continui a vivere la sua vita senza doversi sentire legato a me, perché il momento in cui proverò maggiore felicità avverrà quando lui sceglierà cosa essere, e per quale ragione vivere in questo mondo. Perché lui è tuo figlio, e se solo avesse la metà della tua forza di volontà, allora so già che ti renderebbe triste, e …”

Una carezza ed un bacio sulle labbra furono ciò che Himeko sentì, e che la costrinsero ad interrompersi.

“ Non preoccuparti… proprio perché è tuo figlio io lo amerò comunque! Così come continuerò ad amare te.”

 

Le sembrò quasi di vederlo.

Un adolescente cupo e silenzioso tra i banchi di scuola, ma che quando tornavano a casa insieme rideva e scherzava, a volte vergognandosene. Adesso però non era quel Corex a sorriderle, bensì un adulto, carico di amore ed affetto, intento a salutarla con il sorriso più caldo che potesse esistere.

 

Eppure tra le mani rimaneva solo quel grosso mantello bianco con la pelliccia polare, raffigurante lo stemma dei Licaone, il lupo che ulula alla luna.

“ Anche io ti amo …” mormorò debolmente la ragazza, chinando il capo con una mano sul ventre, speranzosa che le sue parole non stessero semplicemente riempiendo il vuoto di una stanza con una sola persona.

 

Il 28 Aprile 2017 morì Corex Licaone, Ottavo Boss della Famiglia Licaone, senza aver dichiarato eredi.

Da quel giorno, la sua promessa sposa Himeko Ogawa continuò a ricoprire il ruolo di Guardiana della Neve, crescendo il loro unico figlio nella sicurezza della Magione Vongola.

Lo chiamò Gelo, in memoria di un suo vecchio amico che le salvò la vita tempo addietro.

 

 

 

 

Yukiteru, Kiiro, Drake ed Azura avevano perso di vista Corex da parecchio tempo, e seppur la preoccupazione che il Boss stesse affrontando uno scontro difficile, le sue ultime parole prima di fare da esca ad un Kuro erano state:

“ Continuate a correre !”

 

I ragazzi, ancora scossi da tutti quegli scontri evitati abilmente, o per pura fortuna, avrebbero desiderato almeno qualche parola di incoraggiamento da parte dell’uomo, ma nulla di questo arrivò loro.

D’improvviso una potente luce apparve al terminare del corridoio: una grande stanza di rettangolare, così diceva la mappa.

Ed infatti fu questa la visione che si palesò davanti ai loro occhi, un ampio spazio illuminato da delle lampade attaccate al soffitto, simili ai riflettori usati negli stadi o nelle palestre.

L’area era spoglia, né una colonna né un qualsiasi ornamento riempivano lo spazio vuoto.

 

Soltanto un’ombra, accucciata sulle proprie ginocchia e con le mani penzoloni.

Drake ed Akane lo riconobbero subito, senza nemmeno soffermarsi su quei folti capelli biondi, la carnagione scura o la maschera gialla che gli copriva parte del volo affilato, da lupo.

 

“ Bastardo !” Ruggì il Guardiano del Fulmine di Tengoku, assumendo una posa di guardia prima ancora che la corvina al suo fianco potesse fermarlo.

Lobo aprì le palpebre, sorridendo rilassato mentre i suoi quattro avversari puntavano gli occhi su di lui.

“ Sapete, queste quattro, o cinque ore dopo il nostro incontro mi hanno fatto riflettere molto …”

L’assassino parlava con voce piatta, fino a quando almeno non saltò in piedi, indicando la sua stessa maschera con un sorriso sornione.

“ Ho finalmente trovato il mio nome da luchadores: Voodoo King!! Non è bellissimo ed in perfetta sintonia con la mia gimmick ?”

 

“ Di questo me ne occupo io, voi andate …” Mormorò a voce appena udibile Yukiteru, liberandosi del maglione che indossava per rimanere soltanto con una maglia nera aderente a maniche lunghe e dei pantaloni a mimetica grigia.

“ Ma, Yukiteru …!” provò ad insistere Akane, preoccupata per l’uomo, il quale non conosceva affatto lo stile di combattimento di Lobo. Non che per lei l’avversario avesse rappresentato un problema, ma il vederlo lì, senza più le ferite inferte poche ore prima, le causava dei terribili sospetti.

Eppure l’assassino dei Vongola non disse nulla, schioccandosi le nocche con il proprio sguardo di ghiaccio fisso davanti a sé.

 

“ Dovremmo ascoltarlo, Akane.” Sussurrò al suo orecchio Kiiro, ed allora la ragazza sospirò nervosa, rivolgendo un’ultima occhiata al loro compagno più grande.

Anche Drake approvò annuendo il consiglio della macchina assassina, e per questo i tre scomparvero in un corridoio appena sulla parete a destra.

Rimasti soli, i due combattenti si guardarono con aria di sfida.

“ Ti avverto, qualsiasi cosa ti abbiano detto di me, puoi prenderla e dimenticartela del tutto …” Ridacchiò il biondo, massaggiandosi i muscoli dorsali.

“ Non mi interessa nulla su di te: so solo che devo ucciderti.” Rispose secco il corvino.

 

“ Oooh… divertente !”

Yukiteru spalancò gli occhi, vedendo il suo avversario scomparirgli dalla vista prima ancora che potesse sbattere le palpebre.

“ Stammi dietro allora, se riesci …” Quando però avvertì una spietata e derisoria voce sulla pelle del collo, non aveva avuto il tempo di mettersi in guardia.

- Non è possibile che abbia questa velocità !- Pensò, ruotando attorno al proprio asse mentre preparava un attacco.

All’improvviso però fu il mondo intero a girare, e lui avvertì di essersi sollevato dal terreno senza aver capito come.

Lobo, alle sue spalle, gli aveva afferrato la testa con entrambe le mani, per poi voltarsi di scatto su di un fianco e trascinarla duramente verso il pavimento, con l’intento di schiacciarla.

 

L’uomo venne proiettato a testa in giù, in rotta di collisione contro la dura pietra.

Era tutto troppo veloce, persino per lui. Lui che aveva perfezionato l’arte marziale tramandata dagli assassini dei Vongola da generazioni, insegnata da Dado Emanuele Vongola in persona per proteggere Lara.

Ma ormai Lara non c’era più.

- Quindi dovrò proteggere mia figlia !!- Urlò nella sua testa, risvegliandosi dalla disperazione

 

Distese le braccia verso il basso, conficcando le dita nella roccia come se fosse burro, interrompendo la caduta. Infine sollevò entrambe le sue gambe in aria, sotto lo sguardo esterrefatto del messicano, per sfruttare la poca distanza della sua testa e colpirlo con una raffica di calci discendenti in pieno viso.

Eppure, nonostante quei colpi avrebbero potuto deformare il cranio di un qualsiasi essere umano, il biondo riuscì a dare aria ai suoi polmoni per esplodere in un urlo furioso.

“ IO NON SENTO IL DOLORE !”

 

Yukiteru si sentì afferrato sia dalle gambe che dalla testa, ed impotente sotto il folle sguardo famelico di Lobo, venne sbilanciato lateralmente. Il luchadores, con un solo scatto lo aveva ribaltato, costringendolo a vorticare attorno al suo baricentro come se fosse una girandola.

Intanto lui strinse il pugno destro, caricandolo dietro la testa, prima di compiere una serie di giri su se stesso, caricando con la forza centrifuga il proprio braccio.

“ Lobo Spinning Driver !”

 

Attaccò un secondo prima che il corvino potesse arrestare la rotazione, sferrando un lariat con l’arto teso in avanti.

- Il pubblico, la fama… QUESTA È LA NASCITA DI VOODOO KING !- La sua mente, in preda all’ebbrezza della battaglia, prevedeva il suo successo nel mondo, quando un giorno si sarebbe classificato il miglior wrestler di sempre.

La sicurezza nella sua forza lo fecero però distrarre da un dettaglio importante, ovvero quando d’improvviso, prima di affondare il suo attacco, la stanza intera sembrò ruotare di novanta gradi.

Questo cambio di prospettiva lo allarmò troppo tardi, facendogli rendere conto che la sua testa pendeva sulla spalla sinistra, essendo non più sostenuta dal collo.

- COSA ?!- Imprecò mentalmente per lo stupore, non percependo più nemmeno il suo avversario davanti a sé.

 

Precipitando dal cielo, come mai Lobo avrebbe potuto prevederlo, Yukiteru attaccò in picchiata. I suoi occhi freddi, i muscoli tesi ed il cuore che palpitava all’impazzata per aver rischiato il tutto e per tutto in una manciata di secondi.

Sollevò entrambe le mani a taglio, congiungendole sopra la testa, e quando fu arrivato a pochi centimetri dalla testa del biondo, le calò come se fossero state una spada.

 

La faccia del luchadores venne attraversata verticalmente da un taglio netto e preciso, lasciando intravedere come l’intero cranio, compreso il cervello, fosse stato reciso totalmente.

L’espressione paralizzata di stupore, separata in due metà specchiate, le quali ormai pendevano senza vita verso direzioni opposte.

L’assassino dei Vongola continuò a fissare con odio il volto mutilato del suo avversario, nel mentre ancora doveva ricadere a terra. Era stato velocissimo, un assassinio veloce e pulito come sempre.

- È in questo che mi hai addestrato, maestro …- nella sua mente si palesò l’immagine nitida di Emanuele Vongola, in tutti i giorni passati ad allenarsi per poter passare anche un solo istante in più vicino a Lara.

Erano bei tempi, ma rimanevano solo quegli stupidi ricordi di cui non se ne faceva nulla.

 

“ Sbagliato, idiota !”

Tuonando con voce sprezzante e malvagia, Lobo spalancò di colpo gli occhi, seppur riportasse una ferita mortale.

Yukiteru ebbe il tempo di sussultare per la paura e la sorpresa, prima di venir attaccato con un potente calcio nella bocca dello stomaco. Il biondo intanto, continuò a ridere gioioso, inclinando il capo all’indietro per poi intercettare al volo l’avversario con una testata.

“ Sei debole! Debole !!”

Il corvino venne scaraventato a terra, zampillando sangue dalla fronte e dalla bocca mentre faticava a rimanere cosciente.

- Ha una forza sovrumana !- Realizzò, terrorizzato da come la sua vista ed i suoi riflessi stessero degradando dopo quegli impatti.

 

Il luchadores gli fu subito sopra, sedendosi a cavalcioni sulla sua pancia e sollevando entrambe le braccia verso l’alto. Mostrò per un secondo il suo ghigno terrificante, colmo di eccitazione e divertimento, e scaricò una raffica di pugni verso il suo avversario.

Yukiteru riuscì appena in tempo a sollevare una guardia con gli arti superiori, ma non appena entrarono in contatto con i potenti colpi nemici, un atroce dolore gli percorse la spina dorsale fino al cervello, rischiando di farlo impazzire.

“ Il nuovo corpo che quello scienziato mi ha donato è fortissimo! Mi sento imbattibile, sono potente… è meglio di qualsiasi droga o di qualsiasi match !!”

La voce tuonante del ragazzo gli rimbombava nelle orecchie, così come le ossa delle sue braccia tremavano, segnalandogli che si sarebbero infrante a breve.

Per sua fortuna, fu allora che il wrestler lo afferrò per i polsi, bloccandolo.

 

“ Ho un’idea proprio divertente !” Lobo spalancò il suo sorriso da squalo, fissandolo con occhi folli. In seguito, con incredibile forza e velocità, lo sollevò da terra e lo lanciò verso l’alto con semplicità inumana.

Yukiteru impallidì, osservando il suo nemico raggiungerlo in volo con un semplice salto.

Il biondo lo intercettò sul volto con una seconda testata, questa volta facendogli sprizzare sangue anche dal naso, ormai rotto.

In seguito il ragazzo usò il suo corpo per saltare ancora più in alto, come se fosse un trampolino, raggiungendo il soffitto mentre lui aveva già iniziato a precipitare.

Lobo  inclinò il suo corpo per avere le gambe rivolte verso il cielo, ed incrociò le braccia davanti al suo volto.

“Lobo Tick Cross Guillotine !”

 

L’assassino dei Vongola, osservando il suo avversario avvicinarsi in caduta sempre più a lui, comprese il suo piano mortale: nel momento in cui avrebbero toccato terra, il peso di Lobo e la gravità avrebbero fatto il loro lavoro, decapitandolo prima ancora che potesse muovere le gambe sul pavimento.

 

La situazione era senza speranza, ed ormai il messicano lo aveva raggiunto, preparandosi a poggiare gli avambracci incrociati sul suo collo.

- Lara… perdonami, ma …-

 

Yukiteru incrociò le braccia in modo uguale a quello di Lobo, scontrandole con quelle avversarie mentre lo fissava con freddezza. Un’onda d’urto vibrò nell’aria a quel contatto, assieme alla pressione che sferzava le gambe dell’uomo, dritte ed unite verso il basso come se fosse un palo.

- … non è ancora arrivato il mio momento di raggiungerti !- Terminò il suo pensiero, sorridendo follemente davanti a quella situazione di pericolo mortale.

 

“ Sei forse impazzito?! Ho la gravità dalla mia parte, comunque vada, tu morirai tra pochi istanti !” Ruggì furioso il ragazzo, forse più per convincere se stesso che per intimidire l’avversario.

Sarebbe stato ugualmente inutile, perché ormai l’uomo sorrideva sicuro di sé senza la minima intenzione di abbandonare le speranze.

“ Il nuovo corpo di cui tanto ti vanti ha poco in comune con quello di un Kuro, se non la forza e una minima parte dei riflessi.” Disse, facendo vacillare per un istante l’aura di pericolosità del biondo.

“ Come hai …?”

“ Ho conosciuto personalmente Leeroy, ed ho preso parte al suo primo esperimento di mutazione… tuttavia, come ti dicevo, sembra che tu non possegga una buona rigenerazione come Kiiro. Mi sbaglio ?”

L’ex vice-direttore della C.E.D.E.F sorrise spavaldo, accorgendosi che nemmeno dopo quell’affermazione l’avversario si era reso conto del proprio viso diviso in due.

“ Questo vuol dire che hai solo molta vitalità, ma la tua resistenza è pari a quella di quando eri ancora un essere umano !”

 

In un istante Yukiteru curvò la schiena, lasciando che il suo avversario continuasse a precipitare sopra la sua testa, evitando di colpirlo. Non avendo ancora terminato però, intercettò le gambe di Lobo distendendo le sue braccia.

Il wrestler osservò con orrore i propri arti inferiori venir mozzati con un colpo netto, ed in quel momento i suoi occhi si incontrarono con quelli del corvino.

Trascinato nella disperazione, non poté fare altro che cadere, vorticando senza più un peso per bilanciarlo.

Ed alla velocità con la quale stava atterrando, il pavimento lo raggiunse prima che potesse trovare una via di salvezza.

 

Con un impatto secco, simile ad uno schioppo, frammenti di carne, assieme a poltiglia di melma nera e sangue esplosero, riversandosi in aria per poi ricadere come una pioggia nell’area dell’impatto.

L’uomo compì una capriola prima di toccare terra, usando le braccia per attutire la caduta e scaricare il danno. In seguito si rialzò nel totale silenzio, fatta eccezione per la componente nero pece del corpo modificato di Lobo che iniziava a ribollire, finendo per dissolversi in fumo e cenere.

 

 

 

“ Presto, dobbiamo assolutamente raggiungere Reborn e gli altri all’interno del punto di raccolta nel secondo blocco! Se qualcuno li stesse aspettando per un’imboscata necessiteranno dei nostri rinforzi !” Gridò Kiiro, in coda al terzetto costituito da lui, Drake ed Akane.

“ Sei sicuro che potrebbero già essere lì ?” Domandò preoccupata l’assassina, osservando sulla mappa come effettivamente ci fosse una seconda strada nelle fucine, dove avevano lasciato il Decimo ed i Simon, che come quella che stavano percorrendo adesso, conduceva alle scale per il secondo piano.

Lì, esattamente sopra il punto di raccolta prefissato, avrebbero incontrato Tengoku e Sebastian secondo le previsioni di Yuni.

 

Fu Drake a risponderle, sfoggiando il sorriso più rassicurante che potesse.

“ Sono sicuro che avranno già eliminato tutti i loro ostacoli. Conosci Reborn, così come conosci il padre di Ten.” Anche il tedesco aveva segretamente paura, ma in momenti come quelli il fallimento era l’ultimo pensiero che dovesse passarti per la mente.

La macchina assassina invece non prese parte a quella discussione, bensì tuonò, interrompendoli:

“ A quanto pare sembra che un ultimo ostacolo spetti a noi !”

 

I ragazzi assunsero un assetto da battaglia prima ancora di individuare il bersaglio, facendo illuminare i loro Anelli Vongola con il colore tipico delle Fiamme possedute.

In fondo al corridoio un’ombra più grande e larga li aspettava, bloccando il passaggio.

Non sembrava nemmeno un Kuro come tutti gli altri incontranti, il suo intero corpo era ricoperto da una corazza nera come il carbone, formata da un materiale emanante un fumo dall’odore nauseabondo riconoscibile anche per tutta la distanza che li separava.

L’unico elemento riconducibile alla sua forma originaria era la maschera sorridente al centro delle sue grosse spalle, anch’essa ricoperta da quella materia, fatta  eccezione per il disegno degli occhi e della bocca.

 

Akane puntò le pistole davanti a sé, mentre Drake abbassò le braccia, caricandole di energia elettrica.

Eppure, nessuno di loro riuscì a raggiungere l’avversario, perché un lampo giallo li precedette, azzerando la distanza con la corazza nera in meno di un secondo.

Kiiro osservò silenzioso il Kuro per un brevissimo lasso di tempo, per poi sferrargli un calcio dall’alto verso il basso senza esitazione.

La creatura artificiale venne scaraventata al suolo in quel preciso istante, senza nemmeno essersi mossa.

Il suo largo corpo si conficcò nel pavimento di pietra per poco meno di un metro, ed il biondo lo superò con un salto.

 

“ Non è veloce come gli altri, per risparmiare tempo possiamo anche superarlo !” Urlò ai suoi compagni, che intanto lo guardavano esterrefatti, fermandosi ad aspettarli.

Persino quando il tedesco e l’assassina lo superarono, il costrutto non si mosse di un millimetro, dando l’impressione di essere morto. Nessuno di loro sapeva come morissero i Kuro, per questo dopo poco lo diedero per scontato.

 

La macchina assassina gialla aspettò che i due lo superassero, rivolgendo un ultimo lungo e scrupoloso sguardo dietro di sé.

- Yukiteru, Reborn, Tsuna, Corex… rincontriamoci tutti sani e salvi.- Pregò, voltandosi verso le schiene in allontanamento del biondo e della corvina.

- Anche tu Momo, ed anche tu, Kevin… spero che quando l’alba sarà giunta non avremo motivo di preoccuparci, e che tutta questa paura svanirà dai nostri cuori.-

 

Improvvisamente qualcosa di troppo veloce colpì il soffitto davanti a sé, facendo tremare l’intero corridoio sotto una violenta scossa.

Kiiro si voltò nuovamente, accorgendosi che il suo ultimo dubbio si era tragicamente realizzato: il Kuro corazzato si era tirato su, e mantenendo sollevato il braccio destro mostrava come avesse espulso dei pezzi di armatura dal suo pugno.

 

Drake ed Akane erano ormai troppo lontani quando lo realizzarono, ed il soffitto colpito esplose, lasciando precipitare al suolo una pioggia di macerie.

I ragazzi non fecero in tempo, e la vista di Kiiro venne coperta da un muro di roccia e assi di legno.

“ NOOO !!” Strillò la ragazza, accasciandosi contro la barriera. Disperatamente cercò di scostare qualsiasi frammento di pietra trovasse, con la speranza di aprirsi un varco.

Drake, ugualmente, ebbe subito l’impulso di fare lo stesso, ma una voce proveniente da dietro quel muro interrupe entrambi dal proseguire.

“ Fermi !”

 

Kiiro, muovendo i primi lenti passi in avanti verso il suo avversario, manteneva un tono calmo ed incapace di far trasparire le proprie emozioni.

“ Ricordate quello che vi ho detto? Non preoccupatevi per me, riuscirei anche ad abbatterne dieci di questo bestione !”

Sentì solo silenzio da oltre il muro, ed allora sorrise all’interno della sua mente: si erano fidati della sua parola.

 

Il Kuro corazzato gonfiò il petto, per poi scattare in avanti e  caricarlo con entrambi i pugni sollevati.

Lui, snello e piccolo, quasi spariva di fronte alla mole dell’avversario, ma non impallidì nemmeno per un istante.

Anzi, attese proprio che il nemico gli sferrasse un pugno per attaccare, attivando il suo cervello sovrumano che rispose a comando.

In un attimo intercettò la mano corazzata diretta verso di lui, ma anziché schivarla la colpì ripetutamente con una raffica di colpi.

In una frazione di secondo, ovvero la quantità di tempo in cui il Kuro aveva spostato il pugno in avanti di un centimetro, lui l’aveva attaccato sempre nello stesso punto un centinaio di volte.

Tuttavia, la forza inarrestabile del braccio nero non si interruppe, affondando il colpo senza esitazioni.

 

La macchina gialla venne scagliata in aria, e parte del suo petto e della sua maschera si scomposero in gocce di melma.

- Mi ha colpito solo di striscio, questa è l’occasione per contrattaccare !- Rimbalzò sul soffitto, raggiungendo velocemente la base della creatura gigantesca.

Si rimise in piedi soltanto quando il nemico lo attaccò con uno dei suoi mastodontici pugni, stavolta diretti verso il basso.

 

A quel punto ripeté la strategia di prima, raddoppiando però la propria velocità fino a che il suo intero corpo parve brillare di una luce intensissima.

In una frazione di secondo, mentre si muoveva creando illusioni ottiche nell’aria, fece vorticare tutti i suoi arti come dei tentacoli letali, intercettando quel singolo pugno con tutte le sue forze.

 

Nuovamente però fu inutile, ma non si interruppe neppure per schivare all’ultimo istante, venendo dunque schiacciato al suolo.

La sua luce si estinse, coperta da un maglio corazzato da un’armatura nera spessa quanto il suo stesso corpo.

Il Kuro sollevò il braccio, osservando incuriosito cosa avesse colpito.

 

In una piccola voragine scavata nella pietra, il corpo di Kiiro giaceva immobile, con gli arti inferiori e parte del busto prossimi a venir spappolati.

 

- Taylor, tu non mi hai più cercato da quando sono scomparso ?-

 

Il costrutto allora non interrupe il suo attacco, scagliando una raffica di colpi portati sempre con le sue braccia enormi. Ad ogni singolo pugno la terra tremava, minacciando di fa crollare nuovamente il corridoio intero sotto quelle scosse sismiche.

 

- O forse sono stato io, troppo codardo per rivederti in faccia dopo tutti quegli anni… sette, per la precisione.-

 

Poltiglia giallastra luminosa schizzava ovunque, sulle pareti, sul pavimento, verso l’alto, oppure rimanendo attaccata alle nocche del Kuro. D’improvviso qualcosa volò via dalla voragine, infrangendosi sul muro di detriti lì vicino.

Una maschera bianca, con su disegnata una faccia sorridente, ormai distorta da crepe e ridotta in pezzi.

 

- Sono un codardo per aver dimenticato il mio essere un umano, e per questo adesso sono costretto a soffrire, soffrire come un uomo vero. Eppure io sono una macchina, una macchina dispensatrice di morte e creata con il solo scopo di vincere sempre… vincere… sempre …-

 

Dopo un ultimo colpo, il Kuro corazzato sollevò il pugno, ammirando come un bambino ciò che aveva creato.

Ai suoi piedi dilagava una pozza di liquido giallo, dentro la quale galleggiavano brandelli di una maglietta a maniche lunghe e di un paio di pantaloni, resi irriconoscibili.

 

Il costrutto artificiale tremò, per poi alzare la propria mano al volto.

- Non riesci a controllare il tuo corpo, pezzo d’idiota ?-

Una voce giocosa e beffarda risuonò all’interno dell’armatura nera.

Una minuscola crepa si era formata su di una nocca nel pugno destro della macchina assassina, larga quanto un foro di spillo.

- Ho capito subito che la tua corazza avrebbe nullificato ogni mio colpo, perché a differenza tua, io un cervello umano ce l’ho! Così mi è bastato concentrarmi su di un punto solo, sperando che tu mi facessi a pezzi abbastanza piccoli da potermi permettere di penetrare nella prima crepa che avrei creato.-

 

Il pugno destro si conficcò esattamente al centro del petto del suo proprietario, trapassandolo da parte a parte. Quando il corpo della creatura rimase immobile, un fluido nero e giallo iniziò a colare dal foro aperto, riversandosi sul pavimento come sangue da una ferita.

 

La melma iniziò a ribollire, per poi in un istante gonfiarsi fino a raggiungere un’altezza d’uomo. Le bolle assunsero man mano una forma sempre più distinta, fino a modellare la struttura corporea della massa come quella di un essere umano.

La creatura appena formatasi aveva una carnagione color cenere, in pieno contrasto con dei capelli di un biondo acceso dalle punte corvine.

I vestiti che lo coprivano sembravano essersi formati dalla stessa melma nera solidificata, ed erano un top che lasciava scoperto l’ombelico con due soli giganti attaccati sulle spalle, e degli short con due grosse cerniere laterali. Era scalzo, così come non portava altri adornamenti, fatta eccezione per un anello scintillante appeso con una catenina al collo.

Il volto era coperto da una maschera nera, con due occhi ed un sorriso dipinti in bianco.

 

L’essere gonfiò i bicipiti, ammirandosi le mani, le gambe e la materia che lo ricopriva. Infine, quando si fermò, puntò lo sguardo sul muro di macerie davanti a sé.

Uno strano verso provenne dalla sua bocca, un misterioso gorgoglio simile ad una risata.

“ Nurufufufufufu! È tempo di raggiungere gli altri !”

 

 

 

 

Italia, Venezia. Ponte della Libertà, Ore 05:30

 

Una luce sinistra si agitava nel cielo notturno, ancora troppo distante per essere vista semplicemente sollevando il capo. Anche perché, a quell’ora nessuno era intento ad ammirare la volta celeste.

Sul lungo ponte di cemento, ormai decorato da innumerevoli crepe e persino da una voragine, ove Corex e Tsunayoshi avevano colpito, due figure in movimento riempivano l’oscurità con lampi rossi.

 

Kevin Celeste saettò fuori dalla nube di polvere dov’era appena atterrato, mostrando un ringhio sul suo volto ed il pugno caricato ben oltre la testa.

Quel colpo era indirizzato a Giustizia, in piedi di fronte a lui, quasi in attesa di venir attaccato.

Eppure, per quanto una potente Fiamma della Tempesta fosse sprigionata da quel singolo attacco, l’uomo schivò il colpo all’ultimo istante, roteando sul suo asse.

Prevedendo però una rimonta da parte di suo figlio, sfruttò la rotazione per sferrargli un calcio dietro la nuca, schiacciandolo al suolo.

 

Le fondamenta del ponte tremarono pericolosamente, mentre l’asfalto in un’area di cinque metri sprofondò verso il basso sotto la gravità dell’onda d’urto appena generata.

Il sicario soprannominato Providence a quel punto stava per saltare via dal pericolo di caduta, eppure qualcosa lo bloccò troppo presto.

Con stupore osservò il piede con cui aveva appena scalciato, afferrato dalla mano ricoperta di Fiamme rosse di Kevin.

Il ragazzo, iniziando a precipitare assieme al padre, gli rivolse uno sguardo freddo, e solo all’ora l’uomo comprese che aveva assorbito il calcio con lo stesso pugno sovraccaricato di energia poco prima.

 

Kevin ruggì di rabbia, illuminandosi di un’intensa luce cremisi per poi scagliare l’intero corpo di suo padre verso il mare sottostante.

Giustizia entrò in contatto con l’acqua in un secondo, sollevando un’imponente onda ed un’esplosione di schizzi. Con la vista annebbiata per un attimo a causa dell’impatto guardò verso l’alto, ed oltre al già citato cielo poté accorgersi di una pioggia di frammenti di ponte che precipitavano esattamente su di sé.

Eppure non perse la calma o la concentrazione, e non appena i detriti si furono avvicinati abbastanza, distese le dita delle mani per poi arcuarle come degli artigli.

 

“ Water Jet Cutting !”

Troppo velocemente per qualsiasi occhio umano, mulinò le braccia verso l’alto, e le sue mani scagliarono l’acqua incanalata e compressa ad alta pressione. Quelle lame, dalla forma simili ad unghie affilate, vibrarono nell’aria, fendendo le rocce e disperdendole in grossi frammenti.

 

I rimasugli di cemento affondarono in una perfetta circonferenza attorno a lui, generando una specie di piattaforma galleggiante alla base del ponte.

Il rosso si concentrò allora sulla domanda più importante:

- Dove è finito Kevin ?-

 

In quello stesso istante un’ombra si espanse sulla superficie dell’acqua, strisciando rapidamente da dietro una delle rocce. Fu così veloce che Giustizia poté appena voltare il capo, intravedendo lo sguardo spietato del figlio  avventarsi su di lui.

Kevin venne intercettato al volo da un pugno, ed a causa della velocità della propria spinta, la sua mascella scricchiolò pericolosamente, facendogli vomitare uno spruzzo di sangue dalla bocca.

Il sicario affondò ancor di più il suo pugno nel volto del figlio, generando una pressione tale da schiacciarlo contro l’acqua e generare un’onda ancor più grande.

- L’Istinto d’Emulazione è imbattibile …- Pensò freddamente, osservando il corpo del ragazzo sprofondare sul fondale marino prima ancora che l’acqua potesse riempire il foro di vuoto creatosi.

 

Tuttavia non fu il mare ad inghiottire il corpo del rosso, bensì una calda luce che illuminò il fondale di quell’area dell’Adriatico. Chiunque avrebbe pensato all’eruzione di un vulcano sottomarino, ma l’ipotesi non sarebbe stata tanto dissimile dalla realtà, data l’impressionante quantità di calore proveniente dall’abisso.

Il mare ribollì, ed una corrente di acqua bollente ascese in superficie investendo in pieno Giustizia.

 

L’uomo sussultò, ricoperto di schizzi d’acqua e vapore. Un pugno si era conficcato al centro del suo petto, rischiando di sfondare la cassa toracica.

Gli occhi del padre e del figlio si incontrarono in quello stesso attimo.

- È possibile… che si sia fatto colpire per sfruttare il rimbalzo ed aumentare la propria velocità ?!-

 

Il killer del teschio venne scaraventato in aria da quel singolo pugno del ragazzo, il quale anch’esso fu sollevato dal flusso d’acqua. Entrambi volteggiarono nel cielo, sollevando gocce d’acqua che si fondevano con il buio della notte, riflettendo le luci lontane di Venezia.

Non era la prima volta  che si colpivano in quel modo, da quattro ore e mezza di battaglia. Erano feriti, e non avevano interrotto il loro scontro nemmeno quando una troupe al servizio dei Vongola era atterrata sul ponte per soccorrere Xian.

Da quel che era sembrato loro di vedere, la ragazza respirava ancora nonostante la grave ferita, ed i medici erano riusciti a portarla via in elicottero.

 

Kevin atterrò su di una piattaforma di cemento galleggiante, e la superficie marittima si increspò.

Il ragazzo perdeva sangue copiosamente dal braccio destro, e l’arto in questione lo lasciava penzolare come uno straccio usato. La sua espressione di rabbia e dolore in quel momento non esisteva più, c’erano solo rumori ovattati e luci confuse riflesse sull’acqua.

Il suo ultimo pensiero andò a Momoka, al sicuro sul ponte, ma priva di sensi ed accasciata ad uno spartitraffico.

- Grazie a lei posso utilizzare il cento percento della Fiamma di Fon senza perdere il controllo… eppure non sono ancora più forte di mio padre.- Si passò la mano sana tra i capelli ramati, ed i suoi occhi neri scrutarono una sagoma piombare su di sé all’improvviso.


Giustizia colpì in picchiata il figlio con un calcio sulla gola, ed un rumore agghiacciante provenne dalle ossa del collo del ragazzo, facendogli sparire qualsiasi bagliore dall’iride.

Kevin sollevò istintivamente il pugno destro, abbassandolo per infliggere un devastante colpo su suo padre. Il sicario si parò con le braccia, ma quando l’attacco lo centrò, i muscoli, l’omero assieme all’urna ed il radio di entrambi gli arti, si spostarono verso l’interno.

L’uomo trattenne un urlo di dolore, venendo schiacciato verso il cemento e facendo esplodere metà della piattaforma galleggiante.

 

Il ragazzo intanto ancora agitava il suo pugno sinistro fiammeggiante, con uno sguardo che più umano non era, come se avesse di colpo perso la ragione e qualsiasi emozione. Aveva perso il controllo.

Strinse il pugno destro, e convogliò grezzamente tutte le Fiamme della Tempesta che gli rimanevano nello stesso braccio, tramutandolo dunque in una brace ardente che sprizzava lapilli e scintille.

- Queste sono le mie ultime Fiamme …- Questo suono rimbombò nella sua mente lontana, non dando però alcun colore a quegli occhi spenti.

 

Grondando acqua e sangue, Giustizia riemerse sulla piattaforma come uno spirito della morte, rialzandosi in piedi. Con uno scatto si liberò della giacca nera che lo ingombrava, rivelando un ampio torace scolpito da muscoli e cicatrici di ogni genere e dimensione.

Osservò con uno sguardo pericoloso la sagoma immobile del figlio, e piegò le ginocchia fino quasi a toccar terra con il bacino. Distese le braccia lungo i fianchi, con i palmi rivolti verso l’alto.

“ Non sarei mai voluto arrivare a tanto, ma non mi lasci altra scelta !” Grugnì con la mascella serrata, nel mentre i suoi sforzi si intensificavano fino a far crepare il pavimento in prossimità dei suoi piedi.

“ Farò uso di una tecnica assassina del Pencak Silat, un’arte marziale sviluppata in tempi di guerra, e da me appresa in Indonesia !”

 

“ Ti amo Francine, ed amo anche Angelica e Kevin.”

 

Un lampo balenò negli occhi dell’assassina, facendolo rabbrividire nell’esatto istante in cui i suoi muscoli si stavano distendendo.

- No, no… NO !!-

Inevitabilmente il suo corpo saltò in avanti, protraendo le braccia in avanti come un predatore che balza sulla preda.

“ Sragan Harimau* !” (*Attacco della Tigre)

 

Kevin, ormai solo in balia dei propri istinti, sollevò il gomito destro per caricare il pugno, ma in quel frangente di tempo suo padre, a velocità portentosa, aveva già sfondando la sua guardia. Avvertì la pressione delle sue mani star per penetrare nella sua carne.

Eppure lui non poteva fermarsi, la sua mano era sovraccaricata da quella potenza distruttiva, e sarebbe morto comunque se l’avesse trattenuta ancora.

Doveva lasciarsi andare al viscerale piacere della distruzione?

 

 

La sua mente lo riportò indietro nel tempo, nel mentre sotto quella crono stasi tutto il mondo si era pietrificato.

Venir lasciato da sua madre, perché lei non riusciva a portare avanti lui e sua sorella, convivere con la dura realtà di una famiglia di gangsters. Fu allora che, con orgoglio di quel lignaggio acquisito, per sopportare la mancanza di una vera e propria famiglia, era diventato il temibile Red Fist Kevin.

Aveva guidato lotte e guerre contro altre gang gestite da giovani come lui, e giorno dopo giorno si sentiva sempre più parte di quella feccia. Non riusciva a guardare la luce del sole dall’abisso in cui era caduto, mentre sua sorella Angelyca pareva essere estranea a tutto quel pattume… era ancora troppo piccola.

Era ancora troppo piccola quando, per causa sua, venne investita. Il giorno successivo il suo padrino, Gaetano Celeste, avrebbe dovuto viaggiare fino a Namimori per un accordo con un politico colluso con la Yakuza.

Nonostante sua sorella necessitasse di cure, quell’uomo li costrinse a venire con sé in Giappone pur di non lasciarli soli ed evitare che scappassero.

Fu allora che Kevin trovò la salvezza: attraverso un canale di informazioni all’interno dei gansters era venuto a scoprire che il figlio di un potentissimo Boss italiano, risedeva proprio in quella cittadina.

Sapeva come funzionavano le cose, dal momento in cui sarebbe entrato in contatto con il rampollo dei Vongola, quel bastardo approfittatore del suo patrigno avrebbe fatto di tutto per lasciar fiorire un contatto con la Famiglia. Così venne aiutato da sua sorella, la quale finse un coma, ovviamente anche grazie alla corruzione di qualche dottore nell’ospedale di Namimori, e fu costretto a trasferirsi in città.

Si iscrisse nella stessa scuola di Tengoku, diventando in un anno il Presidente del Comitato Disciplinare, con la speranza di incontralo al più presto. Un giorno però, poco dopo aver falsificato delle prove le quali testimoniavano un passo falso da parte di suo padre nei confronti dei Vongola, accadde il tragico assalto alla Namimori High School.

Quando Tengoku ed i suoi amici vennero allora portati in Italia, i Vongola, che ormai lo avevano catalogato come un soggetto a conoscenza di troppe informazioni per essere lasciato a Namimori, ma allo stesso tempo troppo in contatto con il figlio del Boss per essere ucciso, lo portarono alla Magione.

Probabilmente, dopo la scomparsa dei ragazzi per compiere gli allenamenti, se non fosse stato per volontà di Reborn e fosse rimasto dai Vongola, questi lo avrebbero eliminato.

 

 

“ Sì… questa è la mia vita. Una vita di menzogne.” Sussurrò il ragazzo, perso nella vastità dei suoi pensieri, come il fantasma di se stesso.

Una presenza era apparsa alle sue spalle, rimanendo in silenzio dopo quell’affermazione.

“ Ed ora  questo bugiardo è troppo stanco di vivere, di cercare uno scopo per cui mantenere aperti gli occhi e respirare ancora.”

“ Sei stanco di vivere dopo tutto quello che hai fatto? Non eri forse tu a ritenere stupido arrendersi ?”

 Il Contatto della Vipera Fantasma, un asso nella manica raramente ottenibile del Cellulare Posseduto, frutto delle Fiamme della Nebbia dell’Arcobaleno Viper.

Momoka Reader, in piedi nella coscienza di Kevin, in realtà non era realmente lì, ma chissà dove ancora distesa sul ponte.

 

L’incantamento fatto alla Fiamma del ragazzo non era davvero una protezione in grado di rendergli impossibile perdere il controllo, bensì un modo di poter comunicare con lui nel malaugurato caso fosse successo.

 

Ed ora la castana guardava le spalle del ragazzo con un triste rabbia sul volto.

“ Stanco di vivere? Ma fammi il piacere! Non sai fare altro che parlare e lamentarti, eppure mi sembra che quando ti metti in testa di arrivare fino in fondo, tu ci riesca sempre.”

Quelle parole trafissero il rosso come coltelli, ed a quel punto lui si voltò. La sua espressione vuota rendeva al meglio i sentimenti confusi che lo affliggevano.

“ Devi assicurarti che tua sorella stia bene! Devi riuscire a parlare di nuovo con tua madre! Devi imparare a comunicare con tuo padre! Mi spieghi altrimenti che senso avrebbe tutto ciò? Sia tu che lui siete solo dei sociopatici pompati, e siccome non riuscite ad interagire verbalmente l’uno con l’altro, ve le date di santa ragione !”

“ Eh ?” Kevin inarcò il sopracciglio, impallidendo con un pizzico di imbarazzo.

“ Uccidervi? Spero tu stia scherzando, perché tanto so che non riesci a prendere in giro nemmeno te stesso… e sono sicura che è anche ciò che pensa lui.” Le labbra di Momoka si sollevarono in un timido sorriso.

“ L’unico modo per terminare la tua vita di bugiardo è quello di imparare a vivere in pace con la propria verità.” Lentamente mosse qualche passo in avanti, girando attorno al corpo del ragazzo fino a giungergli di fronte.

 

Ora entrambi si guardavano in faccia, occhi negli occhi e respiri a contatto con la pelle.

“ Mi stai dicendo che se voglio… posso aprire gli occhi e restare con te, con mio padre, con mia sorella o con i miei amici ?” Con voce tremante, il rosso sollevò uno sguardo timoroso, restio ad allargare il sorriso appena nato sulle sue labbra.

“ Sì, se è questo che vuoi.” Rispose la castana, chiudendo gli occhi e sorridendo appoggiandosi al suo petto.

Il profumo riempì le narici del rosso, il quale parve di sentire la realtà risucchiare il proprio corpo.

 

Il tempo di pensare ai propri errori era finito.

 

Quando spalancò gli occhi tutto era rimasto come quando li aveva serrati, e l’impatto con suo padre era prossimo.

- Non mi tirerò mai più indietro !-

Notando il proprio braccio sollevato ad angolo retto, ideò un piano folle, semplice ma efficace.

Kevin cercò il più in fretta possibile di spostare le Fiamme accumulate nel braccio, facendole retrocedere fin dietro alla sua schiena.

Giustizia aveva ormai le sue mani a pochissima distanza dalla sua gola, pronto a spezzargliela con tutta la velocità accumulata dall’accelerazione.

Il tempo restante prima dell’impatto era ormai inesistente, eppure una corrente d’aria improvvisamente attraversò l’assassino del Teschio.

 

L’uomo avvertì quel flusso d’aria, osservandolo filtrare attraverso i suoi capelli, i suoi vestiti, e con incredibile stupore constatò che quella corrente si era generata davanti a sé.

Kevin era sparito, e lui atterrò sul nulla, barcollando per l’incredulità.

Si sentiva sotto pressione, in quanto nulla era più veloce dei suoi occhi, se non Kiiro, il quale però poteva superare di dieci volte il suono.

Non si trattava di teletrasporto, in quanto sull’asfalto ai suoi piedi aveva appena notato delle strisce che avevano fuso in superficie il terreno. L’uomo seguì con la mascella spalancata quelle tracce, ed individuò appena alle sue spalle una figura.

 

Kevin, immobile e con il petto all’infuori, lo guardava con gli occhi colmi di determinazione. A differenza di appena un istante prima, la vitalità sprizzava da ogni poro del suo corpo, sebbene fosse ferito gravemente ed affaticato dopo quattro ore di combattimento senza sosta.

La cosa che l’assassino trovò più sorprendente, però, fu la carne del gomito destro del ragazzo, ridotta ad un grumo rossastro ed aperto come un’arancia sbucciata. Ingenti quantità di sangue colavano da quel punto, e la lacerazione sembrava arrivare all’omero.

- Ha concentrato tutte le sue Fiamme del gomito per usarlo come propulsore !- Realizzò Giustizia, ancora tremando per lo spostamento d’aria che gli aveva attraversato il corpo, seppur non avesse ancora riassunto una posa da combattimento.

 

“ Ti stai chiedendo perché io non ti abbia attaccato quando potevo, giusto ?” La voce del rosso interruppe qualsiasi pensiero dell’assassino, attirando la sua attenzione negli occhi neri e profondi di chi gli stava parlando.

“ Non volevo causare altro dispiacere ad Angelyca… so che l’hai tenuta tu in custodia per questi giorni, e non volevo privarla di un padre, proprio ora che l’ha ritrovato.” La voce di Kevin era grave, ma non usava un tono di rimprovero perché ciò che trasmettevano le sue parole era solo amarezza.

Con occhi saggi, illuminati dalla realizzazione di quanto stupida fosse la violenza che li circondava.

“ Spero che tu continui a trattarla bene, altrimenti un giorno la porterò via con me.”

Giustizia ascoltò quell’ultima frase in silenzio, prima che un sorriso apparisse sul suo volto sudato.

La sua bocca lentamente si aprì, rilasciando una risata sottotono, appena trattenuta.

“ Cosa c’è da ridere ?” Domandò il ragazzo, messo un po’ a disagio da quello strano comportamento dell’uomo.

 

L’assassino sollevò lo sguardo, incrociando i suoi con quelli del figlio, questa volta non con aria di sfida, ma con una sincerità che fece impallidire l’altro.

“ Sai anche che non avevo intenzione di ucciderti per davvero ?” La sua domanda, pronunciata con tono quasi divertito, sembrava più che altro retorica.

Kevin rispose arricciando il naso, accigliandosi:

“ So cosa vuol dire sottovalutare un avversario …”

 

Suo padre rise nuovamente, questa volta con più trasporto e poggiandosi una mano sulla pancia. Quando ebbe finito continuò a sorridere.

“ La mia intenzione era di batterti e lasciarti in vita, per poi portarti da Angelyca e sparire per sempre… ma mi hai battuto tu.”

L’espressione del rosso più piccolo si alleggerì, fino a diventare il ghigno provocatorio che da tempo non sfoderava.

“ Considerala una punizione per averci già abbandonato in passato. Non puoi farmi lo stesso scherzo per due volte di seguito senza aspettarti la vedetta !”

“ Già …” Giustizia sospirò, volgendo lo sguardo al vasto mare alla sua destra.

“ Mi hai fatto imparare la lezione: ho smesso di scappare dai miei errori.”

 

Sul Ponte della Libertà, affacciata per osservare i due uomini alla base, Momoka Reader sorrise.

La luce dell’alba stava per far capolino dall’orizzonte.

 

 

 

 

 

Groove Island, quattrocento chilometri dalle coste del Giappone.

 

Drake ed Akane correvano a perdifiato tra i corridoi del forte, senza nemmeno più controllare dove la loro folle corsa li stesse portando. Si erano però allontanati molto da Kiiro, questo era un dato di fatto, soprattutto dopo che un Kuro aveva iniziato ad inseguirli.

 

“ Siamo sicuri che Reborn e gli altri sono stati in grado di battere da soli questi mostri ?!” Urlò il biondo alla compagna, mostrando palesemente quanto si stesse sforzando per correre il più veloce possibile.

“ Devono averli battuti !” Rispose nettamente convinta la corvina, rivolgendogli poi un sorriso di sfida.

“ Che c’è, hai forse paura ?”

A lui, istintivamente venne da ridere, ma forse per via della situazione e del fiato che non voleva sprecare, le lanciò un’occhiata di intesa.

- Non ho paura se ci sei tu !- Fu questo ciò che avrebbe voluto dire, ma la sorpresa di un rumore proveniente dalle sue spalle lo allertò.

 

“ Vai, ora !”

Al suo segnale, Akane si voltò di scatto mentre era ancora in corsa, estraendo da un fodero alla base della schiena il suo fidato pugnale balistico.

La lama sferzò l’aria, colpendo lo spigolo della parete poco prima della curva che i due stavano per imboccare. A causa delle Fiamme della Tempesta che permeavano il coltello, la sua potenza distruttiva aumentò, facendo esplodere il punto colpito in centinaia di pezzi di roccia.

Così l’assassina voltò subito l’angolo, ma il ragazzo non la imitò, incrociando invece le braccia davanti a sé.

 

“ Il Fulmine è il primo scudo della Famiglia, colui che non si piega e non si spezza.” Così gli aveva detto Reborn molto tempo fa. Lui però era sempre stato un codardo che non si era mai fidato del prossimo, perciò fino ad allora non aveva mai compreso il senso di quelle parole.

 

Dalle sue mani fece espandere una larga fiammata verde brillante, la quale illuminò tutti i detriti. In un istante, grazie alla proprietà dell’Indurimento, tutte le rocce si immobilizzarono in aria, ostruendo il corridoio.

 

“ Perfetto !” Esclamò a quel punto la corvina, accovacciata per terra dietro l’angolo, al fianco destro di Drake. Stava armeggiando con la grossa borsa a tracolla che aveva portato con sé, emettendo bagliori rossastri.

Il tedesco sorrise nervosamente, con un rivolo di sudore che gli scivolava lungo la fronte, e lei ricambiò rapidamente prima di tornare alle sue preoccupazioni.

 

Accadde allora, ed il sorriso sul suo volto si smorzò di colpo: qualcosa di troppo veloce fuoriuscì da un minuscolo spiraglio del muro di rocce, rimbalzando sulla parete.

Un proiettile calibro 9m perforò la sua mano destra, ed il ragazzo reagì anche troppo tardi per mettersi in salvo.

A causa del dolore e della distrazione, parte del muro perse l’immobilità, e cadde a terra con un tonfo. Da uno di quei buchi, gli occhi azzurri del biondo poterono incontrarsi con quelli rossi e disegnati su di una maschera nera. Il Kuro sollevò entrambe le sue pistole, dei piccoli modelli delle Colt M1991, chiamate Colt Officer’s ACP.

Grazie alla sua capacità di riflessi sovrumana sparò esattamente prima che Drake potesse accorgersene.

Due pallottole perforarono il biondo vicino alla base del collo e sul lato sinistro del torace, ovvero proprio dove si trova il cuore umano.

 

Il ragazzo avvertì il tempo rallentare, mentre schizzi di sangue si sollevavano davanti alla sua vista.

Avvertiva il dolore raddoppiato, molto più lento ed agonizzante. Sentiva una costola infrangersi, ed i polmoni venir trafitti, aprendo una strada proprio per il suo cuore.

Solo sangue e frammenti d’osso.

 

“ DRAAKEEE !”

Akane sbucò dall’angolo, frapponendosi tra il suo compagno ed il Kuro, ormai che il muro di pietra si era dissolto, creando un cumulo di macerie per terra.

La corvina digrignava i denti e contraeva il viso dalla rabbia, puntando con odio il nemico impassibile ed immobile.

Nel momento in cui la macchina sollevò nuovamente le pistole, la ragazza gli puntò contro ciò che aveva imbracciato.

 

Persino il costrutto artificiale sussultò, ritrovandosi a pochi metri dalla bocca da fuoco di un lanciagranate. In un istante provò a saltare all’indietro, ma il grilletto era già stato premuto.

La granata a proiettile percorse una traiettoria discendente, colpendo il terreno dove poco prima si trovava il Kuro. L’esplosione che ne seguì divampò in una rapida fiammata che si estinse presto sul pavimento.

 

Allora Akane si rivolse al suo compagno di squadra, cercando preoccupata i punti feriti.

“ Drake …”

Prima che potesse continuare, il biondo riaprì gli occhi, portando il suo indice sulle labbra di lei, zittendola dalla sorpresa.

“ Non preoccuparti… pensi che sarei morto dopo la frase fighissima che ho detto prima ?” Sorridendo con fare provocatorio, il ragazzo osservò la paura svanire dal volto della corvina, la quale ricambiò anche con un’occhiataccia truce.

Osservando la ferita di lui al cuore, poté accorgersi come il proiettile si fosse bloccato a metà strada tra il muscolo e la cassa toracica, non perforando il corpo ma restando incastrato nella carne. Non avrebbe mai potuto aspettarselo, non avendo assistito alle capacità del ragazzo di usare la Fiamma del Fulmine.

 

“ Sei tu che mi fai preoccupare, stupido !” Sbottò lei, voltandosi verso il punto dov’era appena atterrato il loro avversario, per poi stringere con più forza il lanciagranate.

La sua mano emanò delle Fiamme della Tempesta, con la quale strappò violentemente la culatta mobile dell’arma, per poi portarla davanti alla canna.

La parte in acciaio iniziò a vibrare sotto le distruttive fiamme rosse, per poi fumare come un lapillo incandescente immerso nell’acqua.

 

“ Perdonami, allora.” Sussurrò dolcemente il Guardiano del Fulmine, stringendosi petto a petto con Akane, per poi posare le mani sulle sue.

Le loro dita si intrecciarono nel vapore bianco, e quando questo si dissolse, entrambi stavano imbracciando un fucile di precisione, in cui la culatta del lanciagranate si era fusa per assumere la forma di un prolungamento della canna stessa.

“ Ricordati della nostra promessa: se mi farai preoccupare ancora non ti perdonerò più !” Sibilò con scherzosa rabbia la ragazza, per quanto i suoi occhi brillassero di serietà e determinazione.

 

Il Kuro in lontananza osservò il cambiamento d’arma nelle mani dei suoi avversari, e non perse un istante per scattare in avanti. Sollevò le sue pistole e si fece largo con una raffica di proiettili, contando che avrebbero coperto la sua avanzata, comunque rallentata per via della precisione impiegata nel mirare in corsa.

Tuttavia i ragazzi non si nascosero affatto nell’angolo appena ad un metro da loro, ma rimasero fermi ed immobili con il fucile puntato in avanti.

Akane Mizuno premette il grilletto quando ormai la macchina assassina si trovava a circa quindici metri di distanza.

Il proiettile del fucile sfrecciò attraverso la raffica da dodici colpi delle pistole, raggiungendo in una frazione di secondo il bersaglio. Il Kuro però aveva seguito con lo sguardo quel bagliore metallico, e riuscì ad evitarlo un istante prima che raggiungesse la sua carne, lasciandosi graffiare superficialmente la maschera nera.

 

L’assassina dei Vongola sorrise lievemente.

- Sapevo che vedendo il fucile di precisione si sarebbe avvicinato, in quanto non avrebbe potuto vincere la mira. Ora però so anche il tuo margine di schivata in base ad una distanza medio-corta …-

Nella sua mente si strutturò una mappa mentale di calcoli balistici, basati sulla distanza e sul tempo in quello stretto corridoio largo due metri.

 

Mentre lei pensava, anche Drake rimase immobile, e le pallottole sparate dal Kuro li centrarono come una pioggia fitta e dolorosa.

Alcuni mancarono il bersaglio, ma quasi tutti li colpirono, lacerando la carne e sollevando zampilli di sangue.

Tuttavia, mantenendo la calma mentre il suo corpo veniva trafitto, la ragazza usò nuovamente le Fiamme della Tempesta per staccare la canna dal fucile e fondere la forma dell’arma.

Il secondo in cui la raffica del Kuro cessò, i ragazzi erano grondanti di sangue, feriti però in nessun punto vitale.

 

La loro sicurezza, mostrata da un inestinguibile sorriso dipinto sulle labbra, testimoniava quando in realtà non fossero sorpresi dall’essere ancora vivi.

Il fucile, ora trasformato in una pistola mitragliatrice Scorpion, venne stretto dai due, i quali ormai si erano uniti in quello strano abbraccio. I loro volti a contatto, guancia contro guancia, lo sguardo fermo ed i corpi che si scambiavano reciprocamente il calore ed il respiro per nulla affaticato.

 

Fecero fuoco, ed in un istante la macchina assassina si ritrovò costretta a schivare una pioggia di proiettili sempre più precisi. La pressione creava dei vuoti d’aria, riempiendo il corridoio di fischi acuti.

Nessuna pallottola riuscì però a centrare il costrutto, il quale avanzava grazie alla sua velocità sovrumana, scivolando tra i colpi come un serpente tra i sassi.

Infine, sollevò le sue pistole gemelle, pronto a saltare per cogliere i suoi avversari dall’alto.

 

Dalla mitragliatrice Scorpion si scomposero automaticamente dei pezzi, sciogliendosi come ferro fuso, lasciando da quell’involucro una Walther PPQ. Akane estrasse repentinamente la copia già posseduta di quella pistola, ed imitò il Kuro sollevando la coppia d’armi.

 

 

“ È stupido dire che un’arma sia la migliore del mondo !” Sbottò una ragazzina dai lunghi capelli corvini. Vestiva un abitino rosso, in completo contrasto con i suoi modi da maschiaccio, ed il suo viso sporco di fango oppure graffiato.

Un giovane uomo seduto sul davanzale della finestra davanti a lei, le rivolse un’occhiata confusa.

“ Ma come ?” Iniziò col dire, passandosi una mano tra i capelli anch’essi neri, più ispidi ma ugualmente folti.

“ Tutti hanno delle parole con le quali possono essere feriti, ma tu pensi che non esista un’arma in grado di uccidere qualsiasi persona ?”

Si trovavano in una villa circondata da un bosco di pini, e nell’appartamento dove stavano parlando erano accatastate scatole di cartone, lattine di birra ed i resti di un posacenere infranto, il quale aveva riversato le sue cicche sul pavimento.

 

La ragazzina rimase in silenzio per molto tempo dopo quella frase, aspettando che l’altro terminasse di fumare la propria sigaretta con calma e sguardo perso nell’orizzonte.

“ Ed esistono invece …” Con voce tremante, a tratti anche adirata, lei tentò di formulare una frase.

Il ragazzo la osservò incuriosito, notando come dal viso che lei tentava di nascondere con i propri capelli, era palese un’espressione di imbarazzo.

“ Esistono parole per volere bene a qualcuno ?” Terminò con un suolo respiro Akane, divenendo tutta rossa e stringendo i pugni per la vergogna.

“ Keh …” Korvo Bellum trattenne una risata, divertito da quella situazione tanto ingenua quanto sincera, ma sapendo che quella teppista ribelle non l’avrebbe mai perdonato se l’avesse fatto.

 

“ Secondo me no… i paroloni sono inutili, soprattutto in questo campo.” Asserì infine con serietà, facendo sollevare lo sguardo confuso di Akane.

L’assassino prese la sigaretta tra le mani, sollevandola sopra la testa per poi spegnerla sul davanzale in pietra. Il fumo si sollevò fino ai suoi occhi rossi, ed al suo ghigno beffardo.

“ Le parole come: grazie, bentornato, ti voglio bene… bastano ed avanzano.”

“ Bentornato ?” Ripeté con tono piatto la corvina, interrogandosi sul senso di quella parola.

“ Sì !” La precedette Korvo, guardandola negli occhi.

“ Tutti, ma proprio tutti, vogliamo sentirci a casa, ancor meglio se a darci quella sensazione è chi ci vuole bene.”

 

 

“ DRAKE !” Urlò l’assassina, per farsi sentire nel mentre l’aria sibilava di proiettili da quello scambio di colpi tra due Walther PPQ e due Officer’s ACP.

Il ragazzo si voltò prontamente verso la sua compagna, stringendo istintivamente le mani sulle sue con più forza.

“ Sì ?”

“ Quando avremo finito qui, non voglio sentirti dire di voler scappare ancora di casa !” Un taglio si aprì sulla guancia della ragazza.

Il biondo non comprese inizialmente quell’affermazione, e rimase in silenzio. Un foro apparve poco sopra il suo ginocchio, facendogli tremare l’intera gamba.

“ Io voglio essere la tua casa !”

Terminò Akane, palesando un sorriso commosso. Commosso dall’idea di aver appena realizzato una cosa troppo importante: le sue cure e le sue attenzioni per tutto questo tempo non erano state rivolte a Tengoku, bensì a Drake.

Quel ragazzo stupido e vanitoso che aveva cercato di farle notare in ogni modo quanto tenesse a lei, interpretando i suoi rifiuti come degli scherzi.

Ed allora la ragazza aveva compreso che quei rifiuti, in realtà, non erano mai stati sinceri. O meglio, se n’era resa conto il giorno prima, quando nell’albergo di Roma aveva stipulato la promessa che in quel momento la manteneva in vita. Manteneva entrambi in vita in quel disperato bisogno di affetto e attenzioni dopo l’abbandono delle loro figure di riferimento.

Ed allora avrebbero cancellato l’insicurezza, diventando loro stessi figure di riferimento, l’uno per l’altro.

 

Il Kuro continuava a schivare ogni colpo, nel mentre metteva centrava il bersaglio ogni volta che premeva il grilletto. Si ritrovò così sul punto di avere la vittoria in pugno, nel mentre però continuava a trovare strano quanto i suoi avversari non vacillassero né si arrendessero alla morte imminente.

Fu allora che qualcosa lo toccò, nell’istante in cui aveva compiuto un salto all’indietro, sfiorandolo sulla schiena.

Prima ancora che potesse toccare terra, si era accoro di numerosi oggetti contro il quale si era scontrato indietreggiando. E proprio per aver compiuto quel balzo, si rese conto che per tutto quel tempo, dietro il suo campo visivo, i due ragazzi avevano formato un trappola silenziosa ed imprevedibile.

 

Decine di proiettili erano immobili nell’aria, come congelati nello spazio e nel tempo, formando una barriera alle sue spalle ed attorno a sé.

Bastò quell’istante di distrazione, affinché altri dodici proiettili si frapponessero davanti a lui, sparati dalle abili mani di Akane, ed immobilizzati dalla Fiamma del Fulmine di Drake.

Le pallottole pietrificate serrarono quel guscio, intrappolando la macchina, la quale ormai non poteva più muoversi.

 

A quel punto l’assassina lasciò le mani del ragazzo: doveva prendere una decisione da sola.

Rinfoderò la pistola forgiata dalla mitragliatrice, per stringere con forza la Walther PPQ nella mano destra.

L’arma che l’aveva guidata per tutti quegli anni, regalo del suo maestro.

Con le Fiamme della Tempesta la ricoprì, iniziando a fonderla lentamente in una nuova forma. L’acciaio mutava, ma non si distruggeva, esattamente come la legge della conservazione delle masse fosse di riferimento per i ricordi di Akane.

- Nulla si distrugge, tutto si trasforma… non ti abbandonerò mai, maestro Korvo, ma come tu ti sei preso cura di me un tempo… adesso dovrò diventare responsabile di me stessa. Addio !-

 

Sollevò dietro la testa un coltello, ovvero la sua ultima creazione, e spalancando gli occhi lo lanciò in avanti senza esitazione.

Drake spalancò le braccia, e delle scintille elettriche saettarono nei suoi occhi.

“ Che i proiettili riprendano a muoversi !”

 

Nello stesso istante, il Kuro venne perforato in pieno petto dalla lama, e contemporaneamente tutti i proiettili persero la stasi, continuando la loro traiettoria originale e perforandolo su tutto il corpo.

Fiamme scarlatte ardevano il suo corpo, investendolo ben presto in una pira gigantesca. La melma nera che lo ricopriva iniziò a diventare schiuma, e perdendo forma si riversò sul pavimento.

Dopo qualche secondo, non ne rimaneva più niente, divorato dalla distruzione del fuoco.

 

Akane cadde esausta su Drake, il quale, anch’egli dolorante e senza troppo sangue per reggersi in piedi, si accasciò per terra.

I due ragazzi, lei stesa sul petto di lui, respiravano boccheggiando.

 

“ È finita ?” Domandò lui.

“ In che senso ?”

“ Sai cosa voglio dire …”

“ Non capisco, però sì. È  finita.”

 

Il tedesco abbracciò la ragazza, facendola girare verso di sé.

“ Allora posso dirti che ti amo ?”

Per un interminabile lasso di tempo, gli occhi azzurri di entrambi si incrociarono, quasi timorosi di voler interrompere quel momento con qualsiasi altra cosa.

 

Infine, stringendosi forte, ignorando il dolore delle ferite, le loro labbra si incontrarono in un bacio appassionante, colmo di gioia e tanta voglia che tutto il dolore provato potesse solo lasciare il posto ad una moltitudine di momenti bellissimi.

 

Il sole era prossimo a sorgere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Omake Numero 8: La morte di Drake.

 

 “ Aaaaah, sì !” Disse Master Chopper, finendo di vomitare sangue davanti al suo PC del 2010, mai cambiato e morente.

“ Dopo ben 69 pagine, e dopo aver mandato a quel paese il primo di soli tre mesi di vacanze estive, posso finalmente scrivere della morte di Drake e finire qui.”

“ Come la morte di Drake ?!” Esclamò la vocina dei fan, che il nostro sanissimo Master ha sempre in testa.

“ Sì, la morte di Drake.” Ripeté il Master. “ Forse tu non lo sai, ma è sin dall’inizio della Saga dei Bravi che ho in mente di far morire Drake nella missione per recuperare Ten.”

“ Ma… perché ?”

“ Bhe… all’inizio di SoF io misi una regola, ovvero che chi avesse smesso di recensire si sarebbe trovato il proprio OC morto. E uomi-hime ha smesso di recensire tempo fa. Stessa cosa è valsa per Akira e Angelo.”

“ Ok, ma allora perché non hai ucciso anche Azura ?”

“…”

“ Ma quindi come sarebbe questa morte di Drake ?”

Master va a cercare la bozza scritta tanto tempo fa che descrive la morte di Drake.

“ Ah… avevo scritto questo ?” Passa qualche istante prima che a Master salga un conato di vomito.

“ Allora, com’è ?” Chiede la voce del fan.

“ Ehhh, sai… erano altri tempi, avevo idee diverse su come sarebbe finita la storia. Poi, dovrei scrivere minimo due pagine sul dolore di Akane, e nel prossimo capitolo anche su quello di tutti gli altri.”

“ Dì la verità: ti dispiace per un personaggio a cui ti sei affezionato ?”

“ … sta zitto, tutti amano Drake !”

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Avete appena visto la storia della mia vita (ovviamente con meno esplosioni e avventure emozionanti).

Quello che avete letto invece è, o meglio potrebbe essere, il capitolo più ben riuscito oppure il peggio riuscito che abbia mai scritto.

Ben 69 pagine di combattimenti, seguendo una scaletta incasinatissima che mi ha solo complicato la vita, e per questo penso non utilizzerò più. E non la trascriverò perché non la trovo, la mia scrivania è un oblio di robe accatastate!

 

Ah, sì, messaggio poco importante: il prossimo sarà l’ultimo capitolo di SoF.

La storia volgerà finalmente al termine dopo 31 capitoli divisi in tre saghe… e tre anni di tempo… e molto schifo.

Anticipo il mega spiegone dell’ultimo capitolo e svelo un po’ di retroscena.

Allora, allora, allora… durante la scrittura della storia, il finale è cambiato molteplici volte, così come potete notare dal fatto che numerosi personaggi abbiano perso o acquistato importanza di punto in bianco.

Shigeru Orus e Giorgia De Luca, personaggi apparsi nella Saga della Nascita, non sono più riapparsi durante gli allenamenti, e sono dunque rimasti a Namimori… falso, diranno i veterani! Perché in realtà Giorgia De Luca è arrivata alla Magione, ma non ha seguito gli altri con Reborn, dimostrandosi quindi un buco di trama che adesso io, che avrò pure i miei problemi (cit.), non ho VOGLIA di rimediare!

Esatto, non ho voglia. Sono arrivato a Luglio ormai, e non ho più voglia, non di scrivere, ma di rimediare ai casini di un me stesso di due anni fa, idiota ed irresponsabile.

Avete presente la parte di Azura che si allena con Tengoku? Bhe, gli allenamenti sarebbero dovuti essere tutti così, ovvero due ragazzi che si allenavano in coppia contro una sfida impostata da Reborn.

 

Ho ritrovato i miei appunti!

Allora, le coppie sarebbero state: Azura/Ten, Giorgia/Kevin (ma perché!), Drake/Vito (bho), Simon/Dino (AHAHAHAHA), Akira/Akane.

Poi, per la settimana successiva, e qui tenetevi forte: Tengoku contro Leon (e questo almeno sono riuscito a farlo), Azura contro Falco, Drake contro Keiman, Kevin contro Lancia, Simon contro Linchi, Veronica contro Fon ed Akira contro Oodako.

E qui si nota la mia indole di cazzone incredibile, level 99. Sì, inizialmente Leon non sarebbe stato l’unico animale degli Arcobaleno trasformato in umano, come si deduce dal capitolo 6 della Saga dei Sette Peccati Capitali, dove Reborn menziona una certa Squadra Pet.

Veronica avrebbe dovuto avere un ruolo più centrale, ma purtroppo volevo cambiare le carte in tavola, e sono sicuro che senza qualche menzione a lei ogni tanto, qualcuno di voi se la sarebbe pure dimenticata.

Era in programma anche una Saga extra, basata sulla nostra squadra di matti che affrontava una Famiglia in una dimensione dove i Vongola non erano mai nati, e poi si sarebbe scoperto che tutti erano stati trascinati dentro l’incubo di un neonato con forti Fiamme della Nebbia sin dalla nascita.

Quello era il mio periodo Bloodborne, quindi sorvoliamo (però i nomi dei guardiani erano anche piuttosto fighi: Paradosso, Subconscio, il boss Incubo, Istinto, Amygdala, Rem e Bambola).

 

E per rispondere alla domanda della vita… voglio essere sincero, NO, non era pensato sin dall’inizio che Ten fosse figlio di Sebastian. Penso mi sia venuto in mente mentre scrivevo la Saga dei Sette Peccati, perché mi serviva un motivo per far essere a Sebbo (come ormai mi viene da dire grazie a stardust) il cattivo della situazione.

 

Però, insomma, grazie. Grazie per quei tre che ormai recensiscono, che mi fanno rendere conto che anche se il tempo passa, le schifezze che scrivo sono sempre di loro gradimento.

Va bene, dai, posso anche dire chi sono, tanto non è un segreto!

Un grazie sentito a stardust94, a nekomata04, e a Simon… cioè a Teemo Omegasquad. Bho, sarò ritardato io che fino a qualche capitolo fa continuava a scrivere “grazie a sissi1234/nekomata04”, ma i primi nickname non me li scordo mai xD (e andry_94_hell, se mai leggerà questa roba, ne sa qualcosa)

 

Termino qui, prima che l’angolo autore superi in lunghezza il capitolo! Ci vediamo alla prossima, con la fine delle avventure di Tengoku ;)!

 

P:S: Capitolo pieno di riferimenti alle Bizzarre Avventure di Jojo, neanche fosse il film di Maurizio Merluzzo! E penso non ci sia nemmeno bisogno di dirlo, ma… l’isola di Groove Island è ovviamente una mia invenzione, non esiste una roba del genere a quattrocento chilometri dall’Hokkaido. Il nome è un riferimento a Planet Groove, l’album degli Earth Wind and Fire (esattamente come Voodo King è un riferimento alla canzone “Voodoo Kingdom” dei SOUL’d OUT).

Ah, neanche la Fiamma della Pianura esiste. L’ho dovuta inventare io, perché per l’autrice di KHR era troppo difficile dare un maledettissimo nome ad una Fiamma della Terra. E no, non bastava non dare una spiegazione accurata di cosa facesse la Fiamma della Pioggia, ma lasciamo che la Famiglia Simon utilizzi una Fiamma a cui non ha voluto dare un nome. Scusatemi, ma quando vedo questi buchi di trama mi sale una bestemmia…

P.P.S: Chi ha capito subito il riferimento nel titolo merita un biscotto.

Ehi! Ti vedo già lì a cercare su Google per poi fare il sapientino, piuttosto usa quella ricerca per farti una cultura.

   
 
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