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Autore: cin75    26/06/2017    5 recensioni
Jared fa una vita che a qualcuno non piace. Jensen ne ha addirittura due di vite!!
Si incontreranno. Si scontreranno. Si ameranno.
Ma non sempre la vita che fai o che ti ostini a portare avanti porta al "vissero felici e contenti!"
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I L   P A S S A T O   D I   J E N S E N



Amarsi di nuovo fu bellissimo. Ritrovarsi in quel modo anche così fortemente fisico fu magnifico.

Avere la consapevolezza che questa volta non c’erano segreti tra loro e che tutto ciò che avevano provato era scevro da ogni possibile tenebra fu decisamente appagante e tranquillizzante.


Jared, che ancora parzialmente copriva, premuroso, il corpo di Jensen con il suo, se ne stava beatamente in quella posizione, godendosi le pigre carezze che il maggiore gli donava sulla schiena ancora madida del sudore dell’amore.

Poi, un leggero bacio sul torace del biondo. Quasi una carezza. Forse, un respiro più accentuato sulla cicatrice che campeggiava al centro del torace di Jensen, segno di una morte scampata.

“Che hai?!” sussurrò Jensen a quel gesto così discreto.

“Chi sei Jensen?!” si ritrovò a chiedere Jared.

“Che significa?!” replicò perplesso l’ex cecchino ma senza astio nella voce.

“Cioè….so chi sei e so che mi hai detto la verità sul tuo nome. Ma da dove vieni, che facevi prima di diventare Falco, la tua famiglia, i tuoi amici. Chi sei davvero?” chiese ancora e sapeva che Jensen non si sarebbe risentito di una simile domanda. Ma cercò comunque di giustificarsi. “So che a causa del tuo lavoro , con le ricerche che hai fatto o che ha fatto Misha, sai tutto della mia vita. Ma io, di te….”

“Hai ragione, Jared. Hai ragione ed hai diritto di sapere tutto.”

“Devi dirmelo. Ma…”

“Ma, cosa?” si ritrovò a chiedere incuriosito Jensen.

“Ma solo se ti fidi di me a tal punto da confessarmi sinceramente l’uomo di cui so poter ancora amare con tutto me stesso.”

“Mi fido di te. Ti amo davvero e tanto. E mi fido di te più di quanto mi fidi di me stesso.” gli confessò con un tono emozionato e sincero stringendoselo contro il petto. Forte, deciso come se avesse paura di farlo andare via. “E ti dirò tutto di me.”

Jared , a quella decisione, gli baciò il petto, ora leggermente più ansante , comprendendone il motivo e dolcemente si sciolse dal suo abbraccio per tirarsi su a sederglisi accanto.

Jensen lo fissò e impresse a fuoco nella sua mente la dolcezza che vedeva in quel momento sul volto del compagno. Si tirò su anche lui, rimanendo poggiato alla spalliera del letto e per un po’, quasi come se stesse mettendo in ordine i pensieri, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

“Avevo 10 anni. Mia madre era morta da circa quattro anni a causa di una malattia al cuore, ma mio padre riuscì ad amarmi anche per lei. Si faceva in quattro e io…io lo adoravo. Una sera, ricordo che era il 26 dicembre, stavamo ritornando da una cena con dei suoi amici di lavoro. Io ero seduto dietro e alla radio dicevano di stare attenti ad alcuni tratti stradali che erano ghiacciati a causa delle basse temperature. Papà mi disse di stringere bene la cintura e io, volendomi sentire adulto gli risposi di fare lo stesso per lui. Fu un attimo. La macchina all’improvviso sembrò avere vita propria e per quanto papà si affaticasse a cercare di tenerla sulla carreggiata giusta, non ci riusciva. Mi gridò di tenermi forte e che sarebbe andato tutto bene ma io lo vedevo che aveva paura. Poi accadde.” e a quel punto del racconto il ragazzo si fermò come se quel momento tragico della sua vita si stesse materializzando in pieno davanti ai suoi occhi.

“Oddio, Jensen!” sussurrò appena Jared, colpito dal racconto che stava udendo. “Che…che è successo?!”

“All’improvviso tutto iniziò a girare intorno a me. Ho perso il conto di quante volte la macchina si è ribaltata su se stessa…

“Mio Dio…”

“Vedevo i vetri andare in frantumi, le lamiere della macchina piegarsi paurosamente su di noi, gli alberi capovolgersi e tornare in piedi; asfalto e stelle alternarsi continuamente. Mio padre che cercava di allungare una mano verso di me come a volermi tenere. Le sue urla di paura e di dolore ogni volta che la cappotta sbatteva contro il cemento dell’asfalto. Io invece non riuscivo a dire o fare niente. Ero completamente terrorizzato, congelato dalla paura. E poi non so come, davvero, te lo giuro…io non so come, ma…ma…” e si fermò ancora passandosi una mano sul viso, scuotendo avvilito la testa, tremando appena, come se anche nel presente, in quel letto, davanti a Jared cercasse di capire quel “come”.

“Jensen! Jensen….calmati! Ci sono io qui. Sei con me. Tranquillo. Senti…basta, ok? Mi va ..mi va bene. Non c’è bisogno che tu debba….” provò a tranquillizzarlo Jared, ma Jensen non voleva smettere. Aveva deciso di dire tutto e avrebbe detto tutto all’uomo che amava. Che fosse stato doloroso o meno.

“Ad un tratto mi ritrovai a guardare la macchina.” lo stupì infatti.

“Cosa?!” sussurrò sbalordito Jared.

“Mi ritrovai seduto sulla strada ghiacciata a fissare la macchina continuare quella sua folle e tragica giostra di capriole. Fin quando l’asfalto di nuovo ruvido non ne fermò la corsa. Ricordo di aver chiamato mio padre, ma che mi sentivo così confuso e sconvolto che non riuscivo a muovermi!”

“Sei …sei stato sbalzato fuori dalla macchina?!” chiese sbalordito il più giovane.

“Sì. E qualche minuto dopo vidi la nostra macchina, con dentro ancora mio padre, andare a fuoco. Esplose con un fragore che non avevo mai sentito. La luce del fuoco causato dalla benzina era di un bagliore che non conoscevo. Quell’odore acre di gomma e plastica bruciata era qualcosa di stordente.”

“Mio Dio!!” ripetè profondamente addolorato Jared.


Che altro avrebbe potuto dire di fronte ad una tragedia del genere?

L’unica cosa che riuscì a concepire come confortante fu quella di prendere le mani di Jensen tra le sue e baciarle dolcemente. Voleva fargli sentire che era davvero con lui. Che se ne avesse avuto bisogno, Jensen, poteva chiedergli tutto il conforto che voleva.


“Non so quanto tempo sono rimasto seduto a terra e fissare quella morte assurda che si portava via mio padre oltre che tutto quello che rimaneva della mia famiglia e della mia vita. Poi , anche se confuse, iniziai a sentire delle voci che si avvicinavano sempre di più a me. Sentivo come se qualcuno mi stesse toccando, a tratti scuotendo. Solo quando mi ripresi in ospedale e mi sentivo poco più lucido mi dissero che la macchina che ci seguiva aveva visto tutto e aveva chiamato immediatamente i soccorsi.” raccontò ancora, trovando conforto nelle mani di Jared che ancora stringevano le sue.

“E’ stato un miracolo che ci fossero state quelle persone. Tu…tu potevi….potevi morire!” sembrò prendere coscienza Jared, sconvolto da quel pensiero. “Che è successo, poi?!”

“Sono stato in ospedale circa due giorni, finchè non mi dissero che per me c’era un signore che si dichiarava essere mio zio. Il mio padrino.”

“E…non era così?” chiese perplesso Jared, notando il tono che aveva usato Jensen.

“No. Cioè, quando lo vidi, lo riconobbi. Eravamo stati a casa sua la sera dell’incidente. Lui era un amico di mio padre. Molte volte li avevo visti insieme e mio padre molte volte mi ripeteva che Jim, questo il suo nome, era un brav’uomo e che mi sarei dovuto fidare di lui all’occorrenza. Ma di certo non era di famiglia e tanto meno era il mio padrino.”

“E allora cosa…come..”

“Quando io confermai di conoscerlo e ci lasciarono per qualche momento insieme da soli, lui si avvicinò a me e anche se con tono rassicurante fu molto diretto e deciso e mi disse : “Ascoltami ragazzo. Tuo padre non c’è più e della tua famiglia non è rimasto nessun altro. So che mi conosci e so che tuo padre ti ha detto di fidarti di me. Quindi: o per quelli lì fuori, io, divento il tuo padrino o tu ti ritroverai a scegliere in quale casa famiglia prendere residenza. Non potrò essere mai tuo padre, questo lo so. Ma credimi farò del mio meglio perché tu venga su come lui voleva.” E in quel momento rientrò la responsabile dell’assistenza sociale.”

“Tu che hai fatto?” chiese decisamente curioso Jared.

“Non avevo scelta. E di certo non volevo finire in una casa famiglia. Così presi la mia decisione. Jim divenne il mio “padrino” e qualche ora dopo ero a casa sua, sotto la sua tutela.” disse con nello sguardo ancora la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta.

“Hai vissuto con lui?!”

“Sì. Jim si rivelò essere una bravissima persona. Una figura paterna di tutto rispetto. Mi fece andare a scuola, pagò per intero i miei studi, senza mai farmi pesare un solo centesimo. Mi trattò come un figlio, meglio di un figlio. E mi volle bene. Molto bene e io ne volli a lui. Davvero.” e Jared sentì in quelle parole il sincero affetto che Jensen provava per l’uomo che l’aveva cresciuto come un padre.

“Ti….volle?!” chiese , però, timoroso a causa di quel tempo verbale usato.

“Ha avuto un infarto circa dieci anni fa , durante il lavoro!”

“Mi dispiace.” sussurrò comprensivo Jared, accarezzandogli piano il profilo decisamente triste per quel ricordo. “Cosa faceva?!” chiese poi.

“Ne rimarresti stupito!” ironizzò Jensen sorridendogli sghembo.

“Ero nel mirino di un infallibile cecchino. Prima di lui, in quello di un facoltoso psicopatico in doppio petto. Sono scampato alla morte solo per miracolo. Mi sono innamorato dell’uomo che voleva spararmi, sono con lui adesso in questo letto …credimi, mi stupirò difficilmente!” scherzò Jared.


“Era un cecchino anche lui ed è stato per lui che lo sono diventato anche io!”

 

Jared rimase a bocca aperta e per qualche lunghissimo secondo non riuscì a proferire parola, rimanendo immobile a fissare il suo compagno che lo fissava di rimando in attesa di una qualsiasi reazione.

“Lui era….cosa?!” disse alla fine, incredulo.

“Lui era come me o forse dovrei dire che io sono diventato come lui, in effetti.” si corresse.

“Jensen, ma ….”

“Scoprii tutto per caso. Jim era molto bravo a far restare nell’ombra quel suo secondo lavoro. Un pomeriggio lessi per caso, in alcuni fogli, una richiesta con tanto di offerta. Non capii subito. Non volevo trarre conclusioni anche perché sul folgio c’era solo scritto “Compenso: 750 mila”, niente spiegazioni. Poteva essere tutto o forse niente o magari solo uno scherzo di qualche suo amico. Infondo l’offerta era di oltre 700 mila dollari. Che altro poteva essere?, pensai.”

“Ne parlasti con lui?!” volle sapere Jared.

“Sì. Gli accennai che avevo visto il foglio e che non capivo chi poteva fargli uno scherzo del genere.”

“E lui?”

Jensen inspirò profondamente e poi rispose.

“Fu vago, quasi sorpreso che io avessi letto. Forse si rese conto in quel momento di aver commesso il suo primo sbaglio e di averlo fatto con me. Tagliò corto la questione e disse che aveva un importante impegno lavorativo in quei giorni e che quindi sarei stato da solo a casa e che quello che avevo letto era solo uno stupido scherzo di un suo collega dell’officina in cui lavorava.”

“Gli credesti?!”

“Per la prima volta in vita mia, no. Per niente. Ma non gli diedi modo di sospettare alcun che. Lui andò via e io dopo un po’ lo seguii. E onestamente mi sorpresi di vedere di come fossi bravo a non farmi notare sia in macchina che a piedi.”

“Che cosa fece Jim? Dove andò quando uscì?”

“ Andò verso Sacramento, sai?, in quel periodo vivevamo in California. Quando arrivò si diresse verso l’Edificio sul campus dell’Università di Sacramento e…”

“Quell’enorme edificio in vetro blu?!”

“Esatto. Lo seguii mischiandomi alla folla di studenti e vidi che prese la direzione per raggiungere il tetto. Quando anche io arrivai sul tetto, fui cauto. Mi nascosi dietro una canna fumaria e lo vidi sistemarsi accanto ad un parapetto. Fu allora che lo vidi.”

“Vedesti cosa?!” domandò Jared sbalordito dal racconto ma anche curioso di sapere.

“Il fucile. Un fucile ad alta precisione. Il cervello mi andò in panico e non so come o perché ma mi feci avanti.”


 

Jim?”

Che diavolo ci fai tu qui, ragazzo?!”

Che diavolo ci faccio io qui?...che diavolo ci fai tu qui? Cosa stai facendo?”

Ciò che è giusto, Jensen. Non puoi sapere. Tu non puoi immaginare nemmeno quanto sia giusto quello che sto per fare.”

Io non posso sapere e non posso immaginare. Ma di certo non posso negare che tu sei qui con un fucile imbracciato pronto a fare fuoco su chissà chi!!”

Non si tratta di un chissà chi. Ma di un vile stupratore che non si fa problemi se le sue vittime siano ragazze o ragazzi. L’importante è che lui abbia ciò che vuole.”

Ma di che stai parlando , Jim? Sei impazzito?...c’è la polizia per questo. Se è vero ciò che dici, lascia che siano loro ad occuparsene!!”

C’hanno provato. Ma sai com’è? Andare contro il decano dell’Università che è il migliore amico del senatore in carica..beh!, può fare molto. La parole di un simile luminare contro quella di ragazzi senza arte né parte. Tieni ! guarda!!”

Che cosa sono?!”

Le sue vittime. Dodici sfortunati che porteranno su di loro, dentro di loro il segno visibile e invisibile di quel bastardo. Tre di loro , però, non lo hanno sopportato!”

Che…che significa?!”

Guarda ancora! Continua a leggere!”

“….Oddio. Si sono suicidati!”

Già. E’ l’unica cosa che è stata detta su di loro è stata “Forte stress da studio seguita da crisi depressiva”. Ci credi?!”

Jim, ma…”

Quel bastardo deve pagare. Il male che ha fatto a quei ragazzi, alla loro memoria, alle loro famiglie che non avranno mai giustizia e deve pagare…”

Jim ?”

“….per quel male che può ancora….”

Jim che hai?”

“…. fare, se io….se io.. non vado fino… in fondo.”

Jim??!!”

Cazzo!!”

Jiiiimmm!!!”

Il…il cuore…il cuore….”

Sta’ calmo. Chiamo un ambulanza. Sta’ tranquillo, ora…ora….”

No. Nooo!”

Cosa? come no? Jim hai un infarto!!”

Prendilo!”

Cosa?! Cosa devo prendere??!!”

Prendi il fucile. Guarda le foto…. Finisci il lavoro al posto …mio, Jensen.”

Come?? Cosa??? NO!! Io non posso!”

Sì. Sì, che puoi. Le nostre...le nostre battute di caccia. Ricordi? Le ricordi?”

Sì, certo...sì, ma che cosa...”

Ti ho insegnato ad essere invisibile, ad essere attento e silenzioso. A nasconderti anche in piena luce. Ti ho insegnato come si spara e sei un ottimo….tiratore…quasi migliore..di me. Fallo, Jensen! Fallo!!”

Jim, ti prego. Io…”

E’ il mio ultimo desiderio, Jay!”

Ti prego…ti prego. Non dire così…la risolveremo. Vedrai che…”

Finisci il lavoro, Jensen. Da’ pace a chi è morto e a chi invece vivrà nel ricordo di quello che è accaduto. Fa’ giustizia, Jensen. Da’ loro…..pace e giustizia!”


 

“Lo facesti?”

Un altro respiro. Forse di colpa, forse solo per prendere fiato e coraggio.

“Sì. Guardai la foto. Presi il fucile e puntai nella direzione del decano. Era accanto ad una ragazza. Le teneva il polso. Il sorriso di lui era stranamente ammiccante e maligno mentre quello di lei era decisamente spaurito. Mi ritrovai a pensare alla storia di Jim e vidi in quella ragazza la prossima vittima. Fissai ancora la ragazza e ...mio Dio!! Jared...c’era così tanto panico nei suoi occhi.” disse rivedendo per un attimo lo sguardo terrorizzato di quell’innocente. “ non ricordo come è successo, non ricordo quando la mia mente ha deciso di ordinare al mio dito di contrarsi sul grilletto, ma avvenne. Sparai. Un solo colpo. Un centro perfetto in pieno petto. Lui nemmeno se ne rese conto.”

“O mio Dio!” sibilò Jared, che,però, in angolo remoto della sua mente urlava di segreta gioia , quando sul volto del suo compagno, invece di vedere soddisfazione e orgoglio, vide, leggera e dolorosa, un' espressione di colpa. 
Jensen non era un mostro. No!, non lo era!!! 

“Sai la cosa strana che mi fece riflettere, facendomi dimenticare per un solo attimo che avevo appena ucciso un uomo?!” chiese retoricamente Jensen. “Qualche attimo dopo, tornai a fissare nel mirino del fucile e guardai di nuovo verso il basso. La ragazza era ancora lì, mentre decine di persone di affaccendavano intorno al corpo del decano. “

“Che.. faceva?!”

“Niente. Era ferma in un angolo e il suo volto era stranamente sereno. Non ci vidi più quella paura che ci avevo visto un attimo prima di sparare. Era quasi sollevata di vederlo morto. Non c’era più panico nei suoi occhi.” e mentre lo diceva sembrava quasi come se stesse vedendo ancora l’espressione sollevata di quella sconosciuta.

“Che hai fatto dopo?!”

“Lasciai il fucile e soccorsi Jim. Lui era debole e respirava a fatica. Si infilò una mano in tasca e tirò fuori una chiave.” raccontò.

“Una chiave?!”

“Sì. Mi disse che era la chiave del suo rifugio-ufficio a Lebanon, in Kansas e che se un giorno avessi voluto continuare a fare ciò che lui aveva fatto, era lì che dovevo andare per iniziare.”

“Ci sei andato, a quanto pare!”

“Dopo molti mesi. Seppellii Jim giustificando la sua morte come un semplice infarto. E quando misi a fuoco quello che era successo volevo saperne di più. Volevo sapere a tutti i costi e così andai in quel posto che Jim aveva chiamato “bunker”!! E da lì, da ciò che ci trovai, dai documenti e le foto , le vittime senza diritto di parola, i colpevoli che invece si godevano la bella vita, quella lettera e… iniziò la storia di Falco!”

“Lettera?!” azzardò Jared pensando che forse era qualcosa di troppo privato da essere confidato.













N.d.A.:  e siamo al penultimo capitolo. Il prossimo sarà quello conclusivo, spero, il giusto epilogo di questa storia.
Confesso che questo doveva essere l'ultimo, ma non mi era resa conto che sarebbe stato di circa 17 pagine di word, quindi luuuungooo!!
Perciò, chiedo perdono e pazienza!

Spero che la storia vi sia piaciuta e spero, così, anche il finale del prossimo capitolo.

Cin.  


 

   
 
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