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Autore: Arwen297    26/06/2017    3 recensioni
[ SEGUITO DI "IL VENTO DELLA LIBERTA']
Presente la coppia Seiya x Michiru
Sono passati 13 lunghi anni da quando Haruka è partita per gli USA nel tentativo di salvare la famiglia dalla rabbia della famiglia Kaioh, la sua carriera ha preso il volo e ormai è famosa nell'ambito delle corse. Il suo rientro in territorio nipponico per la laurea della sorella Usagi le donerà un incontro sperato per tutto il tempo passato lontana da casa.
Michiru ha una carriera ormai solida a fianco di suo marito, Seiya, con il quale si esibisce in concerti di musica moderna senza abbandonare le sue composizioni classiche.
Le due si troveranno a fare i conti con il loro passato e i loro sentimenti più forti e prorompenti che mai, entrambe ne usciranno cambiate e segnate e anche per Seiya non si prospetta nulla di buono, entrambe dovranno lottare per trovare la loro felicità.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Note dell'autrice: Buon pomeriggio, finalmente il sesto capitolo. Come già sa chi segue la mia pagina facebook, purtroppo mese scorso mi si sono rotti sia tablet che computer. Quindi ecco il ritardo nella pubblicazione. Spero comunque che il capitolo vi piaccia. A presto!

 

Capitolo 6: Paure ed evoluzioni

 

«Si può sapere perché mi stai evitando?!?». Una voce che ormai le era famigliare irruppe nella sala professori della scuola, era naturale che prima o poi Haruka avrebbe trovato il modo di parlare. Era da quando le aveva rubato quel bacio che aveva fatto di tutto per evitarla, aveva spostato mille volte l'orario di lezione di Usagi a causa del comportamento dell'altra, non senza dispiacere visto che la sua allieva ci rimetteva per quello che combinava sua sorella.

Evitare di incontrare la motociclista le era sembrata la scelta migliore per non portare avanti una strada pericolosa che avrebbe creato non pochi problemi, era passata quasi una settimana da quel bacio, a breve avrebbe tolto la fasciatura al polso che era andato via via migliorando in quel periodo. Non vedeva l'ora di tornare a suonare per iniziare seriamente a fare le prove.

I fogli che aveva in mano le caddero rumorosamente sul tavolo dell'aula. Un sospiro le sfuggi dalle labbra, pronta a quello che sarebbe stato un estenuante scontro.

«Non ti sto evitando». Mentì, ben sapendo che in realtà il suo intento era palese.

«Sei davvero sicura di quello che dici?». Si innervosì, pensava che fosse così stupida? «Mi sembra di aver notato che da quando ti ho baciata hai cercato di cambiare l'orario di lezione di mia sorella ogni qual volta che ti era possibile avvisandola all'ultimo in modo che io non riuscissi a liberarmi dagli impegni e venire alle prove». Continuò, continuava a darle le spalle senza girarsi, ma sapeva che l'aveva sentita. «Dire che non è per questo non serve a nulla. Continuare a scappare non serve a nulla! La situazione senza affrontarla non cambierà e lo sai benissimo».

«E cosa bisogna affrontare Haruka? Abbiamo entrambe la propria vita, ed è giusto così. Le cose tra noi non funzioneranno mai e lo sai benissimo. Come lo so io, lo sai anche tu». Si voltò a guardarla puntando i suoi occhi nei verdi di lei.

«Lo sai o ti vuoi auto-convincere che le cose tra noi non funzioneranno mai?». Domandò di rimando senza abbassare lo sguardo, sfidandola. «Magari perché ti fa comodo credere che se stiamo insieme andrà male come è stato in passato?».

«Non mi fa comodo credere in nulla, perché non c'è niente da credere. Ho una famiglia a cui pensare, sono felice così». Ribadì. Ma era era la verità? O stava mentendo a se stessa prima che alla persona che aveva di fronte.

«Prima di dirmi di no con questa certezza che tutto sia impossibile ti chiedo di fidarti di me Michiru, ci sono tante cose che non sai; cose che riguardano il passato e che sicuramente ti sono state taciute ingiustamente. Dammi modo di farti vedere tutto con altri occhi, se dopo esserne a conoscenza rimarrai comunque con le tue convinzioni mi farò da parte e continuerò a seguirti in silenzio come ho fatto in tutti questi anni».

«L'ultima volta che ho creduto in te, se non sbaglio non è andata proprio bene alla fine. Perché mai dovrei fidarmi ora? A quale scopo?». Era totalmente fuori discussione anche solo l'idea.

«Perché non te ne pentirai questa volta, perché siamo entrambe donne adulte ora e non più due ragazzine e non scherzerei mai su cose di questo tipo». Le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle, gli occhi puntati nei suoi. «Non farti castelli in aria a priori, prendi le cose un po' così come vengono finché non sai come sono realmente andate le cose in passato. Non ti chiedo di lasciarti andare subito». Anche se la voglia che ho di te è tanta. Tenne il pensiero per se, Haruka.

La violinista distolse lo sguardo, quel verde così intenso le aveva sempre creato molti problemi: non riusciva proprio a resistergli. Anche quando di sfuggita l'aveva vista in televisione gli anni precedenti era sempre stata vulnerabile. Si limitò a rimanere zitta in un primo momento, la testa piena di pensieri sul come comportarsi. Una possibilità poteva concedergliela non aveva niente da perdere, dopo tutto, e se aveva da farle vedere delle prove avrebbe valutato con attenzione ciò che aveva da dirle.

«Va bene, ci sto, voglio vedere la verità di cui tanto parli; ma non pensare che ho secondi fini, assolutamente. Credo però che io abbia il diritto di sapere come sono andate realmente le cose». Erano anni che aspettava dentro di se quel momento, forse la sofferenza e il dolore provati nei primi tempi prima di essere poi arginati sarebbero stati finalmente elaborati.

La bionda sorrise, visibilmente più rilassata ai suoi occhi. Uno sguardo meno preoccupato e decisamente più felice.

«Va benissimo Michiru, nessun castello in aria promesso». Si allontanò da lei appoggiandosi alla scrivania poco distante dalla musicista.

Il silenzio creatosi con un velo di imbarazzo da parte di entrambe fu interrotto dalla suoneria del cellulare dell'altra. La osservò attentamente sbarrare gli occhi non appena vide il numero che era sicuramente apparso sullo schermo. Si tirò su dritta, sull'attenti e la fissò.

Vedere il numero del reparto di Pediatria sullo schermo del cellulare le provocò un nodo in gola. Cosa stava succedendo? Rispose subito, mettendo un freno all'agitazione almeno fino a quando la chiamata non sarebbe stata conclusa.

«Pronto». Rispose.

«Parlo con Michiru Kaioh?». La accolse una voce femminile che le sembrò appartenere alla dottoressa che aveva seguito sua figlia durante l'ultima trasfusione di sangue.

«Si sono io mi dica». Rispose brevemente.

«Sono la dottoressa Mizuno, ci siamo conosciute poco tempo fa se si ricorda. La sto chiamando perché abbiamo ricoverato d'urgenza sua figlia, la baby-sitter ha chiamato l'ambulanza. Ha avuto una crisi acuta è già stata stabilizzata dal primario ma le devo chiedere di venire il prima possibile in ospedale. Ho chiamato anche suo marito ma il telefono è spento».

«Vengo subito dottoressa, mio marito è fuori per lavoro per questo non ha risposto. Grazie per la chiamata». Disse, avrebbe voluto urlare al mondo quanto facesse schifo l'accanimento su sua figlia, ma si trattenne consapevole che non sarebbe servito a nulla. Dopo aver ricevuto risposta dalla giovane dottoressa interruppe la chiamata.

Rivolse l'attenzione ai fogli che aveva sparso sulla superficie in legno e iniziò a raccoglierli velocemente senza dire parola alcuna.

«Michiru tutto bene?». La voce della bionda irruppe improvvisamente, era sull'orlo di una crisi di nervi, sentiva che sarebbe crollata di li a poco e non voleva fare scene davanti a Tenou. Le avrebbe rimandate a quella sera, quando con ogni probabilità sarebbe stata sola a casa dato che Nari sarebbe rimasta ricoverata qualche giorno. Nella migliore delle ipotesi, si intende.

«Nari ha avuto una crisi acuta, sta molto male era una dei dottori del reparto. Sono riusciti a stabilizzarla ma.. mi hanno chiesto di andare li il prima possibile». Le sfuggì un leggero singhiozzo.

«Michiru, andrà bene». Le disse avvicinandosi di nuovo a lei, la vide alzare il suo sguardo verso il suo viso. La disperazione negli occhi, dubitava fortemente che fosse in grado di guidare fino alla meta in quelle condizioni. Seiya a quanto aveva capito era fuori per lavoro, molto probabilmente con i tre fratelli. «Ascolta, non andare da sola in ospedale. Non sei nelle condizioni di poter guidare, ti accompagno io». A quelle parole sentì la protesta salire debolmente da parte della pittrice. La fermò ancor prima che diventasse lampante appoggiandole un dito sulle labbra. «Niente proteste, hai bisogno che qualcuno ti accompagni non puoi andare da sola». L'altra alzò le spalle in segno di arresa. «Andiamo dai, ti accompagno in ospedale e poi ti riporto a casa senza nessun problema».

«Per tornare a casa posso...posso prendere un taxi». Mormorò prima di avvicinarsi alla porta dell'aula professori.

«Non dire assurdità, non sei in condizioni di andare via da sola. Ti accompagnerò anche a casa se è necessario, non preoccuparti di questo ora».

 

***

 

Dei passi veloci interruppero il silenzio nella corsia della clinica, occhi blu era davanti a lei di qualche passo e si muoveva veloce in quei corridori che le erano totalmente sconosciuti. Conosceva alla perfezione quell'edificio, si vedeva. Non aveva chiesto nessuna informazione all'ingresso e al solo pensare la motivazione di tanta sicurezza sentì una morsa al cuore. Quel piccolo esserino amato tanto dalla sua sirena doveva aver sofferto molto nonostante la giovane età.

Michiru arrivò all'ingresso del reparto dove sapeva avrebbe trovato la bambina e, sopratutto, il primario che la seguiva; si sentì bacillare appena nel timore di ricevere qualche notizia troppo pesante da sopportare.

«Andrà tutto bene, vedrai». Si sentì di rincuorare l'altra. Non sapeva se sarebbe stato realmente così ma lo sperava con tutto il cuore, non conosceva ancora quella bambina ma solo per il fatto che era figlia della violinista si era conquistata senza difficoltà alcuna un posto nel suo cuore. Non ottenne risposta e, capendo lo stato d'animo dell'altra, non insistette nel parlare ma si limitò a seguirla dentro. Decisa però a lasciarle la giusta privacy nel momento in cui avrebbe dovuto parlare con il primario: sapeva fin troppo bene cosa si provava in momenti simili e se da un lato la presenza di una persona con te si rivela un'ancora a cui aggrapparsi, dall'altro poteva rivelarsi fastidiosa.

Prese posto su una delle sedie presenti nel corridoio aspettando in sua compagnia che qualche medico si facesse vivo in quel corridoio deserto.

La loro attesa non durò a lungo, dei tacchi risuonarono sul pavimento provenienti da una parte di corridoio nascosta alla loro vista. Dopo pochi minuti Tenou posò gli occhi su una figura femminile dai corti capelli blu che aveva un qualcosa di famigliare, non ricordava tuttavia dove si erano già visti. La giovane donna accelerò il passo non appena notò la presenza di entrambe riducendo il tempo della loro attesa.

«Signora Kaioh, buona sera. Sono contenta che sia già qui». Esclamò la dottoressa non appena fu abbastanza vicina da essere udita, poi volse lo sguardo verso l'accompagnatore con i ray-ban calati sul volto nonostante fossero ormai di sera e in un edificio. «Piacere di conoscerla, sono la dottoressa Mizuno. Aiuto il primario quando c'è bisogno». Tese la mano in direzione della bionda.

A sentire quel cognome ad Haruka si accese una lampadina: tanti anni addietro era la fidanzata di quel Takeshi che odiava tanto, di cui era rivale nelle corse e nel quartiere. L'aveva difesa da lui e proprio per questo probabilmente lo scagnozzo si era venduto ai Kaioh per rovinare tutto: ne era certa che coloro che avevano provocato l'incidente appartenevano alla sua banda. «Piacere di conoscerla dottoressa». Si limitò a dire.

«Può seguirmi nello studio del Primario? Così le diamo un quadro completo della situazione». Ami rivolse nuovamente l'attenzione verso la violinista, cercando di essere il più serena possibile. Un medico in fondo doveva trasmettere anche serenità nonostante la situazione critica, l'empatia verso i genitori dei suoi piccoli pazienti certamente non le mancava. La donna di fronte a lei annuì prima di dirigersi verso la porta da lei indicatole, il biondo sconosciuto che non aveva fatto il suo nome, invece, si diresse verso le sedie lasciando che le sue membra riposassero abbandonate in attesa di andare via.

Michiru entrò per prima nello studio, il medico non c'era ma con sua sorpresa fu raggiunta dalla giovane dottoressa. Probabilmente si sarebbe occupata proprio lei di aggiornarla sullo stato di salute di Nari. Fece un grosso respiro. Il suo istinto le diceva che la situazione era peggiorata: crisi così forti a breve distanza dalle trasfusioni non erano mai successe.

«Si sieda pure, così parliamo con calma e senza fretta come deve essere in questi casi». Le sorrise dolcemente la dottoressa. «Prima di tutto voglio confermarle che da quando l'ho chiamata ad ora sua figlia non ha avuto più crisi, ora sta dormendo. Ha una maschera di ossigeno per aiutarla nella respirazione. Come certo avrà capito, una crisi così forte a così breve distanza da una trasfusione di sangue, non è un buon risultato. È già successo altre volte in passato? Dalla cartella clinica della bambina non risulta». Chiese alla donna.

«No, questa è la prima volta che succede, ogni tanto qualche piccola crisi l'ha sempre avuta ma mai a distanza così ravvicinata come questa volta. E sopratutto non così grave». Come immaginava le notizie erano tutto fuorché positive.

«Immaginavo, inizia a risentirne il cuore, purtroppo Nari soffre della forma più grave di Betalassemia, altrimenti detto Morbo di Cooley, e l'unico modo per ottenere una guarigione completa è il trapianto di midollo osseo. Senza questo, visto il peggioramento avuto in breve tempo bisogna pregare che l'organismo della bambina resisti il prima possibile. Noi della clinica, per quanto possiamo fare segnaleremo come urgente il caso di sua figlia per cercare di farlo salire nella graduatoria delle donazioni, più di questo non possiamo fare se non affrontare le crisi poco per volta man mano che si presentano». Il silenzio cadde nella stanza.

Michiru non sapeva bene come rispondere a quella notizia, avrebbe voluto semplicemente urlare, ma non era giusto nei confronti della dottoressa avere reazioni così. Allora decise di chiudere in un cassetto tutte le emozioni per farle uscire poi quando fosse stata a casa da sola, senza nessuno intorno. «Quanto dovrà rimanere ricoverata? Ho bisogno di saperlo per organizzarmi con il lavoro, mio marito come le dicevo per telefono e fuori per dei concerti e ci sono solo io qui in città, vorrei fare in modo di stare con lei il più possibile».

«Sicuramente, per stare tranquilli noi e fare star più tranquilli voi famigliari, rimarrà ricoverata almeno due giorni. Vogliamo essere sicuri che non abbia più nessuna crisi». Le spiegò. «Posso offrirle qualcosa? Un caffè? Ho la macchina per l'espresso proprio dietro la sua schiena».

«No grazie del pensiero ma preferisco andare a casa se non posso vedere la bambina». Disse cercando di controllare la voce affinché non tremasse.

«Può vederla ma essendo in terapia intensiva senza entrare in stanza ma solamente attraverso il vetro, non appena verrà spostata in una camera di degenza invece può stare quanto vuole». Mormorò tranquillamente prima di alzarsi e fare il gesto di stringerle la mano. «Ormai questo reparto lo conosce come le sue tasche, riesce a trovare la terapia intensiva da sola?».

«Certamente, mi ricordo bene dove si trova, ci sono passata davanti un migliaio di volte...». Si alzò a sua volta. «Grazie di tutto, per ora, dottoressa». Le strinse la mano che le aveva porso.

Haruka sentì la porta aprirsi di scatto e si alzò immediatamente in piedi, guardò attentamente il viso della donna che aveva fatto capolino da quelle quattro mura e capì immediatamente che qualcosa non andava nel verso giusto.

Decise allora di raggiungerla per cercare di darle un po' di conforto, anche se non sapeva di preciso come.

«Michi...». Avrebbe voluto abbracciarla, ma non aveva idea di come l'altra avrebbe reagito a un gesto del genere, sopratutto dopo lo schiaffo che le aveva inferto dopo il bacio. Non voleva litigare con lei proprio in quel momento. «Hai voglia di parlarne?».

«Non ora, per favore non ora..o potrei crollare, voglio solo vederla adesso». Il tono che le uscì era angosciato, ai limiti della disperazione. «Vieni con me?».

Fu spiazzata da quella richiesta, non pensava che avrebbe voluto la sua vicinanza, dopo tutto era quasi un'estranea non si parlavano da anni nonostante il breve periodo che avevano condiviso da ragazzine. «Come vuoi, se gradisci vengo volentieri con te». Le rispose prima di seguirla nel reparto a lei sconosciuto. Percorsero un corridoio pieno di studi che a lei parve infinito, arrivarono a un incrocio con altri, lesse chiaramente le frecce indicanti la degenza e la terapia intensiva. Dato lo stato d'animo dell'altra intuì che la loro destinazione era proprio la seconda, si limitò a seguirla senza dire parola alcuna, preferiva fosse lei a parlarle piuttosto che rischiare di infastidirla con discorsi inutili e scontati. Dopo qualche minuto la vide fermarsi davanti alla porta che divideva proprio dal reparto intensivo.

Essere li, davanti a quella porta, questa volta per entrare la fece sentire male, tutta la forza tirata fuori fino a quel momento andò sfumando improvvisamente. Sarebbe mai riuscita a varcarne la soglia? Sentì due mani sulle sue spalle.

«Andrà bene, forza...vedrai che si riprenderà pian piano, vai da lei ora. Se si sveglia ha bisogno di vedere almeno la sua mamma e non sentirsi sola. Non sai quanto sia brutto per un bambino o un adolescente sentirsi così». La bionda le parlò sottovoce. Avvertì come una leggera fitta dolorosa provenire dalle sue parole. Sembrava come se avesse vissuto una situazione simile anche lei, forse era per questo che se pur presente non era per nulla invadente? Doveva ringraziarla per essersi offerta di accompagnarla li, da sola sarebbe stato tutto estremamente complicato da affrontare.

«Si hai perfettamente ragione, lei ha bisogno di me devo farmi forza ed entrare». Le rispose. «Se vuoi venire anche tu, entra pure. Credo che la presenza di qualcuno possa essere un valido aiuto per me». Era solo il momento di difficoltà a farla parlare così o in realtà c'era ben altro sotto? Scacciò immediatamente dalla testa quei pensieri.

«Come preferisci, se vuoi posso anche aspettare qui ma se ti fa piacere che io venga con te lo faccio molto volentieri». Disse lei di rimando, togliendole le mani dalle spalle. « Forza bellezza che la tua bambina ti sta aspettando». La incoraggiò ulteriormente e, questa volta, la vide muoversi verso la porta e aprirla. Lei si sbrigò a seguirla. In quell'ala dell'edificio c'era il silenzio assoluto, rimbombavano solo i rumori dei numerosi macchinari attivi nelle sale predisposte per i pazienti.

«Scusi, sono la madre di Nari Kou, è stata portata in terapia intensiva oggi stesso dopo una crisi respiratoria causata dal Morbo di Cooley». Rivolse la parola a una delle infermiere che si occupava di quel tranquillo reparto.

«Buona sera signora, la bambina è nell'ultima stanza in fondo al corridoio». Fu la risposta accompagnata da un rapido gesto della mano.

Si affrettò dunque verso la fine del corridoio. Era realmente pronta a vederla intubata?

Dopo qualche minuto raggiunsero la stanza che le era stata indicata, come accennato dalla dottoressa la vetrata non era oscurata. I suoi occhi verdi si posarono sul corpicino provato della bambina, sentì una stretta al cuore a vedere un essere così piccolo intubato e con la maschera d'ossigeno, sembrava però dormire serena. Guardò poi il monitor e constatò che nonostante tutto i parametri erano totalmente nella norma, probabilmente il peggio era stato superato.

Spostò lo sguardo sulla madre della bambina in attesa di qualche reazione da parte sua, reazione che non tardò ad arrivare palesandosi chiaramente con gli occhi pieni di lacrime. Senza pensare e seguendo l'istinto l'afferrò per un braccio e la tirò verso di se per abbracciarla. «Andrà tutto bene, si riprenderà vedrai devi avere fiducia anche tu». Le disse sottovoce.

«E' peggiorata.. non era mai successa una crisi così forte a così breve distanza da una trasfusione... e non c'è cura. Siamo in lista per un trapianto ormai da quasi un anno, se peggiora e non arriva un midollo compatibile lei...». Le si ruppe la voce in gola, non voleva crollare, doveva almeno andare a casa prima. Sentì la stretta delle braccia di Haruka farsi più forte. Apprezzò tanto che rimanesse in silenzio. «Ho paura che questa volta non se ne esce..»

L'allontanò leggermente da lei senza smettere di abbracciarla, quel giusto indispensabile per poterle dare un bacio sulla fronte. « Andrà bene, devi essere forte per lei oltre che per te stessa, tira fuori i coglioni Michiru. Li hai, ne sono certa. So quanto possa essere difficile più di quanto pensi, ecco perché ti dico queste parole, perché è una lotta che devi affrontare tu con tua figlia e suo padre. Nessun altro. E vedrai che tante persone che ti sono state accanto fino a questo momento spariranno come un branco di codardi». Avrebbe voluto aggiungere che lei al contrario ci sarebbe sempre stata ma si trattenne. Non le sembrava il caso in quel momento. Sentì il respiro dell'altra tornare pian piano più regolare e tirò un sospiro di sollievo. Almeno per il momento forse si era calmata. La sentì allontanarsi per rimanere ancora per qualche minuto a guardare Nari, le sembrò un tempo indefinito.

«Portami a casa». La sentì dire poi all'improvviso. Sicuramente l'avrebbe portata via da li, ma non di certo dove avrebbe voluto la violinista, lasciarla sola in un momento come quello non le sembrava appropriato.

«Se tuo marito non è in casa non mi sembra il caso di lasciarti da sola, vieni da me». Esclamò senza tante speranze che lei accettasse. Forse era una mossa azzardata in un momento come quello. «Non ti fare pensieri strani è solo che non voglio che tu stia da sola in questo momento. Puoi anche non parlare fino a domani mattina non importa, ma almeno hai qualcuno se hai bisogno di sfogarti, parlare o solo di una persona che stia con te». Chiarì subito le sue intenzioni, andando contro il suo cuore sicuramente.

«In altri momenti ti avrei risposto no...ma purtroppo devo constatare che tu hai ragione, non ho proprio voglia di tornare a casa..vedere i suoi giochi.. pensare e ripensare...». Acconsentì di buon grado all'offerta. Non aveva nemmeno voglia di chiamare Seiya per aggiornarlo su cosa era successo, avrebbe probabilmente trovato il telefono spento come accadeva sempre quando era impegnato nella preparazione di un concerto con i suoi fratelli. In casi come quello il resto del mondo spariva dai suoi interessi e lei era compresa nel resto del mondo così come Nari.

 

***

 

Dopo quasi un'ora varcò la soglia di quell'appartamento che ormai apparteneva ai suoi ricordi di ragazzina, ritrovarsi di nuovo li a distanza di anni le fece un effetto strano. Quella casa era rimasta esattamente come la ricordava, stile moderno, tutto perfettamente in ordine e al suo posto. I particolari curati nei minimi dettagli. Si bloccò nell'ingresso a osservarla attentamente.

«Qualcosa non va?». Le chiese preoccupata Haruka, vedendola immobile.

«No, è che... questa casa è esattamente come la ricordavo, non è cambiato proprio nulla da quando..». Non terminò la frase, tanto la bionda avrebbe capito ugualmente.

«Si effettivamente è rimasta esattamente come quella sera, poi sono partita e sono tornata in Giappone pochissime volte e per brevi periodi, niente che mi permettesse di cambiare arredamento o apportare modifiche alla distribuzione dei vani. Avevo giusto il tempo di farla imbiancare quando rientravo». Le spiegò sorridendo. «Vuoi qualcosa da bere?».

«Dell'acqua va benissimo». Le rispose continuando a guardarsi intorno, dopo aver appeso la giacca.

«Beh, vieni in cucina, non stare li in piedi..non ti mangio». Anche se vorrei. «Puoi stare tranquilla». Rise, prima di sparire in cucina, la sentì arrivare poco dopo e sedersi su una delle sedie intorno al tavolo.

Michiru osservò anche la cucina, oltre alla sala al di la della porta: era davvero tutto come ricordava. Sentì il rossore sulle guance a ripensare a cosa era successo in quella casa molti anni addietro.

Haruka notò chiaramente l'imbarazzo salito sul viso dell'altra nel guardare chiaramente la sala, e ricordandone il motivo sorrise. A quanto pare allora il loro rapporto passato non la lasciava totalmente indifferente, buono a sapersi, forse aveva ancora qualche speranza di sistemare tutto; avrebbe però dovuto giocarsi bene le sue carte. «Sei diventata rossa, cosa succede?». La punzecchiò.

«Oh.. nulla ...è che guardando la sala non ho potuto non ripensare a quella sera ecco..». Il tono con cui pronunciò la frase era tutto fuorché fermo e deciso. Calò dunque il silenzio, non sapeva bene come mandare avanti la conversazione, troppo imbarazzo nonostante non fosse più una ragazzina.

La verità era che nonostante amasse Seiya, sensazioni come quelle che aveva provato quella sera fuori e dentro le lenzuola non ne aveva mai più provate, per quanto il bruno ci sapesse davvero fare a letto.

«Cosa vuoi mangiare per cena?». Cambiò subito discorso Haruka per non infierire troppo, non subito almeno.

«Non ho troppa fame ad essere sincera, non so nemmeno se ho voglia di mangiare qualcosa». Rispose lei.

«Almeno due tramezzini o dei toast mangiali, non ti fa bene stare a stomaco vuoto..ho le cose per farli, cosa preferisci? Puoi anche mangiarli un po' per volta se vuoi se non hai così tanta fame ma qualcosa manda giù». Provò a convincerla, vederla così abbattuta non le piaceva proprio. «In frigo ho formaggio, insalata, maionese e prosciutto..cosa preferisci?».

«Vanno bene dei tramezzini con tutto, non ti stare a scomodare a cucinare. Non ne vale la pena nemmeno so se mangio». Si appoggiò con i gomiti al tavolo e mise il viso tra le mani pensierosa. «Per quale motivo stai facendo tutto questo per me oggi?».

«Perché come ti ho già accennato so benissimo cosa si prova a passare dei momenti simili e so anche che avere qualcuno accanto che si prende cura di te aiuta molto.. non potevo farti andare a casa da sola e farti rimanere completamente sola tutta la notte». Rispose, sperando che la sua risposta fosse abbastanza sufficiente e non la spingesse a indagare ancor di più nel suo passato.

«Qualcuno che conosci non sta bene di salute? È grave?». Chiese incuriosita dalla risposta che le era stata data, sperando di non essere invadente.

«Non credo che siano cose che ti debbano interessare». La risposta arrivò a brucia pelo, come una lama tagliente. Il tono con cui le aveva risposto le uscì spontaneo ma si pentì quasi subito di come lo aveva detto. Vide chiaramente i suoi occhi cambiare in un espressione che pareva ferita. «Michi..perdonami.. non volevo ho un caratteraccio, mi giro spesso così quando toccano determinati argomenti».

«Non importa capisco... vorrei solo un po' stare tranquilla e riposare un po' adesso». Si! dopo quella risposta quella poca voglia che aveva di chiacchierare si era dissolta è persa come una goccia di pioggia nell'oceano.

«Puoi usare il mio letto se vuoi, se ti da fastidio io dormo sul divano quando è l'ora, non ti preoccupare». Le rispose senza nascondere il dispiacere avvertito nel cambio di comportamento della violinista. «Portati almeno questi tre tramezzini di la e dell'acqua così se ti viene fame hai già tutto».

Michiru annuì solamente, prese il piatto e il bicchiere dopo averlo riempito. Aveva voglia di piangere, ma non voleva che lei la vedesse in uno stato simile. La risposta che le aveva dato, insieme alla giornata pesante era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ricordava fin bene dov'era la camera da letto quindi, senza dire nulla, si diresse verso la stanza.

 

***

 

Le aveva lasciato un'oretta, quasi due, da sola per potersi riprendere. L'aveva chiaramente sentita piangere nonostante lei fosse rimasta in sala davanti alla televisione a basso volume, avrebbe voluto andare da lei e consolarla ma poi aveva pensato che, forse, sarebbe stato meglio di no.

Aveva resistito fino a pochi minuti prima, cercando di imporre a se stessa il non andare ma, alla fine, aveva ceduto e in quel momento era sull'uscio della sua camera a fissarla. Le dava la schiena e non sapeva se aveva avvertito la sua presenza in quella stanza, dal respiro le sembrava sveglia. Non stava dormendo, decise quindi di avvicinarsi. I suoi occhi verdi si posarono sul piatto e sorrise nel vedere che qualcosa aveva mangiato, anche se non tutto. Si sedette sul bordo del letto a lei più vicino.

«Michiru..». Mormorò poggiandole una mano sulla spalla, la sentì tirare su con il naso. «Ehi ..voltati, tirati un attimo su». La vide voltarsi, gli occhi troppo rossi per aver finito di piangere da tempo, stava piangendo ancora, ne era sicura. Decise di aiutarla ad alzarsi prendendola per il braccio e tirandola verso di se, seguì subito dopo un suo abbraccio. «Se vuoi piangere, piangi, ma fallo tra le mie braccia..non affrontare tutto da sola».

«Fa male Haruka, fa troppo male..è la mia bambina.. senza di lei io..». Le si ruppero le parole in gola. Non voleva nemmeno pensarci a cosa sarebbe successo senza di lei.

«Devi pensare positivo, te l'ho già detto dovete lottare con lei e insieme a lei». La allontanò leggermente da se stessa per guardarla negli occhi, fu accolta da un blu profondo e disperato. Si sentì quasi annegare in quello sguardo così devastato. «E se vorrai, Michi, io sarò accanto a te». Sentì forte l'istinto di baciarla, forse era il momento adatto per farle sentire tutto l'amore che aveva per lei in un momento così delicato. Le mosse leggermente il viso verso l'alto con la mano e trovò le labbra di lei a pochi centimetri dalle sue, non interruppe il contatto visivo nell'avvicinarsi prima di passarle la mano dietro la nuca e trovarla nel bacio.

La sentì irrigidirsi inizialmente per la seconda volta, ma poi la sentì ammorbidirsi lasciandole maggior spazio per approfondire il contatto. «Michi io...». Le parole le morirono in gola.

«No.. non dire nulla.. non rovinare tutto». La interruppe la violinista, aveva percepito chiaramente quello che aveva voluto dirle con quel bacio, senza parole. Aveva sentito facilmente i sentimenti che l'altra covava ancora nei suoi confronti. Gli occhi lucidi questa volta non per il pianto. Si spostò nuovamente verso Haruka col viso per baciarla una seconda volta, questa volta in modo più audace. Il respiro che accelerò di colpo e le sue mani intorno al viso di lei, rimasero così per un tempo indefinito, poi sentì Haruka spostarsi leggermente più lontano prima di spingerla giù e mettersi sopra di lei, le gambe tra quelle della violinista e i gomiti ai lati della sua testa .

«Sei sicura che vuoi questo? Non è necessario se non vuoi». Le disse la motociclista, fissandola negli occhi. Sperava tanto che lei rispondesse si e non stroncasse un momento del genere, la osservò intensamente negli occhi in attesa della risposta che non tardò arrivare in un secondo bacio da parte dell'altra. Era un si, che si fosse finalmente resa conto dei sentimenti ancora latenti per lei? O era solamente la corrente di emozioni di quel pomeriggio? Scacciò i dubbi su quell'inaspettato comportamento dalla testa e chiese accesso con la lingua alla sua bocca, le sue mani che andavano a bloccare sul materasso quelle delle violinista. Le morse il labbro inferiore prima di abbassarsi a occuparsi del collo. Il respiro dell'altra si interruppe al primo bacio ricevuto sulla pelle per poi continuare in un sospiro.

Le lasciò una scia umida fino arrivare alla spalla, mordendola appena. Le unì le mani sopra la testa per avere la mano destra libera e la sposto lungo i fianchi di lei rallentando in prossimità del bordo inferiore della maglia per passare sotto a contatto della sua pelle e risalire lungo il busto fino a raggiungere uno dei seni.

Un mugolio di approvazione si alzò dalle labbra di Michiru.

«Uhm.. qualcosa mi dice che qualcuno sta perdendo la sua lucidità». Mormorò con voce bassa al suo orecchio, senza reprimere un sorriso soddisfatto.

«Come posso..non perderla..». Fu la risposta che le arrivò all'orecchio. In risposta le strinse un seno nella mano, un leggero morso al lobo dell'orecchio.

Si alzò leggermente, lasciandole andare le mani momentaneamente per sfilarle la maglia che indossava quel giorno, le passò la mano sinistra sui reni per aiutarla ad alzarsi quel poco necessario stringendola a se. Sotto i suoi occhi la pelle candida improvvisamente esposta.

«Direi che anche questo, può andare via». Le mormorò a contatto con la pelle del petto, prima di passare dietro con le mani a sganciare il reggiseno per sfilarglielo. I seni liberi esplosero sotto i suoi occhi in richiesta di attenzioni che non tardò a dare loro. Scese lasciando una scia umida con la lingua fino a raggiungerle il capezzolo sinistro e prenderlo delicatamente tra le labbra per succhiarlo.

Michiru inarcò in risposta la schiena per avvicinarsi ancora di più a lei, pervarsa da veri e propri brividi. Chiuse gli occhi per concentrarsi esclusivamente sulle sensazioni che l'altra le stava donando a contatto con la sua pelle bollente nei punti dove era stimolata in quel momento.

Dopo qualche minuto la sentì salire nuovamente a conquistarle la bocca, sentì il cuore saltarle un battito. Una delle mani dell'altra che scendevano verso i jeans con un ricamo a fiori che indossava quel giorno, avvicinandosi pericolosamente al loro bordo per fermarsi dopo averlo alzato in parte.

«Quanto mi vuoi?». Si sentì chiedere sottovoce poco lontano dalla sua bocca, aprì gli occhi trovandosi riflessa in quelli verdi dell'altra, un piacevole tormento al basso ventre.

«Sono pronta... per te». Rispose in un sospiro, dopo qualche istante di attesa che scambiò quasi per esitazione da parte di Haruka sentì la mano passare sotto i pantaloni e subito dopo sotto l'intimo per raggiungere la sua intimità.

La sentì liquida sotto le sue dita, si aiutò con la mano libera per sganciarle i jeans e sfilarglieli prima di tornare sopra di lei e concentrarsi sul ritmo del suo respiro più accelerato di quando ancora non la stava toccando. Il gomito della mano libera appoggiato vicino al suo viso leggermente piegato a circondarlo dolcemente. Si abbassò nuovamente su di lei per raggiungerne uno dei seni mosso dai suoi spasmodici respiri. Accelerò leggermente il ritmo della mano che aveva impegnata e la sentì perdersi sotto di lei.

«E se ti volessi mangiare?». Disse qualche minuto dopo. Alzando lo sguardo verso i suoi occhi occhi.

«Mangiami». Le rispose in un gemito, le dita non le bastavano davvero, voleva altro. Voleva sentirla di più. Sentì chiaro Haruka fremere a quella risposta mentre scendeva verso le sue gambe, arrivata alla meta sentì nitido un morso non troppo delicato sulla gamba. Seguito dal calore del respiro della bionda su uno dei suoi punti più sensibili.

L'ultimo barlume di lucidità, semmai ancora fosse presente, sparì completamente.

Il ritmo dell'altra che si allineò con il suo respiro in un movimento simbiotico, l'oceano che aveva dentro agitato da colei che per lei era stata sempre un vento libero; fin dal primo incontro. Haruka aveva lo stesso odore del vento.

Sentì il respiro di Michiru aumentare vorticosamente sotto la sua bocca, la sentiva chiaramente al limite della sopportazione del trattamento che le stava riservando. Le pareva che lei fosse come un'onda di maremoto devastante in arrivo, i movimenti istintivi che stava compiendo sembravano onde sempre più agitate. La vide fermarsi di colpo in quella che percepì come tensione in attesa dell'abbandono vero e proprio imminente. Si stacco dalla sua intimità lasciando solo la mano per tornare a livello del suo viso.

«Guardami». Le disse, costringendola ad aprire gli occhi, il cuore che perse un battito a vederli così profondi e pieni di quella che non poteva definire che Lussuria. Il viso arrossato, gli occhi lucidi. «Vieni per me Michi». Aumentò improvvisamente il ritmo della mano.

Gli occhi verdi puntati nei suoi, insieme all'ultima frase e all'aumento del ritmo improvviso della mano fecero crollare la sua diga completamente, sentì un esplosione di brividi propagarsi dentro il suo corpo e intorno alle dita dell'altra.

Le labbra di Haruka a tapparle la bocca senza darle modo di esternare la forte sensazione che l'aveva pervasa, quasi prosciugata. L'onda alla fine era arrivata: improvvisa, pericolosa e devastante.

Seguirono svariati minuti di silenzio in cui rimasero completamente abbandonate in attesa che il suo respiro tornasse regolare.

«Come è stato?». Si sentì chiedere nello stesso istante che la sentì uscire da se stessa.

«Devastante... devastante è la parola giusta». Era l'unico pensiero che era in grado elaborare in quel momento. Non sarebbe riuscita a dirle altro. La vide sorridere prima di spostarsi da sopra a vicino a lei.

«Sono contenta ti sia piaciuto.. ne avevi bisogno». Le rispose accarezzandole delicatamente il viso, senza abbandonare gli occhi blu dell'altra. Ora tornati di nuovo dolci come sempre. Non le arrivò risposta, la vide solo spostarsi un po' più verso di lei, e si stese senza rimanere alzata con la testa. Michiru le poggiò la testa sulla spalla, le venne istintivo abbracciarla.

«E ora?». La sentì chiedere senza quasi emozioni, probabilmente ne aveva vissute talmente tante in poche ore da esserne prosciugata.

«Cosa intendi?». Sapeva benissimo qual'era il punto del discorso, ma non voleva rischiare di capire male la domanda della violinista.

«E ora come facciamo, dopo stasera.. ». Fu più precisa.

«Michi è successo perché entrambe lo volevamo. Lo so che hai un'altra persona nella tua vita, non cambierà nulla nel nostro rapporto. Leggiti prima le cose che voglio farti leggere e poi decidi e accetterò qualsiasi sia la tua decisione senza fare obiezioni. Non rovinare questo momento.. non ci pensare adesso...». Cercò di rincuorarla.

«E' stato un fare l'amore per te? O una semplice scopata Haruka?». Chiese nuovamente, una domanda che la spiazzò e non poco. Cosa poteva dirle? Mentire a lei e a se stessa o essere sincera con entrambe?

«Se vuoi sapere la verità per me è stato un fare l'amore, io provo ancora qualcosa nei tuoi confronti, in questi anni non ho trovato nessuna da farmi innamorare come hai fatto tu anni e anni fa. Ma se devo mentire a te Michiru e se devo mentire anche a me stessa ti rispondo solo una scopata. Vedi tu quale risposta ti può andare meglio». Optò per la sincerità. «Per te cosa è stato invece?». Rivoltò l'attenzione sulla musicista.

«Non lo so Ruka cosa è stato per me... ho talmente tante emozioni contrastanti dentro di me in questo momento..che non ti so dire. Ma è stato meraviglioso, non andava così da anni e anni». La sentì rispondere.

«Credo sia normale la tempesta di emozioni che senti, pensaci ma prima leggi quel fascicolo di cui ti parlo. Magari se hai voglia di farlo mentre sei qui per non leggerlo da sola. Ne conosco i contenuti a memoria perché li ho letti e riletti e magari accetti meglio le cose». La strinse più forte, avrebbe voluto non lasciarla mai andare. «Quando torna Seiya?».

«Lunedì pomeriggio è di nuovo in citta, sabato e domenica sera hanno due concerti consecutivi». Le spiegò.

«Ti va di stare qui da me finché non torna lui? Così non sta da sola e se hai bisogno di qualcosa per te e Nari ci penso io». Le propose stampandole un bacio sulla testa.

Michiru Pensò qualche secondo all'implicazione di quella domanda, non aveva tuttavia voglia di rimanere da sola una volta tornata dall'ospedale e dalle visite della figlia. «Si, rimanere qui qualche giorno mi farebbe molto piacere». Non aveva mai tradito suo marito, cosa le prendeva?

   
 
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