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Autore: Himenoshirotsuki    27/06/2017    5 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

9

Il Coraggio di combattere

"Il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali è una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni."
Italo Calvino

Zahra fece un passo verso di loro. I due ragazzi la seguirono a distanza con le braccia distese lungo i fianchi e le labbra scoperte sui denti gialli, scheggiati, simili a zanne.
- Bene bene... cosa ci fa qui la banda di Dariush? -
Altea indietreggiò, sospingendo Nemeria e Kimiya dietro di sé.
- Non vogliamo guai, Zahra. -
- Davvero? Allora perché siete venuti nella nostra zona di caccia? Devo forse interpretarlo come un atto di sfida? - sogghignò e canini affilati biancheggiarono tra le labbra sottili.
I ragazzi alle sue spalle scoppiarono a ridere, una risata sguaiata come il latrato di un cane. Altea arretrò ulteriormente, il braccio alto, frapposto tra le sue amiche e loro.
- Merogen... - mormorò implorante.
- Non esistono sorelle o fratelli in strada, merne. Gli Alatfal'yl non condividono il sangue con nessuno. - replicò freddamente Zahra.
Ancheggiò con una grazia selvatica, i capelli neri che le accarezzavano le lunghe orecchie a punta e gli occhi gialli accesi da una luce quasi ferale. La pelle era così scura da assorbire la luce, la intrappolava nelle vene rosse delle braccia e nel viso affilato.
- Oggi mi sento misericordiosa, però. Ditemi cosa sapete del carico di spezie di Harmad e forse potrei decidere di lasciarvi andare senza torcervi un capello. - offrì con un sorriso affabile, falso.
Nemeria gelò sul posto: non sapevano niente, non si erano premurate di raccogliere informazioni, cosa avrebbero potuto dirle?
- Non ne sappiamo nulla, davvero. Non eravamo nemmeno a conoscenza che Harmad fosse partito. - mentì Altea.
- E tu pensi che io ti creda? Abbiamo visto la vostra cagna, Tian, nel Quartiere del Legno, mentre parlava con Pavona. A proposito, oggi non è con voi? Che disdetta, ho un dente rotto da restituirle. - si tirò su l'angolo della bocca e il sole delineò il buco di un molare mancante, - Quella troia è l'unica del vostro insulso gruppetto che trovo interessante. È un vero peccato che si ostini a rimanere con voi. -
- Già, è davvero uno spreco. Con una come lei potremmo persino rivaleggiare con i Falchi. - aggiunse uno dei ragazzi, quello col collo taurino e gli occhi porcini.
- Omeed, Zahra, ci state mettendo troppo. -
A parlare era stato il terzo membro, uno Sha'ir con la punta dell'orecchio sinistro tagliato e una cicatrice che gli attraversava tutto il viso, dalla mandibola fino alla fronte. Le scrutava col suo unico occhio, calcolando cosa ne avrebbe fatto di loro con uno sguardo freddo e cinico che si sposava a meraviglia col sorriso sghembo. Non era Zahra il capo dei Cani. Era lui.
Zahra alzò gli occhi al cielo: - Posso sempre provare a cavargli fuori le informazioni a suon di pugni. -
La pelle si spaccò seguendo le vene rosse, scoprendo uno strato di pietra nera lucida, un aggregato di rocce scure unite a formare un guanto che si espandeva, fagocitando e sostituendo la carne viva. Nemeria non ci mise molto a capire cosa fosse.
“Una Dominatrice della Terra.”
Deglutì e osservò rapita gli occhi dell'Alatfal'yl . I capillari premevano contro la cornea, rosseggiando nell'iride gialla, una rete sottile che si allargava e si ritraeva come se avesse vita propria. In un'altra circostanza avrebbe creduto che Zahra stesse per perdere il senno, che fosse come Dariush, ma il suo sguardo non era offuscato. Zahra era presente a se stessa e la crudeltà che le leggeva in fondo agli occhi non era frutto della follia. Era sua, le apparteneva.
- Zahra, stai buona, così metterai loro paura. Guarda come già trema la ragazza, tra poco se la fa addosso. - sghignazzò Omeed, affiancandola, - Bambine, siete proprio sicure di non sapere nulla? Non vogliamo farvi del male, ma se continuate a tenere la bocca chiusa... -
- Se ci attaccherete, arriveranno le guardie e vi cattureranno. - li ammonì Altea, sforzandosi di mantenere la voce salda, ma ogni muscolo del suo corpo era all'erta, pareva pregarla di rilasciare le tensione e correre via, e di questo se n'erano accorti tutti, i Cani, Kimiya e Nemeria.
Il loro Capo represse una risatina.
- Oh, sul serio? Immagino andrete a chiamarle voi. Sperate davvero di poterci scappare, topoline? Magari infilando la strada principale, oppure la traversa dell'altra della Via degli Alicanti.-
Nemeria sgranò gli occhi basita.
- Non fate quelle facce, non siamo degli sprovveduti. Il Quartiere della Pergamena è la nostra seconda casa. - spiegò e avanzò di nuovo, portandosi proprio alle spalle di Zahra, - Non ci hanno mai presi, Sha'ir, e stavolta non sarà diverso, perché noi conosciamo Kalasprit meglio di chiunque altro. Siamo i suoi mastini e diamo la caccia a chiunque osi invadere il nostro territorio di caccia. -
- Ti abbiamo detto che... -
- Ho sentito quello che avete detto e so che mentite. Voi ci credete che non sanno nulla? -
- Sono topi, anzi ratti, sanno sempre tutto di tutti. - sputò Zahra, scrocchiandosi il collo.
- Squit, squit, squit! - le sbeffeggiò Omeed.
Lo Sha'ir si umettò le labbra, l'espressione di un cobra che guarda la sua preda agonizzare per il veleno.
- Cominciamo a essere un po' troppi in questa città e io odio le infestazioni di topi. È l'ora di fare un po' di pulizia. Rendiamola più divertente, che ne dite? Una di voi tre è libera di tornare alla vostra base per avvisare i vostri compagni che siete in pericolo, e come prezzo per il riscatto vogliamo le informazioni sul carico di spezie di Harmad. -
- Tu... tu sei pazzo. - esalò Altea, pallida come uno spettro.
- No, sono solo meno noioso della maggior parte delle persone comuni. Muovetevi, non avete tutta la notte. -
Nemeria rimase a fissarli senza sapere cosa pensare. Tutto quello che stava accadendo non aveva senso, non potevano stare dicendo sul serio. Si aggrappò a quella sicurezza e vi rimase avvinghiata finché non incontrò lo sguardo di Altea e notò la sua rassegnazione. Kimiya tremava al suo fianco, la stringeva così forte da strapparle il respiro.
- Non possiamo... -
- È un gioco a cui non possiamo sottrarci. - la interruppe Altea.
Inspirò profondamente, poi fece dei rapidi cenni a Kimiya per spiegarle la situazione. La testa di Nemeria girava, il suo cervello aveva smesso di ragionare, vorticava su se stesso come se fosse stata su una giostra. Più provava a usare la logica, più tentava di liberarsi dalle spire della paura, più queste la stringevano, la intrappolavano serrandole la gola in un groppo gelido. Si accorse che Altea le stava parlando solo quando le mise una mano sulla spalla. Kimiya era al suo fianco, le stritolava il braccio, tremando, il sudore che le imperlava la fronte e le inumidiva i vestiti.
- Io e Kimiya rimaniamo qui, tu corri più veloce che puoi fino alla tana e avverti gli altri. Dariush saprà aiutarci, ne sono sicura. -
Abbozzò un sorriso e tentò di accarezzarle la guancia, ma Nemeria si ritrasse bruscamente, scuotendo la testa.
- No, non esiste, tu e Kimiya non rimarrete con loro. -
- Nemeria, ti prego... -
- Non sai cosa vi faranno! È una mossa stupida! -
- Venire qui è stato stupido e adesso ne paghiamo le conseguenze. Non è la prima volta che metto nei guai i membri della famiglia, è giusto che mi prenda le responsabilità della mia avventatezza. - si morse l'interno della guancia e le porse le pergamene e i pastelli colorati, - Queste dalle a Hirad, è importante che le riceva perché torni a essere quello di una volta. -
A Nemeria non piacque il tono di quella conversazione. Sapeva di addio, le ricordava le ultime parole che aveva scambiato con Etheram. Eppure non riuscì a fare altro che scuotere la testa, evitando lo sguardo supplice di Altea e Kimiya. Dentro di sé sapeva di poter fare la differenza, che era suo dovere, ma la paura la paralizzava, era la regina incontrastata della sua mente, la padrona del suo corpo.
“Sei una codarda.”
- Tic, tac, topoline, tic, tac. Il tempo scarseggia, avete ancora qualche minuto. - ricordò con un ghigno il capo dei Cani.
Altea le mise in mano la loro refurtiva e le diede un bacio sulla fronte, passando un braccio attorno alle spalle di Kimiya.
- Ce la caveremo, te lo prometto. - sussurrò incoraggiante, occhi negli occhi, le labbra arcuate in un sorriso, - Non devi avere paura, Scoiattolo. La famiglia non ci abbandonerà, Dariush verrà a salvarci. -
Nemeria avrebbe tanto voluto crederle, tornare alla tana, chiamare i rinforzi e salvarle, come nelle storie che le raccontava Hediye. Sarebbe stato un finale perfetto: la giustizia avrebbe trionfato, i cattivi sarebbero corsi a nascondersi nell'oscurità e loro, tutti loro, avrebbero trovato una fata in fondo alla grotta che avrebbe restituito ciò che avevano perso. Ma quella non era una favola. Per loro non c'era nessun lieto fine, l'istinto glielo suggeriva e da tempo aveva imparato ad ascoltarlo.
Omeed e Zahra si allontanarono dal muro e si avvicinarono fino a che le loro ombre non si sovrapposero a quelle di Kimiya e Altea.
- Allora, qual è la vostra scelta? - le interrogò l'Alatfal'yl.
La Sha'ir scambiò un'ultima occhiata con Kimiya, intrecciò le dita con le sue e trasse un profondo respiro, indicando poi se stessa e la ragazza muta. Nemeria avvertì le lacrime incastrarsi tra le ciglia.
“Non è giusto. Perché ho sempre paura? Perché non riesco a far nulla?”
Il capo si sfregò le mani e fischiò tre volte: i primi due fischi furono lunghi, l'ultimo breve. Dalle strade laterali uscirono altri sette ragazzi. Senza rinfoderare i pugnali, scivolarono silenziosi come gatti verso il loro capo con passi felpati. Con la luce del sole calante alle loro spalle, sembravano ammantati dell'oscurità stessa. Nemeria li fissò pietrificata mentre le sfilavano di fianco senza degnarla di uno sguardo, totalmente incuranti della sua presenza.
“Ho fallito... non ho salvato nessuno nemmeno questa volta.”
- Ispezionatele, assicuratevi che non abbiano armi. Se oppongono resistenza, non esitate a usare le maniere forti. - ordinò il capo.
Altea gesticolò in direzione di Kimiya e anche lei allargò braccia e gambe, lasciando che una ragazza con i capelli ricci e il naso schiacciato la perquisisse. Nessuna delle due osò fiatare, nemmeno quando Omeed, con la scusa di voler ricontrollare, si soffermò più del necessario sulle sue forme spigolose e quasi inesistenti.
- Bene, direi che non corriamo alcun rischio. Su, forza, andiamo. Voi due in mezzo, sia mai che vi venga qualche strana idea. -
Diedero le spalle a Nemeria e tra gli sghignazzi e le battutine cominciarono ad allontanarsi. Man mano che la distanza tra lei e loro aumentava, il vuoto che Nemeria aveva nel petto diventava sempre più insostenibile, una marea che le invadeva i polmoni, si appropriava del suo ossigeno, si infilava nelle crepe del suo animo e le allargava. Non aveva nemmeno la forza di piangere, sentiva semplicemente di stare andando in pezzi.
- Aspettate. -
Un pigolio scivolò dalle sue labbra, così flebile da essere disperso dalla brezza della sera. Corse verso di loro, le pergamene e i pastelli stretti al petto e il respiro che le raschiava la gola.
- Fermi! -
La ragazza che aveva perquisito Altea si girò di scatto, puntandole il coltellaccio alla gola. Aveva un bel viso, un ovale perfettamente incorniciato dai riccioli ribelli.
- Lasciatele andare. Io... verrò io al loro posto. -
- Nemeria, no! -
Altea tentò di avvicinarsi, ma Zahra le artigliò il braccio, trattenendola senza sforzo. Bastò una sua occhiata per ridurla al silenzio. La voce della ragazza era fredda e dura come il ferro quando parlò.
- Ha chiesto due ostaggi, non uno. A meno che tu non valga molto di più dei nostri due ostaggi, tra cui annoveriamo la donna del vostro capo, dubito che si possa effettuare uno scambio. -
Nemeria si affannò a trovare una soluzione. Cosa poteva offrire? Puntò lo sguardo sui suoi piedi, domandandosi cosa l'avesse spinta a compiere un gesto tanto stupido.
Non esitare.
All'improvviso le parve di sentire il calore dell'elementale attorno al corpo, il suo petto che aderiva alla schiena mentre l'abbracciava.
Sii il fuoco, Nemeria.
Le sue parole accesero un incendio nel suo sterno e riesumarono la brace che la paura aveva seppellito sotto il suo manto di cenere. E mentre l'elementale le ripeteva quell'incoraggiamento all'orecchio, Nemeria rialzò la testa.
- Valgo molto più di loro due. -
Era incerta, c'era una parte di lei che non era ancora convinta di quello che stava facendo, ma non le permise di fermarla. Aprì le dita e la refurtiva cadde a terra. Lasciò che le fiamme fluissero libere nel suo sangue, le mani tese innanzi a sé, ed esse si materializzarono in una fiammella sui palmi.
Calò il silenzio. Tutta l'attenzione dei presenti ora era su di lei, i loro sguardi che saettavano a destra e a sinistra, per poi tornare a posarsi su quel fuocherello che crepitava a meno di un pollice dalla sua pelle senza aggredirla o bruciarla. Persino Zahra la fissava attonita.
- Una Dominatrice del fuoco. - il capo sbucò da dietro Omeed e le scoccò un'occhiata interessata, - Raro, davvero molto raro. Solo i Falchi ne contano uno tra le loro fila. -
- Deve essere uno scherzo, l'unico Dominatore della loro banda è Dariush. - sibilò l'Alatfal'yl.
La ragazza che le aveva puntato contro il coltellaccio la squadrò da capo a piedi e prese a girarle attorno, annusando l'aria. Nemeria la seguì con la coda dell'occhio, rigida come un tronco.
- No, non mi sembra ci sia nessun trucco. Domina davvero il fuoco, Abayomi, guardala bene. -
Il capo si avvicinò così tanto che Nemeria poté percepire il suo alito umido sulla pelle. Sapeva di pesce andato a male e aglio.
- Siamo davvero fortunati, Ana. Non ho nemmeno mai visto un Dominatore con degli occhi così. - bisbigliò eccitato, quindi scrutò dapprima i suoi sottoposti e poi si rivolse ad Altea e Kimiya, - Quante cose che ci hanno nascosto queste topoline... -
- Loro non sapevano nulla, gliel'ho tenuto segreto. - ribatté in fretta Nemeria.
- E come mai? Dovrebbero averti spiegato quanto sia importante per quelli come noi avere un Dominatore nella banda. -
La fiammella diminuì d'intensità, non sovrastava nemmeno le sue dita. La pietra di luna si scaldò appena.
- Avevo... avevo paura che se lo avessero scoperto, mi avrebbero mandata nell'arena. - confessò e guardò oltre le spalle di Abayomi, scontrandosi con l'espressione ferita e delusa di Altea.
Nemeria percepì una fitta acuta al petto, come una pugnalata. Osservò l'amica scuotere debolmente la testa e fu come se una voragine si aprisse sotto i suoi piedi per inghiottirla.
- Bah, non è importante. - fece un cenno del capo a Zahra, - Lasciale andare e prendi lei. -
L'Alatfal'yl le spinse via e si fece largo verso di lei. Il potere dell'elementale le aveva scorticato la pelle fin sotto la mandibola e ora essa era costituita da un assembramento di pietre scure lucidissime. Quando le afferrò il braccio, glielo strinse così forte che la fiamma nelle sue mani si spense. La temperatura della pietra di luna salì assieme alla sua voglia di bruciarle la faccia.
- Un passo falso e Zahra ti spacca la testa, piccola dominatrice. - le soffiò Abayomi all'orecchio, poi, rapido come una serpe, sfoderò un coltello da sotto la tunica e afferrò Kimiya, - Anzi, credo che prima si occuperà della tua amica e poi di te. -
- Non era nei patti questo. - ringhiò Nemeria.
- Le clausole possono cambiare molto rapidamente. Bene, Altea, allora sarai tu il nostro messaggero. I termini per riavere le vostre amiche sono gli stessi e il tempo non è variato. Ti conviene correre, la strada da qui al tuo Quartiere è lunga. -
Altea annuì, raccolse pergamene e pastelli e fece per andarsene, ma esitò. Sebbene le desse le spalle e ci fossero almeno tre persone in mezzo, Nemeria poté sentire il suo sguardo trafiggerle la schiena, il peso della sua delusione che gettava acqua sulla sua rabbia, sul suo coraggio. Quando trovò la forza di girarsi, la Sha'ir era già sparita.
 

*

 
Camminarono a lungo, Nemeria non seppe capire con certezza per quanto. Quando arrivarono alla base dei Cani il sole era tramontato da un pezzo.
Si erano appropriati di un palazzo fatiscente alla periferia della città, con la facciata ricoperta di crepe e rampicanti bruciati dal sole che ne avevano fatto la loro dimora. La maggior parte delle finestre erano rotte e le ante cigolavano al vento, sarebbe bastato una folata un po' più forte per farle precipitare al suolo. Della porta non era rimasto altro che una rientranza nella parete con diverse assi di legno accatastate le une sulle altre.
A Nemeria venne spontaneo domandarsi come sarebbero entrati, quando deviarono il percorso e si infilarono in una stradina secondaria così stretta che dovettero procedere in fila indiana, con le spalle che strusciavano contro la pietra del palazzo vicino. Passarono attraverso un buco tra due assi e sbucarono in un giardino invaso dalla sterpaglia, con un pozzo dimenticato in un angolo e una costruzione di legno traballante dieci passi più in là.
Zahra la strattonò verso una porticina incassata e Nemeria non oppose resistenza, sebbene sentisse le mani in fiamme.
L'interno era quasi più vuoto della loro tana. Era una sola grande stanza, con un paio di scaffalature che fuoriuscivano direttamente dai muri di pietra, alcune lampade ad olio sparse qua e là anche sul pavimento e i materassi ammassati contro le pareti. Nemeria ne contò una quindicina, tutti con ciuffi di fieno e lana che spuntavano da diversi buchi. Vide una ragazza e un qazam che stavano apparecchiando la tavola, un'asse di legno che si reggeva su quattro gambe abborracciate, mentre uno Jarkut'id li fissava dal fondo della stanza appoggiato al muro, alla sinistra di una porta chiusa. Aveva i capelli bianchi raccolti in una coda laterale e le orecchie si allungavano verso l'alto, con la punta che sporgeva di mezzo pollice sopra la testa. Vedendo l'espressione stupita di Nemeria, alzò un sopracciglio e la seguì con lo sguardo finché sia lei che Kimiya non furono davanti a lui.
- Chi sono? -
Aveva una voce bassa, baritonale, molto più adulta di quanto Nemeria si aspettasse.
- Le nostre nuove ospiti. Abayomi vuole che le teniamo in cantina. Ti dirò i dettagli più tardi, adesso andiamo di sotto. - rispose Zahra.
Lo Jarkut'id annuì, sfilò il mazzo di chiavi che portava alla cintola e aprì la porta. Una scala a malapena illuminata si inoltrava nell'oscurità. C'era umidità nell'aria e un folto pelame di muschio si era insediato negli angoli del soffitto e tra uno scalino e l'altro. Un ragno stava smembrando uno scarafaggio, uno dei tanti che zampettavano in giro.
Nemeria trasse un profondo respiro e mentre scendevano cercò di ignorarli e non prestare attenzione al rumore che facevano sotto la suola dei suoi sandali quando li pestava. Kimiya sembrava ancora più terrorizzata di lei, era così rigida che il ragazzo che la scortava dovette più di una volta costringerla con la forza a proseguire. Quando giunsero nella cantina, uno spazio poco più piccolo del piano superiore con una finestra sbarrata, si aggrappò al suo braccio per non farsi incatenare al muro. Ci volle l'intervento dello Jarkut'id per tenerla abbastanza ferma da stringerle il collare alla gola.
- Allora, vi spiego le regole. - Zahra si accucciò davanti a entrambe, le braccia poggiate sulle ginocchia, - Non lamentatevi, non urlate, non tentate di scappare. Nessuno potrà sentirvi e noi riusciremmo a ritrovarvi ancor prima che riusciate ad abbandonare il Quartiere. A breve vi sarà servita la cena e l'acqua. Fatevela bastare fino a domani mattina, non abbiamo intenzione di spenderne più del necessario per due prigioniere che forse moriranno. E tu... - diresse il suo sguardo su Nemeria, - prova anche solo uno dei tuoi scherzetti col fuoco e la tua amica sarà la prima a pagarne le conseguenze. -
Nemeria tacque. Aveva i sudori freddi e i palmi delle mani umidicci, ma si impose di non distogliere lo sguardo. Non voleva mostrarsi debole, non poteva permetterselo, non in quel momento, in cui era in gioco sia la sua vita che quella di Kimiya.
Zahra ghignò. La pelle si era richiusa, senza lasciare alcun segno se non le vene rosse che brillavano appena nella semioscurità.
- Rimarrò io a fare la guardia. - intervenne lo Jarkut'id.
- Eh? Perché? Pensi che non sarei capace di contenere le fiamme di questa bimbetta qui? - Zahra si alzò e abbracciò con lo sguardo la stanza, - Il'ya, questo è il mio regno, c'è pietra e terra ovunque, non avrebbe speranze contro di me. -
- Mi sembra che tu l'abbia presa in antipatia e l'ultima volta che è successo qualcuno si è guadagnato una mandibola rotta e l'osso del collo spezzato. Non so perché tu e il capo l'abbiate portate qui, ma immagino che debbano rimanere vive. Ognuno ha il suo ruolo. Io sorveglio i prigionieri, tu la vita di Abayomi. -
Zahra schioccò la lingua, irritata: - Va bene, va bene. Sei tu il padrone della cantina. -
Il'ya fece spallucce, senza raccogliere le provocazione.
- Faraz, vai a prendere l'acqua e porta la cena di sotto. Riferisci al capo che ci sono io a tenere d'occhio le prigioniere. - ordinò l'uomo.
Il ragazzo che aveva scortato Kimiya, rimasto in disparte fino a quel momento, annuì e scattò subito su per le scale. Zahra rimase ancora un momento a fissare Il'ya. Alla fine, arresa, fece la curva larga per passargli abbastanza vicino. Nemeria la vide sussurrargli qualcosa all'orecchio, un sorriso raccapricciante sulle labbra che le fece accapponare la pelle. Non riuscì a non abbandonarsi a un sospiro di sollievo quando udì il suono della porta che si chiudeva ed ebbe l'impressione che anche Il'ya si sentisse più tranquillo. Kimiya invece si era raggomitolata contro la parete, le ginocchia strette al petto. Sussultava a ogni ombra, a ogni insetto che le passava davanti. Aveva gli occhi spalancati, come spiritati, e si ritrasse non appena Nemeria la sfiorò, schiaffeggiandole via la mano.
- So che sei arrabbiata perché ti ho nascosto che ero una Dominatrice, ma ti prego, non fare così... -
Nemeria tentò nuovamente di toccarla, ma la sua amica le spinse via, si schiacciò contro la parete e la inchiodò col suo sguardo accusatore. Anche se non poteva parlare, i suoi occhi bastavano a dar voce a tutto il suo odio e disprezzo.
- Non ti vede. -
Il'ya fece tre passi verso di loro, abbastanza perché la luce obliqua della luna lo investisse. Aveva le sopracciglia così lunghe da sembrare delle piccole code bianche, mentre gli occhi erano cangianti, bastava che inclinasse la testa perché prevalesse il rosso sul giallo o l'azzurro sul verde.
- Non è cieca. Ci vede benissimo. -
- Non intendevo nel senso letterale del termine. Quello che i suoi occhi stanno guardando non è la stessa realtà che stai guardando tu. -
Kimiya si dondolava avanti e indietro con la fronte appoggiata alle ginocchia. Sembrava ancora più esile, ancora più fragile, una bambina spaventata dai mostri nel buio. Se soltanto le avesse permesso di abbracciarla, forse...
- Non avresti potuto fare granché. È questo posto, questo buio a farle questo effetto. -
- Ne parli come se la conoscessi. -
- Ho superato i centodieci anni da un po', ho visto molte cose. -
“Per la Madre, più di un secolo di vita!”
Nemeria gli scoccò un'occhiata incredula, senza parole. Le donne della tribù, quelle che diventavano Jinian, erano longeve – l'Alta Sacerdotessa si pensava avesse quasi un millennio sulle spalle –, ma non pensava che esistessero mortali che potessero arrivare oltre quattro o cinque decadi. Forse gli Sha'ir, ma Altea sembrava tutto fuorché vecchia.
Il'ya abbozzò un sorriso e i suoi occhi senza iride virarono verso un azzurro chiaro.
- Non tutti i miei fratelli sono come me. Sono ben pochi quelli che hanno preservato questo dono. Piuttosto, per essere una semplice umana, tu sei alquanto particolare. -
- Non sei il primo a dirmelo. -
Lo Jarkut'id girò la testa in direzione della porta e subito tornò ad appoggiarsi alla parete. Un attimo più tardi, uno spostamento d'aria seguito da passi cadenzati annunciò l'arrivo di Faraz. Portava un'anfora d'argilla tra le braccia e, impilati sul collo tozzo, un piatto con un pezzo di pane nero, una fetta di formaggio e due borek striminziti.
- E la mia cena? - chiese Il'ya.
- Non l'ho portata, pensavo mangiassi su con noi. -
- E chi le sorveglierà? -
Faraz scosse la testa: - Non lo so, ma il capo ha detto che ti vuole su per discutere. -
- Arrivo subito. -
Porse a Nemeria il piatto e le lasciò l'anfora vicino, gli occhi cangianti fissi in quelli di lei. Indugiò un solo istante prima di seguire il suo compagno al piano di sopra.
Nemeria prese il pane, lo spezzò in due e ne ripose metà nel piatto. Si rese conto di avere fame quando ingoiò il primo boccone e dovette imporsi di non azzannare anche il resto, soprattutto il borek. A discapito di quel che aveva pensato, era delizioso. Osservò Kimiya, la quale non sembrava aver notato nulla.
- Non vuoi mangiare? - le parlò con tono gentile e le avvicinò il piatto, stando bene attenta a mantenere una certa distanza, - Ti farà bene dopo tutta la camminata che abbiamo fatto. -
La ragazza non si smosse. Che fosse davvero come diceva quello strano Sha'ir? Che avesse perso la capacità di vedere? Si avvicinò ancora un po', si mise il piatto tra le gambe e le mise una fetta di formaggio sul pane.
- È duro, lo so, però non dovresti digiunare. - gliela allungò e negli occhi di Kimiya parve accendersi una scintilla di vita, - Ho già fatto tutto io, vedi? Tu però devi mangiare, sennò poi ti indebolisci. -
Kimiya esitò e Nemeria temette che sarebbe di nuovo ripiombata in quello stato catatonico. Sospirò sollevata quando dopo un po' l'amica afferrò la fetta di pane e la addentò.
- Non è cattivo, no? Non è una porzione, ma almeno è mangiabile. -
Kimiya annuì appena. Aveva perso lo sguardo accusatorio di prima, e anche se non era totalmente presente a se stessa, quantomeno sembrava ascoltarla.
- Mi dispiace non avervi detto nulla. Non è che non mi fidassi, ma non sapevo come avreste reagito e ho avuto paura che non mi avreste accettata. - le spiegò Nemeria con un fil di voce, - So che sono stata stupida, ma spero che riuscirete a perdonarmi. -
La ragazza si pulì l'angolo della bocca col dorso della mano e le rivolse un'occhiata in tralice, che Nemeria non seppe come interpretare. Si sentiva sporca, colpevole, soprattutto perché neppure in quell'occasione poteva dire la verità. Mai avrebbe pensato che fosse così logorante mantenere un segreto.
- Mi dispiace... davvero tanto... - ripeté senza più la forza di sostenere quello sguardo.
La porta si spalancò e Il'ya e Faraz si precipitarono giù dalle scale.
- Alzatevi, dovete venire con noi. - ordinò lo Jarkut'id.
- Dove andiamo? -
- Non fare domande, bambina. -
Faraz costrinse Kimiya in piedi senza troppe cerimonie. Come una bambola di pezza, la ragazza obbedì, gli occhi di nuovo fissi nel vuoto. Il'ya non fece alcun commento, si limitò a mantenere il contatto visivo con Nemeria. Lei capì subito che la stava mettendo in guardia. A fatica, aprì e chiuse le dita un paio di volte e rimase immobile finché non le tolse la catena. Si impose di non perdere la calma.
Tornò al piano di sopra, dove Abayomi, Ana, la ragazza che le aveva puntato il coltello, Zahra e Omeed li attendevano. Uscirono dalla porta sul retro, le prigioniere l'una a fianco all'altra, sorvegliate da Il'ya e Faraz che procedevano dietro di loro.
Nessuno disse nulla per tutto il tragitto. A Nemeria tutte le strade di Kalaspirit sembravano uguali, e senza l'aiuto della luce per lei era impossibile orientarsi. Scorse in lontananza il profilo illuminato di un anfiteatro, ma non ebbe il tempo di pensarci troppo.
Abayomi intimò a tutti di fermarsi. Due uomini sorvegliavano l'entra di un edificio in tufo senza finestre, alto poco più di cinque braccia. Non aveva niente di particolare e Nemeria ci sarebbe girata al largo se ci fosse passata vicino a quell'ora della sera.
- Siete qui per un rinfrescarvi? - domandò uno degli energumeni.
Abayomi sogghignò e gli mostrò una conchiglia rossa con un'ancora incisa sul dorso.
- Sì, fa molto caldo. - rispose e l'uomo gli fece un cenno con la testa.
Scesero una lunga gradinata illuminata da lampade a olio. Nemeria non riusciva a vedere bene e quella parziale cecità l'angustiava. Il'ya strinse appena la presa sul suo braccio, come per confortarla, ma non fece altro che accentuare la sua inquietudine. D'istinto, serrò la mano attorno alla pietra di luna e gettò un'occhiata a Kimiya, notando la sua espressione assente.
“Mantieni la calma. Resta calma.”
Alla fine delle scale, il gruppo si aprì a ventaglio e quello che Nemeria vide la lasciò senza fiato. Alla luce di decine e decine di torce, si espandeva nella penombra una grande cisterna. Era divisa in tre navate con più di quaranta pilastri a sostenere un soffitto a botte. Le vasche si innalzavano fino al soffitto e anche oltre, con varie scale addossate alle pareti che serpeggiavano nei piani superiori. Le chiuse e le funi che le sorreggevano giacevano dimenticate all'interno, con i catenacci divorati dalla ruggine abbandonati sui bordi. Doveva essere stato un impianto imponente, un tempo.
Addossate in fondo, quasi indistinte alla luce delle torce, c'erano delle baracche di legno con una tettoia pericolante, da cui uomini e donne entravano e uscivano con vestiti diversi.
- Benvenuta nell'arena, piccola fiammella. Non è certo come quella ufficiale, ma d'altronde nelle nostre condizioni ci si deve accontentare. - ridacchiò Abayomi e con lui anche Zahra, - Dunque, ti starai chiedendo perché ti abbiamo portata qui. -
Nemeria immaginava quale fosse il motivo.
- Come ben sai, i Dominatori sono l'attrazione principale delle arene. Ora, noi abbiamo sempre scommesso sulla nostra amata Zahra e lei non ci ha mai deluso, ma ormai il pubblico la conosce e quasi si annoia a vederla combattere. - diede una pacca sulla spalla all'Alatfal'yl e poi tornò su di lei, - Ma tu sei una novità. Nessuno qui ha mai visto una Dominatrice del fuoco, tanto più della tua età. Hai idea di quanti scommetteranno su di te non appena vedranno le tue fiamme? -
- Non farò mai una cosa del genere. Non... non ho intenzione di combattere per appesantire le tue tasche. - si divincolò dalla presa di Il'ya e riuscì ad avvicinarsi quel tanto che bastava per puntargli addosso un dito, - Dovrai obbligarmi con la forza. -
- Immaginavo una risposta del genere. E sono sicuro che se la tua amica fosse in pericolo non esiteresti a obbedire. -
Come se non avesse atteso altro, Omeed si avvicinò alle spalle di Kimiya e l'accarezzò lascivamente da poco sopra il ginocchio fino alla coscia, sollevando nella sua strada la tunica.
La pietra di luna divenne incandescente.
- Toglile le mani di dosso. - gracchiò Nemeria, furiosa.
- Lo farà solo se io glielo ordinerò e questo accadrà a condizione che tu salga su quel palco. - Abayomi schioccò la lingua e storse le labbra in un mezzo sorriso, - Cosa pensi di fare? Lasci la tua amica alle cure di Omeed, oppure obbedisci da brava? -
Nemeria aveva le mani roventi, i polmoni in fiamme, il sangue e la pelle bollenti. Doveva bruciarlo, ridurlo in cenere. Scorse con la coda dell'occhio Il'ya stringere i denti e sperò con tutta se stessa che perdesse la presa. Forse fu il suo sguardo omicida ad allertare Zahra, perché subito la Dominatrice si frappose tra lei e il suo capo.
- Non la stuzzicate troppo, non sappiamo come potrebbe reagire. -
- Non ti preoccupare, finché avremo la sua compagna tra le mani non farà nulla, vero? Perché lei è una bambina intelligente, sa cosa deve e non deve fare in certe situazioni. -
La ragazza fece spallucce e si appoggiò a uno dei pilastri. Nemeria si morse le labbra e inspirò profondamente. Omeed continuava ad accarezzare Kimiya, senza che questa facesse nulla per opporsi alle sue attenzioni. Era una bambola svuotata, inerme.
- Io... - serrò i pugni, - Va bene, accetto. -
- Non era una scelta difficile. - Abayomi schioccò le dita e subito Omeed si allontanò, - Allora, le regole sono queste: non è importante se vinci o perdi, devi far divertire il pubblico. Se vai a terra dopo il primo pugno, ti assicuro che la tua amica sarà l'ultimo dei tuoi problemi. Ora io andrò a parlare con gli organizzatori. Non fare nulla di strano, altrimenti ci saranno conseguenze spiacevoli e noi siamo venuti qui per goderci una serata in compagnia. -
Non appena si allontanò, Nemeria afferrò Kimiya e l'abbracciò forte. L'altra non rispose in alcun modo né ricambiò, ma saperla lì vicina le diede la forza di calmarsi. Mai avrebbe pensato che, un giorno, sarebbe stata lei a difendere qualcuno.
- Le vuoi molto bene. - commentò Il'ya.
Aveva mollato la presa e Nemeria si avvide che si stava massaggiando la mano. Erano apparse diverse bolle sull'epidermide e il palmo era terribilmente arrossato.
Nemeria non si degnò di rispondere. Non si poteva definire affetto quello che provava, però non poteva sopportare di vederla trattata così, come un semplice pezzo di carne.
- C'è la possibilità che i Dominatori che combattono vengano catturati da Tyrron? -
- Ovvio che c'è, per questo l'arena ogni mese si sposta. - intervenne Ana e si avvicinò.
Portava il pugnale in bella vista e si guardava circospetta intorno, le dita sempre vicino all'elsa. L'attenzione di Zahra era rivolta altrove, concentrata sull'incontro che si stava svolgendo, e solo di tanto in tanto si ricordava che doveva sorvegliarla. Probabilmente non la credeva così coraggiosa da scatenare il suo potere.
- Guardati bene da lei, non è una da sottovalutare. - Ana abbassò la voce e si fermò al suo fianco, la testa rivolta dall'altra parte, - Ha una crudeltà innata e prova piacere nel far soffrire gli altri, soprattutto chi non sa difendersi. Quando l'affronterai, stai attenta. -
Un brivido freddo le intorpidì i muscoli della faccia. Si scostò appena da Kimiya, deglutendo nervosa.
- Contro Zahra? - esalò.
- Sì. Abayomi vuole far soldi stasera, per questo ti dico di stare attenta. -
- Perché mi stai aiutando? Cosa ci guadagni? -
- Nulla, solo non ci piace l'andazzo che ha preso il capo nell'ultimo periodo. Prima non eravamo così. - disse Il'ya e nella sua voce Nemeria avvertì una nota malinconica.
- E allora perché non ve ne andate? Perché rimanete con un capo che detestate? -
Era la stessa domanda che si poneva spesso, da quando era diventata parte della Famiglia, e sebbene in fondo al cuore conoscesse già la risposta, non riusciva ad accettarla. Ci doveva essere un altro motivo, una ragione di fondo che non riusciva a comprendere.
Ana arcuò le labbra in un sorriso amaro e Il'ya distolse lo sguardo.
- La vita è fatta di compromessi. Prima lo impari, meglio è. -
- Forza, forza, è il momento di farsi valere! - abbaiò Abayomi, gli altri ragazzi qualche passo dietro di lui, - Ho convinto l'organizzatore a farvi combattere adesso. Fate spettacolo, non deludetemi. Zahra, vacci piano, l'incontro deve durare. -
La Dominatrice sbuffò.
- Per quello che riguarda la nostra fiammella... sai come ti devi comportare. - aggiunse il capo con un sorriso sghembo e minaccioso.
Nemeria non ribatté, non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla tremare in preda al terrore. E non si sarebbe lasciata sconfiggere facilmente, avrebbe combattuto fino alla fine, lo doveva ad Altea, a Kimiya e a Noriko. Mentre seguiva Zahra dentro il quadrato rosso, le tornò in mente ciò che Noriko le aveva detto prima di uscire in ricognizione quella mattina, tutte le sue raccomandazioni. Chissà come avrebbe reagito a saperle in mano ai Cani.
I partecipanti dei vari gruppi e i diversi combattenti erano assiepati attorno al palco. Bramavano violenza, desideravano il sangue. Alcuni di loro avevano il naso e le labbra spaccate ancora gonfie, altri avevano le nocche scorticate e i capillari degli occhi scoppiati, con la sclera che aveva assunto una tinta scarlatta. Erano bestie, non uomini.
- Signore, conoscete le regole. Niente armi od oggetti appuntiti, si vince se l'avversario non è più in grado di combattere o se dichiara la resa. - espose l'arbitro, un ometto dagli occhi glauchi e il mento appuntito, poi le squadrò entrambe e dopo una pausa a effetto uscì dal campo.
Cosa sei tu Le soffio l'elementale all'orecchio.
Nemeria guardò Zahra, quindi ispezionò il pubblico e infine si focalizzò brevemente su Kimiya, avvertendo la furia montare dentro di sé. Non appena incrociò di nuovo lo sguardo iniettato di sangue della sua avversaria, tirò su i pugni e si mise in guardia.
- Io sono il fuoco. - sibilò tra i denti.

  
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