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Autore: nuvolArcobaleno    27/06/2017    0 recensioni
«Io… mi chiamo Axel. Axel Carpenter» Provò a tenderle la mano, ma la ritirò subito. Che stupido.
Quella situazione era assurda.
Forse avrebbe soltanto dovuto porre fine a tutto.
«Scusami» sentenziò sinceramente dispiaciuto. Sperò che lei capisse quanto gli dispiacesse. Si avvicinò alla porta. Alzò il pugno per dare due colpi. Momento di esitazione.
«Garla»
Axel si bloccò di colpo.
«Come?»
«Garla. E’... è il mio nome»
«... Garla?» Garla annuì.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fuggitivi

Garla avanzava con fatica nello stretto cunicolo, m sentiva che Axel la seguiva, e faticava più di lei. Da quel che aveva potuto capire, doveva essere piuttosto alto e con le spalle larghe; data la forza che aveva, probabilmente aveva delle braccia possenti, probabilmente faceva un lavoro fisico. Si chiese che lavoro potesse mai fare. Prima gli aveva accennato di una falegnameria, ma non aveva detto che era la sua. Del suo volto ricordava soltanto il contorno squadrato, ma non aveva notato niente di più particolare. Non riusciva a ricordarsi gli occhi; li aveva fissati così a lungo, eppure non ricordava né la forma né il colore. Né Era riuscita a capire come avesse i capelli, ma di sicuro erano piuttosto corti.

Certo che era proprio stupido pensare a certe cose in una situazione del genere. A quanto pare sarebbero partite delle ricerche, ma non sapeva quando e ciò le metteva ancora più urgenza.

«Sai dove sbuca questo buco?» la voce dietro di lei era poco più che un sussurro, ma in quello stretto canale di tenebra non c'era bisogno di parlare più forte.

«Dovremmo arrivare ad una specie di crocevia ad un certo punto» lo sentì annuire.

«E come fai a sapere che non ci sentiranno che stiamo strisciando nei condotti dell’aria?»

«Questi condotti sono piuttosto nuovi rispetto all’edificio primario, furono costruiti pendenti dal soffitto e murati dentro un nuovo soffitto. Così hanno reso le stanze più piccole e le pareti più spesse e resistenti» lo sentì annuire ancora. Non sembrava molto convinto, ma non fece altre domande.

Dopo un tratto interminabile d’alluminio giunsero finalmente al crocevia annunciato da Garla. Si trattava di uno spazio molto ampio e circolare, alto come il resto dei condotti, in cui si intersecavano almeno 8 cunicoli.

Axel adesso era accanto a lei. «E adesso?» C'era una certa rassegnazione nella sua voce.

Garla guardò i condotti uno ad uno.

«Là» indicandone uno a destra. «Dobbiamo scendere»

Il condotto indicato effettivamente, sembrava scendere in un vuoto ancora più oscuro.

Si aspettava che controbattesse qualcosa, invece Axel non disse niente e si avviò per primo verso la fessura. In mano sembrava tenere una corda spessa.

Si infilò di testa e lei lo sentì scivolare giù. Fece un profondo respiro e lo seguì.

 

Più che un condotto dell’aria sembrava uno scivolo, lungo e dritto. I due si ritrovarono a scivolare giù sempre più giù, in una caduta sempre più ripida. Infinita e oscura. L’aria sferzava violenta il volto di Axel, i nervi tesi al primo accenno di fine di quella folle corsa. Garla dietro di lui a stento riusciva a distinguere i piedi del suo complice davanti a lei. Le sembrava di acquistare sempre più velocità.

Poi, tutt’a un tratto, il condotto finì. E i due si ritrovarono catapultati contro una grata, che venne sbalzata fuori violentemente insieme agli altri due. Il suono del semplice alluminio risuonò tetro e a lungo intorno a loro. Ma dov’erano loro?

Axel cercò di alzare la testa, ma lo scontro con la grata non aveva aiutato ad alleviare la caduta e adesso la testa gli girava e la sua vista era offuscata. Si sentiva pesante. Si rese conto suo malgrado che la ragazza gli era caduta addosso.

«Tutto bene?» mugolò.

«Ooooouuh...» Garla si mise lentamente a sedere. Adesso anche lui poteva alzarsi, se solo ci fosse riuscito.

«Sei tutta intera?» provò ancora a chiedere.

«Credo di sì… Tu?»

«Sono vivo» non riusciva a descrivere a parole la strana sensazione che provava: si sentiva stretto in una morsa tra le membra doloranti e la testa che gli scoppiava.

Tentò di nuovo do aprire gli occhi. Erano ancora avvolti nell’oscurità, ma l’aria sembrava pervasa da una flebile brezza, diversa dalla soffocante atmosfera condizionata di prima. Guardandosi meglio attorno, iniziò a notare piccoli particolari fuori posto. Innanzitutto, non c’erano piastrelle: il pavimento intorno a loro era di pietra. Grosse pietre ruvide e umidicce di dimensioni leggermente diverse l’una dall’altra incastrate a formare un pavimento. anche le pareti sembravano di pietra, ma anche lì erano tutte particolari: alcune quadrate e altre rettangolari, davano l’impressione di poter reggere qualsiasi peso posto sopra di loro. Non riuscì ad arrivare al soffitto, inghiottito anch’esso dall’oscurità, come loro.

«Ce la fai a continuare?» si accorse che Garla si era messa in piedi e si stava sistemando la veste. I suoi capelli, lunghe alghe in via d’essiccazione, continuavano a nasconderle il volto, come se stare nascosto alla vista fosse il suo stato naturale.

«Dove…?»

«Per ora siamo al sicuro, ma dobbiamo spostarci da qui. Se davvero ci staranno cercando ci serve un luogo più nascosto» Non era proprio questo che voleva sapere, ma ok.

Si mise in piedi a fatica, rimise a posto la grata e continuò a seguire la ragazza misteriosa, quasi come spinto da una forza invisibile.

«Che posto è questo?» ma non gli rispose.

 

Gli sembrava di camminare in un sogno. Tutto era così assurdo che non gli sembrava vero. Era convinto che da un momento all’altro si sarebbe svegliato nella sua cella, una fragorosa stangata sulla porta a riportarlo dal mondo dei sogni.

«Che cos’hai in mano?» Garla non si era nemmeno voltata, procedendo sempre tastando il muro si dirigeva verso chissà quale anfratto oscuro.

Axel si guardò la mano. Stava effettivamente stringendo qualcosa in mano. Non lo aveva lasciato durante la discesa e neanche dopo la caduta.

«Fammi controllare… Uhm, una cintura con… un taser, una pistola, una torcia, un- tesserino, bene, e poi… una frusta» concluse senza entusiasmo.

A quel punto la ragazza si bloccò e si voltò a fissarlo da quella massa di alghe.

«E’ la cintura della guardia quella?» sembrava quasi sconvolta.

Lui ci mise un po’ a rispondere.

«Sì»

«Perché l’hai presa?»

«A lui non serviva,» cominciò a legarsela addosso «e a noi potrebbe» ci fissò anche la frusta.

Garla lo guardava allibita. Lui rimase apatico.

«Che è successo prima, prima che entrassi nella condotta?»

Quasi impercettibilmente la sua espressione si colorò in una forma di odio e colpevolezza.

«...»

«Che è successo?»

«...»

«Dimmi cosa- »

«Non sono tenuto a dirti nulla!» in un ambiente tanto vasto e vuoto, la sua voce autoritaria risuonò contro le pareti. «Io non conosco te e tu non conosci me. Ho accettato di unirmi a questa tua folle impresa perché era la mia unica speranza di salvezza. Tutto qui!»

Un silenzio pesante cadde tra i due fuggiaschi. Per qualche momento nessuno dei due si mosse.

«Io- » riprese più calmo lui, «non so come tu sappia tutte queste cose su questo posto. E non mi interessa. Al momento voglio solo finire con questa assurdità in cui mi ritrovo e andarmene. Quindi, se sai cosa dobbiamo fare e dove dobbiamo andare, io ti seguo» Tolse la torcia e la porse a Garla che, ancora un po’ stordita, la prese.

 

Continuarono in silenzio per un’altra eternità. La debole luce della torcia illuminava pietra dopo pietra, accentuando l’ombra dietro ogni svincolo che passavano. Dopo un numero interminabile di pietre squadrate Garla annunciò che erano vicini. In lontananza sembrava di sentire lo scroscio di acqua corrente.

«Qui intorno dovrebbe esserci un canale» annunciò, puntando la torcia a destra e a manca del terreno.

«Intendi dell’acqua?» proprio in quel momento la torcia illuminò quello che sembrava essere un antico e largo canale di scolo fognario. Seguirono il flusso finché il rumore non fu assordante. In fondo al tunnel cominciarono ad intravedere una debole luce.

Garla spense la torcia e la rese ad Axel, che proseguiva sempre più sbalordito accanto a lei. Uno scroscio impetuoso gli riempiva le orecchie e la testa, lavando via ogni altro pensiero, ogni ricordo.

Si fermarono davanti a un’enorme apertura tonda, alta circa due metri, bloccata da grandi sbarre, alla cui base si ammucchiavano sporcizia e grossi rami ormai melmosi, prima di cadere in un’altra oscurità, stavolta più blu e tridimensionale.

«Mancano ancora delle ore all’alba» Mentre Axel era fermo ad ammirare a bocca aperta lo strapiombo vaporoso Garla stava tastando le pareti circostanti l’apertura.

«Stai cercando qualcosa?»

«Sì, se lo trovo, siamo nel posto giusto»

«Non faresti prima colla- »

«No, non è prudente: da fuori potrebbero vedere la luce e insospettirsi»

«Ok allora… ti aiuto, cosa stiamo cercando?» si avvicinò anch’egli al muro e iniziò a tastare a caso, in cerca di eventuali sporgenze o rientranze sospette.

«Una parola scavata nella nella pietra: Cripto»

«Cripto?» il suo scetticismo permeava da ogni singola lettera pronunciata. Lei annuì. Axel smise di cercare di dare un senso a quella serata, tanto era inutile.

Controllarono l’intera parete in pochi minuti e alla fine Garla esclamò di averla trovata. E adesso?

«Possiamo andare»

Axel era molto perplesso «Dove?»

«Giù» la guardò incredulo e spaventato, ma non servì a nulla. «Dobbiamo saltare»

Il ragazzo guardò alternativamente prima lei e poi la caduta, varie volte.

«Non abbiamo molto tempo!» improvvisamente la ragazza era diventata impaziente, si muoveva a scatti sul posto e guardava axel supplichevole.

E va bene, tanto ormai.

«E dopo saremo liberi?»

«Una volta a terra potremo nasconderci nel bosco, ma dovremo comunque continuare a camminare un po’, almeno finché c’è buio» sembrava convinta delle sue parole. Perché discutere?

Annuì deciso e si mise accanto a lei oltre le larghe sbarre muffite.

Si scambiarono un ultimo sguardo risoluto.

Che cos’ho da perdere?

Si gettarono nel vapore.

   
 
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