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Autore: Drago Rosso Sangue    27/06/2017    2 recensioni
Obviously, una Spirk.
Dal testo: Potrei dire che mi vergogno di quanto fesso sia diventato, ma c'è qualcosa di curiosamente attraente nel Vulcaniano sotto le luci: che siano i led fluorescenti ad intermittenza della Enterprise danneggiata, o il riflesso del fuoco in una caverna di un pianeta alieno appena raggiunto, o solamente il brillio delle stelle lontane nello spazio immenso che si accendono attono alla nave, Spock è semplicemente strabiliante.
I suoi zigomi alti catturano i giochi di luce così meravigliosamente bene, accentuano la curva un po' triste delle sue guance che adombrano la sua mascella pronunciata.
Le stelle danzano sulla sua pelle, e io cerco di immagazzinare ogni minimo dettaglio, di imprimerlo nella mia memoria per poi continuare a riviverlo quando manca la sua presenza nella mia vita.
Buona lettura!
Drago :3
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Always Ashayam
 
 
La porta metallica della mia cabina si apre con un sibilo non appena il computer riconosce il codice d'accesso da poco inserito, accogliendomi nei miei alloggi col solito trillo di benvenuto, un suono di consolazione che mi infonde una gioia effimera ogni nuovo giorno nello spazio, segnalandomi che, finalmente, la giornata scandita artificialmente è giunta al termine e ci si può riposare per qualche ora prima della ripresa.
Non aspettavo altro.
Bones mi ha tenuto in infermeria molto più del previsto per effettuare i controlli mensili previsti nella mia cartella medica, proprio mentre il resto della ciurma consumava la cena nella mensa situata nel braccio est.
Doveva proprio utilizzare la pausa per ronzarmi attorno con i suoi macchinari infernali e bucarmi il collo con le siringhe automatiche?
Evidentemente lui non aveva fame.
Appena entro nelle mie stanze, la porta si chiude scorrendo dietro di me, l'impatto con l'ambiente è a dir poco uno shock sulla la mia pelle: insolitamente la temperatura all'interno è elevata, supera di nove gradi il calore standard della nave, come annotano i led blu del termostato posizinato all'ingresso.
Ecco perché...
Spock è sdraito sul mio letto, la divisa blu e nera degli ufficiali scientifici ancora addosso e lo stemma della Flotta Stellare che riluce sul suo petto, con i gomiti che gli sorreggono il busto e lo costringono ad arcuare la schiena in un angolo, a parer mio, piuttosto sconcio, mentre è intento a leggere un libro vecchio, forse persino del ventesimo secolo o poco più antico, con la rilegatura in pelle rossa.
Shakespeare.
È una dolce sorpresa per me trovarlo nei miei quartieri di sua spontanea volontà, un evento più unico che raro, siccome sono sempre io a trascinarlo qui; probabilmente, e non lo ammetterà mai, nemmeno alla sua parte umana nascosta in profondotà, è imbarazzato dalle mie attenzioni disinteressate e affettuose nei suoi confronti, e ha paura di mostrare le proprie al resto della ciurma, o per pudore o per la sua incorreggibile logica.
Mi appoggio alla porta, è tiepida e massiccia contro la stoffa della divisa che mi avvolge la schiena.
Non posso fare a meno di guardarlo, di far scorrere i miei occhi su di lui intensamente.
La silhouette del suo corpo si staglia contro l'ampia finestra che da sull'immensità dell'universo nero e punteggiato di stelle, una visuale che, nonostante la sua bellezza mozzafiato, mi pare un nulla in confronto al Vulcaniano: la luce lontana dei corpi celesti oltre il vetro rettangolare illumina fiocamente il suo taglio perfetto, circondandolo con un'aureola luminescente interrotta solo dalle punte delle sue orecchie, e allo stesso modo un'alone di luce riflessa gli accarezza il profilo delle lunghe gambe, scende a tracciargli la morbida curva della schiena.
Non trovo parole per descrivere il miscuglio di emozioni che provo osservando il suo volto concentrato nella lettura, gli occhi bassi sulle pagine, con le lunghe ciglia nere che si aprono sugli zigomi alti, le sopracciglia appuntite che convergono verso il centro della sua fronte, sulla quale si appoggia dolcemente la frangia impeccabile, il nero dei capelli in netto contrasto con la sua pelle pallida dall'impercettibile sfumatura verde.
È semplicemente bellissimo.
  «Affascinante. La tua espressione è affascinante, Capitano» la sua voce piatta e bassa infrange la tranquillità magica dell'idillio, mandandomi un brivido lungo la spina dorsale a causa della sfumatura sensuale al suo interno, forse involontaria, mista ad un'insolita vena di divertimento, come se, nella sua intoccabile compostezza, si stesse in qualche modo facendo beffe di me.
Nel pronunciare la frase non si è nemmeno voltato, lo sguardo sulle strofe del poeta inglese, come se avesse avvertito la mia presenza solo con la propria mente accorta.
  «Mi stai guardando, Jim»
Ora si è voltato impercettibilmente, nei suoi profondi occhi neri danzano i riverberi delle luci intermittenti sul corpo piatto della Enterprise: sono io quello ad essere affascinato.
Già... Mi accorgo solo ora di essere rimasto a fissarlo con un sorriso idiota da innamorato irrecuperabile stampato in faccia.
Mi riscuoto dal mio torpore di malavoglia, compiendo un paio di passi verso Spock sdraiato sul materasso; penso che la cosa più bella sia avere un Vulcaniano nel proprio letto, sentire il suo respiro calmo mentre segue con lo sguardo i miei movimenti appesantiti dalla stanchezza della giornata appena trascorsa.
  «Non mi aspettavo di trovarti qui, Spock» gli dico, consapevole di quanto la mia voce faccia trapelare: sono quasi letteralmente elettrizzato dalla sua iniziativa di presentatsi senza un invito esplicito nei miei quartieri, apparendomi, in tutto il suo selvaggio splendore vulcaniano, in questa posa assolutamente allettante e sublime, sdraiato sul mio letto, con le forme del suo corpo strette in modo troppo invitante nella solita divisa.
Ha qualcosa di terribilmente erotico, e arrossisco al pensiero.
  «Siccome nella mensa non ti ho scorto in nessuno dei tavoli, ho ritenuto logico attendere il tuo arrivo nella tua cabina» spiega tranquillamente, chiudendo Shakespeare con un unico, elegante movimento della mano.
Lo prendo come un "avevo voglia di passare del tempo con te, ma non trovandoti ho deciso di sorprenderti e intrufolarmi in camera tua".
Gli sorrido, ma subito divento serio, rimproverandolo con lo sguardo.
  «Almeno nel privato, puoi sforzarti di chiamarmi "Jim"?» gli domando, carico di disappunto, mentre lui appoggia il volume sul comodino, allungandosi leggermente per raggiungere la superficie del piccolo mobile, la casacca blu si tira attorno al suo busto, accentuandogli la curva del petto.
«Certamente... Jim.» Il tono che usa nel pronunciare il mio nome mi sveglia quel qualcosa all'altezza dell'inguine, costringendomi a reprimere un gemito.
Deglutisco: dannato Vulcaniano.
Allora lo raggiungo, catturato da lui, dalla sua bellezza sconvolgente, dalle promesse di cui la sua voce è satura, come fossi un satellite attirato dalla forza di gravità di un pianeta più grande.
Mi siedo sul letto, allungandomi verso Spock per posare la mia testa nell'incavo del suo collo, lasciandogli un lieve bacio dal quale non si allontanerà di certo, anzi, la sua gola si increspa in un brivido di piacere riconoscendo il mio tocco.
Sulle mie labbra già sento l'essenza della sua pelle, leggermente salata, con un sapore che mi ricorda inspiegabilmente la cannella in polvere.
È meravigliosamente caldo, caldo come l'ambiente circostante, come il fuoco che mi esplode nel petto quando Spock è nelle vicinanze.
Mi allontano da lui, catturando il suo volto tra le mie mani, con l'indice tracciando il profilo perfetto delle sue guance, le quali si colorano di verde sotto il mio polpastrello: è adorabile quando arrossisce in questo modo davanti a me, come se ancora si sentisse estraneo alle mie manifestazioni d'amore nei suoi confronti, ma allo stesso tempo si lasciasse travolgere dalle sensazioni suscitate dalle mie carezze e subito dopo si pentisse intimamente nel trovarle oltremodo piacevoli, andando contro tutti i sani principi della cultura vulcaniana in ambito dell'autocontrollo e dell'epurazione dalle emozioni.
Oltre il vetro della finestra, il movimento lento del pilota automatico consente allo sprazzo di universo visibile di variare i suoi scorci mozzafiato, eppure io non riesco a staccare gli occhi da Spock, il mio sguardo incatenato nel suo.
Potrei dire che mi vergogno di quanto fesso sia diventato, ma c'è qualcosa di curiosamente attraente nel Vulcaniano sotto le luci: che siano i led fluorescenti ad intermittenza della Enterprise danneggiata, o il riflesso del fuoco in una caverna di un pianeta alieno appena raggiunto, o solamente il brillio delle stelle lontane nello spazio immenso che si accendono attono alla nave, Spock è semplicemente strabiliante.
I suoi zigomi alti catturano i giochi di luce così meravigliosamente bene, accentuano la curva un po' triste delle sue guance che adombrano la sua mascella pronunciata.
Le stelle danzano sulla sua pelle, e io cerco di immagazzinare ogni minimo dettaglio, di imprimerlo nella mia memoria per poi continuare a riviverlo quando manca la sua presenza nella mia vita.
Faccio scivolare una mano verso quella di Spock, i nostri sguardi restano incatenati intensamente.
Mi sembra di essere ritornato bambino, quando guardavo il cielo di notte nei campi di mio zio tracciando disegni immaginari tra le costellazioni spezzate e non sentivo altro se non il battito concitato del mio cuore.
Come ha fatto un idiota come me ad innamorarsi di un genio tale, affascinato dalle reazioni chimiche e dalle equazioni più astruse?
Indice e medio scivolano sopra i suoi, come a rallentatore, il bacio vulcaniano che lui stesso mi ha insegnato nei primi momenti di imbarazzo e esplorazione.
Spock sussulta, le punte delle orecchie e gli zigomi si tingono di un verde adorabile, di nuovo, e in un lampo mi ricordo di come mi sono innamorato: è quando agisce così, quando abbozza un sorriso, ma non del tutto, quando riprende Bones per essere illogico e avventato, quando mi preme contro le coperte.
Ogni volta che ci tocchiamo, anche lievemente come in questo preciso momento, lui ne è ancora sorpreso, e resta basito anche per un semplice bacio.
È come se ogni carezza, ogni contatto fosse per lui un nuovo inizio, un foglio bianco da riempire nuovamente di formule matematiche e abbozzi di disegni.
Credo di amarlo più profondamente ogni volta che sembra persino più umano di me.
Spock mi coglie di sorpresa una seconda volta in un'unica serata: ruotando il busto, un suo ginocchio cozza contro la mia coscia con ardore, avvicina il suo bellissimo volto al mio, baciandomi con impeto e dolcezza insieme, le sue labbra bollenti sono soffici contro le mie, accarezzano la mia bocca con una timidezza iniziale, la esplorano con più determinazione non appena lui si sente più sicuro, più audace, mandandomi il cervello in tilt quando lo sento sospirare contro di me.
In risposta, faccio scorrere una mano tra i suoi capelli, assaporando la sensazione delle sue ciocche tra le mie dita, né morbide come piume, né ruvide come la stoffa grezza; la loro consistenza è qualcosa nel mezzo, come lui, del resto, umano e Vulcaniano allo stesso tempo, figlio di due mondi così differenti che però riescono a convivere in lui armoniosamente.
Lui geme nella mia bocca, stringe forte la stoffa della mia divisa gialla, che inizia a parermi troppo ingombrante e fastidiosa, all'altezza del petto.
Non riesco ad attendere oltre: con un movimento secco del bacino mi sposto sopra di lui, i miei miscoli urlano di gioia nell'incontrare il corpo teso di Spock, e lo premo con foga contro il materasso, le mie labbra che mangiano voraci le sue, le mie mani attorno a suoi polsi come ad incatenarlo sul posto, in balia della mia passione.
Spingo i fianchi contro i suoi, facendogli sentire quanto lo desidero ardentemente.
Eppure mi trattengo.
Come d'abitudine, gli esamino le orecchie.
Si accendono di un verde brillante sotto i miei occhi meravigliati, si scaldano sotto le mie dita ogni volta che rivolgo loro delle tenere attenzioni.
Spock non è ancora riuscito a rendersi conto di quanto realmente bellissime siano, con le loro forme appuntite che tendono verso il cielo privo di confini, delicate e raffinate.
Di rimando, io non riesco a comprendere perché lui adori ascoltare in silenzio il battito del mio cuore nel bel mezzo notte, svegliandosi appositamente per udirlo in completa tranquillità, o restare a guardarmi mentre mi addormento tra le sue braccia calde e confortevoli.
Spock sospira e cattura il mio volto con mani tremanti, le dita vicine all'accesso della mia mente: sembra così vulnerabile mentre cerca i miei occhi nella penombra, persino spaventato da ciò che prova, da ciò che vuole condividere con me soltanto.
Gli lascio un bacio lieve sulle labbra, un sorriso che adorna la mie.
Lo libero dalla divisa, gli esploro la pelle calda con le mani e la bocca, assaggio la sua pelle nei punti più sensibili, marchiandolo possessivamente dove nessuno lo potrà vedere, e spero vivamente che il suo sapore inebriante mi resti eternamente stampato a fuoco sulla mia lingua.
Completamente nudo, Spock è tutto linee delicate e curve leggere nella notte eterna dell'universo.
La mia cabina è satura del mio respiro pesante, dei gemiti spezzati che si infrangono tra i denti di Spock.
È così bello quando viene sopraffatto dai suoi sensi in questo modo, è così bello quando geme sommessamente a causa delle mie carezze spinte e dei miei baci umidi, quando le sue stupide sopracciglia a punta si inarcano leggermente per il piacere.
Mi fa sentire speciale in questi momenti, così fragile e voglioso, perché riesce a convincermi che, per una manciata di minuti, io possa renderlo umano, che possa fargli provare emozioni nonostante il Kolinahr.
Entrambi siamo al limite, le nostre voglie ardenti che pulsano contro le ossa del bacino o sull'addome dell'altro, fin quasi a far male per la mancanza di attenzioni.
  «Ashayam...» ansima Spock, le labbra a pochi millimetri dalle mie, rosse e doloranti, quando decido di premere contro la sua entrata calda, stretta da farmi girare la testa, talmente familiare da poterla persino chiamare "casa", il vero e unico luogo al quale appartengo.
Mi perdo definitivamente in lui, fluttuando nel suo cielo privo di gravità, ma colmo di amore.
Non riesco a decidere se Spock sia più simile alla luna o alle stelle.
È luminoso e fioco come come un astro lontano e segnato da crateri a me solo visibili come la luna, nonostante questi suoi aspetti più profondi e umani nascano solo con il calare della notte, quando sono io l'unico spettatore che li scorge dal proprio telescopio dorato.
Forse Spock è entrambe.
Forse lui è la luna e la miriade di stelle che la incoronano, e io sono l'intraprendente capitano della Enterprise pronto a esplorare e scoprire ogni luccichio di luce stellare nell'universo infinito che è Spock.
Ma il sole sorge sempre, purtroppo, anche nello spazio, ed è troppo luminoso per vedere il segreto delle stelle dietro i suoi occhi tranquilli ma carichi dell'acutezza che caratterizza la sua specie.
  «Wani ra yana ro aisha» è l'ultimo sussurro che avverto prima di scivolare nell'incoscenza del sonno ristoratore, cullato dal calmo respiro del mio T'hy'la che si infrange dolcemente sul mio collo.
 
 
***
 
 
Angolo del Drago
 
Okay... È la mia prima Spirk, nonostante io sia una fan di Star Trek da almeno sei anni XD
È un tributo personale a Zachary Quinto, che ha il sorriso più bello della galassia 🌌 
Spero vi sia piaciuta... lasciatemi delle recensioni se volete :) ❤️ 
 
Drago :3
  
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