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Autore: xla    28/06/2017    2 recensioni
[Reboot | Spirk]
"Ricordava perfettamente quando aveva realizzato di amare il suo Primo Ufficiale… non ci aveva messo nulla ad abbracciare la sola idea di poter passare il resto della sua vita con lui. Sapeva che i vulcaniani erano compagni fedeli e che prendevano un solo compagno nella loro vita… un posto a cui far ritorno, una calma stabilità scelta in totale libertà…
Sorrise. Oh, quanto era stato stupido e ingenuo…
"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Readme,please!
La scelta del titolo per l'ultima parte è stata tanto causale quanto “poteva non essere questa?” non solo perché la canzone della serie Star Trek – Enterprise, ma soprattutto per il significato. Trovo si adatti molto a ciò che ho provato a trattare nella storia.
Dico solo che tra le persone in fila per capire il comportamento di Spock, c’ero anche io. Poi tutto si è manifestato, ancora. Insomma, l’importanza del tetris…
 
Grazie mille ancora, a Logan Way, la mia carissima nipote. Per tutta la sua pazienza e supporto, non solo per aver betato questa storia.
Grazie a chi ha letto, lasciato un segno del proprio passaggio anche mettendo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
 
Buona lettura e un’onda di vibrazioni positive al ciccolato <3
 
 
 
 
 
 
 
“Stars can’t shine without darkness.”
“Yeah they can! The sun is a star and it’s always shining!”
 
 
Parte Terza
 
”I can reach any star, I’ve got faith, I’ve got faith of the heart. It’s a been long road…”
(Faith of the Heart – Rob Stewart and Diane Warren)
 
 
 
 
Non poteva sopportare oltre l’aria di Knein V. E gli dispiaceva, perché era uno splendido pianeta… purtroppo Jim lo avrebbe ricordato come il luogo in cui aveva perso Spock. Declinò l’invito di Xobillty di visitare i parchi pubblici in fiore, preferendo la plancia. Appena entrato, Uhura lo aveva annunciato con una voce che tradiva il suo dispiacere per la situazione… Jim ignorava cosa sapesse, sinceramente neanche gli andava di chiedere. La cosa lo preoccupava: era così evidente il suo stato d’animo? Quanti altri membri dell’equipaggio si erano accorti che il loro Capitano era… distratto? Con la mente altrove? Di certo non erano stupidi, non quanto lui, ecco, ma abbastanza professionali e discreti da non fare domande private. Avevano tutti più o meno la stessa età, tranne alcuni, e il cameratismo da amici usciva fuori più spesso di quanto il regolamento lo permettesse, ma loro restavano sempre i suoi sottoposti, e lui il loro Capitano. Non poteva confidarsi con loro, mostrarsi umano? No, mai. Come poteva aspettarsi fiducia e rispetto se si faceva vedere per il relitto emotivo che era? Non voleva assillare Bones con i propri problemi, quell’uomo aveva già abbastanza stress… non gli era permesso di confidarsi con Spock, che sarebbe l’unico in tutto l’universo con cui si sarebbe aperto, esponendosi senza timore e riserve, perché Spock si rifiutava di percepirlo.
E non avendo altro da fare oltre lavoro da ufficio, volendosi fare il turno Beta e Gamma di fila, intanto si occupava del Diario del Capitano, degli aggiornamenti e varie correzioni e dei file che mandavano dalla Sala Macchine.
Accavallò le gambe e guardò lo schermo che mostrava uno spazio sconfinato e ancora temporaneamente nascosto… era questa la vita che Jim sognava: cavalcare quelle onde nell’universo, con la sua Signora a vele spiegate… senza una meta finale, ma continuare ancora e ancora.
Seconda stella a destra, e poi dritti fino al mattino.
Sì, era tutto quello che sognava sin da bambino, quando ancora non sapeva se sarebbe vissuto un giorno in più, sapeva che la sua casa era lì. Che la sua vita era quella. Solo, come ogni Capitano che abbia mai solcato i mari… poi era arrivato Spock con i venti caldi del suo pianeta scomparso, a rimescolare le carte in tavola.
Jim sapeva che Spock non lo amava. Né in termini terrestri, né in termini vulcaniani. Non aveva avuto bisogno neanche del suo aiuto per trovare un compagno, quello giusto questa volta. Sperava solo di essere stato un soddisfacente intermezzo tra Uhura e Dluonno, anche se sentiva che non era così. Era chiaro che Spock si sentiva tradito, in qualche modo Jim lo aveva fatto: aveva incasinato tutto. Gli era concesso almeno di desiderare che Spock non scegliesse di abbandonare la missione quinquennale. La nave. Lui. Si illudeva, sì, ancora lo faceva. Ma Jim amava Spock, oh, lo amava così tanto… avrebbe avuto il buonsenso di acconsentire alle dimissioni o alla richiesta del suo Primo di rimanere su Knein V? Oppure avrebbe avuto il coraggio di respingerle? Comunque, sarebbe rimasto solo. Attendeva soltanto il momento.
“Tutto quello che chiedo è una nave, e una stella da seguire…” mormorò, fissando quei punti luminosi che era ancora certo Spock avesse creato per lui.
Le ore passavano, durante il turno Beta si era ripassato l’Eneide a menadito, e mentre andava a concludersi anche il Gamma si sentiva come in una bolla fluttuante, e non c’entrava nulla che si trovasse dentro un’astronave dove non capisci quando è giorno e quando è notte… il suo PADD suonò per un messaggio nella posta ufficiale. Kirk non aveva neanche bisogno di leggere il nome. Era di Spock.
Janice gli porgeva il caffè, ma l’attenzione che Jim riservava per quei puntini luminosi fuori dalla paratia era la stessa che stava mettendo nella lettura della mail. “Capitano…” provò la giovane Attendente, “si sente bene?”
Jim si convinse che era tutto così ingiustamente inevitabile. “Sì, Rand.” Prese la tazza e bevve. “Grazie per il caffè, è buonissimo.”
La ragazza lo guardò preoccupata. Kirk odiava il caffè replicato.
Nella mail c’erano scritte le ultime ricerche da essere aggiunte nel database della nave. Le lesse, sforzandosi di capire ogni parola. In fondo, c’era una nota di Spock: chiedeva di potergli parlare.
Non riusciva a decidere se era una bene o un male… Spock non mischierebbe mai la vita privata col lavoro… vero? Era già successo, sì, poi si ricordò che lui non aveva mai fatto parte del suo privato e che la richiesta del suo Primo Ufficiale era logica. Dannatamente, logica.
A turno finito, perché sì, anche se quel giorno era esonerato, lo concluse come sempre, Kirk si sentiva diviso in due. Da una parte voleva restare in plancia per proseguire anche con l’Alpha, erano le nove del mattino. D’altra parte… che senso aveva rimandare? I tre giorni erano finiti, e Spock soffriva dell’illogica decisione di essere legato a un compagno indegno. Forse non c’entrava l’essere privo di poteri… dopotutto, la risposta e la soluzione sono sempre più semplici di quanto uno può immaginare.
Rispose a Spock accettando la sua richiesta di parlargli e gli diede appuntamento nel proprio alloggio per l’ora successiva, aveva bisogno di due occhi che lo guardavano con affetto, di qualcuno a cui la propria esistenza stava davvero a cuore.
La Rand prese la tazza vuota e Jim le fece un cenno, e, prima di dirigersi verso il turboascensore, si rivolse ad Uhura. “Tenente, mi apra il canale generale.”
Nyota si affrettò. “Tutte le frequenze sono aperte.”
“La ringrazio.” Fece un sorriso sincero, sperava un giorno di poter diventare davvero suo amico. “Attenzione, Enterprise, qui è Kirk… godiamoci queste ultime ore su Knein V. Non appena i rifornimenti saranno ultimati, voglio i rapporti di tutte le persone che sono state coinvolte nel lavoro. Sono certo che quest’esperienza sul pianeta, la ricorderemo per sempre. Vi invito a farne tesoro. Kirk chiude.”
Uhura si levò la trasmittente dall’orecchio e si alzò. “Capitano. Io…”
Jim si girò verso di lei, a pochi passi dal turboascensore. “Tenente Uhura… ha trascorso un buon soggiorno sul pianeta?”
“Sì, Capitano. Mi dispiace però che lei-”
Jim non la lasciò concludere. “È questo l’importante. Mi fa piacere che si sia riposata.”
La ragazza annuì titubante con scritto in volto quanto volesse parlargli, ma Kirk non avrebbe retto, gli serviva Spock, così salutò i presenti ed entrò nel turboascensore.
La plancia cadde nel silenzio.
“Non si affligga così, Uhura. Vedrà che le cose si sistemeranno.”
Il Signor Sulu la guardava con aria saputa e serena, ma comprensiva. Nyota voleva così tanto credergli.
 
 
 
“Jim.” Oh, come poteva un nome pronunciato da una voce, racchiudere così tanto amore… e quel nome essere proprio il suo? La faccia segnata dal tempo di Spock per Jim era come un libro aperto della propria vita. Simile ma diversa.
“Spock.” Forse osava troppo con quel tono intimo e caldo, ma non poteva farne a meno, ora più che mai aveva bisogno dell’amore di Spock.
“È sempre una gioia, ricevere una tua chiamata.”
“Mi serve sapere in cosa consiste la rottura di un legame vulcaniano.”
Vide le sopracciglia di Spock alzarsi fino all’attaccatura dei capelli. Aveva una certa età, infondo, e Jim magari doveva formulare le frasi in modo più delicato. Questo Spock era sopravvissuto a un Kirk- o più, quindi pensava che avesse la risposta ad ogni sua domanda… quel Kirk gli aveva mai chiesto una cosa del genere?
“Con la tua immagine e con il tuo amore, tu, benché assente, mi sei ogni ora presente. Perché non puoi allontanarti oltre il confine dei miei pensieri: ed io sono ogni ora con essi, ed essi con te.”
No, ovviamente no.
“William Shakespeare…” sorrise, “cosa fai, tieni una sua raccolta sotto il cuscino, vecchio mio?”
“Sì, era l’autore preferito del mio Jim, non mancava mai di citarmi qualche sua frase. In ogni istante. Senza un apparente logico motivo.” I suoi occhi brillavano. “Era un uomo molto passionale.”
Jim roteò gli occhi. “Sì, sì, lo so. Lui era perfetto. Io no.”
“James.” Il tono di rimprovero.
“No, sul serio: c’è qualcosa in cui non eccelleva?” Alcune volte era frustrante. E l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era proprio che gli venisse sbattuto in faccia quanto fosse grande il James Kirk di un altro universo.
“In molte cose, a dire il vero.” Rispose con serenità l’Ambasciatore. “Dopotutto… era un essere umano.”
“E questo… come ha influito nel vostro rapporto?”
“James, il mio T’hy’la ha portato un rancore dentro di sé per anni, che l’ha quasi ucciso. Tu non riesci a portare rancore.”
Doveva farlo sentire meglio?
“Hai detto che ti capiva. Non aveva poteri, eppure ti capiva…”
“Non aveva bisogno di alcun aiuto, per capirmi. Lui non mi giudicava, riconosceva le emozioni che cercavo di sopprimere, cercava di mettersi nei miei panni e di comunicarmi che comprendeva ciò che facevo e sentivo. Soffriva con me, in una coraggiosa scelta. Non si è mai tirato indietro, mettendosi sempre nella mia pelle, rendendosi vulnerabile ai miei occhi come non si permetteva di fare con nessun’altro. Era empatico per natura. E sono certo che anche tu lo sei, Jim.” Toccò con due dita lo schermo. “Non hai bisogno di niente, tranne che del tuo amore. Non temere la paura, anch’essa ne fa parte.”
Jim toccò il proprio display, accanto alle dita del suo amico. “Vorrei tanto poterti credere. Sembra così bello e così semplice… dio, quel Kirk era davvero fortunato…”
L’anziano Spock guardava con affetto quegli occhi dal colore sbagliato: “No, lo ero io.”
Il campanello trillò.
“Hai visite.” Disse la voce che amava, solo più roca e bassa. E dolce. “Devi darti più di una possibilità, Jim. Abbi fiducia in te.”
Jim sorrise, scuotendo appena la testa. “Cosa farei senza di te, Spock?”
“Non voglio che accada.” Rispose questo. “A presto, amico mio.”
Lo schermo del computer si oscurò e Jim si ritrovò a sospirare come fanno gli innamorati, ma non era il caso, aveva qualcosa di molto importante da affrontare. Diede il permesso per entrare e la presenza di Spock lo riportò come alla realtà… quel subdolo vecchio vulcaniano riusciva a fargli dimenticare tutti i problemi. Ma non aveva una relazione con lui, sarebbe davvero stato troppo bello… solo che non era per lui che il proprio cuore batteva e il motivo che lo buttava giù dal letto ogni giorno, ma quel testardo dalla orecchia a punta che adesso era nel proprio alloggio come se non lo conoscesse affatto.
“Signor Spock. Il rapporto da lei riportato è come sempre eccellente.” Lo accolse sorridendo, sarcastico.
Spock sembrava meno in vena di scherzi del solito. E il suo solito era meno di zero.
“Tu non sarai mai come loro.”
Jim chiuse gli occhi e annuì. Aveva ragione. Anche sottoponendosi a tutte le alterazioni genetiche sarebbe rimasto comunque James T. Kirk. Ed era meglio parlarne subito e chiudere quella faccenda, voleva una risposta da Spock? Eccola lì. Si sorprese giusto un poco per il fare diretto che aveva usato, senza girarci attorno, come se fosse la conclusione di un suo discorso senza che lui potesse ricorrere ad alcun appello. Ma era solo perché si era quasi dimenticato della schiettezza di Spock e del suo parlare chiaro di ogni cosa.
“E’ vero. Potrei diventare un kneiniano. Un cardassiano. Un vulcaniano… ma non cambierebbe niente tra noi.”
Spock fece il suo mezzo sorriso. “Sono lieto che comprendi.” Poi fece una cosa che Jim non gli aveva visto fare in tanto tempo: guardarlo. Intensamente. Forse per la prima volta da quando avevano preso la stolta decisione di stare insieme. “Sei bellissimo, Jim.”
Si leccò le labbra. “Sì, certo.” Cosa faceva, lo prendeva in giro?
Il prossimo che diceva che i vulcaniani non dicono bugie… o magari che non hanno senso dell’umorismo, doveva fargli conoscere il suo Primo Ufficiale. Spock era esilarante. Dal morire dal ridere.
“Durante la mia ultima uscita sul pianeta, il Signor Dluonno mi ha mostrato non solo gli studi di alcune piante, ma anche la cultura musicale del posto.”
“Il Signor Sulu farà i salti di gioia. Nuove piante! Mi auguro che ha portato qualche seme per lui. Se ballano possiamo organizzare qualche festa.”
Spock era visibilmente confuso. “Spero non sarà richiesta la mia presenza.”
La gola di Kirk si strinse. “Non vedo cosa possa obbligarti a farlo… o a trattenerti sulla nave, ancora.”
Spock voleva davvero giocare così? O… voleva comportarsi giusto come se non fosse mai accaduto nulla tra loro? A pensarci, esattamente come diceva a Bones: cosa c’era stato? Cosa era successo? Erano mai stati insieme? Forse Spock aveva già avuto modo di meditare ed eliminare quel “tutto”… sì, come no… non c’era bisogno di questo per cancellarlo dalla sua vita, Kirk ne era certo. Se Spock voleva questo… lui era solo stato troppo lento nel comprendere e ora ne pagava le conseguenze. Non sarebbe corso a piangere dalla mamma e non perché si rifiutava di parlargli, no, ma perché era un uomo adulto, al comando di un’astronave. E il modo freddo e distaccato di Spock nel chiamarlo ‘Capitano’ gli avrebbe ricordato il proprio ruolo in quella missione quinquennale e, Kirk sperava, per il resto della propria vita.
“Ho capito, Spock.” Riprese a parlare. “Adesso come dobbiamo muoverci? Contattiamo Nuova Vulcano? C’è da fare una cerimonia con un guaritore o qualcosa così, immagino…”
“Per cosa?”
“Non farmi questo, Spock…” mise distanza tra loro, “per sciogliere il legame, o quel che ne resta o che io sia dannato se abbiamo mai avuto un legame! Sinceramente? Non l’ho mai capito…”
“Vuoi… contattare un guaritore… per rompere la nostra unione?”
“Sembri sorpreso.”
“Lo sono.” Fece con tono contrariato, d'altronde a Spock non era mai piaciuto farsi cogliere impreparato, non succedeva mai.
“Ah, se io sembro divertito, sappi che lo sono.” Sospirò, “Spock… non vuoi davvero questo legame. Non l’hai mai voluto… mi dispiace di averti… obbligato, a fare qualcosa che non hai mai desiderato… Mi sono sentito così solo, in questi ultimi mesi, posso solo immaginare che incubo sia stato per te.”
“Infatti.”
Strinse gli occhi per un istante. Il mal di testa era tornato ancora una volta. Forse era la sua mente che gli diceva che stava facendo una cazzata? No, non era mai stato così furbo in termini di relazioni interpersonali… non era la persona adatta per Spock, solo questo.
Jim annuì. “Quindi adesso dimmi come funziona lo scioglimento di un vincolo, per favore. L’altro Spock si rifiuta di dirmelo, se non lo farai tu che devo fare? Introdurmi di nuovo nei file riservati di Nuova Vulcano?”
“Di nuovo? Jim, è illegale bypassare computer e programmi di pianeti interi.”
“Non siamo più in Accademia, professore. Non ho avuto scelta… hai passato quasi un anno a evitarmi, cos’altro potevo fare?”
“… posso sapere perché vuoi romperlo?”
Usavano due termini diversi: sciogliere e rompere. Che sembravano simili, ma suonavano in modo così diverso.
“Perché è chiaro che non mi ami,” il suo cuore sanguinava, ma era l’unica cosa da fare, “te l’ho già detto… si è creato un qualcosa che non desideravi con qualcuno verso cui non provi niente. Come puoi non voler spezzato questo… anche se mi risulta difficile credere che ci sia qualcosa. Ho letto di poesie e racconti sui T’hy’la e, lasciamelo dire, Spock… non hanno nulla a che fare con noi. C’è qualcosa che non va e come hai precisato, non potrò mai essere una creatura con dei poteri telepatici. Non potrò mai capirti davvero come vorresti.”
Spock chiuse gli occhi, sembrava… sofferente.
“Mi rendo conto che, con lo sciogliere del legame, può esserci un trauma per un vulcaniano. Ma Spock, non abbiamo mai unito le nostre menti, non abbiamo mai condiviso niente… Perché tu non hai mai voluto, e adesso comprendo che è stata la decisione migliore. Non credo che sarà complicato, romperlo.” Abbassò le spalle. “Sempre ammesso che ci sia, qualcosa da rompere... mh,” si portò una mano dietro la nuca, “mi dispiace Spock, davvero. Non mi ero reso conto del casino in cui ci ho trascinati… ma ti prometto che farò ogni cosa in mio potere, anche regalarti miracoli, pur di lasciarti libero da questa gabbia e poter andare dal tuo T’hy’la.” La luna era un posto in cui non c’era la sua ragione, Kirk non ne aveva mai avuta una. “Potrai non credermi, ma ci riuscirò.” Provò a fargli comprendere quanto credesse nelle proprie parole. Doveva almeno riuscire in questo.
Spock rilassò il corpo e Jim non sentì più quel dolore acuto alla testa, quando riaprì gli occhi, erano così espressivi da fare male. “Le tue parole… mi feriscono, Jim.”
“A me i tuoi silenzi… E non dovrebbe essere così… in cosa sbaglio, Spock…” la voce di Jim si fece piccola mano a mano che parlava. “Il dolore alla testa… sei stato tu a farlo passare?”
“Sì, scusami… non mi ero accorto delle ripercussioni che il mio stato emotivo aveva su di te negli ultimi mesi. È stata una grave mancanza da parte mia.”
Jim si sedette sulla sedia: avrebbe tanto voluto comprendere quello che Spock gli aveva detto.
“Spock… lo so che non saremo più uniti… e non vedrai logica in ciò che ti chiedo, ma per favore: dimmi in cosa consiste tutto quello che avremmo potuto avere… dammi qualcosa da sognare per i prossimi eoni.” Era così stanco…
“Preferirei mostrartelo.”
“No Spock, comprendo che è qualcosa di privato e che va fatto solo ed esclusivamente con il proprio compagno. Non mi permetterei mai…” la testa aveva cessato, ma il cuore continuava a sanguinare. Si sforzò di sorridere in modo cordiale.
“Il motivo per cui non ho più unito le nostre menti, perché non ti ho più toccato con l’anima o il corpo… è per via della nostra prima fusione, di cui tu non hai memoria. La tua mente…” parlò con tono incerto e Jim era sicuro che stesse finalmente per dirgli che sì, voleva il legame rotto.
“Sì, è dinamica, lo so. Anche se puoi risparmiare i convenevoli e dire le cose come stanno: la mia mente ti disgusta.”
“E’ stato un momento… davvero vergognoso, per me. Al solo pensiero…” le mani dietro la schiena si serrarono tra loro. “Durante quella missione, in un attimo in cui sono stato distratto, hai avuto un grave incidente che ti ha fatto sbattere gravemente la testa, portandoti ad uno stato di amnesia completa.”
“Sono rimasto per terra privo di sensi per tutto il tempo? Wow. Deve essere stata una botta davvero forte… strano che non ho riportato ferite o peggio.” Restava un mistero perché Bones gli avesse dato il via libera per tornare a lavoro.
“No. Ti sei svegliato e hai vagato per un po’, fino a trovare un piccolo villaggio popolato da umanoidi, non ricordavi neanche il tuo nome. Loro ti hanno accolto, scambiandoti per una divinità e secondo le loro tradizioni, hai sposato la figlia del capo villaggio.”
Jim aveva la bocca aperta dallo stupore. “Io- io cosa? Sposato? Quella donna accanto a me…”
“La tua sposa.” Precisò secco. “E tuo figlio.”
Adesso si tornava al punto in cui davvero non capiva: “Figlio? Lì c’era solo una donna e- oh merda…” nascose la faccia nelle mani. Aveva capito. E se davvero era così… beh, non cambiava nulla, Spock aveva ragione: era un compagno infedele.
“Io e il Dottor McCoy non sappiamo bene le dinamiche dell’accaduto, siamo solo arrivati in tempo per salvare te. Per tua moglie, non abbiamo potuto fare niente…”
Un tradimento avvenuto durante un’amnesia totale… si poteva superare in due? Sì, se uno dei due non è vulcaniano e l’altro un bastardo.
“Io… non ricordo niente…” disse piano, cercando di far ordine tra i pensieri.
“Ne sono consapevole… io però ricordo tutto. Ho visto i tuoi ricordi, quando ho effettuato la fusione. Ti ho visto cacciare tra quelle foreste… parlare con il capo… dormire, con sua figlia e… concepire un figlio, con lei. Quando ho cercato di unirmi alla tua mente, questa è come esplosa: aprendosi a me.”
Provò a immaginare una scena così, le parti invertite: lui cosa avrebbe fatto al suo porto? Non lo sapeva e neanche voleva, l’idea di Spock con qualcun altro… e anche nel modo in cui lui l’hai scoperto…
“Anche se non servirà a niente: mi dispiace… adesso… io capisco, il tuo comportamento. Ma Spock: perché non me ne hai parlato? Tutto questo potevi evitarlo…”
“Per ciò che ho trovato dentro di te.”
Era certo che Spock avrebbe lasciato l’Enterprise, a questo punto, quindi perché non levarsi gli ultimi sassolini dagli stivali?
“Cosa?”
“Amore, Jim. Eri lì, tutto per me… questo sole mi ha avvolto e mi sono sentito completo. Sentivo che i nostri battiti e respiri andavano insieme, in una perfetta melodia. Qui su Knein V ho scoperto che hanno qualcosa di simile in alcuni brani. Dluonno mi stava aiutando a conoscerne alcuni.”
“Spock.” Supplicò Jim, “Dluonno è il compagno perfetto per te. Lo so, vi ho visti. Lui… ti ha toccato e tu… hai lasciato che lo facesse. Oh Spock, se solo ti fossi visto anche tu… avevi l’espressione più serena che un uomo possa avere…” si morse le labbra, “non ti avevo mai visto in quel modo. Non con me, certo. Come posso farti provare qualcosa per me? Quindi ti prego… basta.” Respirò piano.
“Vuoi davvero rompere il nostro legame?”
“Ora più che mai… avevi ragione: ti ho tradito. Non ero io, eppure l’ho fatto.”
Anche sotto amnesia riuscita a mandare tutto a puttane! Complimenti Kirk…
“So anche che non eri davvero tu, su quel pianeta. Non sapevi chi eri, è comprensibile che tu ti sia unito agli usi e costumi della popolazione che ti ha permesso di avvicinarti.”
“Resta il fatto che avrei dovuto ricordarmi di te. Amnesia o vivisezione celebrale. I T’hy’la si chiamano e si riconoscono.” Aveva passato notti sane a leggere di quelle storie, a fantasticare una vita che non era la sua per qualche strano scherzo cosmico.
“A quel tempo, il legame era appena nato. Un legame neonato ha bisogno di cure e attenzioni per crescere.”
A saperle prima queste cose… ma c’era davvero bisogno di qualcuno che gli dicesse questo? A sentirlo suonava così… spontaneo. Il nomale percorso tra due anime gemelle, ecco.
“E con quell’episodio… ho… interrotto la sua crescita, suppongo.” Fissò il pavimento, sentendosi misero.
Spock socchiuse gli occhi. “La tua mente chiamava la mia, Jim. Era solo più tenue… ecco come ti ho trovato. Ma all’epoca non potevo riferire niente al Dottore. Che non sa niente, della donna e del bambino.”
Jim si ricordò del discorso sul proprio fare paterno verso l’equipaggio: ora aveva un senso.
“I T’hy’la non tradiscono, Spock.” La sua voce tremò. “Io l’ho fatto.”
“Sì, e no.”
Prese un bel respiro: “Hai visto quello che ho fatto, anche se dici che lo siamo… perché stai con un essere umano così illogico come me? Il legame è qualcosa che è nato da solo e che tu hai accettato… mi hai sempre detto che sarebbe stato impensabile e non logico non farlo. Non hai mai detto che lo accettavi perché mi ami. Legame poi…” chiuse gli occhi, “non ti ho mai sentito una singola volta e l’unica che mi dici che sei entrato… era quando non ero in me.”
“Dopo aver visto la vita che hai vissuto su quel pianeta… mi chiedevo cosa potevo darti io. La tua mente ha cercato la mia, è solo merito tuo se hai recuperato la memoria, Jim, la tua luce ha avvolto il mio Katra ed io mi sono accorto che non potevo più vivere senza. E al tempo stesso… ho volontariamente bloccato in gran parte il nostro legame.”
Kirk rimase pietrificato. “Tu cosa?...”
“Ero totalmente impreparato al nostro legame, ma l’ho accolto volentieri da quando ho permesso alla tua anima di toccare la mia… ancora di più, non sapevo come gestire quello che avvertivo in merito a quella donna… a quel bambino… alla tua visione spensierata di un uomo che non conosce altro oltre le montagne che vede in lontananza…”
Era troppo da metabolizzare: “Quindi… ero nel giusto nel dire che questi mesi per te sono stati un totale incubo… ed era anche per questo che non hai mai sopportato che ti toccassi. Come sempre, hai una logica a prova di bomba, Spock.” Sorrise ironico. ”Questo ovviamente non vale per Dluonno, immagino.”
“Sono certo che hai mal compreso il motivo del mio interesse verso il lavoro del Signor Dluonno.” La bocca che parlava e il petto che si alzava e abbassava… per il resto Spock poteva passare benissimo per una statua di sale.
Jim sollevò le sopracciglia in un’espressione più che ovvia. “Cosa c’è da comprendere? E’ un kneiniano col potere di rilasciare feromoni. Simile a un Deltaniano e un Orion. Qualcuno che può starti vicino e renderti rilassato e che profuma invece di puzzare. Sì Spock, mi sono accorto che non riesci a starmi vicino.” Si massaggiò la testa. “Ora, non voglio fare paragoni. Li ho sempre detestati… e in questo caso sono certo di perdere su tutti i fronti. Quindi mi chiedo solo cosa stai aspettando? Il mio permesso? Non ti serve, Spock.”
“Su Knein V hanno leggi e regole che vietano l’utilizzo della propria dote per secondi fini, soprattutto l’uso di questi verso un visitatore. Io non ho alcun interesse verso il Signor Dluonno e se lui lo avesse nei miei riguardi e usasse il suo potere per ottenere un mio consenso sarebbe una grave offesa per lui e il suo popolo. Penso che sai quanto i kneniani abbiano prezioso il rispetto…”
“Primo o poi capirai che è il tuo compagno ideale. Perché Spock, l’hai appena detto tu stesso: non possono usare i loro poteri. Quindi non ne ha bisogno per stare con te. Io invece non ci riesco neanche con i miracoli!”
Spock chiuse gli occhi e fece un passo indietro. “Ero convinto, che come vulcaniano, fossi in grado di resistere… non c’è nulla che non si possa superare, la mente controlla ogni cosa. Mi sono subito accorto dei feromoni del Signor Dluonno. Ho cercato di tenerlo lontano da te, perché non potevo sopportare il pensiero di vederti ancora una volta con un’altra persona. Quindi non comprendo, sinceramente, perché tu non abbia avvertito alcuna stimolazione fisica verso di lui appena vi siete conosciuti. La mia parte umana mi rende più debole, Jim. Era quindi logico tenervi a distanza.”
Negli occhi di Spock, Kirk vedeva l’universo e la loro rotta. E aveva desiderato così intensamente e per così tanto tempo che fosse la stessa cosa anche per il vulcaniano… che ora si chiedeva dove li avrebbero portati i venti che soffiavano sulle vele della loro Signora, se Spock non ci fosse stato… o se un giorno avesse deciso di andarsene.
Ora Spock se ne stava totalmente retto con le mani dietro la schiena, guardingo come se attendesse un attacco da un animale feroce da un momento all’altro. Oh, il suo guerriero vulcaniano. Tutto logica e calcoli… eppure così impacciato. Sorrise.
“La risposta è così semplice, Spock… Amore.” Jim si fissò le dita e con quelle dell’altra mano, si toccò l’indice e il medio in un tocco delicato, in una pallida imitazione di ciò che ardeva di fare da mesi. O forse da eoni. Quando sollevò la testa, trovò Spock a contemplare il proprio gesto. “Per me esisti solo tu.” Continuò con voce morbida, “non potrei provare niente verso chiunque altro.” Si morse le labbra. “So che questo può sembrare impossibile, considerato ciò che ho fatto-” che non riusciva neanche a dire a voce o pensare “quando non ero in me. Ma appunto, hai le prove Spock: non ero io, era il mio corpo ma non ero io. So che in passato sono saltato da un letto all’altro… ma quei tempi mi sembrano così lontani e vuoti. Quando mi hai parlato che si era creato un legame tra noi, dopo averne scoperto il significato… mi sembrava come… non so bene come spiegarlo… semplicemente… giusto e perfetto.” E forse questo doveva essere un grosso campanello di allarme. “Ma non ti fidi di me, e non ti posso biasimare per questo. Non è sempre facile accettare la realtà e posso capirlo.”
“No… la mia reazione quando hai proposto di unirti al pranzo è stata di cattivo gusto. Ammetto che era una questione personale… non sono in grado di gestire ancora le vastità delle complesse emozioni. Anche dopo ore di meditazione… non ne esco rigenerato come dovrebbe essere, ma più stanco. Senza una conclusione…”
Jim si era rassegnato, però si chiedeva dove sarebbero finiti con questa discussione fin troppo rimandata. Forse era meglio dire già al Signor Sulu e al Signor Chekov d’impostare la rotta per Nuova Vulcano…
“Comprendo che non deve essere stato semplice.”
“Jim. Un compagno che mente e nasconde, porta comunque alla sofferenza del legame e quindi del partner.”
“… non ti ho detto bugie, Spock. Cosa posso fare per dimostrarti che ti dico la verità? Che ti ho sempre detto la verità?”
“No, non l’hai fatto…”
Inghiottì a vuoto. “Io ti amo. Per te non significa niente, non te ne posso fare una colpa se non vuol dire nulla e se non provi lo stesso per me… ma ti chiedo di credermi quando ti dico che ti amo e che non ti mentirei mai...”
Si era bruciato tutte le possibilità di qualunque rapporto con lui. Informare l’Ambasciatore Spock sarebbe stato il colpo di grazia…
“Io ti credo, Jim. Ma tu mi hai tenuto nascosta la tua possibile scelta di sottoporti ai test del pianeta. Appena sono venuto a conoscenza di questo settore nel Centro Medico Principale di Knein V ho subito pensato a te e al tuo desiderio di connetterti con me. Ho… sentito sollievo, quando ho ipotizzato il nostro rapporto come telepatici da ambo le parti. Credo che sia la mia natura vulcaniana che ha risentito della mancanza della tua mente. Di una condivisione… nonostante avevo calcolato un ottanta per certo che saresti stato interessato appena scoperta la funzione.”
“Ti sei documentato per me?”
I discorsi di Spock erano logici eppure così contorti, ogni frase sembrava contraddire l’altra… doveva avere un controllo molto minimo su se stesso, se ragionava in quel modo così poco chiaro. Confuso.
Il moro annuì. Quindi… il suo compagno, anche se tradito, si preoccupava per lui. Jim si sentivo uno schifo completo.
“… c’è qualcosa che ho fatto di giusto da sette mesi ad oggi?”
Il silenzio di Spock era l’unica cosa che si aspettava e non fu sorpreso quando il Primo Ufficiale non parlò.
Si morse il labbro e si costrinse a continuare. “Permettimi allora di farla adesso. Andiamo sul pianeta di Nuova Vulcano e lascia che ti liberi da tutto questo-” in nome dell’affetto e della stima che abbiamo, avrebbe voluto aggiungere. Ma non poteva.
“Potrei morire se lo facessi.”
“Per come funziona la mente vulcaniana? Ne abbiamo già parlato, Spock… se il nostro fosse stato un vero legame T’hy’la, allora non saremmo a questo punto.”
Spock serrò la mascella. “Dopo mesi a cercare di resisterti e a provare a capire le mie emozioni…”
Non stavano andando da nessuna parte… “ti posso garantire che hai espresso benissimo il tuo disprezzo per ogni atomo che mi compone.”
“Oh no, al contrario.” Spock allargò appena gli occhi.
Jim fece una smorfia. “So che il corteggiamento è diverso, ma non credo che schifare il proprio potenziale partner sia compreso nel pacchetto del vulcaniano romantico.”
Era tentato di proporre a Spock di esprimersi sotto forma di calcoli matematici e quantici. Tutto, pur di finire quello strazio… Xobillty gli aveva detto che la propria anima chiamava quella del suo compagno, Kirk non ne conosceva il meccanismo e non sapeva come fermarlo, ma ipotizzava che anche adesso… Spock si sentisse come bombardato da un’assillante presenza umana che cercava di raggiungerlo. Ovvio che non sapeva come gestire la cosa!
Alcuni uomini avevano perso il senno, per sentimenti troppo forti… e gli umani non facevano che esprimere in ogni modo ciò che sentono. Poteva solo ipotizzare quanto potesse essere complicato per Spock… i vulcaniani utilizzavano un modo diverso per gestire la propria sfera emotiva: chiudendola, reprimendola… sin da piccoli veniva loro insegnato come sigillarla dietro strati di solidi muri di fredda logica. In quel modo, tutto ciò che ruotava attorno a quel nucleo così familiare agli esseri umani, non veniva esplorato, non veniva accolto e compreso…… Surak ci aveva visto lungo che una vita fatta di tribù nutrite da passione e onore e guerre, avrebbe sterminato i figli di Vulcano. Ma in compenso rischiavano comunque di impazzire per il motivo opposto. Soprattutto Spock, che nel suo essere totalmente vulcaniano, aveva anche sangue umano.
“Okay, va bene…” si stropicciò il volto, “non risolviamo niente. Dimmi come possiamo muoverci.”
“Farai ciò che suggerisco, se ti troverai d’accordo?” Jim annuì con la testa. Se si dava uno schiaffo in faccia si sarebbe svegliato nella propria piccola branda con un gran mal di testa come se fosse stato tutto un lungo sogno?
“Desidero eseguire una fusione con te, Jim.”
Jim aveva sperato così tanto questo istante… sognava la propria reazione, pensava ad un momento dolce o appassionato, romantico in un modo tutto loro. Ma speciale. Invece non c’era intimità, non c’era passione o dolcezza nella voce di Spock e nei suoi bellissimi occhi scuri… solo un universo in tempesta.
Si sedette sulla scrivania porgendo il volto. Totalmente esposto e questo sembrava avere un effetto su Spock, che pareva titubare con una mano appena tremante e sollevata verso di lui.
Bastò che i polpastrelli verdognoli lo sfiorassero appena che Jim sentì una scarica elettrica svegliarlo: toccarlo sin nelle zone più remote del proprio essere. Spock lo stava toccando. Per la prima volta e di sua volontà. Si sentiva innamorato e così stupidamente felice.
Era diversa dalla fusione con l’anziano su Delta Vega, e non sapeva cosa dire a proposito dell’unica che avevano fatto lui e Spock tempo prima.
“Spock.” Chiamò, ma non ricevette risposta, aprì gli occhi che non ricordava di aver chiuso, “Spock?” Provò di nuovo, senza successo, realizzò subito di trovarsi dentro una stanza vuota, con quattro pareti altissime, ma non abbastanza per fermare i raggi del sole.
Al centro dell’ambiente freddo c’era Spock, nelle vesti che usava per meditare, seduto nella consueta posa che usava per quel rito. Era l’essenza stessa della scomparsa Vulcano, Jim poteva giurare di riuscire a vedere della sabbia rossa sotto di lui. Sapeva quanto i vulcaniani fossero intolleranti al freddo, e lì faceva non poco freddo: perché? Non voleva che Spock soffrisse…
“La mente ha il controllo sul corpo Jim, e quindi sui pensieri. Cessa il tuo desiderio di riscaldarmi, mi distrai.”
Quasi Kirk scattò sull’attenti. “Co- io. Mi dispiace, non so come si fa.”
“Indirizza i tuoi pensieri e controllati.”
Così Jim si concentrò altrove. “Dove ci troviamo? E perché fa così freddo qui?”
“Ci troviamo nel nostro spazio condiviso. O quello che dovrebbe essere, il nostro spazio condiviso. Siamo nel punto in cui le nostre mentre s’incontrano.”
Spalancò gli occhi azzurri. “Sul serio? Mi stai dicendo che questo- questo siamo noi?” Non avevano avuto quella che si dice una buona relazione, ma non si aspettava tutto questo... era così… buio, freddo e controllato. Spock non era privo di emozioni, lui lo sapeva. Erano lì, da qualche parte: doveva solo trovarle!
“O quello che dovremmo.” Puntualizzò Spock.
Kirk ripeté la frase in silenzio, mimandola con la bocca e non era quello che voleva, non era come si suppone dovrebbe essere.
Strofinandosi le braccia alla ricerca di calore, camminò verso le mura, allungando subito una mano come una calamita, per toccarne una: immediatamente, queste cedettero, diventando come il più morbido dei materiali. E dalla sua mano, uscirono dei fili color oro che si andavano ad unire con la parete. Forse capiva, anche se non era certo di voler volare troppo con la fantasia.
“Se hai freddo basta che pensi di voler il caldo.”
Jim non si girò, incantato dall’oro e l’argento che si stringevano. “Cosa c’è… oltre queste mura, Spock?”
Regolando il respiro e con occhi chiusi, il vulcaniano continuò. “Il tuo primo pensiero- istinto, è stato quello di scaldare me. Sono stato la tua prima preoccupazione… quella di mettermi al riparo.” Socchiuse un occhio, “affascinante. Un’esperienza più che gradita. Un’azione che solo un vero T’hy’la può fare.” Richiuse gli occhi. “Oltre, Jim, c’è la tua mente e dall’altro lato, la mia.”
Jim osservò bene attorno: quali erano le mura che nascondevano la mente di Spock?
“Desideri entrare nella mia mente?”
“Io non ho parlato.”
“Non occorre farlo nello spazio condiviso. Ripeto la domanda: hai volontà di vedere la mia mente?”
Kirk si morse le labbra. “Sì, non posso negarlo. Sì. Voglio. Ma…” un filamento argento gli carezzò una mano e sorrise, “credo sia troppo presto. Non voglio bruciare le tappe… em, voglio dire… preferisco quello che scegli liberamenti di dirmi, di mostrarmi.”
Strano, per uno che irrompeva a passo di carica dove anche gli angeli esitano a entrare.
Spock sollevò un sopracciglio.
“Se tu me lo chiedi, io aprirò la mia mente per te.”
Kirk s’irrigidì. “Perché?”
“Perché sei T’hy’la.”
Scosse la testa, facendosi scorrere tra le dita quelle luci. “No, non voglio. Non così, non per questi motivi.”
“Jim. Un T’hy’la può tutto. Condividere tutto, poiché è un Unico Essere. La mia mente è tua e la tua mente è mia. Nostra.”
All’umano faceva male al cuore udire ancora quelle cose e sapeva che Spock sentiva.
“Lo so. Ma Spock… io non voglio stare con te perché lo dice un antico legame, perché siamo costanti universali… io voglio che stai con me perché è una tua scelta.”
“Le nostre menti si sono cercate. Cosa c’è da scegliere ancora?”
“No Spock, la mia chiamava la tua e la tua non ha mai risposto. Poi il nostro legame appena nato è stato bloccato, l’hai detto tu stesso.”
“Corretto, tuttavia, il percorso degli eventi-”
“Il percorso degli eventi? Spock!” Affondò entrambe le mani in quelle pareti, avvertendo un senso di pace mai provata e sentendo che per l’altro era lo stesso. “Abbiamo le nostre colpe. Forse per il tuo popolo dobbiamo separarci e basta… quello che era il mio intento… ma dipende. Dipende quanto sei disposto ad andare avanti, sai? Prendere qualche rischio, ecco. Ma non andremo da nessuna parte se prima non accettiamo quello che è accaduto.”
“Non si può cambiare, io l’ho accettato.”
“No, non l’hai fatto. Ti stai continuando a colpevolizzare. Rimpiangere il passato non è logico Spock,” sorrise, “e non potremmo mai tornare a quei momenti, ma possiamo impedire che accadano ancora.”
“Le probabilità che si ripeta un episodio analogo sono più del novanta per cento, ed io potrei non essere in grado di aiutarti e di non gestire ciò che scateni nel più profondo del mio Katra… potrei voler intraprendere il Kolinahr.” La sua voce parlava di discorso che sembrava essere stato già preso in considerazione e valutato tempo prima. Kirk avrebbe solo voluto essere la persona a cui Spock avesse confessato tutto questo, per avere un consiglio, un supporto. Non era stato possibile. E adesso Spock gli parlava di dell’antica pratica vulcaniana ancora usata nel Monastero di Gol.
Kirk era a conoscenza del Monastero di Gol su un pianeta vicino Nuova Vulcano anche senza quella condivisione… sapeva cosa fosse il Kolinahr.
“E una volta iniziato e concluso, tutte le mie emozioni saranno sparite. Sarò pulito da tutto ciò che non è vulcaniano. La mia parte umana sparirà… sei pronto a questo?”
Jim prese un profondo respiro e serrò gli occhi, voltandosi. “Sarai al mio fianco?”
“Sì.”
“Potremmo ancora avere questo posto?”
“Con molta probabilità sì.”
Jim avvertì qualcosa, un lieve canto che aveva cura di lui che aveva il calore di Spock, dirgli: in quale altro posto potrei essere, se non accanto a te? Annuì a se stesso più che a Spock.
“Segui ciò che ti dice il cuore, Spock.” Sembrava sarcasmo eppure non lo era, non trovava parole migliori per questo. “Se senti che possa essere la cosa giusta da fare, allora il giorno in cui me lo dirai, io imposterò la rotta per il Monastero e ti accompagnerò fino all’entrata.”
“Non è permesso a stranieri di camminare sul sacro suolo.”
“Io sono il tuo T’hy’la. Non uno straniero. E sai che troverò il modo per entrare comunque, vero?”
Avvertì delle vibrazioni divertite, segno che Spock aveva apprezzato la frase, assieme ad altre, in sottofondo, che continuavano come il basso in una band del ventesimo secolo… un calore soffocante in modo positivo, un calore che gli parlava, dicendogli che era il suo prezioso tesoro, e che avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, e per non farlo andare via, adesso che erano arrivati a quel punto. Un punto di svolta che faceva tremare l’umano. Kirk poteva dire di avvertire amore? Non era il termine adatto. Non era abbastanza. C’era una sensazione di giustizia, di vero e assoluto e indissolubile. Era amore? Spock lo amava? No, ma l’intero essere di Spock cerca il proprio, unendosi in una melodia infinita di bassi. Il loro legame esplodeva in tante piccole e potenti supernove. Déi di tutti gli universi...
Spock aveva ragione: era difficile da gestire… ma non impossibile. Le percentuali erano bassissime ma era accanto a Spock, quindi poteva benissimo essere uno scenario vincente. Perché Jim si rese conto che amore non era il termine adatto, non bastava. Neanche anime gemelle era sufficiente. O destinati. Prescelti. Niente poteva essere la corretta traduzione terrestre di quella melodia che ripeteva: T’hy’la.
Ogni termine umano che conosceva non era abbastanza, per ciò che percepiva arrivare da Spock.
“Gli esseri umani sono capaci di grande adattamento e… sei tra quelli più intuitivi e percettivi che abbia mai conosciuto Jim. Hai una mente davvero dinamica.”
“E’ un bene? Non me l’hai mai detto…” si stropicciò il volto, avvertendo il proprio corpo e mente rilassati come mai prima.
“E’ perfetta... nella sua illogicità, è perfetta.” Inclinò la testa. “Hai compreso e accettato cosa provo, capendone la portata e l’intensità… senza impazzire. Notevole, per un umano.”
C’era una crepa, nell’immensa barriera di Spock, Jim vide anche la propria mente… era come una distesa assolata sotto un cielo limpido e sulla terra scorrevano fiumi che cullavano col loro rumore di torrente. Tutto in bella vista, quindi ben nascosto: esattamente come aveva detto Xobillty.
Non era mai stato qui, essendo un essere umano, ovviamente non poteva fare certe cose… ma altre sì.
“Non è così semplice come lo facciamo sembrare… è che affronti tutte queste confuse sensazioni che possono cambiare in ogni istante…” posò un palmo sulla parete di acciaio, che s’illuminò e divenne caldissima, malleabile sotto le sue dita, “succederà tutti i giorni, sempre. Arriva un giorno in cui capisci che non puoi combatterle, altrimenti ti uccideranno. Serve accettare le proprie emozioni, accettarsi nel bene e nel male, accettare quei pensieri illogici e quasi crudeli che possono formarsi qui nella mente.”
Spock ispirò e si concentrò di più nella meditazione. “Umani…” sussurrò, “voi umani non fate che dividere… il più grande monumento antico terrestre è un muro. Come puoi parlarmi di accettazione, quando la tua razza si è fatta la guerra per millenni e continuerà a uccidersi per altrettanti?”
Non sapeva di preciso cosa stesse toccando, sapeva solo che quel muro doveva sparire, che quelle spessissime lastre gelide non gli piacevano. Per fortuna, le barriere sembravano pensarla come lui. Anche la parte vulcaniana di Spock sembrava essere attratta da lui. Che il problema risiedesse proprio nella parte umana ma in modo diverso? Sarebbe una svolta divertente, sì, lo sarebbe. O più semplicemente… Spock aveva paura.
Si allontanò dal muro, che provò a seguirlo, per poi plasmarsi di nuovo come prima, solo che non era più una parete solo argentata, ma piena di filamenti oro. A Jim piaceva tanto…
“Hai ragione. Gli umani non hanno una storia di compassione e pace alle loro spalle… forse abbiamo più in comune con i Klingon di quello che ci piace ammettere… non conta tanto un pessimo pensiero e il desiderio di realizzarlo, quanto la tua scelta, la tua libera scelta di farlo… o di non farlo. Perché non sei una bestia sanguinaria, perché puoi scegliere. Non importa cosa, hai il libero arbitrio e nessuno può permettersi di portartelo via. Cerchiamo di imparare dal nostro passato vissuto tra ingiustizie e guerre… a cui sono sempre seguite rivolte di persone che urlavano giustizia. Capisci quello che dico? Hanno senso per te queste parole?”
Vide Spock aggrottare le sopracciglia. “Non sono logiche.”
Kirk prese ad avvicinarsi a lui, muovendo le braccia in gesti ampi e aperti nel tentativo di esprimersi. Sapeva che per un vulcaniano la gestualità umana era esagerata e sgraziata, ma sperava che comprendesse quanto ci teneva che capisse.
Si mordicchiò le labbra mentre cercava il modo migliore per continuare. Intanto guardava Spock lì seduto. E lo trovava bellissimo.
“Ammettiamo che tu pensi di volermi uccidere- sì, Spock, lo so, ma lasciami finire, focus, okay? Immagina che non puoi più sopportare il pensiero del tradimento in un legame T’hy’la, e che non trovi altra logica ragione per rimediare, tranne uccidermi.”
“Se ti uccidessi, Jim, passerei il resto dei miei giorni trascinando inutilmente il mio corpo privo di anima. Non ha senso quello che mi stai chiedendo di immaginare. È illogico e… doloroso. Il mio Katra piange al pensiero, Jim, di una vita senza di te.” Serrò i pugni, parlando piano, come se avesse davvero il timore che con un tono diverso, questo potesse avverarsi. “Non chiedermi mai più una simile cosa.”
Sentì un rumore e si girò verso il muro di prima, vedendo come l’argento si avvolgeva attorno all’oro che la sua anima aveva lasciato, trascinandolo dentro di sé. Spock che lo teneva al sicuro e lo proteggeva. Oh, non svegliate Kirk per favore, stava giusto vivendo il più meraviglioso dei sogni.
Si accucciò accanto al compagno. “Scusa, Spock.” Mormorò, avvicinandosi il più possibile ma senza toccarlo. “Non volevo ferirti. Ancora. Ma quello che voglio dirti è importante, lo è davvero. È per noi. Mi serve che tu capisca…”
Spock aprì gli occhi dopo qualche istante, puntandoli verso di lui, con tanto affetto in quel cioccolato che Jim si sentiva abbracciato e stretto forte al petto: “Se è questo che desideri… ogni tua parola, per quanto illogica, per me è preziosa. Continua.”
Mesi senza un solo cenno di affetto… e adesso a ogni respiro Spock gli cantava il suo amore. Jim ne poteva morire e lo avrebbe fatto felice. Non c’era più quel dolore alla testa… però il petto doleva.
“Non importa del pensiero di volermi uccidere. Puoi scegliere di non farlo. Questo importa, questo basta: la consapevolezza che possiamo non uccidere.”
Passarono parecchi minuti prima che Spock aprisse bocca e per tutto il tempo, Jim aveva sostenuto quello sguardo.
“Credo…” iniziò a parlare con cautela, “di poter comprendere. La mia parte vulcaniana può trovarvi la logica, almeno.”
“E la tua parte umana?”
“Lei è priva di controllo, preda dei più bassi istinti. Selvaggia…”
Perché continuava a rivolgersi a lei con tutto questo disprezzo? Jim amava ogni singola parte che componeva Spock, era quindi inconcepibile per lui che qualcuno, anche Spock stesso, non restasse affasciato dalla sua aurea.
“E unendole? Se unisci queste due parti… perché Spock, sei vulcaniano e umano.”
“Non posso essere due razze, Jim.”
“Sii solo te stesso. Sii solo Spock!”
“Questo… non è semplice. Potrebbe volerci del tempo… solo perché l’Ambasciatore Spock ha raggiunto un equilibrio… non significa che anche io sia destinato a questo. Alla pace.”
“Non ho mai detto che sarà semplice. Ma posso dirti che sarò al tuo fianco…”
“Non puoi promettermi una cosa del genere. La vita muta, è il normale processo delle cose. Pensare che i tuoi sentimenti per me possano rimanere immutati e con essi, la tua scelta, è illogico. È illudersi.”
La speranza era una faccenda umana. Così come la fedeltà. Kirk però non gli fece notare nulla di questo e lasciò da parte anche il famosissimo ‘Infinite Diversità in Infinite Combinazioni’, però sorrise, perché non si stava parlando dei terrestri o dei vulcaniani, ma di lui e Spock.
“L’unica cosa che mi convincerà che nell’universo ci sia davvero questa tua dannata logica, Spock, è che io e te continueremo a chiamarci.” Gli mise una mano sul braccio. “Spock. Io voglio sceglierti ogni volta. Ogni giorno…” sospirò piano senza abbandonare gli occhi scuri. “Ho lo stesso timore, sai? Che un giorno ti svegli e, nonostante il legame… realizzi che non senti niente per me, che sia il legame a farti credere che senti qualcosa…”
Percepì del lieve tremore attraverso la stoffa scura: “E cosa ti dà il coraggio di tentare questa folle impresa?”
Il sorriso si allargò, stendendo le labbra carnose. “Tu ne vali la pena, Spock. Che sia un’ora, una settimana o l’eternità a partire da adesso… respirerò ogni singolo istante con te.”
“Respiro il tuo tocco, Jim. E’ davvero piacevole.”
“Come per me essere qui con te.”
Dovevano semplicemente procedere a piccoli passi, infondo non avevano fretta. Avevano avuto la fortuna di incontrarsi prima di quanto dicesse il famoso destino e di prendere servizio nella Flotta in eventi tutt’altro che fortunati, non sempre le cose andavano per il verso giusto e inoltre gli ultimi mesi che sarebbero dovuti essere i più belli della loro vita, erano andati in fumo, eppure… li aveva portati qui, seduti nella condivisione del loro personale spazio di mente e anima. In un’unione che mai avrebbero potuto avere con il solo amplesso fisico. Per Jim, che era sempre stato una persona a cui piaceva toccare con mano, tutto questo era la cosa migliore che avesse mai sperimentato. Essere lì assieme a Spock, seduti l’uno dinanzi all’altro circondati da argento ed oro, era più sorprendente di qualunque altra cosa avesse mai fatto, sentito, toccato… lo completava. Ecco, era completo. Semplicemente.
La strada era davvero ancora lunga, forse davvero erano gli unici Kirk e Spock non destinati ad essere T’hy’la… forse Spock non sarebbe mai sceso a patti con se stesso… ma lo avrebbero saputo solo provando ad esplorarsi a vicenda, a conoscersi. A camminare fianco a fianco nella vita.
Spostò la mano, arrivando a toccare quella di Spock e carezzando quella pelle calda. Da quell’incontro, uscirono delle sinuose luci vibranti.
Il vulcaniano si sporse in avanti mentre Jim si piegava verso di lui, incontrandosi a metà strana con le fronti e con le labbra a pochissimi millimetri l’uno dall’altro.
“Spock.”
“Sì, Jim?”
“Mi senti?”
“Sì, ti sento.”
Kirk sorrise spalancando gli occhi e Spock rispose con un piccolo sorriso sincero e con uno sguardo carico di calore e affetto.
Potevano fare questo viaggio insieme a massima curvatura, Spock finalmente aveva risposto alla sua chiamata.
 
 
 
C’era un respiro, nella sua mente, una voce che lo chiamava in una lenta melodia preoccupata e protettrice.
Aprì gli occhi a fatica per ritrovarsi accecato dalle luci già deboli e ordinò al computer di abbassarle al due per cento. Socchiuse le palpebre e capì di essere sdraiato sulla propria branda, con Spock seduto accanto con la sua uniforme impeccabile come sempre. E che sistemava le lenzuola su di lui.
“Ti muovi molto nel sonno.”
Kirk si leccò le labbra, sentendo molta sete e non capendo perché. “Sì, lo so. Una volta Bones si è svegliato con un occhio nero.” Sorrise a mezza bocca mentre una mano del Primo Ufficiale lasciava le coperte per andare ai suoi capelli. Kirk rimase immobile, “cosa hai deciso, Spock?”
“Pensavo che ne avessimo già parlato…” sussurrò, e forse era la stanchezza o la mano che lo carezzava, ma riusciva quasi a leggere gli occhi di Spock. Adesso erano due tazze di cioccolato che andavano scaldandosi.
“Sì, ma volevo sapere se ne sei davvero convinto o se preferivi conservare quel ricordo… o crearne altri simili. Ma… di nascosto.”
Spock si alzò dal letto e Jim sentì freddo per quella lontananza. Il vulcaniano alzò ancora di più i riscaldamenti e andò al replicatore privato del Capitano, poi portò il bicchiere d’acqua a Jim che non si era mosso dal letto. Bevve velocemente, e poi posò il bicchiere replicato per terra. Spock provò un attimo di disapprovazione, che Kirk percepì.
“Il legame.”
Non sapeva chi dei due avesse parlato o se fosse stato pronunciato nelle loro menti. E questo fece venie in mente a Jim che i riscaldamenti non sarebbero serviti se Spock avesse dormito con lui. Stretti e abbracciati. Insieme. Il sopracciglio alzato di Spock gli ricordò invece che sì, legame, menti e pensieri condivisi. Tossì per l’imbarazzo, sistemandosi meglio nel letto. “Scusa”.
“Credi di essere capace di convivere con due menti?”
“Spock, siamo già un’anima. Convivere così era tutto ciò che attendevo da sempre.”
“Voi umani avete un concetto di tempo davvero illogico.”
“Oh, e questo non è niente, Spock…”
Jim sorrise come un grande quasar, avvertendo Spock nella propria testa, sotto quel sole, che immergeva una mano in un fiume.
Il comunicatore suonò e Kirk premette subito il pulsante, fu sollevato dal fatto che Spock non si fosse ritirato dalla propria mente. Anche se sapeva che sarebbe comunque rimasto lì.
“Qui Kirk.”
“Capitano.” Uscì la voce di Sulu. “Il Signor Scott dice che le ultime sostituzioni sono concluse.”
Kirk guardò il Primo Ufficiale.
“Perfetto Signor Sulu, anche il reparto medico e quello scientifico hanno ultimato gli aggiornamenti. Inizi col far risalire i membri dell’equipaggio tra tre ore. E imposti la rotta.”
“Per dove, Signore?”
“Inserisca le coordinate: alla via così!”
La voce del timoniere fece chiaramente intendere il divertimento e quanto condividesse quel pensiero. “Agli ordini, Signore.”
“Sarò in plancia tra due ore. Kirk chiudo.”
Si accoccolò di nuovo sotto le coperte, mettendosi ad arco attorno il corpo seduto di Spock, senza toccarlo, ma continuando a sorridere. Mentre Spock scuoteva la testa nel loro spazio condiviso e nel mondo reale era impassibile come sempre.
Mh forse sì, gli occorreva qualche periodo per abituarsi, ma non ci sarebbero stati problemi. Sarebbe stato divertente e stupendo.
“Ti sottoporrai a quei test?” Già, era la domanda rimasta in sospeso. “Credo che mi hai già risposto, Jim, ma desidero ancora un’ulteriore conferma.”
“Era una prospettiva allettante, sai?” Il tono basso come se pensasse ad alta voce.
Vide Spock chiudere gli occhi. “Sì, comprendo.”
“A te va bene così, Spock? Ti vado bene? Non potrò mai avviare una fusione, o fare qualunque altra cosa del genere come te… e la nave… potrei diventare il più grande Capitano che sia mai esistito… se solo avessi quei poteri…”  strinse la stoffa delle lenzuola.
Il dorso della mano calda di Spock si posò sulla sua guancia.
“Il legame T’hy’la è solo per chi è telepatico o chi ha doti simili… tu hai chiamato la mia mente, senza alcun bisogno di quelle doti. Di tutti i racconti e le poesie che hai letto, ne hai mai trovato uno che non parlasse solo di vulcaniani? Anche dopo la riforma di Surak e dopo il Primo Contatto e la nascita della Federazione… non si è mai verificato un legame così, come il nostro. E questo è solo merito della tua anima, Jim.”
Lo sapeva, e Spock gliene dava conferma, erano unici. Con la mano arrivò fino al fianco di Spock, lasciandola riposare lì, abbassando gli occhi e sorridendo, cullato dal battito di quel cuore.
Forse non era un empatico dormiente ma… solo un essere umano, con quel fare ottimista e curioso e non aveva bisogno di alcun potenziamento, essendo umano, poteva semplicemente tutto.
 
 
 
Sbarcarono dopo due ore e mezza, per salutare l’Ambasciatore Xobillty e il suo assistente Tigunk di persona, scoprendo che il Dottor Atna e lo xenobiologo Dluonno erano dovuti correre di urgenza al Centro Medico Principale. A quanto pare i test del Signor Dluonno avevano avuto successo su vasta scala e il Dottore doveva essere presente.
Xobillty premette le mani sulle braccia degli Ufficiali della Flotta e sorrise loro con fare paterno, dicendo di essere felice di averli ospitati sul suo pianeta. Jim sentì il fortissimo istinto di abbracciarlo e per fortuna rassicurò il compagno che no, non lo avrebbe mai fatto perché anche se gli era simpatico, si ricordava del suo posto come Capitano. Spock sembra sorpreso e colpito da questo. Forse vivere nella mente di un umano poteva insegnare molto di più che non l’Accademia delle Scienze di Nuova Vulcano…
“Keptin in plancia.” Trillò Chekov.
Kirk e Spock tornarono a bordo, in plancia ad attenderli c’era anche Bones, a cui Jim fece un cenno e l’amico capì, ma comunque sapeva che avrebbe voluto un resoconto- non troppo dettagliato, di come erano andate le cose. Al momento Leonard vedeva Jim e Spock vicini, sereni e con qualcosa in più rispetto a prima, qualcosa di più chiaro che finalmente è emerso da acque e barriere, e gli bastava.
L’Attendente Rand porse un PADD al Capitano, sorridendo serena. Kirk firmò e ringraziò, e lei uscì dalla plancia salutando Uhura che si stava sistemando il comunicatore all’orecchio.
Kirk respirò a pieni polmoni, sentendosi a casa. Arrivato alla poltrona si sedette, accavallando le gambe, e al suo fianco in piedi si mise il suo Primo Ufficiale.
“Signor Sulu, ci porti fuori.”
 
 
Allora Spock, quale stella hai creato oggi per me?
Tutte, Jim, sono tutte per te e la tua luce splendente come il sole.
 
 
Avrebbero continuato il loro viaggio, diretti all’esplorazione di strani mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e nuove civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo… dove nessuno, è mai giunto prima.
 
 
 
 
 
Fine
 
 
 
   
 
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