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Autore: Usagi    28/06/2017    2 recensioni
Seguito de "Il Richiamo della Terra". Per Hitomi è l'inizio di una nuova vita insieme all'uomo che ama, tuttavia tra responsabilità e una Gaea da ricostruire, il suo destino si intreccerà ancora una volta con quello dell'antico popolo di Atlantide. « E' giunto il momento di sperimentare le potenzialità della Macchina di Atlantide. » Storia revisionata al 05/2017 e attualmente in prosecuzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merle, Millerna Aston, Nuovo personaggio, Van Fanel
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Cieli di Gaea '
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The Vision of Escaflowne

«L’Ultimo Paradiso»


6
Ali grigie

« Fanelia, la terra protetta dai Draghi, è stata condotta alla rovina da colui che dai draghi ha ereditato il sangue.»



L’esplosione fu così forte che gran parte delle persone persero l’equilibrio e caddero.
Bastarono pochi attimi perché si generasse il caos.
Van restò immobile per qualche istante, sovrastato da quanto stava accadendo. I generali al suo fianco sguainarono immediatamente le spade. Il suo primo pensiero fu di raggiungere Hitomi.
Millerna era caduta e Merle stava cercando di sollevarla, impacciata anche lei dalle sue vesti eleganti e troppo lunghe a cui non era di certo abituata. Hitomi era stata immediatamente accerchiata dalle guardie che si trovavano nelle sue più immediate vicinanze. L’ordine era che la conducessero al sicuro, ma i soldati erano disorientati da tutta quella confusione. Van non fece in tempo a cercare di avvicinarsi ad Hitomi che al centro del piazzale piombarono i guymelef ornamentali di Basram. Non avevano mantelli come quelli di Zaibach ma erano comunque in grado di volare. Erano stati tratti in inganno. Gli energyst che li alimentavano erano stati adeguatamente camuffati per non essere visti, fino a quel momento.
Non c’era più alcun dubbio.
Tutto questo era familiare. Era stato lo stesso attacco che Zaibach aveva ordito contro Asturia, rompendo l’alleanza nella maniera più vigliacca possibile. Piombando contro di loro durante le nozze della Principessa Millerna. Avevano usato la stessa tattica di allora. Aveva visto lui stesso quelle armature, non sembravano possedere degli energyst. Le gemme ornamentali dovevano essere state sostituite durante la notte.
« Maestà, dobbiamo prendere i nostri guymelef! »
L’urlo dei suoi generali lo scosse. Non poteva permettersi di indugiare ulteriormente, doveva rispondere all’attacco.
Volse uno sguardo alla ricerca di Hitomi. Tutto il drappello che l’accompagnava non c’era più.
Neanche lei. Chiamando l’Escaflowne, sentì il legame con il Drago riattivarsi con forza.

Una delle guardie la prese per un braccio e cominciò a condurla lontano da lì.
Cercò di protestare ma fu inutile, non riuscì neanche lei stessa ad udire le proprie parole.
Si era appena allontanata dal cortile insieme a Millerna e a Merle e già iniziava a sentire i suoni del combattimento.
Come era potuto accadere?
L’intuizione era arrivata subito dopo.
I guymelef ornamentali che Basram aveva portato in dono. Aveva visto distrattamente le grandi armature piombare nel cortile poco prima che venisse portata via. Il frastuono era stato ancora più forte del precedente e aveva fatto scatenare il panico.
« Dove sarà Dryden? E il principe Cid?! Erano proprio lì quando sono piombati i guymelef! »
La voce preoccupata di Millerna la raggiunse. Anche lei veniva scortata dall’altra guardia, Merle riusciva a stare comunque dietro ed era visibilmente preoccupata.
Nonostante si stessero allontanando dal fulcro della battaglia, molte persone avevano iniziato a correre in tutte le direzioni rendendo difficoltoso scappare.
Tutti loro si aspettavano un attacco imminente, ma niente avrebbe potuto far credere loro che avrebbero utilizzato una strategia di quel tipo. In fondo, il reggente di Basram era proprio lì, in mezzo alla folla, in mezzo a tutti gli altri.
Hitomi continuò a correre, mentre nonostante il panico cercava di continuare a pensare.
« C’erano molte guardie, vedrai che staranno bene anche loro. »
La propria voce non riuscì a convincere neanche lei stessa.
Si sentì un nuovo frastuono che fece tremare le mura del castello.
La battaglia era già iniziata.

A niente era valsa la preoccupazione di mettere i guymelef di Basram lontani da dove si sarebbe svolta la cerimonia. L’inganno era stato orchestrato bene, persino per lui, che aveva tentato con ogni modo di proteggere il suo castello.
Sollevandosi in volo, sentì l’Escaflowne pulsare di energia. Condivideva la sua rabbia e la sua frustrazione.
Dall’alto, riuscì a vedere la situazione con maggiore chiarezza.
Dei sei guymelef che erano piombati nel cortile, due si erano appena librati in volo per inseguirlo. Cercò di pensare a mente lucida faticando a riconoscere quella tecnologia.
Era la stessa che aveva sviluppato Zaibach e al contempo c’era qualcosa di diverso. Le armature erano più piccole e quello era stato il principale fattore che era riuscito a trarli in inganno, innanzitutto. Non aveva mai visto dei guymelef così piccoli funzionare. Uno di loro era grande meno della metà del suo Escaflowne, questo però li rendeva inevitabilmente più agili.
Il gazebo e l’area dove avrebbero dovuto svolgersi le nozze erano già in fiamme. Furioso, iniziò subito ad ingaggiare battaglia con il primo guymelef che era stato in grado di raggiungerlo.
Direzionando l’Escaflowne in modo da sferrare un fendente orizzontale contro l’armatura nemica, questa riuscì ad allontanarsi di colpo. Van realizzò in quel momento che essi non avevano alcuna arma con cui attaccarlo. Con un insperato vantaggio, Van tentò con tutte le sue forze di sferrare attacchi multipli, ma non riusciva ad andare a segno. Come aveva temuto, il guymelef di Basram, rossi come quelli che al tempo aveva pilotato il miglior condottiero di Zaibach, era estremamente veloce.
Venne raggiunto da un altro guymelef che si posizionò accanto al compagno. Anche lui era privo di arma, restarono semplicemente fermi, in aria, in attesa di una sua mossa.
A Van non importò e continuò ad attaccare.

La prima reazione che aveva avuto Dryden era stata quella di prendere con sé suo nipote, il Principe di Freid e allontanarsi dal pericolo incombente.
Non aveva potuto fare a meno di notare che allo scoppiare del caos, una sola persona era rimasta ferma, immobile, a continuare ad osservare in direzione di Hitomi.
Rakos Athiss di Basram.
Il reggente di Basram, colui che era riuscito abilmente a sottrarsi al confronto e che si era presentato tranquillamente in quell’evento. La tranquillità che aveva visto nel suo sguardo e la soddisfazione nel suo volto erano stati così evidenti che Dryden si sorprese di quanto fossero stati tutti degli ingenui a lasciare che si fidassero di lui.
Aveva compiuto delle ricerche su quell’uomo e aveva provveduto ad informare anche Van di quello che era stato il passato di quell’uomo. Nonostante la scarsità di informazioni al riguardo, Rakos aveva lasciato il suo regno per andare a studiare la tecnologia Zaibach e diventare un alchimista al servizio di Folken Fanel.
Van aveva annuito gravemente, e gli aveva mostrato un oggetto curioso che aveva ricevuto dall’uomo camaleonte.
Nonostante la sua curiosità, Van aveva spiegato che quell’oggetto apparteneva a nient’altri che a suo fratello.
Il Re di Fanelia aveva visto con i propri occhi la morte del fratello e lo aveva seppellito lui stesso.
Quello che vide lo sconcertò.
Rakos si levò la parte superiore della sua elegante tunica e restò a torso nudo.
Qualche istante dopo, sul dorso sbucarono delle ali, le stesse di quelle di Van, ma di un colore diverso.
Erano grigio scuro.
Prima che potesse dire o anche solo pensare a qualcosa, Rakos aveva allargato le spalle e aveva spiccato il volo.

Hitomi fu costretta ad arrestarsi quando raggiunsero la foresta alle spalle del castello.
Con il fiatone e i piedi doloranti per aver corso con scarpe non adatte alla fuga le guardie allentarono il passo e si guardarono intorno.
« Non preoccupatevi vostra altezza, qui sarete di certo più al sicuro che dentro il palazzo. »
Strinse i pugni, cercando di calmare la sensazione di oppressione nel petto.
I suoni della battaglia si erano fatti più lontani ma di certo il caos aveva procurato ingenti danni e chissà quanti feriti.
« Millerna, stai bene? »
La voce di Merle la riscosse dai suoi pensieri. Millerna si era stretta alla gatta e stava tremando.
« E’ stato come quella volta, ad Asturia. »
Hitomi comprese immediatamente e sbarrò gli occhi. Comprese immediatamente la paura nello sguardo di lei. In quell’occasione Dryden era stato ferito gravemente e c’erano stati molti morti. Il motivo per cui i soldati della fortuna potenziata erano arrivati a seminare tanta distruzione era per trovare lei. Era riuscita a fermarli solo quando aveva deciso di andare con loro, ponendo fine alla battaglia.
Doveva essere preoccupatissima per le sorti di suo nipote e per quelle di suo marito. Non potevano di certo prendere parte alla battaglia come di certo aveva fatto Van.
Van. Chissà contro chi stava combattendo.
Contrariamente alle sue preghiere e alla sua volontà, ogni cosa si era svolta nel peggior modo possibile.
Sentì sfrecciare qualcosa oltre gli alberi. Vide la sagoma dell’Escaflowne nel cielo sfrecciare in direzione delle montagne. Poco dopo vide altri due guymelef rossi intenti ad inseguirlo.
La preoccupazione le serrò il respiro.
« Signorino Van! »
Merle aveva urlato, ma le guardie la intimarono di tacere.
Si voltò, udendo un fruscìo nell’erba.
« Dobbiamo nasconderci nel fitto della foresta, così ci è stato detto da sua Maestà. »
Millerna annuì e dopo aver recuperato un po’ del suo coraggio iniziò ad avanzare.
« Hitomi? »
Sentì il suono della sua voce, ma Hitomi rimase immobile, incapace di parlare. Millerna, Merle e le guardie seguirono il suo sguardo.

Si portò una mano alle labbra, incapace di credere a ciò che i suoi occhi stavano vedendo.
Il reggente di Basram stava d’innanzi a loro. Le ali spalancate. Hitomi indietreggiò di un passo e quando le guardie reagirono, immediatamente si frapposero fra di loro con le spade alte e rivolte verso l’uomo.
« Quelle ali! » era stata Merle a parlare, in un soffio, visibilmente scioccata anche lei.
Millerna stava trattenendo il fiato, come lei.
« Vieni con me, Hitomi. » sollevò una mano, con la stessa tranquillità di chi offre un ballo.
« Voi non siete forse il reggente di Basram? » chiese una guardia, ma l’uomo lo ignorò.
Hitomi notò che era disarmato.
« Che cosa vuoi da Hitomi? » esclamò Merle, muovendo un passo. Era stata l’unica in grado di rispondergli.
L’uomo rivolse a malapena uno sguardo di sfuggita alla donna-gatto e incurvò le labbra in un sorriso sghembo.
Le guardie lo attaccarono simultaneamente, ma le loro spade s’infransero contro qualcosa d’invisibile. Con una sottile vibrazione, l’uomo camaleonte riapparve, proprio come se fosse stato sempre lì, invisibile agli occhi. Aveva due pugnali fra le mani e il suo corpo era totalmente nudo e pronto al combattimento. Iniziò a fronteggiare le guardie, in simultanea.
Millerna si accostò a lei. « Devi scappare, adesso. »
Hitomi si guardò intorno, osservando la foresta aprirsi d’innanzi a lei. Quante probabilità aveva di sfuggirgli?
L’uomo, forse intuendo i suoi pensieri, mosse un passo in sua direzione. Merle cercò di avventarglisi addosso, tentando di graffiarlo. Finì sul suo braccio, ma non fece in tempo ad utilizzare il suo stesso slancio che questo la scaraventò di lato, facendola rovinare al suolo.
« Merle! » Hitomi cercò di andare verso di lei, ma Millerna la trattenne afferrandola per le braccia.
« Vai! Adesso! » le disse, portandosi davanti a lei. Hitomi non riuscì a muoversi e la Principessa di Asturia si voltò per guardarla. « Guadagneremo tempo per Van, vai! » le attraversò l’ombra di un sorriso, un misto di fiducia e preoccupazione al contempo che costrinse Hitomi a voltarsi.
Iniziò a correre, sollevando la veste fin sopra le ginocchia.
Non si voltò indietro, e iniziò a prendere una strada non ben definita. Il suo unico scopo era quello di infilarsi dentro gli alberi e perdersi nel fitto della foresta, così da rallentare la sua inevitabile cattura. Ignorò il dolore che i propri piedi stavano provando e l’urgenza la spinse a dare fondo alle sue energie e alla sua velocità.
Van! Aveva bisogno di lui. In fondo, lei non aveva alcun potere che avrebbe potuto fermare quell’uomo.
Non c’erano più dubbi su chi fosse il vero nemico da fronteggiare.
Quelle ali... erano le stesse di Van. Come poteva essere possibile?

Aveva abbattuto uno dei guymelef semplicemente andandosi a scontrare all’ultimo momento e facendolo precipitare in direzione della foresta. L’altro continuava a braccarlo e ad inseguirlo, senza però contrattaccarlo. Era una strategia logorante e che non stava portando ad alcun risultato da entrambe le parti. Gettando uno sguardo dal basso, i suoi uomini e lo Scheherazade di Allen stavano fronteggiando gli altri quattro nemici che erano rimasti al suolo. Notò che quest’ultimi stavano ingaggiando battaglia con delle spade lunghe e grandi più delle armature stesse.
C’era qualcosa che non andava.
Perché non lo stavano attaccando, limitandosi soltanto a seguirlo e a difendersi?
Il caos che era scoppiato aveva disperso le sue forze e concentrato i suoi uomini a difendere il castello. Apparentemente, la battaglia era concentrata lì nel cortile interno, ma allora...?
Con un timore crescente, andò in picchiata, avvicinandosi pericolosamente verso il terreno.
« Van! Van! »
Vide le braccia sollevate di Dryden cercare di attirare la sua attenzione in un angolo del cortile. Cercò di muoversi verso di lui ma il guymelef rosso glielo impedì.
Non aveva altra scelta, comprese. Doveva attaccarlo. Quello, semplicemente, tornò a difendersi rimanendo a debita distanza in modo da evitare i suoi colpi.
Anche qui, doveva cercare di essere più veloce di lui. Il nemico doveva aver compreso che avrebbe di certo usato la tattica che aveva portato l’Escaflowne ad abbatere il suo compagno, e si tenne ben cauto. Tentando di trovare un’apertura a destra, qualcosa attraversò il suo campo visivo.
Sconcertato, sbatté gli occhi per accertarsi che quello che vedeva fosse reale.
Piume. Proprio come quelle sue, ma grigie, simili a quelle che aveva avuto suo fratello.
Con disperazione crescente, comprese. Era stato ingannato. Tutti loro lo erano stati.
Hitomi!
Volgendo lo sguardo in direzione della foresta vide una sottile striscia di fumo sollevarsi lì dove era precipitato il guymelef. Aveva dato ordine affinché Hitomi venisse condotta verso le montagne oltre la foresta.
Come aveva potuto essere così stupido?!
« Più veloce, Escaflowne!! » urlando, l’Escaflowne ripiegò le ali all’indietro e l’energyst verde brillò di energia lasciando una scia di luce. L’aumento della velocità rischiò di rimandarlo indietro, proprio come quando era riuscito a fuggire da Zaibach portando Hitomi e Allen con sé.

« Merle! Merle, rispondimi! »
La voce di Millerna la riscosse dal suo sonno. « Cosa? »
La Principessa di Asturia tirò un sospiro di sollievo. « Meno male, non sei ferita. Le guardie non sono state altrettanto fortunate. »
La donna-gatto si sollevò sulla schiena guardandosi intorno. Le due guardie erano riverse a terra, ferite, ma ancora vive.
« L’Escaflowne è qui! Hitomi? »
Millerna scosse il capo. « Van è andato a cercarla. »
Solo in quel momento Merle si accorse delle piume bianche che vorticavano lievemente intorno a loro, posandosi sul terreno.

Non seppe per quanto tempo corse, ma sapeva che non sarebbe potuta andare lontano. Il vestito si era infine lacerato in più punti e le scarpe le si erano sfilate e stava correndo scalza.
Millerna, Merle: chissà come stavano. Le aveva lasciate indietro nonostante non avesse voluto farlo davvero.
Sbattè contro una pietra e il dolore alle dita la fece urlare di dolore ed inciampare. Finì al suolo, con le mani in avanti a coprire la faccia. L’erba riuscì ad attutire l’impatto, in qualche modo.
Cercò di rimettersi in piedi e sbattè contro qualcosa. Soffocando un’esclamazione si trovò ai piedi dell’uomo camaleonte.
Quello rimase fermo al suo tentativo di allontanarsi, perfettamente calmo.
« Non ha più senso fuggire. »
Si voltò dal lato opposto: il reggente di Basram stava di fronte a lei, con le ali grigie spiegate.
« Che cosa avete fatto a Millerna e a Merle? »
L’uomo la guardò come se fosse sinceramente sorpreso di quella domanda.
« Non è mia intenzione fare del male a chi non può difendersi. Eppure, devo rimuovere gli ostacoli sul mio cammino. »
Hitomi spalancò gli occhi e perse colore sul volto.
« Non ho fatto loro del male, se è questo che vi preoccupa, Hitomi Kanzaki. »
C’erano molte cose che la preoccupavano, ma a quel punto non aveva più importanza.
« Il mio nome è Rakos, sono il reggente di Basram. »
Hitomi riuscì a sollevarsi in piedi. Alle sue spalle l’uomo camaleonte restava silenzioso, in attesa.
Van. Van!
« So chi siete. Non dovreste avere quelle ali. »
« Infatti, ma attraverso la forza dei propri desideri il destino può essere cambiato. »
Hitomi si sentì raggelare. L’uomo aveva corti capelli scuri e occhi color del mare in tempesta. Nonostante quello che le stava dicendo con molta calma, riusciva a percepire una forte volontà dietro le sue parole.
« Come hai fatto? » chiese, muovendo un passo laterale. Lui volse uno sguardo alle sue spalle. L’uomo camaleonte con uno scatto le serrò le braccia con le sue fredde mani. L’aveva bloccata.
« Lasciami andare! »
« Mi dispiace costringervi contro la vostro volontà, ma sono certa che cambierete idea una volta che saprete ogni cosa. » Rakos di Basram sembrava davvero contrito e il suo tono era calmo.
Hitomi cercò di divincolarsi, ma la presa dell’uomo camaleonte era ferrea.
« Non opponete resistenza, Prescelta. » il tono neutro dell’uomo camaleonte riuscì a dissuaderla da ulteriori tentativi. Stava solo facendosi del male.
Van. Dove sei?
« L’imperatore Dornkirk era un terrestre, proprio come voi. »
Hitomi lo sapeva già, ma si stupì comunque che una simile verità fosse a lui conosciuta da quell’uomo.
« Egli credeva erroneamente di poter usare e controllare il potere di Atlantide per i suoi scopi. Era ossessionato dal destino e dalla possibilità di prevederlo e controllarlo. Tuttavia, con quel suo corpo, non avrebbe potuto fare altro che guardare. » lo vide sorridere e seppe che Rakos di Basram lo aveva odiato fino a quando l’Imperatore di Zaibach aveva avuto vita.
Hitomi continuò ad ascoltarlo.
« Aveva compreso che voi foste l’elemento indeterminante, ma non aveva mai pensato alle implicazioni di un simile potere. »
Hitomi scosse il capo. « Che cosa volete dire? »
« Non possiamo controllare il potere di Atlantide, ma possiamo far rinascere quelle antiche linee di potere, la stirpe degli uomini che crearono questo pianeta con la forza dei loro desideri. È solo un altro modo, per arrivare al medesimo scopo, quello più sicuro. »
Che cosa?!

L’uomo camaleonte si volse di scatto verso il fitto della foresta percependo l’arrivo di un attacco imminente. Qualche istante dopo emerse la figura di Van, con le ali spiegate e con la spada in pugno, pronto ad attaccare per liberare la ragazza che tratteneva contro la sua volontà. « Hitomi! »
Le si voltò. « Van! » sorpresa, cercò di divincolarsi ancora una volta ma l’uomo camaleonte la rinnovò la stretta sulle sue braccia, impedendole di muoversi. Cercò di allungare le braccia, senza alcun risultato.
Vide Van caricare direttamente l’uomo-camaleonte con tutto il suo corpo nel tentativo di liberarla, grazie alla spinta delle ali aveva acquisito nuova velocità ma non servì. La creaturà non poté far altro che lasciarla andare, ma la sua libertà durò ben poco. Si ritrovò tra le braccia di Rakos, afferrata per le spalle. Lui aggrottò le sopracciglia e lo vide scuotere il capo, senza nulla dire.
La spada di Van incontrò il vuoto: l’uomo-camaleonte era riuscito a spostarsi in tempo. Il Re di Fanelia però stava guardando in un’altra direzione.
« Lasciala andare immediatamente! »
Rakos allargò le sue ali. Hitomi comprese che voleva fuggire anche lui in quel modo, utilizzando le sue ali.
« Lasciami andare, non verrò con te! »
Rakos abbassò le mani, fino a raggiungerle la vita. La strinse all’altezza dello stomaco. Sentì le gambe cederle dalla paura.
Van continuava a lanciarsi contro l’uomo camaleonte. Il volto era contratto in una smorfia di preoccupazione e al contempo di determinazione. Sapeva di essere in minoranza e che il suo avversario stava tentando di guadagnare tempo per favorire la fuga del proprio padrone. Tuttavia, non aveva la minima intenzione di arrendersi.
Hitomi non aveva smesso di dibattersi, nel tentativo di guadagnare la libertà. La presa di Rakos però, era estremamente salda. Tuttavia, cominciò a prendersi di panico. Comprese di avere poco tempo e di non avere molte speranze quando i suoi gesti iniziarono a divenire disperati.
Quello sarebbe dovuto essere il giorno più lieto della sua vita. Niente avrebbe dovuto turbare quella pace. Sapeva di essersi impegnata tanto per ottenerla e che a quel punto aveva meritato il periodo di serenità dopo la guerra contro Zaibach e il destino di distruzione che ne era seguito. Quell’uomo non era poi tanto diverso dall’Imperatore Dornkirk. Aveva uno sguardo audace ma al contempo era dominato da una estrema calma che lo rendeva sicuro delle sue azioni e certo della sensatezza delle motivazioni che si celavano dietro i suoi desideri. Anche lui, come avevano tentato altri prima, avrebbe cercato di utilizzarla per i suoi scopi, senza neanche tenere in considerazione la propria volontà? Era inaccettabile. Se esisteva davvero un destino maledetto su Gaea, quello era il suo. Perché, perché doveva essere costretta ad essere al centro dei conflitti?
“E’ inconcepibile! Non potete prendere in sposa un’appartenente alla stirpe maledetta!”
“Gli uomini draghi divini sono le creature demoniache che segnarono la fine di Atlantide.”
“Volete che anche Fanelia vada incontro alla distruzione?”
“Non possiamo approvare assolutamente questo matrimonio, Vostra Maestà.”

Era per quello. Comprese, mentre rivedeva i volti dei consiglieri del padre di Van, Gou Fanel, osteggiare le pretese del Re. Il padre di Van aveva amato profondamente Varye, al punto tale da sfidare le leggi e le tradizioni pur di farla divenire la sua regina. Folken e Van erano nati da quell’unione, ereditando le ali e metà della discendenza della stirpe degli uomini-draghi-divini. In fondo, intuì, cos’era lei stessa? Una terrestre, proprio come lo erano stati gli uomini che per mezzo dei loro desideri erano stati in grado di farsi crescere delle ali sul dorso. Lei, come loro, non apparteneva a Gaea.
Per questo motivo ogni volta che provava a restare con Van qualcosa arrivava puntualmente ad ostacolarli.
Rakos si tese, pronto a spiccare un salto per darsi lo slancio.
« Hitomi, no!! » vide Van volgersi verso di lei, cercando con tutte le sue forze di raggiungerla, ma lo sapeva benissimo che l’uomo-camaleonte non gli avrebbe concesso terreno.
Sentendosi completamente incapace di reagire, venne vinta dalla disperazione. Sentì le lacrime iniziare a bruciare, impigliate fra le sue ciglia.
“Io non voglio essere protetta se le condizioni sono queste!”
La luce emessa dal suo ciondolo illuminò ogni cosa.
Tuttavia, fu in grado anche di creare una forza propulsiva. Sentì l’energia provenire dal centro del suo petto e scagliarsi con forza in avanti, facendola urlare per lo sforzo.
La presa contro di lei venne meno e sentì la voce familiare di Van urlare qualcosa in sua direzione. Probabilmente la stava chiamando. Cercò di aprire gli occhi, ma la luce era troppo intensa anche per lei. Stava succedendo nuovamente, si disse. Quella era la stessa colonna di luce che avrebbe potuto portarla a casa, sulla terra. Sentì una fitta da qualche parte, al centro del petto. L’essenza di Gaea che abitava dentro di lei si riscosse.
Sentì formulare dentro di sé una domanda, la stessa essenza gli diede una risposta.
E poi, lo vide.
Il destino che Rakos di Basram voleva costruire attraverso la volontà espressa dalla forza del proprio desiderio.
La Valle dell’Illusione ricostruita, dotata di nuova prosperità. Il vociare allegro degli abitanti che conducevano serenamente le loro vite. Ognuno di loro aveva un paio d’ali, candide come la neve. E poi, comprese. C’era anche la Torre. La torre che accentrava il flusso della loro energia, la stessa energia che dava vita a tutta Gaea.
La carta della torre.
La distruzione.
Di quel futuro lei ne avrebbe fatto parte? E Van?
No, si disse. Quello non era che una pallida imitazione di un passato le cui conseguenze erano destinate a ripetersi, in ogni caso.
Fluttuando in quello spazio senza tempo, Hitomi vide le fiamme sollevarsi, la torre colpita da un fulmine e distruggersi. Il caos iniziare a dilagare e a divampare per tutto il pianeta.
« Non voglio più vedere queste cose. »
Dirlo per l’ennesima volta, suonò inutile persino a lei. Non servì comunque a placare il dolore alla vista di tutta quella morte. Servì solo a renderla furiosa.
Oramai aveva compreso che per quanto potesse odiarlo, le visioni sarebbero arrivate comunque, cariche di significati che sul momento risultavano incomprensibili.
Doveva esserci un motivo per cui quella visione, su tutte, continuava a mostrarsi con tanta forza.
Una luce attirò il suo sguardo e comprese che quella era la via per uscire fuori da quella visione.
La prese, senza indugiare.

L’impatto era stato così forte che era stato coinvolto anche lui.
Era stato sbalzato a terra a diversi metri di distanza da dove aveva combattuto l’uomo camaleonte.
La luce aveva brillato per pochissimi secondi, ma lui aveva visto da dove questa provenisse. Il ciondolo di Hitomi.
Riaprire gli occhi gli costò molta fatica e sforzo. Non aveva mai visto una tale energia sprigionarsi con tale intensità dalla ragazza. La testa era pesante e gli occhi impiegarono qualche secondo in più per rimettere a fuoco l’ambiente.
Vide la foresta sopra di lui e cercò di ignorare il fatto che la testa gli girasse e che il suo corpo fosse come intorpidito. Rimettendosi seduto si guardò intorno, alla ricerca febbrile di Hitomi. Nonostante la confusione che aveva rallentato i suoi movimenti, la lista delle sue priorità era estremamente chiara.
Non impiegò molto a trovarla.
Poco dopo, sentì la sua ira crescere.
Vide Rakos piegarsi per afferrare Hitomi dalla schiena e sotto le spalle. Era svenuta.
Lui era perfettamente incolume. Comprese subito il perché. L’uomo camaleonte, all’ultimo momento, aveva ignorato il pericolo costituito dal Re di Fanelia ed era riuscito a frapporsi fra il suo padrone e la grande energia, venendo colpito in pieno. Protetto in quel modo, Rakos di Basram era stato il primo a sollevarsi in piedi e a reagire. Non degnò neanche uno sguardo al compagno riverso a terra che si era sacrificato per lui.
L’uomo camaleonte giaceva riverso al suolo, privo di conoscenza.
Non portarla via. No!
Digrignando i denti per la rabbia tentò di puntellarsi con la spada che aveva fortunatamente ancora in mano.
« A-Aspetta. »
Barcollando, cercò di rimettersi in piedi.
Rakos si voltò, degnandogli a mala pena di metà del viso e un quarto della sua attenzione.
Lo sottovalutava, comprese. Lo sottovalutava nonostante fosse stato così vigliacco da farsi proteggere da un uomo camaleonte.
« Non ti permetterò di portarla via. »
Vide nel suo volto l’accenno di un sorriso.
« So perfettamente che intralcerete i miei piani, Re di Fanelia. È per questo che vi ho sfidato qui, nel cuore del vostro regno, per farvi comprendere che io non vi temo. »
« Maledetto! Quelle ali... »
« Vi ricordano quelle di vostro fratello non è vero? »
Van trasalì.
« Anche queste diverranno nere e mi condurranno alla morte. Ma io, a differenza di vostro fratello, so già cosa desidero e come impiegare il tempo che mi rimane. Attraverso questa ragazza riuscirò a ricreare la stirpe di Atlantide e allora, sarò in grado di ricreare quel mondo meraviglioso senza che esso venga corrotto dall’avidità. »
Van, incredulo, mosse un passo. Cercò di trascinarsi, ma il potere che Hitomi aveva riversato, certamente per tentare di proteggersi, gli aveva quasi fatto perdere conoscenza, adesso era completamente inutile. Avrebbe dovuto guadagnare tempo.
« Tu sei completamente pazzo, proprio come l’Imperatore Dornkirk prima di te. È una follia. »
Rakos scosse il capo.
« Ed è qui che vi sbagliate, Vostra Maestà. » rispose, con tono calmo. Hitomi giaceva immobile fra le sue braccia e non dava segni di risveglio. « Ho tentato di seguire le orme di vostro fratello, ma egli era troppo superbo per accogliere uno degli alchimisti di Zaibach al suo fianco. Così, ho atteso, con pazienza. Fino a quando non l’ho visto precipitare, nell’insulso tentativo di uccidere colui che lo aveva creato. È stato allora che ho avuto la mia occasione. »
Van avrebbe voluto avere più forza per poterlo attaccare e farlo tacere definitivamente. Riuscì solo a tenersi in piedi, pregando che arrivasse qualcuno al più presto.
Rakos si preparò a sollevarsi in volo, dando un colpo di ali per assestarsi.
« Fermo! »
Ma lui lo ignorò e pose fine in quel modo al breve scambio.
Con uno slancio, le ali si allargarono e sferzarono l’aria concedendogli un movimento in verticale che iniziò a sollevarlo per qualche metro di distanza.
Le sue ali, invece, erano ripiegate e pesavano dolorosamente sulla schiena. Sollevando un braccio, colmo di disperazione, finì per ricadere sulle ginocchia, urlando il nome della donna che amava.
Non poté fare altro che lasciare che la portasse via, straziato per essere stato, di nuovo, inutile.
Con gli occhi umidi di lacrime, Van si lasciò andare al suolo, cadendo sulle ginocchia, le mani strette in pugno. Continuò a sfogare la sua frustrazione e la sua disperazione, battendo i pugni chiusi sul terreno e urlando lì, ai margini della foresta dei draghi. 
Le piume grigie iniziarono a vorticare intorno a lui ricadendo delicatamente al suolo.
Tra le dita della sua mano destra, però, si era ritrovato il ciondolo di Hitomi. Avrebbe dovuto averlo lei, al collo.
Non emetteva più alcuna luce.

« E’ stato un atto di guerra, vostra Maestà! »
« Questa volta Fanelia non si piegherà più nell’attesa di essere salvata dai regni alleati! »
« Rapire la vostra promessa sposa nel giorno delle vostre nozze rappresenta il peggior affronto che un sovrano alleato possa compiere! »
« Dobbiamo prepararci alla battaglia! Asturia e il Principato di Freid saranno certamente al nostro fianco! »
« Non avremmo mai dovuto fidarci di Basram! »
Van continuava ad ascoltare tutto, senza pronunciare una parola.
Il consiglio si era riunito quasi subito, non appena era stata ristabilita una relativa calma.
I danni al castello erano stati minimi, i feriti pochissimi, per miracolo non era perito nessuno. Con il diffondersi della notizia della scomparsa di Hitomi, portata via dal Reggente di Basram, era stato subito chiaro come il sole che l’attacco altro non era stato che un pretesto per seminare il panico e permettere di rapire la futura regina. Il loro piano di sicurezza aveva rappresentato la falla più grande. Portare Hitomi lontano dal luogo della battaglia era stato stupido. Avrebbe dovuto tenerla vicino, non importa quante guardie avesse avuto intorno. Non avrebbe dovuto lasciarla da sola.

A Dryden era stato concesso di partecipare al Consiglio in rappresentanza di Asturia e Allen si era unito su espressa richiesta del Principe Chid, che si era slogato una gamba, durante la fuga. Aveva avuto completa fiducia nel Cavaliere Celeste, certo che avrebbe saputo dare il suo contributo anche in assenza del Sommo Voris che non aveva alcuna intenzione di lasciare le cure del suo principe a nessun altro.
Il silenzio del Re di Fanelia era più eloquente di qualsiasi parola. Allen poteva solo lontanamente immaginare quali fossero i pensieri di Van, in quel momento. Era per questo che non aveva ancora detto niente, certo che quella sofferenza non avrebbe tardato a manifestarsi. Van era maturato molto se in qualche modo era riuscito a mettere da parte i suoi sentimenti e a sforzarsi di comportarsi come un sovrano. Ai tempi di Zaibach sarebbe di certo salito sul suo Escaflowne e avrebbe inseguito gli assalitori in capo al mondo, ma i suoi atteggiamenti erano cambiati molto da quando era ritornato a proteggere il suo regno. Era proprio per Fanelia che adesso Van doveva restare, a proteggere prima di tutto il suo popolo.
« Ho già mandato i miei emissari a Palace affinché avvisino dell’imminente pericolo. Saremo pronti a fare la nostra parte e saremo pronti a respingere gli invasori. »
Il Cavaliere Celeste si voltò. Era stato Dryden a parlare.
Van avrebbe dovuto dire qualcosa a quel punto ma si sollevò in piedi, poggiando entrambe le mani sul tavolo.
« Rakos di Basram ha gli stessi folli piani dell’Imperatore Dornkirk ed essendo stato un alchimista al servizio di Zaibach non si esclude che possieda la conoscenza tecnologica per realizzare i suoi piani. » la sua voce calma destabilizzò l’atmosfera del consiglio. Il Re di Fanelia era... svuotato di ogni energia mentale oltre che fisica.
Allen fece un passo avanti, annuendo.
« Confermo quanto detto da sua Maestà. I guymelef che abbiamo affrontato oggi ne sono un esempio. Essi non sono concepiti per l’attacco ravvicinato ma possiedono una velocità che supera di gran lunga i modelli costruiti per fronteggiare l’Escaflowne. »
Non disse che uno di quelli, il guymelef rosso che aveva portato la distruzione proprio in quel luogo, era stato pilotato da sua sorella, nei panni di Dilandou Albatou, si trovò a stringere le mani cariche di frustrazione.
« La principessa Hitomi potrebbe diventare una merce di scambio per soddisfare le pretese di Rakos di Basram. Non possiamo concedergli un simile vantaggio. Dobbiamo trovare il modo di liberarla. »
Van abbassò il capo, le mani strette in pugno non si mossero dal tavolo.
« I prigionieri? »
Fu uno dei generali a parlare.
« Non hanno ancora ripreso conoscenza. Alcuni di loro sono rimasti feriti. L’uomo illusore è incolume, ma non ha ancora ripreso conoscenza. »
Van fu glaciale. « Occorre comprendere le intenzioni di Basram. Quando saranno pronti per essere interrogati fatemelo sapere. »
Si mosse per raggiungere l’uscita, senza degnare di uno sguardo alcuno.
Alcuni dei samurai di Fanelia si guardavano tra loro, altri scossero la testa ma nessuno decise di aggiungere altro.
Anche loro riuscivano a capire quali fossero i sentimenti del loro sovrano.

« Signorino Van. »
La voce di Merle lo riscosse dai suoi pensieri. Era già il tramonto. Un intero giorno era trascorso, in un modo o nell’altro.
« Merle. » si volse, guardando la ragazza gatto con il capo chino e le mani intrecciate all’altezza dello stomaco in una posizione contrita.
« Non sono stata in grado di mantere la promessa che vi ho fatto, Signorino Van. » la gatta era sul punto di piangere.
Van scosse il capo e si fece vicino. « Non è colpa tua, anche Millerna ha detto che hai fatto del tuo meglio, adesso non dovresti fare altro che riposare. »
Merle sollevò finalmente il capo, gli occhioni ricolmi di lacrime che cercava di trattenere.
« Perché quell’uomo aveva le vostre stesse ali? »
Van non rispose immediatamente, strinse i pugni.
« Temo che quell’uomo abbia utilizzato su di sé la macchina di mutazione del destino, proprio come l’Imperatore Dornkirk ha fatto con mio fratello. »
Merle sobbalzò, sorpresa e sconcertata dalle parole.
« E questo che cosa significa? »
« Che non discende dal popolo di Atlantide come mia madre o me. Ha tentato di assumerne le sembianze, utilizzando in qualche modo mio fratello e la macchina di modifica del destino di Zaibach. »
Merle spalancò la bocca e non riuscì a parlare. Se la sorella di Allen era stata tramutata in un uomo a seguito degli esperimenti che gli alchimisti di Zaibach avevano praticato su di lei, quell’uomo – che altri non era che uno di loro – cosa era stato in grado di fare con il corpo di Folken?
Lei non era stata presente durante gli eventi della guerra, ma sapeva chiaramente cosa era successo.
« Dobbiamo liberare Hitomi, non possiamo lasciarla nelle mani di quell’uomo! » cercò di non pensare volutamente a cosa avrebbe potuto farle.
Van annuì, ma non replicò.


« L’avrà condotta a Basram? »
« Non è da escludere, ma sarebbe una scelta troppo ovvia. Dobbiamo scoprire se i piloti dei guymelef che ci hanno attaccato conoscevano i piani del loro comandante. Non possiamo muoverci senza considerare questa eventualità. E Van lo sa. Per questo sa che non può fare altro che attendere. »
Dryden stava cercando di spiegare a Millerna la situazione dopo il Consiglio di guerra che si era tenuto nel cuore del palazzo.
Millerna aveva deciso di ritirarsi nelle sue stanze quando aveva compreso che c’era molto meno lavoro di quello che temeva. Si era occupata dei feriti ma dopo qualche ora si era resa conto che non c’era altro che potesse fare se non quello di concedersi di riflettere.
Era stato Allen a raggiungere per primo il Re di Fanelia e quando erano ritornati senza Hitomi al loro fianco aveva capito che non c’era stato nulla che avessero potuto fare.
Frustrata, si era dedicata per tutta la giornata a prestare aiuto lì dove era stato necessario, tuttavia, il castello si era fatto presto silenzioso e tutto ciò che c’era da fare era quello di mettere in ordine. Ci sarebbero voluti parecchi giorni per togliere le macerie e il legno bruciato ma nessuno sembrava avere fretta di iniziare a ripulire il cortile.
« Non mi è mai piaciuto quell’uomo, sin da quando è ritornato da Zaibach. Sapevo che non avremmo dovuto fidarci. »
« Basram è sempre stata una repubblica interessata unicamente alla propria ricchezza. Erano alleati con Zaibach per un buon motivo: ambivano a sviluppare le loro armi e le loro tecnologie. Nell’ultima guerra abbiamo rischiato tanto proprio per questo: non avevamo la loro stessa conoscenza. »
Millerna si risentì delle parole di Dryden. « Stai forse dicendo che avremmo perso la guerra? »
« Sto dicendo che in quel campo di battaglia si combatteva senza una valida ragione. Sembrava che il mondo fosse uscito di senno. »
Dryden si appoggiò sul tavolo di legno, portando la testa all’indietro.
« Se Basram è riuscita a sottrarre le conoscenze accumulate dall’Imperatore Dornkirk c’è da temere che abbia atteso fino ad oggi per uscire allo scoperto per una buona ragione. »
Millerna si avvicinò, cercando l’altrui mano. Il contatto stupì Dryden che si risollevò. Guardò negli occhi la donna e allungò le labbra in un sorriso.
« Non preoccuparti. Troveremo il modo di riportare indietro Hitomi. Te lo prometto. »
Si abbracciarono con la consapevolezza che l’altro avrebbe fatto del proprio meglio.

 

Hitomi riaprì gli occhi, spalacandoli con urgenza.
I suoi occhi incontrarono l’oscurità e per qualche istante non fu in grado di vedere nulla. Venne assalita dall’ansia. Dove mi trovo?
Puntellandosi con le mani si sollevò, mettendosi seduta. Le dita incontrarono una morbida resistenza, doveva essere stata sdraiata su qualcosa di morbido. Poi la sua attenzione venne attirata verso l’alto da dove proveniva una pallida luce esterna.
Notte.
Era già così tardi.
La stella che aveva visto poco prima sparì. Poi comprese.
Si stava muovendo.
I suoi sensi furono in grado di percepire dei motori attivi in profondità. Deglutendo riuscì a guardarsi finalmente intorno.
Non c’erano dubbi.
Era su una nave volante.
La cabina all’interno della quale era stata alloggiata non aveva aperture, eccetto la finestra rotonda qualche metro più in alto. Era stretta, completamente diversa da quelle su cui aveva viaggiato. Persino la Crusade aveva delle aperture maggiori e degli spazi più ampi. Lì avrebbe potuto solo sollevarsi in piedi e uscire... la porta.
Con uno scatto si protese verso la maniglia e per un momento, quando questa compì mezzo giro pensò che fosse aperta. La delusione arrivò a farle sbattere un pugno sulla porta metalica, producendo un rumore assordante che si diffuse nel silenzio.
« Fatemi uscire da qui! » urlò di frustrazione, tirando la maniglia verso di sé.
Non ci fu risposta.
Hitomi si guardò intorno febbrilmente, cercando una possibile via d’uscita. La finestra era l’unica apertura al di fuori della porta sigillata, ma non sarebbe mai riuscita ad uscire da lì, visto quanto era piccola. L’agitazione la condusse in pochi minuti a sentirsi avvilita. Si portò le mani al petto, e poi con una nuova fitta di ansia allo stomaco, risalì a tastarsi il collo a mani aperte, constatando che non aveva più il suo ciondolo.
Gli era stato sottratto?
Era una possibilità.
Frustrata, tornò a sedersi sulla brandina.
Aveva ancora addosso il suo vestito nuziale. Era sporco lì dove aveva sbattuto, cadendo, e in alcuni punti si era pure strappato. In qualche modo, il vedersi in quello stato le fece venir voglia di piangere.
Strinse le mani all’altezza delle ginocchia, tenendo il tessuto tra le dita.
Non poteva arrendersi subito. Forse adesso non c’era l’occasione di scappare e ritornare a Fanelia, ma presto si sarebbe potuta presentare.
Van. Doveva essere preoccupato da morire, a quel punto.
Ricordava che i suoi poteri si erano manifestati in un modo anormale, diverso da tutte le volte precedenti. Il suo pensiero era stato quello di difendersi e liberarsi.
Come risultato le sue energie erano state completamente svuotate.
E, sulla base di quelli che erano i fatti, non era servito completamente a nulla.
Sollevò lo sguardo tornando a guardare dalla finestra. Da lì poteva vedere solo il cielo.
Cambiando angolazione, riuscì in qualche modo a scorgere un angolo del suo pianeta, la Terra.
In quel momento sentì la serratura della porta scattare.
Ad un paio di passi di distanza, la figura di Rakos di Basram era tornata quella di un essere umano normale, non vi erano più le ali sulla sua schiena.
Istintivamente si sollevò in piedi, di scatto.
« Perdonatemi per questa angusta cabina, avrei voluto rendervi più gradevole il viaggio. »
Hitomi corrucciò lo sguardo. « Dove mi state portando? » parlò con tutta la calma che le era possibile.
« A Zaibach. »


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Adesso la storia entra nel vivo! 
Finalmente sulla scena è entrato il principale antagonista che - a differenza di altri - fa le cose in prima persona pur di arrivare al proprio scopo. 
Immagino quanti siano arrivati fino a qui con la stessa frustrazione che ha mosso la mia scrittura: anche io volevo che la cerimonia andasse a buon fine, ma Rakos fa le cose di testa sua! 
Se dopo tutti questi anni continuate a leggere questa storia mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate: lasciate una recensione!
A presto.
Usagi

 

  
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