Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Ricorda la storia  |      
Autore: Mikaeru    12/06/2009    6 recensioni
Potrei essere romantico. Potrei essere cinico. Ma sarò semplicemente banale, noioso come la realtà che mi circonda e soffoca: mi sono innamorato di lui perché mi tiene testa, perché è l'unico essere umano che io abbia mai incontrato che riesca a rispondermi a tono, il solo che non abbia la testa infarcita di stronzate e timore, che non abbassi lo sguardo davanti a me solo perché sono il più giovane e il più grande chimico che il Paese abbia mai conosciuto; in fondo, Alphonse Elric – divertente omonimia del cognome – è potenzialmente il mio degno successore.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Potrei essere romantico, e raccontarvi di essermi innamorato di lui per lo sguardo, per i movimenti, per la voce.

Potrei essere cinico e parlare col mio cazzo, e dirvi di essermi innamorato di lui dopo essermelo scopato nello sgabuzzino degli strumenti ed avere avuto l'orgasmo migliore della mia vita.

Ma sarò semplicemente banale, noioso come la realtà che mi circonda e soffoca: mi sono innamorato di lui perché mi tiene testa, perché è l'unico essere umano che io abbia mai incontrato che riesca a rispondermi a tono, il solo che non abbia la testa infarcita di stronzate e timore, che non abbassi lo sguardo davanti a me solo perché sono il più giovane e il più grande chimico che il Paese abbia mai conosciuto; in fondo, Alphonse Elric – divertente omonimia del cognome –  è potenzialmente il mio degno successore.

 

Tendo a darmi un tono maggiore di quello che mi spetterebbe, sempre.

Innamorato: una parola decisamente troppo grossa – mi ritrovo a correggermi immediatamente, questo non è da me, e mi irrita non poco, ma devo purtroppo annoverarlo nell’elenco dei cambiamenti dovuti all’entrata di Alphonse nella mia vita.

C'è un qualcosa, un legame che mi impedisce di essere troppo distaccato da lui. Sono affascinato, più che innamorato, si potrebbe dire. Ecco, forse è più adatta, come definizione.

Assuefatto? Forse. Ho conosciuto drogati peggiori e io non morirò mai d’overdose, dunque non me ne preoccupo.

Ma sono tutti sentimenti che capisco e so gestire. Odio non sapere come amministrare un qualcosa che riguardi o tocchi anche solo lontanamente la mia persona.

 

Lo bacio, mi piace, lo capisco.

Ci scopo, mi piace da morire, lo capisco.

Ci discuto, ci parlo, mi confronto, addirittura l'uscirne sconfitto ogni tanto mi piace! E lo capisco.

A + B à C.

E va tutto bene: capisco, so ragionarci, è tutto nelle mie mani e così mi giostro, comprendo, modello quando un qualche difetto mi da i nervi; addiziono, sottraggo, moltiplico, divido, calcolo. Son tutte cose che ben capisco, con cui posso fare i conti.

È il tenersi per mano, i regali, gli appuntamenti, che irrimediabilmente non capisco, il cui senso mi sfugge dalle dita come sabbia troppo sottile per poter pensare di starmi in mano più di mezzo secondo, la cui totale mancanza di logica mi irrita da morire. Tutto quel che è legato all’amore non ha un senso, e detesto avere a che fare con qualcosa che non ne abbia.

 

Gli appuntamenti? Non ne ho bisogno. Lo vedo tutti i giorni in università, lui e quel suo sorriso dipinto sul volto che è così piacevole vedere tramutarsi in ghigno quando mi vede stupito dalla sua mostruosa intelligenza. Vederlo fuori? Perché mai? Se ne ha voglia, è lui ad invitarsi a casa mia, sfacciato e stupendo per questo. Tenerlo per mano? Non siamo due ragazzine, è un contatto superfluo, di cui nessuno dei due sente il bisogno. I regali, le parole dolci? Per Cristo, ancora, non siamo due femminucce. Le uniche parole che voglio sentire da lui sono il mio nome roco e i suoi gemiti e urla, quando siamo solo noi due, e le sue teorie che riesco la maggior parte delle volte a smontare in università. Non mi serve fare l’amore, quando posso godere e scopare.

 

Non che Alphonse sia il primo. Né la prima esperienza sessuale, né la prima omosessuale. Sono sempre stato sufficientemente intelligente per capire che un corpo è sempre un corpo, che abbia i seni o i pettorali, che di buchi ne abbia due o uno solo, un modo per usarli l’avrei sempre trovato. Ho avuto diversi corpi sotto e sopra di me, alcuni affascinati dal cervello, altri dal corpo, altri ancora da entrambi. C’è chi mi disse di essere stato rapito dal mio modo di ridere, chi dal mio sguardo attento e partecipe, chi dalla passione che riuscivo ad infondere in chiunque. Mi parve di scoparmene un paio innamorati, troppo assurdi per poter essere dei caldi alberghi per più di due volte. L’idiozia sembra davvero contagiosa.

 

Non mancarono mai i rimproveri. Venni schiaffeggiato, insultato per aver semplicemente smascherato quel sentimento assurdo nella sua mancanza di senso, tacciato come insensibile, bastardo, schifoso pezzo di merda. Infantili bambini isterici, le cui teorie erano così facilmente smontabili da annoiarmi in poco.

L’amore, la cosa più bella del mondo? Non è forse meglio fare sesso con chiunque tu voglia, senza dovergli poi nulla? Provo sincero affetto per mia madre e i pochi amici al mio livello, ma al contempo io non mi aspetto nulla da loro, e tanto fanno loro. Una libertà assoluta, così semplice da comprendere e ancor più da rispettare, in culo alla vostra fedeltà.

 

Eppure non sono un insensibile. O, almeno, questo è quello che mi dice Alphonse, ogni tanto – Alphonse che mi chiama Ed, Alphonse che preme perché io lo chiami Al perché il suo nome per intero lo ritiene troppo serio e lungo, dice che se ci ragiono un attimo posso conservare fiato da usare con lui. Alphonse che riesce, ogni tanto, a portarmi su futilità, Alphonse che si è abituato alla voracità con cui scopo, Alphonse che ha preso l’abitudine di baciarmi piano, quasi fossi fragile. Alphonse che ha una nota squillante, nel chiamarmi per prendere un caffè insieme.

 

Non ho bisogno dell’amore; e non è una frase fatta, ma una profonda convinzione. Gioverebbe a qualcosa? Migliorerebbe la mia vita? No, è facile trovarvi risposta. Porterebbe altre preoccupazioni, acciacchi, grattacapi e pruriginosi liti inutili. Mi porterebbe dolore, potrebbe trovare in me una fragilità nascosta e colpirmi così duramente da non farmi più rialzare.

 

Alphonse, quoziente intellettivo pari al mio, ci crede, invece. Altra questione incomprensibile, altro motivo di irritazione. Ci crede in dosi moderate, a quanto mi dice ogni tanto, fra le lenzuola sporche e il mio cinismo. Alphonse, intelligenza pari alla mia, ha fede in qualcosa di così incomprensibile, inspiegabile, inutile – Alphonse che pare rimembrare tempi lontani, quando ne parla sul letto, e nel rimarcare tempi odierni, quando me ne sussurra all’orecchio.

 

Ecco perché preferisco definirmi assuefatto. Questo snervante notare tutti i particolari, caratteristica che non è mai stata mia, che ho sempre rifiutato.

 

Come può confidare in un sentimento del genere? In qualcosa che sfugge ad ogni controllo, qualcosa che porta l’umore ad eccessi inspiegabili, che ha effetti ingestibili sulla mente, portando ad azioni insensate. E tutto per cosa? Per un sorriso della persona amata? Assicuro che ne ho ben più io da Alphonse dopo una scopata piena e soddisfacente.

 

Morirò solo? E quale sarebbe la differenza con la vita? Non credo mi pentirò della mia condotta in punto di morte, lo troverei ipocrita. E poco m’importa se l’ultima visione saranno fialette e composti, per loro sono nato e per loro solo vivo.

 

Alphonse tende a rimproverarmi spesso, quando parlo così. C’è un’acuta nota di disapprovazione nella sua voce, mista ad un qualche tipo di ferita, quando mi parla e il suo sguardo si fa indignato. Dice di non capire come possa essere così chiuso, quasi stolto nel mio totale rifiuto. Mi chiede spesso se ci abbia mai provato e la mia risposta è sempre la stessa: perché buttarmi a capofitto in un’azienda fallimentare, quando posso restare nel mio studiolo col culo coperto?

 

In fondo ho scoperto come fallimentare sia qualsiasi amore.

La chimica mia adorata mi ha fottuto, reagendo in maniera inaspettata, portandomi ad una morte lenta e dolorosa.

Non è forse questa la metafora più esatta per definire l’amore? Esso reagisce sempre in modo imprevisto, senza darci neppure il tempo di improvvisare una salvezza, anche solo temporanea.

Sto morendo, ogni cosa svanisce.

E non so se sono irritato o contento, nell’avere come ultima visione il volto di Alphonse, al posto di fialette e composti.



Grazie, Faber.
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Mikaeru