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Autore: lost in books    28/06/2017    1 recensioni
Una maga dal misterioso passato, un giovane con una missione, un re assetato di potere. Le loro vite si intrecceranno mentre un'antica minaccia incombe sul loro mondo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Qualcosa di tiepido era stato sollevato dalla sua fronte. Sentì il rumore che fa l’acqua quando entra in contatto con un oggetto solido. L’acqua che scorreva. Un peso fresco e leggero incontrò la sua fronte. Sollevò di colpo una mano che si ritrovò ad afferrare il polso di qualcuno e aprì gli occhi.
Lavi non aveva idea di dove si trovasse, sapeva solo che era sdraiata su una branda scadente, ma riconosceva la persona davanti a lei, quella a cui aveva afferrato il polso. Un ragazzo dagli occhi grigi e i capelli castani. Era Emil, uno dei tre che aveva reso suoi complici.
Il ragazzo non fece alcun tentativo di liberarsi dalla presa, come non aveva reagito quando lei lo aveva afferrato, si limitò a fissarla.
“Emil, va tutto bene?”
Il preso in causa voltò la testa in direzione della voce che lo aveva chiamato. Lavi, che ancora stringeva il polso del giovane, inclinò la testa di lato per riuscire a vedere chi fosse e doveva dire che tra tutte le persone che si sarebbe aspettata di trovare, lei non era una di quelle.
Si trattava della donna che lei aveva tenuto in ostaggio e a cui aveva rubato il localizzatore.
La situazione in cui si trovava era a dir poco bizzarra anche per lei così decise di provare a ricapitolare nella sua mente gli ultimi eventi che ricordava.
Dunque, aveva raggiunto i suoi obiettivi e aveva ingaggiato un combattimento con due di quelli che doveva eliminare. Aveva messo fuori gioco il ragazzo biondo e poi aveva ferito a morte l’altro. Il ragazzo nel frattempo si era ripreso ma non era poi così forte. Se aveva fallito era stata tutta colpa sua. Il suo avversario aveva portato il combattimento sul ciglio del monte, cosa che per lei non era un problema, lo aveva lasciato fare. Dopotutto il rischio aggiuntivo avrebbe solo reso il noioso scontro un po’ più interessante. Era stato allora che si era resa conto a sue spese di averlo sottovalutato. Il biondino le aveva giocato un brutto tiro e lei si era ritrovata a cadere in picchiata da un’altezza da cui le sarebbe stato impossibile sopravvivere.
Se fosse stato un altro tipo di morte se ne sarebbe fatta una ragione, d'altronde la sua politica era portare a termine un incarico o morire provandoci, ma non ci stava a morire in quel modo assurdo. Non lo poteva accettare. Così il suo istinto di sopravvivenza aveva preso il sopravvento e con movimenti incerti aveva preso in mano l’unica cosa che avrebbe potuto tirarla fuori da quella situazione: un artefatto in grado di trasportarla ovunque volesse. Aveva ancora energia sufficiente per portarla al sicuro, il problema era l’influenza che il monte avrebbe avuto sull’ artefatto. Era stato un azzardo, un po’ come tutta la sua vita. Per quanto ne sapeva sarebbe potuta finire dove voleva o nelle profondità della terra a fare compagnia all’Oscurità, ma che altra scelta aveva?
Ricordava di aver chiuso gli occhi, di essersi concentrata, per quanto difficile per via del sangue perso, e la sensazione di cadere nel vuoto. L’ultima cosa che ricordava era l’impatto violento, un campo come tanti e poi più nulla.
Pensava di essere spacciata e invece era stata tratta in salvo proprio dalla Resistenza. Ma la domanda era: perché?
“Ti sei svegliata” la donna si avvicinò a lei ed Emil “eri ridotta parecchio male quando ti abbiamo trovata. Devo dire che sei proprio fortunata. Hai ottime capacità di cicatrizzazione, decisamente fuori dal comune” i suoi occhi incontrarono il polso catturato da Lavi, che mollò la presa. Non aveva motivo di preoccuparsi, se avessero voluto farle del male lo avrebbero già fatto. Anzi, la avrebbero lasciata a morire dove l’avevano trovata.
“Ti ricordi di me, vero?” gli chiese la donna. Lavi annuì.
“Il mio nome è Serena, per la cronaca, e sono stata io a curarti” la stava guardando impassibile; “onestamente, nessun altro membro della Resistenza voleva salvarti. Devi ringraziare Emil se sei viva. Ha interceduto in tuo favore e io mi sono offerta di provare a salvarti. Ho dovuto sistemarti in una tenda a parte per la tua incolumità. C’era il rischio che qualcuno tentasse di farti del male in infermeria. Io ed Emil ci siamo dati il cambio per tenerti d’occhio”
“Perché l’hai fatto? Perché salvare una come me?”
“Perché è il mio lavoro salvare le persone, anche quelle come te” la voce di Serena era decisa “Posso sapere qual è il tuo nome?”
A questo poteva anche risponderle “Lavinia, ma preferisco Lavi”
Serena la fissò un attimo, sembrava combattuta.
“Emil, ora devo andare. Fammi sapere se succede qualcosa”
Il ragazzo annuì e Serena se ne andò.
Adesso almeno sapeva dove si trovava: una base della Resistenza, dove tutti la odiavano. La sua giornata era iniziata nel migliore dei modi.
Si guardò intorno: la tenda era piuttosto spoglia. C’era la sua branda, una sedia accanto ad essa dove era seduto Emil e il necessario per prendersi cura delle sue ferite. Le sue cose non erano da nessuna parte, dovevano averle messe dove non poteva vederle.
Non c’era niente che potesse tornarle utile per proteggersi in caso di attacco; andava sempre meglio.
Lavi sospirò e portò una mano all’occhio sinistro. Almeno la benda c’era ancora. Il suo occhio destro incontrò quelli di Emil “Se stai cercando di sdebitarti per aver tirato fuori di prigione te ed i tuoi fratelli, sappi che non è necessario”
Ricordava di quando si era recata nelle prigioni di Anthemis per vedere se valesse la pena portarsi dietro qualcuno per facilitarle il lavoro. Non era necessario, avrebbe potuto cavarsela da sola, ma per fortuna di Emil quel giorno aveva deciso di vedere cosa le prigioni avessero da offrire.
Lei stava camminando, guardandosi attorno annoiata, nel corridoio tra le celle sporche di sangue quando una mano aveva afferrato la sua giacca.
Era stata la prima volta in cui aveva visto quel ragazzo: era ridotto male, non erano stati gentili con lui, ma nei suoi occhi leggeva ancora la determinazione di una persona che non si era arresa e che non lo avrebbe fatto senza lottare.
Non era una persona di molte parole ma in breve le aveva raccontato come lui ed i suoi due fratelli erano finiti lì e di quello che li aspettava se non fossero riusciti a scappare.
Gli adepti presto li avrebbero portati in una delle loro strutture e avrebbero sottoposto i loro corpi ad una serie di esperimenti, della cui natura non era a conoscenza, ma era certo che non ne sarebbero usciti vivi. L’aveva pregata di tirarli fuori di lì e, se non poteva portarli via tutti e tre, almeno di salvare i suoi fratelli. Le giurò che avrebbero fatto qualunque cosa lei avesse voluto e che avrebbe potuto fare ciò che voleva di lui. Quel ragazzo era determinato a sopportare qualsiasi cosa per la sua famiglia, era una cosa che persino lei trovava ammirevole. Stupida, ma ammirevole.
Gli adepti di Umbra non andavano a genio neanche a una come lei, che era disposta ad accettare anche incarichi a dir poco aberranti. Sapeva che Emil aveva ragione, sarebbero morti se fossero rimasti lì. Così lei, per quanto quello fosse contrario alle sue convinzioni, aveva deciso di fare un tentativo. Aveva chiesto a re Lucien di lasciarle avere i tre briganti e, per suo completo stupore, lui aveva acconsentito.
Li aveva portati con sé, Emil ed i suoi ignari e irritanti fratelli, soprattutto Caio, il maggiore dei tre, e li aveva resi partecipi del suo piano. A dirla tutta avrebbe potuto lasciarli andare subito  e risparmiarsi l’emicrania causata dal petulante Caio ma aveva capito dallo sguardo del ragazzo che non si sarebbe messo il cuore in pace finché non si fosse sdebitato in qualche modo. Li aveva lasciati lì, nelle mani della Resistenza, i cosiddetti buoni e difensori dei deboli. Era sicura che Emil sarebbe riuscito a cavarsela in qualche modo, lo aveva letto nei suoi occhi prima di sparire dalla sua vita, o così credeva.
Ora lui era davanti a lei e invece di lasciarla perdere come gli aveva detto e come avrebbe dovuto, invece di andarsene dalla tenda come avrebbe fatto una persona sensata, si limitò a fissarla e a sorriderle come nessuno faceva da molto, moltissimo tempo.
Lei chiuse l’occhio destro e schioccò la lingua “Certo che sei proprio un chiacchierone tu”
Lo sentì ridacchiare brevemente.
 
Quando riaprì gli occhi non sapeva quanto tempo fosse passato. Potevano essere passati  minuti, ore o giorni. Ora non c’era più Emil accanto a lei, ma Serena. Aveva un vassoio con del cibo e dell’acqua fra le mani.
Senza dire niente Lavi allungò una mano e spezzò la pagnotta sul vassoio in due pezzi. Mangiò solo uno dei due ma bevve avidamente tutta l’acqua che Serena le aveva portato.
“Devi mangiare di più per riprenderti…”
“Risparmiati la predica da medico. Non ho mai molto appetito e immagino che i tuoi amichetti non debbano essere troppo contenti di dividere le loro preziose razioni di cibo con me”
Serena guardò in basso, demoralizzata.
Lavi scostò la coperta che la copriva. Solo allora si rese conto dell’orrenda camicia da notte che le avevano messo addosso.
“Cosa fai? Non devi fare sforzi” Serena stava cercando di fermarla in tutti i modi ma non sembrava che Lavi stesse soffrendo per le ferite, o almeno non lo dava a vedere.
“Me ne vado”
“No, non sei nelle condizioni per farlo” Serena aveva deciso di usare le maniere forti pur di fermarla  ma a Lavi sembrò di avere contro una bambina da quanto era debole la forza con cui cercava di rimetterla a letto.
Decise di accontentarla per il momento, in fondo le doveva la vita, ma ora era curiosa.
“Seriamente, perché insisti a tenermi qui quando chiunque altro mi avrebbe lasciata morire?”
“Emil mi ha raccontato di quello che hai fatto per lui e i suoi fratelli” si sedette sulla sedia accanto a lei “avresti potuto lasciarli lì a morire ma non l’hai fatto. Per quanto tu faccia di tutto per nasconderlo, molto , molto in fondo, anche tu hai un cuore”
Era a questo che puntava, era davvero un’illusa.
“Lascia perdere, non funzionerà. Non c’è niente da salvare in me perché la Lavi che vuoi aiutare è morta molto tempo fa”
“Allora perché li hai salvati?”
“E perché tu non mi chiedi quello che vuoi sapere veramente da me?”
Serena rimase completamente immobile.
“Sì, è il tuo compito curare la gente ma non mi hai salvata solo per questo. Una parte di te voleva sapere cosa è successo ai tuoi amici ma hai paura di quello che potrei dirti”
“Non è così…”
“Potrei aver ucciso un tuo amico” le parole successive di Serena morirono prima di lasciare la sua bocca “era ancora vivo l’ultima volta che l’ho visto ma lo avevo ridotto male, dubito che si sia salvato. Era un uomo alto, occhi azzurri e capelli castano chiaro. Mi sembra si chiamasse Leon”
Serena scattò in piedi, la sedia si rovesciò. Il suo respiro era diventato affannoso di colpo. Sì, ora Lavi era sicura di averla ferita. Vide la sua espressione cambiare rapidamente: scorse prima la difficoltà ad accettare ciò che le era stato detto, poi il dolore e, per un attimo, Lavi vide la rabbia che Serena doveva provare nei suoi confronti. Durò poco. Serena aveva distolto lo sguardo da lei, stretto le mani a pugno ed era tornata a respirare quasi del tutto ad un ritmo normale.
Tornò a guardarla ma era chiaro che facesse fatica a tenere un certo contegno “Lo sai, è vero. Una parte di me vorrebbe odiarti ma io non sono così, non voglio odiare o vendicarmi. Leon mi ha detto che il mio animo gentile è la cosa che ha sempre più ammirato di me” si stava sforzando di non far tremare la voce, sempre più alta “Forse per te è una debolezza ma è la mia forza. Non deluderei mai Leon tradendo ciò che sono. Invece io ho sempre ammirato la sua forza e dedizione nel proteggere gli innocenti, il suo sogno di riportare la pace nei regni. È per questo che io lo a…”
Si bloccò di colpo e si voltò, Lavi poteva vedere il bianco delle sue nocche.
La vide fare qualche passo verso l’uscita e poi, prima di andarsene, senza voltarsi a guardarla, aggiunse “So che dietro quella maschera da assassina spietata c’è una persona che deve aver sofferto molto. E non preoccuparti. Il tuo segreto è al sicuro con me”
Lavi era rimasta sola. L’aveva fatta davvero grossa, ma nella sua vita aveva sempre preferito essere dal lato del carnefice odiato che essere debole e impotente contro persone come lei.
Serena le aveva detto che poteva fidarsi nonostante quello che le aveva fatto. Non la capiva, non aveva mai capito le persone così, senza nessuna macchia sul loro animo immacolato. A cosa le era servito essere sempre buona e gentile se l’unico risultato era stata la sofferenza?
Non sapeva se fidarsi di lei, Lavi non si era mai più fidata di nessuno dopo quello che le era successo in passato, non aveva più voluto rischiare. Ma ora quella donna che aveva ferito profondamente le aveva detto che il suo segreto era al sicuro. Ciò che le era sempre stato detto di non rivelare per nessun motivo, ciò che doveva tenere nascosto ad ogni costo, ora lei lo sapeva.
 
Non rimase sola a lungo. Emil aveva preso il posto di Serena e doveva aver dedotto qualcosa di quello che le due si erano dette vista l’espressione di rimprovero con cui non aveva mai  smesso di guardarla da quando era lì.
“Sì, lo so. Sono una persona insensibile e crudele. Non è una novità” sbraitò Lavi incrociando le braccia al petto.
Emil si limitò a sospirare per poi tornare a guardarla come prima.
“Tu lo sai cosa nascondo?” tentò Lavi.
Emil la guardò perplesso. No, lui non sapeva, era un sollievo.
Sapere che qualcuno era a conoscenza del suo segreto le aveva fatto tornare in mente il suo passato, quando aveva ancora una famiglia.
Da quello che ricordava, lei e i suoi genitori erano sempre stati in movimento, mai nello stesso posto per più di qualche mese. Era troppo pericoloso per loro. I suoi non lo dicevano ma Lavi si era resa conto molto presto che era lei la causa principale dei loro problemi. Se non ci fosse stata forse se la sarebbero cavata meglio. Le dicevano sempre che le volevano bene e che non doveva preoccuparsi di niente ma lei si era sempre sentita un peso sulle loro spalle. Nonostante tutto, era quello l’unico periodo della sua vita che ricordava con nostalgia.
Poi li avevano trovati e le avevano portato via le uniche persone che l’avessero mai amata. Si era sentita impotente, totalmente inutile. Non aveva potuto fare niente, indifesa e innocente bambina com’era all’epoca. Era rimasta sola. Quelle persone insensibili e spietate le avevano portato via tutto il suo mondo. Fu allora che prese la decisione che la aveva portata a diventare quello che era: non voleva più essere la vittima, non voleva più soffrire. In quelle persone spietate  non aveva letto nessun rimorso, nessun dolore. Da tutto quello Lavi aveva imparato una lezione: nel loro mondo o si era la vittima o il carnefice. E lei non sarebbe più stata la vittima, mai più. Aveva dedicato il resto della sua vita al suo lavoro, non voleva più soffrire, non voleva sentire più niente, voleva solo diventare una bambola vuota senza sentimenti come quegli uomini e seppellire per sempre la bambina innocente del suo passato.
Caio era comparso sulla soglia della tenda. Camminò con passo svelto e deciso verso il giaciglio di Lavi; Emil provò inutilmente a frapporsi fra i due.
“Aspetta fratello” anche Tullio era entrato nella tenda nel tentativo di fermare il maggiore.
“Cosa hai fatto alla principessa? Lo so che sta piangendo di nascosto per colpa tua”
Principessa? Questo non lo sapeva. Quindi aveva mancato di rispetto non solo al medico della base ma ad una principessa. La sua reputazione peggiorava di minuto in minuto.
“Credo di aver ucciso il suo ragazzo”
“Hai fatto cosa? Aspetta, la principessa non ha una relazione del genere al momento, lo sanno tutti” disse Caio ora leggermente confuso.
“E ti ha anche detto di non chiamarla principessa” puntualizzò Tullio.
“E perché sai che stava piangendo di nascosto? Sei un guardone per caso?” aggiunse Lavi.
“No, volevo solo assicurarmi che tu non le avessi fatto niente e per questo sono andato a cercarla. È solo grazie alla princ…volevo dire Serena se ho visto la luce. Ho deciso di abbandonare il brigantaggio per servire la Resistenza. Quando vedrà di che gesta straordinarie sono capace sarà lei a cadere ai miei piedi” era convinto di quello che diceva.
Emil sospirò e si massaggiò le tempie. Poveretto, non doveva essere facile sopportare Caio tutto il tempo. A Lavi i pochi giorni in sua compagnia erano bastati.
“Davvero? Perché ora come ora posso metterti fuori combattimento anche adesso, completamente disarmata e prima che tu possa dire Resistenza” lo sfidò lei con lo sguardo.
Caio fece un passo indietro, non era più così sicuro di sé ma fece uno sforzo “Sei davvero irritante e piena di te”
“Senti chi parla. Ma ti sei sentito? Se non fosse per il fatto che ho deciso di eliminare solo chi mi viene richiesto per lavoro ed Emil non mi stesse simpatico, tu saresti già morto da un pezzo”
“Tu, razza di…”
Emil aveva rivolto uno sguardo supplicante a Tullio che aveva afferrato suo fratello maggiore per le braccia e lentamente aveva iniziato a trascinarlo fuori dalla tenda prima che la situazione degenerasse ulteriormente.
Adesso dall’espressione del ragazzo trapelava ancora più rimprovero di prima.
Era troppo, Lavi non ce la faceva più a sopportare quella situazione “Si può sapere cosa ci vedi in me? Ti stai solo illudendo! Lasciami perdere, sono una causa persa”
Emil fece cenno di no con la testa e prese qualcosa da una tasca dei pantaloni. Qualunque cosa fosse, era stretta nel suo pugno teso davanti a lei. Una volta assicuratosi che lei stesse guardando la sua mano, la aprì e un anello appeso ad una catenella dondolò davanti al suo occhio marrone, sgranatosi per la sorpresa.
Era suo, ma quando si era svegliata non lo aveva più trovato al suo posto, appeso al suo collo sotto i vestiti.
Era stato lui a prenderlo allora. Doveva aver capito che fosse importante per lei e averlo nascosto quando avevano preso le sue cose.
Era l’unico oggetto che aveva conservato del suo passato, l’anello di sua madre. Per quanto ci avesse provato non era mai riuscita a liberarsene. Rappresentava ciò che era stata prima di diventare quella che era. Era il simbolo del fatto che, per quanto si illudesse e per quanto cercasse di farlo, non era ancora riuscita a liberarsi del tutto del passato e dei suoi sentimenti.
Allungò una mano fino a sfiorare il freddo metallo dell’anello. Emil lo fece ricadere nella sua mano, pronta a riceverlo.
Lei lo guardò, non c’era più nessun filtro a mascherare quello che la rossa stava provando in quel momento.
“Grazie” disse con voce flebile, quasi un sospiro.
Emil le rivolse un sorriso e Lavi capì cosa voleva dirgli. Era stato davvero un colpo basso. Fatto quello che doveva, il ragazzo la lasciò sola.
Lavi, seduta sulla branda, continuò a dondolarsi a lungo davanti agli occhi la reliquia del suo passato, la testa sulle ginocchia. La linea di piccole pietre di acquamarina incastonate nel metallo creava dei giochi di luce tutto intorno a lei.
Forse la bambina del suo passato non era del tutto morta in fondo.
 
Il giorno dopo, quando Emil entrò nella tenda, trovò Lavi distesa a guardare in alto, le mani a giocherellare con l’anello. Rimase così, senza dire niente, per tutto il giorno. Fu così anche per il successivo.
Il giorno seguente invece Emil non era solo, con lui c’era anche Serena che aveva portato con sé quello che avrebbe potuto servirgli per visitarla. Serena non disse niente per tutto il tempo in cui controllò le sue condizioni. Ormai era quasi del tutto guarita, non c’era più bisogno delle sue cure. Stava già uscendo portando con sé le sue cose quando Lavi aprì bocca per la prima volta dopo due giorni di assoluto silenzio “Potrei avere dei vestiti? Ho bisogno di una boccata d’aria fresca”
Serena si voltò a guardarla, sembrava stesse aspettando di sentire qualcosa.
“Sul serio?” sbuffò Lavi “Va bene. Per favore
“Così va meglio” disse Serena per poi aggiungere incerta “Sei sicura di volerlo fare? Non sei molto popolare qui alla base”
“Sono sicura” Serena uscì per andare a recuperarle qualcosa da mettersi. Quella donna non finiva di stupirla: non solo non voleva vendetta ma addirittura si preoccupava per lei. Non aveva mai pensato che un giorno avrebbe potuto incontrare una persona così, pensava  esistessero solo nei libri di favole.
Serena tornò poco dopo con una bacinella con dell’acqua, un asciugamano, dei pantaloni, una cintura, una camicia e delle scarpe “Immaginavo potessi essere più a tuo agio con dei pantaloni”
Aveva ragione, si sentiva svestita e poco pratica con un vestito, anche se non le dispiacevano.
Emil e Serena uscirono per lasciare che si rinfrescasse e cambiasse in privato. Quando Lavi uscì dall’apertura della tenda aveva addosso i vestiti puliti. Le stavano un po’ grandi anche se non era di bassa statura, e aveva acconciato i capelli rossi in una treccia che le ricadeva dietro le spalle fermandoli con un pezzo di benda pulita dimenticata nella tenda. L’anello era di nuovo al suo posto.
Era mattina e l’aria era fresca dopo giorni nella tenda. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Quando li riaprì poté ammirare da sola gli sguardi carichi di odio rivolti a lei da parte di tutte le persone che le passavano davanti. Nessuno la stava attaccando ma immaginava fosse perché Serena era vicino a lei. Oltre a Serena e ad Emil,  anche Tullio e Caio erano nei pressi della sua tenda. Caio aveva una spada tra le mani e stava facendo pratica, con movimenti del tutto imprecisi e sbagliati, sperando inutilmente di impressionare Serena che non sembrava per niente colpita. Piuttosto, era intenta ad osservare il cielo azzurro, completamente assorta nei suoi pensieri.
Lavi si avvicinò a lei “Sicura che non vuoi neanche colpirmi una volta? Potrebbe farti sentire meglio”
“Offerta allettante, ma va bene così”
Rimasero in silenzio per qualche minuto ma poi Lavi disse “Non riesco proprio a capire come fai”
“A fare cosa?” chiese Serena.
“A non odiarmi”
“L’odio genera altro odio ed è la via più semplice e allo stesso tempo sbagliata da seguire dal mio punto di vista. Non voglio farne parte”
“Già, proprio non ti capisco” si fermò prima di continuare “Ma voglio provare a farlo”
Serena la guardò bene “Davvero?”
“Davvero. Almeno potrò dire di averci provato”
“Serena” disse Caio avvicinandosi alle due “non farti abbindolare da una come lei. È solo una scroccona ingrata”
“Si dà il caso che io abbia delle preziose informazioni invece. Si apprendono parecchie cose interessanti quando si ha un udito fine come il mio e nessuno ti tiene d’occhio”
“Delle cosa?” gli occhi di Serena erano concentrati su di lei.
“Re Lucien ha diviso il suo esercito soltanto per confondervi le idee, farvi sparpagliare ovunque. Non so come ci sia riuscito ma lui sa dove sono i Darman, da parecchio, ed è lì che sta andando”
“Devo avvisare Tyberius, subito” Serena corse via.
Lavi si rivolse a Caio, rimasto basito “Adesso chi è la scroccona ingrata?”
“Scusami tanto” cominciò Tullio “ma se sapevi una cosa del genere, perché non l’hai detto subito?”
“È la prima volta che provo a fare la cosa giusta” con le dita disegnò delle virgolette in aria “non mi hanno mica dato un manuale per dirmi come si fa”
Portò il suo occhio destro su Emil. Le stava sorridendo e questo fece quasi sorridere anche lei.
Fece un respiro profondo, poi afferrò Caio per il collo della camicia e cominciò a trascinarlo via con sé.
“Ehi, ma che fai? Lasciami andare”  protestò lui.
“Andiamo. Ti insegno come si usa veramente quella spada”
“Sicura sia una buona idea piombare nel campo di addestramento? In mezzo a uomini non troppo felici di vederti?” chiese Tullio preoccupato, seguendola con Emil al suo fianco che ora faceva fatica a trattenere una risata.
“Se ne faranno una ragione”
 
Serena entrò di colpo nella tenda di re Tyberius, non annunciata, facendolo trasalire. Con lui c’era uno spirito dell’aria, probabilmente emissario della Torre dei maghi.
“Serena, capiti proprio al momento giusto, stavo per farti chiamare. Ho una bella notizia. Leon sta bene” il re era radioso per la buona notizia. Anche lui era stato molto preoccupato, Leon era come un figlio per lui.
Serena registrò quello che le era stato detto. Leon stava bene. Si sentì improvvisamente come se fosse tornata a respirare dopo una lunga apnea.
Ma aveva delle cose importanti da riferire.
“Lavi ha delle informazioni di vitale importanza. Re Lucien sa dove sono i Darman. Dobbiamo reagire, e subito. Prima che sia troppo tardi”



Salve a tutti, qui lost in books.
Tutto questo capitolo è ambientato nella base mobile della Resistenza seguendo personaggi che non si sono visti molto nella storia ma nel prossimo si torna dai quattro in viaggio verso i Darman.
Spero di riuscire ad aggiungere presto un altro capitolo.
Alla prossima!

 
   
 
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