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Autore: _crucio_swag_    28/06/2017    2 recensioni
Sesto anno ad Hogwarts. Draco si ritrova a dover ingannare Harry oltre ad uccidere Silente. Sembra facile ma un sentimento mai provato prima a cui neanche il re delle serpi sa dare un nome gli impedirà di portare a termine ciò che il Signore Oscuro gli ha ordinato. Riuscirà a cambiare la sua anima? Riuscirà a distinguere ciò che è giusto da cio che non lo è? Riuscirà a sciogliere il ghiaccio che avvolge i suoi occhi e il suo cuore?
Questa storia non sarà delle più felici ma vi posso assicurare che avrà un bel lietofine.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Note dell’autrice: Ok ok ok, allora, non so da dove cominciare… Gne XD
MI SIETE MANCATI TANTISSIMO RAGAZZI!!!
Vi giuro che se volete regalo il mio naso in beneficienza alla Voldy.Association per farmi perdonare del ritardo. E sono consapevole che sono sempre le solite scuse, e voi vi chiederete “Ma è così socialmente disagiata da non riuscire a inventarne delle altre?”, e vi risponderei anche di sì, se non fosse per il fatto che non sono scuse: dall’ultimo capitolo che ho pubblicato la scuola ha cominciato a bombardarmi e non ho più trovato cinque minuti di tempo libero. Infatti appena è suonata la campanella che annunciava la sua fine sono corsa a casa, ho pranzato, e subito dopo ero incollata allo schermo del computer per scrivere questo benedettissimo capitolo. Ho passato più di due settimane a concluderlo, ma sono piuttosto soddisfatta di com’è venuto quindi spero con tutto il cuore che vi piaccia. E sta volta vi prometto che il prossimo non arriverà fra troppo tempo. Vi consiglio inoltre di rileggere almeno quello precedente, (dato che è da quasi mezzo anno che non ci sentiamo) se non ve lo ricordate bene, perché questo né riprenderà gli argomenti trattati.
Come sempre, dato che è rating giallo, preferisco avvisare chi si sconvolge facilmente di non leggere in modo troppo dettagliato la fine del capitolo.
Per tutti gli altri: godetevelo!
Ringrazio inoltre le persone che hanno messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate. E anche i lettori silenziosi: se avete voglia di lasciare qualche recensione sarei più che felice, mica vi mangio. <3
Perdonatemi ancora e Buona Lettura!






 

Capitolo 23

far nevicare


Una chioma riccia e castana fece capolino da dietro la porta, accompagnata da un’espressione mista tra il confuso e il preoccupato. Se la richiuse poi alle spalle delicatamente, come se già sapesse di poter spezzare ulteriormente l’umore già sottoterra del ragazzo che stava all’interno, se solo avesse osato fare movimenti troppo bruschi.
Non le serviva nemmeno darsi un’occhiata attorno per avvertire l’aria carica di spiacevoli notizie che aleggiava in quel posto: c’era un che nei colori solitamente accessi e scarlatti del dormitorio che gli faceva apparire smorti, ai suoi occhi attenti; per non parlare della temperatura stranamente bassa rispetto al solito, che non poté che farla rabbrividire.
“Harry?” sussurrò piano, ancor prima di alzare gli occhi e cercarlo. “Ho visto Ron scendere di corsa giù dalle scale e andarsene fuori dalla Sala Comune. Aveva una faccia… e beh, volevo assicurarmi che non fosse successo nulla di grave”
Il moro sospirò debolmente, sollevando appena la testa e rivolgendo ad Hermione un sorriso che di felice non aveva proprio nulla. “Tranquilla, non preoccuparti… va tutto bene”
La ragazza si avvicinò ad Harry, sedendosi con gentilezza accanto a lui, le mani posate in grembo e le labbra strette in un’espressione per niente convinta. Certo, di difetti ne aveva sicuramente anche lei ma non si poteva affermare che non avesse uno spiccato senso di intuito. L’aveva capito dal tono di voce del moro che c’era più di qualcosa che non andava. E ora, mentre puntava lo sguardo sul suo viso non poteva che averne le conferme, notando gli occhi cerchiati lievemente di rosso e i rimasugli di lacrime che gli rigavano le guance.
“Harry, non serve che menti” lo riprese, ma con tutta la delicatezza di cui era capace. Non voleva per niente al mondo farlo sentire peggio di come già stava.
“Davvero, non è successo nulla di che. Va tutto bene” ripeté flebilmente il moro per la seconda volta. Non aveva alcuna voglia di parlarne, anche se sapeva che forse ciò l’avrebbe fatto sentire un po’ meglio. Le energie dovevano averlo abbandonato totalmente ormai, per metà con la sfuriata di poco prima contro il suo migliore amico e per l’altra con le parole che costui gli aveva rivolto prima di andarsene. Non aveva nemmeno più la forza di piangere. Adesso come adesso desiderava solo abbandonarsi a se stesso e dormire, cancellare per un momento tutta la merda che aveva in testa e non sentire più nulla, immerso nel magnifico stato dell’incoscienza. Ma c’era quello stupido fastidioso nodo alla bocca dello stomaco che gli impediva di scollegare la mente dai recenti e orribili ricordi, anche solo per i pochi attimi che gli avrebbero permesso di prendere sonno, così se ne stava lì, immobile. Raggomitolato con le braccia strette attorno alle ginocchia, a crogiolarsi nei sensi di colpa e a riflettere.
“No, non va tutto bene. Lo vedo” insisté la ragazza.
Harry si passò una mano sugli occhi stancamente, respirando un paio volte prima di mormorare “Senti…”. Ma non sapendo cos’altro aggiungere si limitò a tornare a fissarsi le ginocchia.
“In questo centra Ron, vero?” disse Hermione indicandolo con un cenno, per specificare che si riferiva al suo stato d’animo.  “Qualcosa che ti ha detto” aggiunse.
Il moro finalmente si decise ad annuire, togliendole in modo definitivo anche il minimo dubbio.
“Posso sapere cosa è successo? Solo se te la senti…” chiese allora la ragazza con cautela. Sapeva perfettamente che lui non aveva voglia di spiegare, soprattutto se, da come aveva immaginato vedendo la fresca arrabbiatura di Ron, era successo pochissimo tempo prima.
Nonostante tutto il moro si sforzò di guardare in faccia Hermione e rispondere, per non sembrare troppo maleducato. Se anche lei avesse dovuto abbandonarlo per un qualche motivo sicuramente non avrebbe retto. “Gliel’ho detto” disse solamente, in un sussurro.
La ragazza già si immaginava il tipo di ‘litigio’ che era avvenuto tra i due, e anche di che argomenti avevano trattato, ma volle ricevere comunque una conferma. “Detto cosa?”
L’angolo della bocca di Harry iniziò a tremare al ricordo, e le lacrime esaurite poco prima rischiarono di tornare in superficie. “Gli ho detto tutto. Tutto quello che meritava di sapere” le rispose con la voce roca e tremante di chi si tratteneva dallo scoppiare. Poi sperò con tutto se stesso che Hermione capisse ciò che intendeva, e fortunatamente le sue preghiere vennero ascoltate.
La riccia si mordicchiò un labbro preoccupata e gli poggiò una mano sul ginocchio, accarezzandoglielo gentilmente. “Harry, mi dispiace moltissimo…”
“Fa niente, tu non centri. E’ colpa mia…” mormorò Potter lasciando cadere la testa all’indietro sulla testiera del letto. La ragazza non fece a tempo ad aprir bocca che quello ricominciò a parlare, la voce doppiamente più distrutta di prima, appena udibile. “Hermione, perché non posso mai avere una vita tranquilla? Perché le cose più strane e difficili da gestire capitano sempre a me? Non ho già abbastanza problemi così di mio?”
La riccia si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio sospirando tristemente. “Harry, non dire così…” disse per cercare di consolarlo, ma non trovò nient’altro da aggiungere. Vedere il suo migliore amico in quelle condizioni era la tortura più grande che le potessero fare, e ancora più male le faceva rendersi conto di non poter risolvere in alcun modo quella situazione. Perché dopotutto il ragazzo non sbagliava a fare quei pensieri. Non solo lei si rendeva conto che nella vita di Harry Potter, anche detto: ‘Il bambino sopravvissuto’ e cioè colui che era nato per sconfiggere Voldemort in persona, la parola “vita tranquilla” non esisteva. Lui era stato destinato fin da piccolo a essere la speranza dell’intera comunità magica, colui a cui sbagliare non era concesso, e di certo non era facile riuscire a mantenere una tale reputazione. Soprattutto se, come aveva potuto notare diverse volte, odiava immensamente dover sempre stare al centro dell’attenzione. Sicuramente se lei fosse stata al suo posto gli avrebbe dato non poco fastidio vedere la sua faccia sui giornali ogni giorno accompagnata dalle notizie più stupide e, ammettiamolo, anche lievemente imbarazzanti, pubblicate solo per mantenere alto il morale della gente. Il Grifondoro aveva già abbastanza problemi a cui far fronte perché, per fortuna o sfortuna, era nato con quel nome, se poi si aggiungevano anche i litigi con gli amici e le questioni sentimentali, tra l’altro fuori dal normale pure quelle, Hermione davvero non sapeva capacitarsi del fatto che Harry non avesse ancora ceduto sotto a tutto quel peso da portare sulle spalle. Senza nemmeno contare la miriade di guai che sembrava venissero a cercarlo di persona.
“E che cosa dovrei dire allora?...”
La voce del moro interruppe il flusso dei suoi pensieri, dopo minuti che sul dormitorio era calato il silenzio più totale.
“… che sono felice? Che adoro la mia vita?” riprese a parlare Harry, scaldandosi un pelo. “Perché sinceramente vista la situazione farei a cambio volentieri con quella di Ron!”
La ragazza si issò completamente sul letto e andò a sedersi accanto al ragazzo, sperando di riuscire a confortarlo almeno un poco con quel gesto.
Contando che di natura erano entrambi piuttosto asciutti non ci fu nemmeno bisogno che il moro si spostasse per lasciarle spazio, così mantenne la stessa posizione senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Ma dentro di sé la ringrazio perché, anche se il cambiamento di umore era quasi impercettibile, un po’ si sentiva sollevato sapendo che c’era ancora qualcuno su cui poteva contare nel momento del bisogno.
Hermione attese un paio di secondi, poi non si trattenne e pronunciò la domanda che gli frullava in testa da quando aveva trovato il Grifondoro raggomitolato lì. “Harry… che cosa ti ha detto Ron?”
Il moro le rivolse uno sguardo stanco. “Devo… devo per forza?”
“Oh no, solo se te la senti ovviamente” si affrettò a rispondere quella, sollevando leggermente gli angoli della bocca in un sorrisetto tirato.
Potter capì dai suoi occhi, tristi e freddi, che nel profondo ci teneva davvero a ricevere una risposta. O che in qualche modo sarebbe riuscita a tirargliela fuori, per sapere cos’era successo e di conseguenza consigliargli, eventualmente, una soluzione al litigio. Rinunciò già da subito a tenerle testa. Primo: non ne aveva le forze, Secondo: anche in caso contrario vincere su di lei quando voleva a tutti i costi ottenere qualcosa era un’impresa praticamente impossibile.
“Beh, ha detto…” si bloccò per degli attimi: ripensare alle parole che gli aveva rivolto gli provocava l’ennesima insopportabile stretta allo stomaco. Fortunatamente per entrambi non vide il sorrisino compiaciuto di Hermione, che, anche se in un momento critico come quello, non era riuscita a trattenere appena lui aveva aperto bocca.
Il moro prese un respiro profondo e finalmente parlò. “Ha detto che non riesce più a riconoscermi, che mi trova troppo diverso da quello che ero prima, ora che gli ho rivelato il vero IO. E poi ha detto… ha detto che non mi odia però… non riesce ad accertarmi, così… come sono”
Hermione non poté fare a meno di sgranare gli occhi, leggermente colta alla sprovvista da quelle dure affermazioni. Ok, sì… anche lei ci era rimasta male quando il ragazzo gli aveva rivelato la sua relazione con Malfoy e tutto ciò che essa comportava, magari un po’ più di male, però sicuramente il pensiero di accusarlo con delle affermazioni che colpivano così in profondo la sua personalità non l’avrebbe mai nemmeno attraversata. Lei aveva invece cercato di capirlo e non le ci era voluto poi tanto tempo per rendersi conto che lasciarlo libero di esprimere i suoi sentimenti era quello che lo rendeva più felice, e che significava volere il meglio per lui. Prima che Potter parlasse si era immaginata varie teorie possibili sul litigio avvenuto tra i due ma mai, mai avrebbe immaginato che Ron potesse arrivare a tal punto con il suo migliore amico. Lei lo conosceva perfettamente, forse anche meglio di Harry, e poteva assicurare che non era assolutamente un tipo cattivo. Secondo lei il massimo che avrebbe potuto rivolgergli sarebbe stata qualche parolaccia, o magari un “Miseriaccia! Ma ti è andato di volta il cervello?”. Doveva essere rimasto davvero sconvolto dalle sue ammissioni per dirgli certe cose, non c’era altra spiegazione possibile.
Notò con la coda dell’occhio il Grifondoro passarsi una mano sul viso e immobilizzarsi per cercare di calmare il respiro pesante, e si rese conto di essere rimasta a riflettere fin troppo a lungo, permettendo così alla mente di Harry di ritornare ai recenti e orribili ricordi.
Subito si voltò verso di lui e lo abbracciò in uno slancio d’affetto, sussurrando un “Mi dispiace” per fargli capire che forse riusciva ad immaginare come si sentisse in quel momento.
All’inizio il moro non cambiò minimamente posizione, rimanendo rigido e inespressivo come un burattino, ma poi sentì le gentili mani di Hermione accarezzargli le ciocce ribelli dei capelli corvini e pian piano si sciolse, abbandonandosi completamente alla stretta dell’amica. Poggiò la testa nell’incavo del suo collo e immerse il viso nella sua chioma riccia e profumata, sentendo improvvisamente una magnifica sensazione di calore accendersi dentro di lui, anche se era consapevole che non sarebbe potuta durare all’infinito.
Il mento della ragazza si mosse leggermente sulla sua spalla. Avvertì a mala pena il sussurro di Hermione accanto al suo orecchio, a causa della sua voce leggermene incrinata, come se si stesse forzando di trattenere le lacrime. Di certo per sostenerlo mica poteva permettersi di mostrarsi più debole di lui. “Gli-gli vuoi veramente tanto bene… non è vero?”
Harry capì subito a chi si riferiva e a quella domanda sentì un brivido apparirgli dal nulla alla base della nuca e scorrergli veloce giù per la spina dorsale, confortante ma allo stesso tempo doloroso, come quando prendi una scossa. E subito seppe che non era dovuto al freddo o ad altro, ma alla semplice sensazione che il pensiero di Draco gli suscitava. Non ebbe bisogno di pensarci, e non lo fece nemmeno. Si lasciò guidare dall’istinto e le parole parvero nascergli da dentro, senza che lui avesse dato alle sue labbra il comando di schiudersi e alle sue corde vocali il comando di produrre quelle poche sillabe. “Sì. No puoi immaginare quanto…”
Il respiro della ragazza parve bloccarsi per un attimo: metà per lo stupore nel sentire il suo tono di voce improvvisamente molto più sicuro di se stesso, metà perché non si aspettava una risposta così sincera e diretta.
Potter se ne accorse e tornò a nascondere il viso tra le ginocchia, separandosi da Hermione con un timido rossore che gli imporporava le guance. “Scusa, non…” biascicò a disagio.
Ma la riccia lo interruppe stringendogli il braccio dolcemente e, alzando con una mano il suo viso per guardarlo negli occhi, disse. “Non devi scusarti per niente, Harry. Non è colpa tua, e non lo è neanche di…” tentennò un attimo, gli veniva molto difficile chiamarlo per nome dopo anni di odio “… Draco. Se è successo vuol dire che doveva succedere, ed è giusto così. Basta che tu sia felice”
Un leggero sorriso ammorbidì i lineamenti tesi dall’agitazione del viso del moro. La ringraziò sottovoce.
“Vedrai che presto si risolverà tutto. Lo sai com’è Ron, gli ci vuole poco tempo per sconvolgersi ma altrettanto poco per farsela passare. E poi, sbaglio o la settimana prossima c’è la partita di Quidditch contro i Tassorosso?”
Harry annuì, poi fece un balzo sul posto che stonava immensamente con il comportamento stanco di pochi secondi prima, ricordandosi all’improvviso di una cosa. “Cazzo… oggi c’era l’allenamento!” esclamò preoccupato “Saranno rimasti ad aspettarmi per ore, saranno infuriati… Hermione che faccio?!”
La ragazza riportò il busto del Grifondoro all’indietro, facendolo riappoggiare alla testiera del letto dopo che era saltato su facendole quasi prendere un colpo. “Ehy, stai tranquillo. Ti pare che tu sia in condizione di poterlo fare? E poi pensaci: avete ancora tempo per quattro allenamenti prima della partita, Ron oggi sicuramente non ci sarà andato, Katie Bell non è ancora in condizioni di poter allenarsi e Ginny, se tutto va bene, sarà da qualche parte insieme a Dean. Non lo fa spesso ultimamente?”
‘Si, lo fa davvero spesso. A dire il vero anche troppo’ si rispose mentalmente, piuttosto scocciato al pensiero che una cacciatrice brava come lei saltasse la metà delle lezioni per motivi di cui nemmeno si degnava di inventare delle scuse credibili. Ma tanto lo sapeva che quando mancava era perché, molto probabilmente, la voglia di incontrare Thomas superava di gran lunga quella di aiutare a vincere la coppa di Quidditch. Mioddio, quel ragazzo la stava portando alla rovina, una volta era tanto gentile e disponibile, ora non riusciva quasi più a riconoscerla. E quando si ritrovava con lei nella stessa stanza gli saliva un certo nervosismo vedendo com’erano cambiati i suoi comportamenti da quando l’aveva lasciato. E gli dava ancor più fastidio il fatto che in momenti difficili come quelli, che nel corso dell’anno non erano certo stati rari, doveva gestirsi l’intera squadra di Quidditch da solo. Era meno stressato e più tranquillo quando anche Ginny gli dava una mano perché, doveva ammetterlo, aveva una capacità di farsi ascoltare molto più elevata della sua. Fatto sta che era da tempo che non lo aiutava più, e il Grifondoro ormai ci si era anche abituato, infatti non era quello il problema, ma più la consapevolezza che tra meno di una settimana ci sarebbe stata la partita e, anche se i Tassorosso erano un avversario piuttosto facile da battere, non avrebbero combinato un bel niente se non si fossero messi d’accordo al più presto sulle postazioni e i ruoli da mantenere in campo.
Alle parole di Hermione il battito cardiaco di Harry tornò lentamente alla normalità e lui poté rilassare di nuovo le spalle. Ok, doveva ammetterlo, la adorava e adorava il modo in cui tranquillizzava le persone facendo apparire ogni problema come una cosa facilmente risolvibile. Non sapeva davvero dove sarebbe andato a finire senza di lei. “Hai ragione. Però cosa centra la partita, comunque?” domandò riferendosi alle parole della ragazza di poco prima.
“Tu aspetta e fidati di me” disse lei con aria misteriosa.
Ecco, Harry la adorava un po’ meno quando lo lasciava in sospeso con la sola compagnia di una curiosità logorante e la consapevolezza che lei sapeva tutto e lui invece niente. Le rivolse uno sguardo indignato che Hermione ricambiò con una soddisfatta alzata di sopracciglia.
L’aria del dormitorio sembrò scaldarsi un po’ dopo quel veloce scambio di battute, ma purtroppo durò solo pochi attimi perché a causa del silenzio della riccia il moro non ebbe altro a cui pensare che non fosse la spiacevole conversazione avvenuta con il suo migliore amico. Non seppe per quanto tempo rimase raggomitolato su se stesso, in quella scomoda posizione. Ma era l’unica che gli dava la sensazione di essere protetto, l’impressione di esternarsi dal resto del mondo e la falsa certezza che così nessuno avrebbe potuto indovinare i suoi sentimenti. Quasi nemmeno si accorse di Hermione, che rimase seduta al suo fianco per tutto il tempo, senza fiatare, senza lamentarsi per il tempo che trascorreva oppure per la fame che oramai, alle otto di sera, cominciava a farsi sentire. Eppure nel profondo, anche se non se ne rendeva conto direttamente, Harry sapeva che era lì, che stava cercando di sostenerlo e che avrebbe sempre potuto contare su di lei.
Anche se mai del tutto, il nodo che gli bloccava la bocca dello stomaco si sciolse con l’avanzare dei minuti e fu solo alle nove ormai passate, quando i recenti ricordi cominciavano ad abbandonare il pensiero di Harry, che il brontolio dello stomaco della ragazza si fece sentire, interrompendo il silenzio.
Il moro aprì gli occhi, rimasti chiusi fino a quel momento, e rivolse lo sguardo verso Hermione, sorridendo timidamente. “Guarda nel comodino” le sussurrò con la voce roca.
La riccia esitò un attimo ma poi non se lo fece ripetere due volte e, alzandosi dal letto, scoprì la miriade di dolci buttati a casaccio all’interno del cassetto. Rise senza volerlo. “Spiegami, come hai fatto a procurarti tutta questa roba?”
Il Grifondoro ghignò con aria furba. “Diciamo solo che avere un mantello dell’invisibilità, un compagno Serpeverde che ti guida perfettamente tra i vicoli bui dei sotterranei di Hogwarts, un elfo domestico di nome Dobby disposto a fare di tutto per te e il fatto di aver ripetuto la strada che porta alle cucine una miriade di volte, aiuta non poco”
“Harry!” esclamò la ragazza rivolgendogli uno sguardo di fuoco.
Il moro dovette girare la testa dall’altra parte per evitare di ridergli in faccia e assicurarsi così un bel castigo da parte della McGranitt, dopo che la ragazza fosse andata a riferirgli tutto. Certo: aveva dimostrato più volte di sapersi tenere le cose per sé ma nonostante questo aveva ancora paura che in momenti come questo venisse fuori l’Hermione di una volta. “Ehm… scusami” disse, cercando di assumere un tono realmente dispiaciuto, ma fallì miseramente nell’impresa.
La riccia si posò le mani sui fianchi, in un gesto che gli ricordò fin troppo la Signora Weasley quando rimproverava i gemelli per uno dei loro pasticci, e divenne serio di colpo. “Harry James Potter! Per le mutande di merlino! Si può sapere quante cavolo di volte hai derubato le cucine di Hogwarts?!” urlò isterica.
Il ragazzo boccheggiò non sapendo cosa rispondere per salvarsi le chiappe.
Hermione parve esaminare la sua espressione come se stesse facendogli una radiografia, continuando a mantenere il proprio sguardo freddo e infuriato dritto su di lui, ma alla fine non riuscì più a sostenere il gioco e scoppiò letteralmente a ridere.
Harry corrugò la fronte, rimanendo a fissarla sconcertato per un paio di secondi. Poi si rese conto che era tutto uno scherzo e non poté trattenersi dall’imitarla. Raramente aveva visto la sua migliore amica ridere così di gusto e doveva ammettere che gli piaceva, vederla così, spensierata e gioiosa come non mai. La sentiva ancora più vicino a lui, come una migliore amica avrebbe dovuto essere.
Una nuova ondata di calore riempì il dormitorio. E sta volta non svanì subito, come quella precedente, ma rimase a lungo e accese un barlume di felicità nel cuore del ragazzo, sciogliendo definitivamente il nodo allo stomaco e con lui tutte le preoccupazioni.
 
“Hermione?” chiamò, mentre la ragazza, nuovamente seduta al suo fianco, era intenta a mangiare una fetta di torta alle mele.
“Si?” le chiese quella interrompendo ciò che stava facendo.
“Mi chiedevo sé… ti andasse di dormire con me. Solo se non ti dà fastidio…”
“Ma certo! Se questo ti può far sentire meglio” rispose con entusiasmo e un sorriso da un orecchio all’altro.
 
Quella sera Ron non tornò in dormitorio e Harry non poté biasimarlo, dato che né conosceva perfettamente il motivo. Probabilmente il rosso avrebbe soggiornato per più notti sulle poltrone della Sala Comune, con la sola compagnia del fuoco scoppiettante nel camino e dei i rari studenti che si addormentavano sopra i libri di testo nella speranza di riuscire a concludere i compiti entro l’alba. Di certo non ci sarebbero voluti solamente uno o due giorni perché riuscisse a farsela passare.
Si accoccolò accanto ad Hermione, sorridendo rassicurato e più sereno a causa della sua presenza. Starle così vicino era strana come cosa, a pensarci bene. Chiunque in quel momento, vedendoli, avrebbe potuto immaginare che stessero insieme o qualcosa del genere. Ma al Grifondoro non poteva fregare di meno perché sapeva che tra lui e la ragazza non c’era e non ci sarebbe mai stato un rapporto che superava l’amore per un amico. E poi in quei giorni aveva avuto problemi ben più grossi da risolvere rispetto al preoccuparsi delle opinioni degli altri, a cominciare dal “quasi suicidio” di Draco. E ora, sinceramente, non credeva l’avrebbe stupito o infastidito più nulla. Senza parlare del fatto che c’era qualcosa di estremamente differente nel stare a letto con Malfoy e con Hermione. Non sarebbe riuscito ad immaginare di “desiderare” in quel modo la sua migliore amica, Draco invece… Beh, sì. Poteva confermarlo con sincerità, dopo il modo in cui erano rimasti abbracciati la sera precedente e le azioni che ne erano seguite la giornata successiva. Ma adesso sentiva di aver bisogno non della vicinanza di un… amante – boh, era il primo aggettivo che gli veniva da riferire al Serpeverde – ma di una persona che sapeva volergli bene da praticamente una vita, di cui si fidava cecamente e a cui poteva rivelare le cose più intime senza aver paura di venire criticato o preso in giro. E la descrizione corrispondeva perfettamente alla ragazza dai capelli ricci accanto a cui stava.
“Harry… Sei sveglio?” lo chiamò a sorpresa Hermione, sentendo che non aveva il classico respiro leggero di quando si è parzialmente addormentati.
“Mmh…” mugugnò quello aprendo in modo svogliato le palpebre e cercando di mettere inutilmente a fuoco il viso della ragazza – senza occhiali era un’impresa impossibile. Fu rincuorato nel sapere che anche lei non riusciva a prendere sonno.
“Senti… io non te l’ho chiesto prima perché non mi pareva il caso ma mi piacerebbe sapere…” si mordicchiò distrattamente un labbro “Beh sai, ieri sera… Malfoy sembrava che volesse…” si interruppe, paurosa di aver detto troppo oppure di aver risvegliato nel suo amico ulteriori ricordi spiacevoli.
“Oh…” disse soltanto Harry.
Ecco appunto, l’aveva combinata di nuovo. Mai che riuscisse a tenere a bada la curiosità. “No, ok. Lascia stare” si corresse con un sorriso colpevole.
Il moro si voltò allora a pancia in su, rimanendo a fissare per un po’ le pieghe del tessuto nel letto a baldacchino sopra di lui, illuminate dalla luce della luna che filtrava attraverso il vetro delle finestre. Poi girò la testa verso la ragazza, che era rimasta a fissarlo fino a quel momento. “Non c’è poi molto da spiegare. Ha avuto una crisi psicologica e nervosa. La sua situazione è rimasta stabile per circa un mese ma poi è collassato internamente e per porre fine alle sue sofferenza voleva…” inspirò profondamente “voleva…”. La voce gli si spense in gola al ricordo di cosa sarebbe potuto succedere se lui fosse arrivato anche solo pochi secondi dopo.
Hermione gli poggiò una mano sul braccio per trattenerlo. “Davvero, non serve che lo dici”
Harry le rivolse uno sguardo grato, però era deciso ad arrivare fino in fondo, quindi continuò a raccontare nonostante la brutta sensazione di oppressione che gli gravava sul petto. Ovviamente non tutto tutto, solo quello che gli permetteva di non rivelare troppi dettagli segreti. “Le avrai sicuramente viste anche tu le condizioni in cui versava in questi giorni, durante tutte le lezioni che abbiamo avuto con i Serpeverde. Come ho detto prima: era davvero questione di tempo prima che cedesse definitivamente. Per fortuna sono riuscito ad impedirgli di… di fare ciò che aveva intenzione di fare, di suicidarsi… Ora credo che sia tutto più o meno risolto”. Sospirò, poi aggiunse “A proposito, io… devo ringraziarti infinitamente Hermione. Se tu non te ne fossi accorta e non me l’avessi riferito ora lui sarebbe…”
Non fece a tempo a finire la frase perché la ragazza si accostò a lui e, soffocando le sue parole sul tessuto del maglioncino – che le aveva prestato prima di andare a dormire – lo abbracciò talmente forte da stupirlo: l’aveva sempre immaginata piuttosto povera di forza fisica, come ragazza. Però si ricredette subito dopo ricordandosi del favoloso pugno che aveva tirato dritto sulla faccia di Malfoy, al terzo anno, non rompendogli il naso solo per poco.
“Shhh” lo zittì passandogli gentilmente una mano attorno alla schiena “L’importante è che tu sia riuscito a fargli cambiare idea”
Il Grifondoro si aprì in un triste sorriso, staccandosi poi dalla ragazza con un’ultima stretta. “E’ colpa mia sai… sono stato io a ridurlo in quel modo, se non mi fossi comportato così male ora non sarebbe magro come un asticello e non faticherebbe a reggersi in piedi”
Hermione assunse all’improvviso un’espressione preoccupata, al ricordo delle condizioni in cui Draco giaceva steso sul pavimento del bagno, coperto da profondi tagli sanguinanti, quando Severus le aveva intimato di portarsi via il suo amico il più in fretta possibile. E poi c’era anche quello di pochi giorni prima la catastrofe del Sectumsempra: il modo in cui Harry si era irrigidito al passaggio di Malfoy quando il moro, lei e Ron erano di ritorno dalla biblioteca, l’insistenza con cui li aveva rassicurati di poter andare senza di lui fingendo di essersi dimenticato qualcosa, per poi correre dietro al biondo senza esitazione con uno sguardo talmente duro e freddo da essere inquietante. Aveva davvero una brutta impressione quando provava ad immaginare cosa fosse successo dopo che era tornata in Sala comune con il rosso, e faceva più che bene ad averla.
Nonostante tutto si sforzò di trasformare l’espressione ansiosa in una rassicurante, perché il suo amico ne aveva bisogno, e sussurrò gentilmente “Non dire sciocchezze, e poi… ammetti che dopo tutto ciò che è successo sei ancora più legato a lui di quanto lo eri prima”
Il sorriso di Harry si allargò un poco e lui annuì imbarazzato.
La ragazza ricambiò il sorriso sistemando la testa sul cuscino e tirandosi le coperte fin sulla punta del naso, per ripararsi dal gelo tipico di quelle fredde notti di fine Gennaio. “Che ne dici se dormiamo adesso? Domani è lunedì e credo sia meglio essere attenti e vigili quando Piton cercherà di trovare ogni minimo motivo per togliere punti al Grifondoro”
Il moro ridacchiò, per evitare di pensare negativamente anche a quell’ulteriore problema con cui condivideva già dal primo anno. “Hai ragione. Buonanotte Herm”
“Notte Harry” mormorò lei, chiudendo le palpebre pesanti.
 
Entrambi si lasciarono cullare dal sonno e dalla piacevole sensazione che le coperte calde regalavano a contrasto con l’aria fredda di quei giorni invernali.
Il ragazzo ripercorse velocemente tutti i recenti ricordi, scacciandoli dalla mente man mano che essi avanzavano, riuscendo a calmarsi abbastanza da chiudere gli occhi senza vedere spiacevoli immagini nel buio.
Ma c’era ancora una cosa che aveva dimenticato e che sapeva di dover fare, e il suo pensiero non gli permetteva di addormentarsi serenamente una volta per tutte.
“Hermione?” sussurrò pianissimo, per non rischiare di svegliare gli altri suoi compagni.
“Mmh cosa…” gli giunse all’orecchio il verso assonnato della ragazza, ancora intrappolata nel dormiveglia.
“Grazie… di tutto”
Poi crollarono entrambi, sopraffatti dalla stanchezza.
 
 
*****
 
 
Harry si lasciò cadere sulla panca del tavolo di Grifondoro svogliatamente e con ben poca eleganza – non che di solito fosse di così che modi raffinati e delicati.
Neanche il tempo di aprir bocca per salutare Hermione e Neville, seduti accanto a lui, che fu attorniato da una folla di ragazzi, molti dei quali conosceva soltanto di vista, che iniziarono a tirargli pacche sulle spalle e frasi di incoraggiamento per la partita di Quidditch che si sarebbe tenuta di lì a poco. Si sforzò di ricambiare la maggior parte di essi con un “Grazie” o dei sorrisi sinceri, tanto per non essere scortese, ma non era affatto dell’umore giusto, proprio per niente.
Riuscì per poco ad evitare di sbattere il naso contro il tavolo quando una pacca decisamente più forte delle altre lo colpì sulla schiena, facendolo piegare a metà. Si girò con un’espressione rispecchiante il dolore che stava provando ed un sopracciglio alzato in uno sguardo interrogativo, trovandosi davanti un ragazzo di corporatura massiccia, fin troppo alto e con le spalle larghe come un armadio.
“Hey Potter! Buona fortuna per la partita, anche se avreste molte più possibilità di vincerla se avessi scelto me come portiere” iniziò con una voce dal tono decisamente troppo da adulto per uno del sesto anno, guardandolo dall’alto in basso.
“Si, grazie Cormac” ribatté Harry piuttosto scocciato da tutta quella superbia: era quasi peggio di Malfoy.
“Di nulla! Comunque, se per caso cambiassi idea anche all’ultimo momento, io sono sempre pronto a far vincere la nostra squadra. E sinceramente credo che ti convenga…” si interruppe un secondo, guardando nella direzione di Ron, seduto una decina di posti più in là mentre punzecchiava con la forchetta frittata e bacon senza mettere in bocca nulla “… Non ha una bella cera Weasley, ha una tonalità verdognola, sembra stia per vomitare”.
Il moro rivolse anch’esso un’occhiata verso il suo amico, osservando con dispiacere l’espressione di puro terrore che aveva in volto ogni santissima volta che c’era una partita di Quidditch. La differenza era che in casi normali avrebbe potuto cecare di calmarlo, ma il fatto che il rosso fosse ancora profondamente sconvolto da ciò che gli aveva confessato la settimana precedente non era un caso normale.
Si rivoltò verso McLaggen con aria scazzata, senza preoccuparsi di celarla dietro ad un minimo velo di pazienza. “Scusami tanto ma so decidere adeguatamente anche senza i tuoi consigli chi voglio in squadra, perché, a differenza di qualun’altro” sottolineò in maniera particolare la parola “sono capace di elaborare concetti sensati e di non comportarmi da bambino se qualcosa non mi va a genio. E se non ti dispiace adesso ci terrei a fare colazione in santa pace a meno che non voglia svenire dalla fame mentre sono sulla scopa”. Detto questo si aprì in un sorriso a 32 denti che di gentilezza non aveva proprio la minima traccia.
Il ragazzo più alto si guardò le unghie distrattamente, fingendo di non aver capito a chi si riferiva, poi ricambiò il sorriso con uno che lasciava trasparire una traccia di indignazione. “Molto bene Potter, vedo che sei più intelligente di quel che pensavo” disse sarcastico, poi, dopo aver stretto gli occhi in uno sguardo inceneritore rivolto al moro e alle ben camuffate offese di pochi secondi prima, lo abbassò sulla ragazza riccia di fronte ad Harry trasformandolo in uno soddisfatto ed altezzoso.
“Stammi bene Granger!” esclamò con una veloce alzatina di sopracciglia.
Hermione, che era ancora concentrata sulla conversazione per non perdersene un micro-dettaglio, sussultò leggermente accorgendosi che McLaggen stava parlando con lei. Si ricompose comunque in quattro e quattr’otto e annuì, sollevando di poco una mano per salutarlo e dimostrarsi un minimo cortese, nonostante quel ragazzo la infastidisse tremendamente.
Cormac si rivolse un’ultima volta ad Harry fingendo una faccia angelica e benintenzionata.
Il moro deglutì senza rendersene conto, a quanto pareva il suo inconscio aveva percepito un possibile pericolo.
Infatti McLaggen, dopo un ulteriore: “Buona fortuna Potter!” gli tirò una seconda pacca sulla spalla, sta volta doppiamente più forte della prima, e Harry non riuscì a resisterle. La schiena cedette in avanti sotto alla forza del colpo e lui sbatté la faccia a lato del piatto facendo saltare in aria il toast alla marmellata che, dopo una perfetta parabola in aria, atterrò spiaccicandosi sul pavimento della Sala Grande, ovviamente dalla parte della confettura.
Si tirò su di scatto trattenendo a stento una vasta gamma di imprecazioni contro quella sottospecie di armadio sopra-sviluppato, mentre lo guardava allontanarsi fischiettando pacifico, come se non l’avesse fatto intenzionalmente.
In men che non si dica risolini e mormorii mal trattenuti si diffusero per tutta la Sala Grande, assieme alle risate di puro divertimento dei Serpeverde.
Il Grifondoro si sentì avvampare, così si voltò nuovamente verso il proprio tavolo, cercando di non guardare i suoi compagni, eccetto Hermione, che alzò gli occhi al cielo come per assicurarlo che quello di McLaggen era stato un comportamento estremamente stupido e infantile e che non doveva prendersela troppo. Leggermente più calmo per quello sguardo di comprensione da parte della sua amica si procurò qualcos’altro con cui fare colazione e cercò di non pensare al rossore che gli imporporava le guance, ai commentini pungenti che circolavano fra i tavoli e all’agitazione per la partita sempre più vicina, che rischiava di chiudergli lo stomaco. Era talmente concentrato sull’esternarsi dal resto degli studenti che rimase non poco sorpreso quando Neville, affianco a lui, scoppiò improvvisamente a ridere. Gli rivolse uno sguardo ferito. Insomma, non anche lui! Si aspettava di meglio da uno dei suoi più grandi amici!
Neville si accorse che Potter lo stava fissando quindi distolse gli occhi da un punto apparentemente a caso del tavolo di Serpeverde e li puntò sul moro, capendo subito cosa doveva aver pensato vedendolo sbellicarsi in quel modo. “No, Harry, tranquillo! Non stavo ridendo di te, ma… di un’altra cosa…”
Quello corrugò la fronte, vedendo le punte delle orecchie di Neville tingersi leggermente di rosso a quelle ultime parole, così cercò di individuare almeno in modo approssimativo il perché di quel comportamento da parte del ragazzo. Subito lo sguardo gli cadde su un paio di iridi color ghiaccio, che trovò già lì a scrutarlo. Notò nella persona a cui appartenevano un grande miglioramento: non aveva più occhiaie, stava mangiando, riusciva a reggere la forchetta senza svenire dalla fatica, le sue guance avevano riacquistato un po’ di carne e gli zigomi non erano più tanto tirati sul suo viso da farlo sembrare un cadavere. Notò anche che, a quanto pareva, ormai da tempo Draco stava cercando di attirare la sua attenzione, perché quando ebbe finalmente gli occhi di Potter addosso sbuffò spazientito, come ad avvisarlo di aver atteso troppo per i suoi gusti.
Il moro però non sapeva che farci: con l’agitazione crescente e la folla di studenti che si era ritrovato attorno fino a poco prima non se n’era minimamente accorto, così optò per un sorrisino innocente e gentile che, fortunatamente, fu subito ricambiato.
Tuttavia scomparì fin troppo in fretta dalle labbra di Harry perché si accorse di una cosa che mai in vita sua avrebbe voluto vedere: Blaise Zabini stava seduto vicino a Draco ad una distanza decisamente troppo piccola per i suoi gusti, mentre il suo viso si contorceva nelle più ridicole smorfie di disgusto – cosa davvero molto strana contando che tutte le altre volte che gli era capitato di vederlo aveva sempre mantenuto la solita rigida e imperscrutabile espressione, senza mai smuovere un minimo muscolo facciale – in attesa di accumulare la forza d’animo necessaria per addentare un panino al tonno. “Schifoso cibo babbano!” sbottava contrariato, e Neville, accanto a lui, sembrava fare apposta a partire a ridere proprio nei momenti esatti.
“Magari è solo un’impressione” si disse Potter, tornando a concentrarsi sul semplice fatto che Blaise era troppo vicino a Draco. Assottigliò gli occhi minacciosamente e, rivolgendosi a quest’ultimo, indico con un dito il Serpeverde seduto al suo fianco.
Malfoy gli rivolse uno sguardo rassicurante, per indicare che era tutto apposto, poi fece ruotare in senso orario gli indici di entrambe le mani e pronunciò un ‘Dopo’ usando i movimenti labbiali.
Harry esitò un attimo, diffidente, ma poi si convinse che se non avesse avuto una ragione più che buona Zabini in quel momento non sarebbe stato seduto accanto al biondo. Anche se non completamente d’accordo alzò un pollice supponendo che ‘dopo’ l’avrebbe aggiornato sulle ultime novità. Effettivamente non aveva avuto più modo di rivolgersi a lui dalla settimana precedente, eccetto qualche saluto lanciato di sfuggita e di nascosto per i corridoi, al cambio tra una lezione all’altra.
Draco lo ringraziò con un cenno di gratitudine per la comprensione, dopo di che, a sorpresa del moro, cambiò improvvisamente espressione e si leccò tutta la superficie del labbro superiore con fare malizioso.
Potter quasi neanche si accorse di aver stretto convulsamente il manico della forchetta, guardandolo.
Malfoy ghignò malefico e, dopo essersi passato una mano sui capelli lentamente, in un gesto che l’altro ragazzo trovò estremamente sexy, indicò il viso di Harry e in seguito la proprio bocca ripetendo il gesto rotatorio degli indici.
‘Dopo’ riconfermò il Grifondoro con muti movimenti, un sorriso impaziente stampato in faccia e l’ansia improvvisamente sostituita da una voglia matta di mandare avanti il tempo.
Draco annuì, finalmente soddisfatto, poi abbassò gli occhi, ritornando a concentrarsi sulla sua colazione.
“Harry! Smettila! Stai facendo nevicare!” gli giunse alle orecchie una voce stridula da ‘so-tutto-io’.
Potter sussultò, fino a pochi secondi prima immerso nei pensieri leggermente perversi che le occhiatine del Serpeverde gli avevano suscitato, e dovette sentire più di una volta il gelo dei fiocchi di neve a contatto con la pelle scoperta delle mani per arrivare finalmente a comprendere il significato delle parole di Hermione.
Interruppe subito l’incantesimo involontario e avvampò per ben la seconda volta in meno di mezz’ora, mentre una nuova ondata di commenti divertiti attraversava la Sala. Decisamente quella giornata non era iniziata troppo bene, ma almeno sperava che con l’avanzare dei minuti sarebbe migliorata, dopotutto aveva una partita da vincere!
Neville scoppiò nuovamente a ridere, e sta volta non fu per quella così detta ‘altra cosa’ – o a ripensarci sì, in parte – ma perché si rese conto che, se solo fosse stato più bravo con gli incantesimi, in quel momento avrebbe fatto nevicare pure lui.
 
 
*****
 
 
Delle mani delicate si poggiarono su di lui mentre ancora era girato di spalle, accompagnandolo poi ad aderire alla parete esterna del retro degli spogliatoi con l’intera schiena. Cercò di divincolarsi dalla salda presa sui suoi bicipiti fino a quando un paio di labbra si sovrapposero alle sue e avvertì la loro forma perfetta e familiare, e l’inconfondibile profumo che le avvolgeva. Lasciò cadere a terra la Firebolt e la sacca con dentro la divisa di Quidditch e senza nemmeno curarsi di aprire gli occhi avvolse con le mani la vita del ragazzo e lo premette su di sé, stupendosi subito dopo di trovarci un minimo di carne su cui farle scorrere.
“Ti sei impegnato ad ingrassare questa settimana eh Draco” disse ansimando leggermente, mentre delle dita sottili scivolavano veloci sul suo collo.
“Non sono così imbranato come credi Potter, non intendo morire ora che ho avuto la maledettissima fortuna di essere stato salvato dal Grifondoro più imbranato della scuola” ribatté il biondo attaccando subito dopo il suo orecchio a piccoli morsi, che tolsero definitivamente il fiato ad Harry, impedendogli di tenergli testa in qualunque modo.
Il moro gettò il capo all’indietro, lasciandogli la completa libertà, mentre faceva scivolare una mano sotto al maglioncino e alla camicia di Malfoy e gli accarezzava la pelle ancora calda, percorrendo con l’indice il piccolo taglio a forma di saetta. “E che mi dici di Zabini?”
Il biondo rabbrividì sentendo il contatto con la fredda aria pungente dell’esterno. “Perché? Sei geloso?” chiese ghignando.
Il Grifondoro sbuffò e mormorò un “Beh sì”, come se fosse ovvio.
Draco lasciò perdere per un momento il suo orecchio e si staccò di lui, prendendogli la testa tra le mani per guardarlo negli occhi e sorridergli “In poche parole tutte le volte che l’hai visto fare qualcosa per cercare di provarci con me in realtà lui stava solo fingendo. Fidati, anche io all’inizio non ci potevo credere però mi ha spiegato per ogni singolo gesto che ha compiuto il perché, e le sue affermazioni erano troppo credibili per essere scuse. Lo faceva perché mi rivelassi i tuoi sentimenti, per farti ingelosire…”
“Bastardo” ringhiò tra i denti.
Malfoy ridacchiò fra sé e sé “Lo credi davvero? Credi che potrei fare questo altrimenti?”. Sbatté Potter contro la parete e gli saltò letteralmente addosso, avventandosi con foga sulle sue labbra.
“Mhm… forse no” mugugnò il moro tra un bacio e l’altro. “Comunque l’ho detto a Ron”
“Cosa?!” esclamò il biondo con una vocetta isterica, separandosi dalla sua bocca con uno schiocco “Che cazzo hai fatto?”
“Ou, stai tranquillo. Cos’è? Tu puoi dirlo ai tuoi amici ed io no?” si difese Harry, le mani in alto in segno di resa.
“Come cavolo fai a sapere che gliel’ho detto?!”. Draco era sconvolto: non si erano più parlati dalla scorsa settimana, teoricamente non avrebbe dovuto essere a conoscenza di niente, a meno che qualcuno dei suoi amici non fosse andato a spifferarglielo. “Chi è il coglione che è venuto a riferitelo? Dimmelo che lo ammazzo malissimo”
Harry gli strinse gentilmente la spalla, per cercare di calmarlo. “Nessuno. Nessuno mi ha detto niente. Ci sono arrivato da solo: voglio dire, ti ripresenti dai tuoi amici dopo un mese di completo silenzio e non gli spieghi nulla? E’ ovvio che non potendo trovare una scusa decente lì sul momento o raccontare del nostro legame e della tua missione avrai per forza parlato di me”
Draco si rilassò all’istante, anche se con una brutta sensazione di oppressione sul petto al ricordo di cosa avrebbe dovuto fare per compiere il volere del Signore Oscuro. “Si, ok, forse sei più intelligente di quanto pensavo. In ogni caso come l’ha presa Weasley?”
Harry strinse le labbra in un’espressione per nulla convinta. “Non… non troppo bene…” affermò.
“Si beh lo immaginavo. Ho notato che non vi parlate da ormai una settimana”
Gli occhi del Grifondoro persero improvvisamente la loro solita lucentezza, trasformandosi in due sfere smeraldo tristi e spente quando ripensò alle parole che gli aveva rivolto Ron l’ultima volta che si erano parlati.
Il Serpeverde capì di aver colpito un punto debole e provò a rimediare in qualche modo. “Scusa, non intendevo… mi dispiace, vedrai che prima o poi ritornerà da te, sei il suo migliore amico. E se ti può consolare Pansy, Blaise e Theodore invece l’hanno presa bene. Sai Zabini ha fatto coming out poco prima di me quindi per loro non valeva la pena sconvolgersi due volte”
Potter si sforzò di sorridere, perché sapeva che per Draco essere così cortese e sincero davanti ad un Grifondoro, anche se si trattava di lui, non era affatto facile. Soprattutto dopo anni che si era abituato a nascondersi dietro una maschera che lo faceva apparire, davanti alle persone, come uno che pensava solo ed unicamente a se stesso. “Quindi è gay pure lui? Non stava fingendo in tutto e per tutto?”
“Non da quel punto di vista”. Il biondo si grattò la nuca, un po’ imbarazzato “Sai, in realtà non vuole che lo si venga a sapere in giro quindi per favore…”
“Starò zitto” lo bloccò facendogli l’occhiolino.
“Ok, bene, grazie” mormorò Malfoy, decisamente sollevato.
“E dimmi” continuò il Grifondoro “Per caso sai chi gli piace?”. Gli balenò alla mente la Sala Grande e il modo in cui Neville sembrava partisse a ridere ogni qualvolta il Serpeverde faceva una smorfia di disgusto o imprecava contro il cibo babbano, e non riuscì a reprimere la curiosità.
“Sai che gliel’ho chiesto anch’io ma non vuole dirmelo. E’ convinto che lo crucerei se lo venissi a sapere”
“Ma se lui non ti ha cruciato quando è venuto a sapere di me, perché mai dovresti farlo tu?”
“E che ne so… magari oltre ad essere un Grifondoro è pure sfigato. Quelli non li sopporto proprio”
“Ti ricordo che fino ad inizio anno il Grifondoro spelacchiato, sfregiato, pieno d’orgoglio, sfigato e quant’altro ero io. E ripeto, lui non ti ha cruciato ne avadakevrizzato da quel che vedo. E ok che ho gli occhiali proprio per questo motivo, ma so riconoscere una persona viva da un morto” disse sarcastico.
Draco ghignò, afferrò Harry per il maglione e avvicinò il viso al suo per sussurrargli in un orecchio “E’ diverso. Tu sei il MIO sfigato. E poi un Grifondoro deficiente assieme ad un Serpeverde con l’intelligenza sopra alla media si bilanciano in automatico mentre un Serpeverde coglione come Blay e un Grifondoro sfigato non possono che peggiorarsi a vicenda. Prima o poi collasserebbero su se stessi all’infinito”
“Sarà la volta che avranno un campione di buco nero su cui fare esperimenti” scherzò il moro.
L’altro corrugò la fronte, confuso. “Cos’è un buco nero?”
“Praticamente, verso il termine del ciclo vitale di una stella, dopo aver consumato tramite fusione nucleare il 90% dell' idrogeno trasformandolo in elio, nel suo nucleo si arrestano le reazioni nucleari. La forza gravitazionale…”
“Eh?!” esclamò il biondo sgranando gli occhi. Harry avrebbe potuto giurare che se gli avesse spalancati ancora un po’ sarebbero usciti dalle orbite, scoppiò a ridere. “Una fusione nucle-chè?”
“E’ un processo che avviene all’interno di una stella, in parole più semplici quando questa sta per ‘morire’ la forza gravitazionale comprime la sua massa verso il centro di essa. Ma se la stella ha una massa che supera di tre volte quella solare non c’è più niente che possa contrastare la sua forza gravitazionale, quindi diventa essa stessa una sorgente del campo gravitazionale. A questo punto è inevitabile il suo collasso infinito, perché ormai è diventata un buco nero. Questo raggiunge velocemente valori tali da creare un campo gravitazionale talmente intenso da risucchiare tutto ciò che si trova attorno ad esso senza permettere a nulla di sfuggire alla sua attrazione, neppure alla luce” concluse, sentendosi fin troppo Hermione Granger numero due. E la sensazione non gli piacque per niente.
Dopo svariati secondi che aveva terminato la spiegazione Draco era ancora lì che lo fissava sconcertato “E… E tu dove cavolo l’hai letta tutta ‘sta roba? Comunque non ho capito una sega, solo che c’è questa specie di buco nero che attira a sé tutto ciò che c’è nei dintorni e… e si forma quando una stella che ha massa tre volte più grande del sole muore”
“Sì, è una delle teorie. I babbani non l’hanno ancora dimostrato con certezza. Comunque hai afferrato il concetto quasi a pieno” si complimentò il Grifondoro “Io ho praticamente imparato a memoria il libro di astronomia in cui c’è scritta tutta questa roba a forza di leggerlo. Ogni volta che torno dai Dursley – li chiamava sempre così, non gli veniva per niente naturale chiamarli zii visto che loro di certo non lo consideravano come suo nipote, anzi, lo ignoravano come fa un lampione nei confronti degli insetti che di sera gli gironzolano attorno – per le vacanze estive non mi lasciano fare altro che comprenda o andare in giro per Privet Drive e tornare la sera senza però venire a rompergli le palle perché ho fame, devo pisciare o quant’ altro. Oppure stare in camera mia, ma a quel punto devo per forza leggere i loro schifosissimi libri di scienze e se mi beccano a far altro mi lasciano senza cena per due sere. Dicono che uno come me l’estate deve passarla a fare qualcosa di produttivo che non centri con quella inutile magia, perché altrimenti divento ancora più stupido di quello che già sono”
“Non hanno tutti i torti” commentò il biondo, sorridendo per cercare di tirare un po’ su il morale ad Harry. Stava pensando alle giornate di merda che avrebbe passato finita la scuola e aveva una faccia che trasmetteva la voglia di suicidarsi nel raggio di 30 metri.
Infatti non rispose, si limitò a fissarlo negli occhi.
“Hey, va tutto bene?”
“Si, si è che…” si interruppe un’attimo, pensieroso “Sai, avevo un padrino. Circa due anni fa mi aveva proposto di andare a vivere da lui, quando i dissennatori avessero smesso di dargli la caccia. Non vedevo l’ora che tutto finisse per potere finalmente mandare a quel paese i Dursley e vivere la mia vita con qualcuno a cui volevo davvero bene. Poi c’è stata quella notte al ministero della magia. Penso tu sappia quale intendo, quella in cui tuo… tuo padre…” smise di parlare, pauroso di aver detto troppo. Guardò Malfoy, ma quello aveva solo ed unicamente la sua solita espressione. Non un muscolo facciale fuori posto, quindi si decise a continuare “Beh non potrò mai più rivederlo, né sperare che mi accolga a casa sua, perché quella stessa notte Bellatrix Lestrange ha lanciato la peggiore delle maledizioni senza perdono su di lui. E lui è morto” concluse, senza nessun tono di voce, come se al suo ricordo non riuscisse ad avvertire alcun sentimento. Il suo sguardò era ancora puntato sul Serpeverde, ma era vuoto, come se in realtà non lo vedesse. In quel momento, dentro di lui, c’era solo un grande, schifoso e straziante nulla. Finché il biondo non pronunciò le uniche due parole che adesso come adesso avrebbero potuto farlo reagire.
“Sirius Black”
Il Grifondoro annuì, poi abbassò la testa e per infiniti attimi fissò l’erba umida sotto ai suoi piedi. Avvertì il tipico nodo alla gola di quando stava per piangere, cercò di trattenersi. Ma era da mesi che si tratteneva, che evitava di pensare al suo padrino solo per non guardarsi allo specchio e scorgere la sua debolezza. E rendersi conto che prima o poi tutte le persone che amava sarebbero morte per colpa sua, per proteggerlo. Sarebbero cadute una dopo l’altra, come le foglie di un albero in autunno, come soldati colpiti da mitragliatrici. Le sue spalle si mossero in un singhiozzò, avanzò di un passo verso Draco, poi si accasciò a terra.
Delle mani gentili lo afferrarono sotto le ascelle e lo riportarono in piedi un momento prima che toccasse il prato, una di esse gli accarezzò gentilmente il viso asciugandogli una lacrima e una voce che avrebbe potuto riconoscere da kilometri gli sussurrò una semplice frase: “Harry, ti prometto che quando tutto questo sarà finito casa mia sarà anche casa tua”
E il moro sorrise, e si dimenticò di tutto, e credette davvero alle parole del Serpeverde. Si dimenticò della missione, di Voldemort, del legame, della litigata con il suo migliore amico e di Sirius. C’era solamente Draco, e Draco gli stava prendendo la testa tra le mani, e le sue labbra sfioravano le sue, e quelle formicolavano piacevolmente in attesa di porre fine alle distanze. In attesa di ammettere ancora e ulteriormente quanto si amassero, quante migliaia di volte sarebbero stati disposti a morire per l’altro, e risorgere, per poi morire di nuovo. Anche se erano ancora troppo adolescenti per rendersene conto e troppo infantili per ammetterlo a parole.
Poi Malfoy lo baciò, lo baciò come non aveva mai fatto prima, lentamente, con delicatezza, quasi come se Harry fosse qualcosa di talmente fragile e prezioso da potersi rompere al primo gesto affrettato. Gli accarezzò il labbro inferiore con la lingua, poi gli sfiorò il palato e infine la intrecciò alla sua.
Una sensazione di calore si accese nel petto del Grifondoro, dolce ma allo stesso tempo rovente, come se lava stesse prendendo il posto del sangue nelle sue vene.
Entrambi non avevano mai provato nulla del genere, erano abituati a baciarsi con foga, a lasciar andare la rabbia accumulata in cinque anni di odio l’uno sull’altro, a poggiarsi le mani addosso goffamente, maldestramente, quasi da farsi male, a volte.
Il biondo si spostò sulla guancia del moro, poi in basso sulla mandibola e sul collo, lasciando piccole scie di baci su tutta la superficie, fino a che non giunse all’orecchio. Immerse le dita nell’ammasso confuso di capelli corvini e morse piano la pelle dietro di esso, una, due, tre volte, facendo impazzire Harry. Talmente tanto che quello alla fine si lasciò sfuggire ciò a cui stava pensando.
“Non vorrei in alcun modo rovinare il nostro rapporto di rivalità, e lo sai bene, però…” si bloccò un attimo, dopo un morso particolarmente intenso “… muoio dalla voglia di toccarti il culo” concluse in un sussurro.
“Wo-hoo-hooooo, qui cominciamo a faticare a trattenerci” disse Draco in tono malizioso ritornando di nuovo sulla sua bocca “Sai che ti dico? Rovinalo pure”
Senza farselo ripetere due volte il moro aumentò la pressione fra le loro labbra e, mentre con una mano guidava i movimenti della testa del biondo, con l’altra inizio a girare intorno al suo fianco e a scivolare verso il basso lentamente. Ma quando Malfoy, con nessun preavviso, scattò di nuovo verso il suo orecchio, lambendo con la lingua il suo lobo nei punti più deboli, non si trattenne più. Il suo braccio avanzò verso il fondo della spina dorsale e la sua mano si strinse convulsamente sui suoi glutei.
Il Serpeverde si lasciò sfuggire un gemito, poi trattenne il fiato all’istante, smise di fare ciò che stava facendo e indietreggiò mentre una scossa gli attraversava la schiena per intero.
“Ho-ho fatto qualcosa di male?” chiese Harry, preoccupato perché si era allontanato da lui.
Draco rise per alleggerire la tensione e si tirò giù il maglione fino a metà coscia, ricoprendo con il tessuto il fianco che il Grifondoro gli aveva scoperto “No, tranquillo. E’ solo che non penso tu debba più farlo”
Ancora addossato alla parete Potter corrugò la fronte: non riusciva a capire. Gli aveva dato il consenso lui stesso pochi secondi prima.
“Non è colpa tua, è solo che…” continuò il biondo, per poi interrompersi imbarazzato e puntare lo sguardo a terra.
A quel punto il Grifondoro si staccò dal muro e avanzò di un passo, poggiandoli una mano sulla guancia. L’altro si lasciò accarezzare dolcemente. “Draco, se c’è qualcosa che non va devi dirmelo, ok?”
Il Serpeverde lo guardò negli occhi e sorrise “Non so se riesco a trattenermi” rivelò sincero.
“Certo che ci riesci, ci sei già riuscito una volta. Ti insegnerò io come comportarti sotto effetto del legame finché non saprai di avere il suo controllo totale” disse con convinzione.
Il biondo scoppiò in risate, coprendosi la bocca con una mano per non farsi sentire dalle persone che in quel momento stavano nello spogliatoio, a prepararsi per la partita di Quidditch. Se li avessero trovati imboscati assieme lì dietro la loro reputazione sarebbe rimasta rovinata a vita. “No, mi hai frainteso! Non sto parlando del legame ma di…” si bloccò con il classico sorrisetto di quando si sa di aver fatto una figura di merda.
Le guance di Harry si tinsero di un rosa acceso. “Oh, capisco… è per quello che ti sei coperto con il maglione” abbassò lo sguardo, piuttosto compiaciuto del suo lavoro. Non tutti potevano vantarsi di aver eccitato Draco Malfoy in persona. “Un Serpeverde come te che non riesce a mantenere un minimo di controllo non è affatto un buon segno”
Prima che potesse dire altro venne sbattuto di nuovo contro la parete con una spinta che mai il Grifondoro si sarebbe aspettato di ricevere da uno che fino alla settimana prima aveva a mala pena la forza di reggere una forchetta per riuscire a mangiare. Ora erano a circa due metri di distanza uno dall’altro e Harry rimase stupito di vedere il biondo sfilarsi il maglione da sopra la testa e gettarlo sull’erba bagnata dalla neve ormai quasi completamente sciolta. “Mi dispiace deluderti Potty. Ma primo: sei tu quello che prima di me non si è trattenuto dal palparmi una chiappa. Secondo: forse non è un buon segno nemmeno quando hai le palle congelate dal freddo”. E lo disse con il tono di chi sapeva di poter fare scacco matto con una mossa.
“Infatti io non ho affatto le pal…”
Non fini la frase perché Draco gli era già addosso, fianchi premuti contro fianchi, bocca premuta contro bocca. E in men che non si dica anche il maglione di Harry era a terra, accanto a quello del Serpeverde.
“Ok, forse hai ragione…” biascicò il moro, rimasto solo con una camicetta leggera che certamente non riparava dal gelo.
“Io ho sempre ragione” sussurrò il biondo sulle labbra dell’altro, la testa inclinata verso il basso per avere quella di Potter perfettamente davanti alla sua. “Non è che dovremo scaldare un po’ le cose?”
Il Grifondoro avverti il fiato caldo dell’altro su di lui, e la nuvoletta bianca di esso a contatto con l’aria fredda gli appannò la visuale per un momento. Poi le gambe di Malfoy si intrecciarono alle sue, e prima che potesse reagire in qualsiasi modo il ginocchio dell’altro era dritto in mezzo ad esse. Harry cercò di indietreggiare più che poteva ma era già completamente addossato alla parete e così facendo non fece altro che peggiorare la situazione, strusciando la sua parte più sensibile contro il ginocchio di Malfoy mentre quello percorreva con la lingua l’intera sua clavicola. Non si era nemmeno accorto che gli aveva allentato la cravatta, era troppo concentrato su ciò che stava succedendo dai suoi fianchi in giù.
“Draco…” ansimò quando riuscì a riprendere il fiato per un secondo, che aveva trattenuto fino a quel momento. Voleva avvisarlo del fatto che non sapeva per quanto ancora sarebbe stato capace di resistere, ma ci rinunciò subito dopo. Incrociò le mani dietro al collo del biondo e lo attirò a sé, cedendo al desiderio. Ora i loro corpi erano ufficialmente un unico ammasso di respiri pesanti, pulsazioni veloci, sangue bollente e cuori che sembravano poter scoppiare da un momento all’altro.
Volevano sentirsi, sentire l’altro come se fosse parte di se stessi. E anche se erano più vicini di qualunque altra volta nessuno dei due riusciva a farselo bastare. Volevano di più.
Il Serpeverde fece scivolare una mano sulla vita muscolosa del Grifondoro sollevando il tessuto della camicia che la separava dalla pelle abbronzata sotto di essa. Graffiò piano il percorso sul fianco che gli servì per scendere abbastanza in basso da incontrare la spessa cintura che gli circondava il bacino. Cercò di infilarci sotto le dita ma era troppo stretta perché ce ne passassero più di due così le diede uno strattone per allentarla quel poco che bastava per farci entrare una mano.
Harry perse un battito e sobbalzò all’improvviso, il respiro bloccato in gola. Fu un riflesso involontario: La sua mano scattò e si chiuse sul polso di Malfoy, ma non fece alcun movimento né per toglierlo da dov’era in quel momento né per spingerlo a fare di più. “Che-che cosa… hai intenzione di…?” chiese in un sussurro allo stesso tempo spaventato ed eccitato.
“Quello che tu vuoi che io faccia” rispose Draco con un ghigno, allontanandosi dal Grifondoro di un passo e levando il braccio dal suo fianco.
Il moro si sentì all’improvviso vulnerabile e “scoperto” di fronte alla folata di vento gelido che gli attraversò lo stomaco quando il corpo caldo del biondo si staccò dal suo. Capì che non poteva stare ancora un secondo così lontano da lui, anche se erano solo pochi centimetri a separarli aveva un estremo bisogno di avvertirlo addosso. E poi si erano allontanati e riavvicinati troppe volte per i suoi gusti, da adesso decise che non gliel’avrebbe più permesso. Lo prese per la cravatta verde-argento e lo attirò a sé quasi maldestramente, mordendogli il labbro inferiore incapace di trattenersi.
Il biondo aveva previsto il modo in cui avrebbe reagito e non poté fare a meno di aprirsi in un ghigno soddisfatto. Il moro lo percepì chiaramente formarsi sotto i suoi denti finché la situazione non si complicò tanto che la lucidità iniziò ad abbandonarlo: il Serpeverde riportò le gambe alla posizione di precedenza, e incrociando la sua destra in mezzo a quelle del Grifondoro premette il bacino dell’altro contro la parete, senza rendersi conto che la sua coscia non sembrava voler smettere di esercitare un po’ troppa pressione al centro di quelle del moro.
Senza staccare le sue labbra da quelle di Draco, Potter strinse il polso di Malfoy e lo giudò in basso verso il suo fianco, finché non fu sicuro di sentire le dita del Serpeverde solleticargli la pelle scoperta dalla camicia nello stesso punto da cui le aveva levate momenti prima.
Il biondo non ci pensò due volte: afferrò la cintura e la tirò verso di sé per allentarla ancora. Harry si staccò dalla parete per alcuni secondi da quanto forte fu lo strattone, prima di ricadere su di essa con un tonfo. Ci passava a mala pena ma la sua mano riuscì comunque ad infilarsi sotto la spessa stoffa della cintura. La fece scivolare verso il suo fondoschiena lentamente, in maniera quasi frustrante, fino a superare con il polso il confine di essa.
La lingua del Grifondoro si intrecciò automaticamente a quella del Serpeverde quando avvertì il tessuto dei propri pantaloni tendersi di colpo sul bacino, a causa della mano di Draco, che scendendo occupava sempre più volume, privandoli della comodità dovuta alla loro larghezza.
Malfoy ricambiò il bacio intensamente, graffiando qualunque centimetro di pelle libera che trovava ogni qual volta i denti di Potter si chiudevano sulle sue labbra, provocandogli brividi lungo la nuca. Senza accorgersene iniziò a muoversi al ritmo con cui le loro lingue si ricorrevano, strisciando l’una contro l’altra, al ritmo con cui guidava l’inclinazione della testa del moro a suo piacimento. Non si rese conto di dove era ancora premuta la sua coscia, e del fatto che, anche se quasi impercettibilmente, aveva iniziato anche lei a scorrere in su e in giù assieme al resto di lui. Non si rese conto nemmeno del battito esageratamente accelerato del Grifondoro e del gemito che quello si lasciò sfuggire, soffocato dalla bocca del Serpeverde sulla sua.
Harry perse completamente l’autocontrollo. Sentì il sangue abbandonare il cervello e le pulsazioni trasferirsi in basso, tutte in un unico punto. Poi non capì più nulla, entrambe le sue mani scattarono dal collo di Draco ai suoi glutei senza che potesse trattenersi in alcun modo.
Il Serpeverde sgranò gli occhi quando sentì le unghie del Grifondoro conficcarsi su di essi. I polmoni sembravano essersi stancati di continuare a respirare mentre il suo cuore faceva l’esatto contrario, pompando sangue bollente nelle sue vene senza sosta. Fece scivolare le dita sul fondoschiena di Potter più in basso, sempre più in basso. Il suo polso superò il confine della cintura, poi il suo avambraccio, occupando volume, troppo volume. Ora i pantaloni erano completamente attillati sui fianchi del moro.
“Oddio…” gemette Harry tentando di non impazzire definitivamente, ma la lingua di Malfoy era ancora allacciata alla sua, la sua mano era ancora ferma sulla pelle scoperta del suo culo, e la sua coscia aveva preso a muoversi su e giù più velocemente di prima. Non riusciva più a collegare la realtà alla testa, si sentiva debole, completamente sottomesso al Serpeverde che lo teneva bloccato alla parete. E con l’unico briciolo di lucidità che gli restava riuscì ad ammettere che in una situazione come quella non gli dispiaceva dover affidare il suo controllo nelle mani dell’unica persona che poteva davvero capirlo. Adesso come adesso lui non sarebbe mai riuscito a mantenerlo.
Aprì gli occhi, ed il mondo era tutto completamente grigio, e i confini delle figure sbiaditi, fatta eccezione per due iridi di ghiaccio che luccicavano provocanti attraverso le lenti dei suoi occhiali. Con la poca forza che gli rimaneva attirò le anche di Draco sul suo bacino, spingendole ancora di più contro di sé. E il suo corpo fremette, tremante di debolezza e di desiderio, impaziente di sapere cosa sarebbe accaduto.
Fu a quel punto che il biondo avvertì chiaramente qualcosa premere sulla sua coscia. Gli si mozzò il fiato mentre si rendeva conto che il modo in cui si sentiva il Grifondoro stava eccitando anche lui, e fin troppo in fretta, senza che potesse fare nulla per trattenersi. La sua mano si chiuse di scatto sul gluteo di Harry, e le sue unghie di conficcarono su di esso, stringendolo in maniera quasi possessiva.
Le loro lingue strisciarono più forte le une sulle altre, invadendo la gola, impendendo ad entrambi di riprendere fiato e soffocando i loro gemiti, che uscirono come respiri strozzati.
Da ora Harry avrebbe potuto dare ragione a Silente quando (una settimana prima, nel suo ufficio) diceva che per riconoscere il loro legame avrebbero provato uno o più sentimenti dello stesso tipo contemporaneamente. Non era mai riuscito a “sentire” Draco in quel modo, così vicino a lui. E non intendeva solo fisicamente. Sentiva la sua felicità, la sua confusione, il suo imbarazzo, il suo desiderio… e poi sentiva qualcosa, qualcosa a cui non seppe dare il nome, un sentimento che spiccava su tutti gli altri come una macchia di bianco candido su una parete completamente nera.
Le sensazioni che stavano provando si impressero nelle loro menti e nei loro corpi sotto forma di tocchi roventi, incisi come marchi di fuoco indelebili sulla carne, che per sempre avrebbero lasciato il segno. E le loro cicatrici a forma di saetta formicolarono senza far male, in maniera quasi piacevole.
Avrebbero voluto continuare ancora per ore. Era tutto così maledettamente bello. Così maledettamente intenso.  
Finché lo scricchiolio di un rametto non li fece sobbalzare entrambi rompendo lo stato di estasi in cui erano entrati.
Dei passi si stavano avvicinando velocemente.
Harry si guardò intorno – la mente ancora annebbiata e sgombra da qualunque pensiero che non fosse Draco – cercando una via d’uscita, ma per loro sfortuna l’unica maniera con cui poter andarsene era passare per il posto da cui qualcuno li stava raggiungendo. In compenso c’era un vecchio e stretto capanno in legno addossato alla parete, dove Madama Bumb teneva le scope per i ragazzini del primo anno quando gli insegnava a richiamarle a sé con un “Su!”, oppure per i giocatori di Quidditch a cui si danneggiava la scopa e necessitavano di qualcosa per allenarsi nell’attesa che gliene venisse spedita una nuova.
“Vai-vai dentro a quel coso. Io ti raggiungo subito” biascicò sottovoce afferrando il biondo per una braccio e indicandogli il ripostiglio malridotto.
Anche se ancora un po’ rimbambito da ciò che era appena successo, anzi, rimbambito e basta, e anche frustrato per il fatto che fossero stati interrotti così bruscamente, quello obbedì senza farselo ripetere due volte.
Potter scattò verso la sacca da Quidditch abbandonata per terra, aprì la cerniera e sfilò velocemente il mantello dell’invisibilità che portava sempre con sé in caso di emergenze come quella. Udì i passi avvicinarsi pericolosamente e seppe che chiunque fosse la persona a cui appartenevano ora stava per svoltare l’angolo e coglierlo con le mani nel sacco. Girò su se stesso, si gettò il pezzo di stoffa sulle spalle e corse verso il capanno abbandonando la Firebolt e tutto il resto per terra. Si tuffò dentro, letteralmente, cadendo addosso al Serpeverde e rischiando quasi di trasformarlo in una frittata di carne ossicini compresi, poi si richiuse la porta alle spalle con un tonfo, appena in tempo.
“Chi c’è?” chiese una voce femminile piuttosto squillante “Ho sentito dei tonfi, volevo solo assicurarmi che nessuno si fosse fatto male”
“Merda” sussurrò Potter mentre si sollevava da sopra Malfoy, che poté finalmente riprendere a respirare e ricomporsi come poteva. Gli gettò addosso il mantello dell’invisibilità e cercò una posizione abbastanza comoda da farci stare tutti e due. Metà ripostiglio era però occupato da un mucchio di scope polverose, coperte da ragnatele, e loro non poterono fare altro che rimanere in piedi con le pareti alle spalle, schiacciati l’uno contro l’altro.
“Cosa succede?” domandò Draco, confuso. Sentiva la testa girare come se avesse bevuto una dozzina di bicchieri di Burrobirra.
“E’ Ginny”



 
   
 
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