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Autore: Love_My_Spotless_Mind    29/06/2017    0 recensioni
Jonghoon è sempre stato un artista taciturno, tutto dedito alla sua musica e concentrato sul suo gruppo. Tuttavia, da quando le AoA sono arrivate alla Fnc non ha mai smesso di desiderare di conoscere Choa. Fin dal momento in cui era una ragazzina dai capelli neri e lunghi avrebbe voluto conoscere il suo cuore.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jonghoon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII

Era arrivato aprile quando anche le AoA poterono allentare un po’ i ritmi. Choa e Jonghoon non si erano sentiti per giorni poiché lui non era ancora tornato a Seoul. Il nervosismo iniziava a farsi sentire da parte della ragazza che non sopportava di sentirlo così poco per tanto a lungo. I messaggi erano sempre di meno e lei iniziava a sentire più presenti le insicurezze sul loro rapporto. All’ennesimo messaggio senza risposta decise di uscire con le altre che avevano intenzione di trascorrere il sabato sera in locale alla moda della città. Per l’occasione aveva scelto con cura i vestiti, aveva badato al trucco e a sistemare i capelli. In cuor suo si sentiva profondamente arrabbiata per essere stata messa da parte a quel modo. Se un periodo di vacanza bastava ad allontanarli a tal punto era convinta non avesse senso continuare.
Il locale non era altro che una discoteca dall’aspetto industriale, con una grande piscina al chiuso e banconi infiniti che si susseguivano uno dopo l’altro. Il primo bicchiere della serata fu un Margarita, il secondo qualcosa dal colore scuro di cui non ricordava il nome  e poi bastò poco per perdere il conto. Mentre tutti ballavano e si divertivano lei si   sentiva impermeabile ad ogni sorta di emozione. Guardava gli altri, provando solo il senso d’inadeguatezza per non riuscire a divertirsi allo stesso modo, con la stessa sguaiata leggerezza.
Se Jonghoon era stato impegnato poteva quantomeno trovare un attimo per sentirla, almeno per chiederle come stesse. Comportandosi a quel modo aveva prodotto l’effetto di farla sembrare trasparente. Se iniziava a darla per scontata già da ora non sapeva cosa sarebbe potuto accadere in futuro. Insomma, i pensieri che le passavano per la mente erano di questo tipo ma nel corso della serata iniziarono a farsi sempre più annacquati e confusi. Le venne vicino un ragazzo che le offrì un bicchierino al sapore di frutta. – Sei una bellezza. – aveva detto come primo approccio. Lei si era persa ad ammirare i cubetti di ghiaccio che si scioglievano all’interno del bicchiere. – Mi chiedevo come mai fossi tutta sola. – continuò lui imperterrito. –Qualcuno ha detto che dovrei essere in compagnia? – rispose lei con assoluta non curanza. – Se aspetti qualcuno, vista l’ora, direi non verrà. Potresti accontentarti di me. –
Lei alzò lo sguardo, il viso del suo interlocutore appariva piuttosto sfocato ma nel complesso non dava l’idea di essere spiacevole. Non si fidava di chi si approcciava a quel modo nei locali, era un suo principio. Tuttavia quella sera il bisogno di parlare aveva incrinato i parametri di giudizio. In un modo che non ricordava esattamente finirono con il parlare, le schiene posate contro il bancone, i bicchieri a farsi più numerosi. In verità, non avrebbe giurato di essere molto interessante o di saper fare discorsi particolarmente articolati, visto quello che aveva bevuto. Però lui rideva se lei tentava di scherzare, era un buon segno. Il locale prese a svuotarsi e loro restavano lì a parlare, lui non aveva tentato strani approcci.
-Tu sorridi ma so di star dicendo un mucchio di sciocchezze. – assicurò lei quando la musica iniziò a farsi più rilassante, non costringendo più a gridare per comprendersi.
-In verità credo tu abbia sbagliato il mio nome almeno una decina di volte. – rispose lui, divertito.
Si mordicchiò l’interno della guancia, torturandoselo a dir poco. – E quale avrei usato? Perdonami. –
-Beh… diciamo che ho capito che volessi interagire con un certo Jonghoon e non con me. –
Choa scosse il capo imbarazzata, le difese adoperate contro la propria coscienza erano state nulle. – Scusami, scusami. Tu sei stato così piacevole e carino solo che… -
-Solo che non ci sono riuscito a sostituire la persona che stavi aspettando. – il ragazzo rise, questa volta concedendosi un bicchiere d’acqua. Choa si domandava come potesse avere tanta pazienza, magari era ubriaco marcio e non si rendeva conto di essere stato sostituito in maniera ignobile. Comunque fosse Choa comprese fosse il momento di smetterla di far finta di saper reggere l’alcol e di tornarsene a casa.
Tornò in appartamento che le altre dormivano. Lanciò in aria le scarpe con il tacco, infilandosi i calzini ridicoli che adorava portare in casa e rinchiudendosi nel pigiama senza neanche struccarsi. L’ubriacatura l’avrebbe portata ad abbandonare le inibizione, concedendosi un’enorme stupidaggine. Prese il telefono e senza rifletterci oltre, su di giri com’era, compose il numero di Jonghoon nonostante fosse notte fonda. Lui stava dormendo nella cameretta di quando era bambino, con un letto troppo piccolo che lo costringeva a starsene con i piedi a penzoloni nel nulla. Vedendo il numero della ragazza iniziò a preoccuparsi, temendo che fosse accaduto qualcosa di serio. Ma appena rispose i dubbi furono chiariti da una raffica d’insulti.
-Cosa credi che io sia, eh? Parti e sparisci per sempre? Che diavolo di gioco è mai questo? – la voce della ragazza appariva piuttosto alterata, concitatamente continuava a rimproverarlo per il suo comportamento e naturalmente non gli lasciava tempo per controbattere. – Sei un bastardo! Io qui a lavorare e tu chissà dove. Non ti puoi comportare così. Non si gioca con le persone, cavolo. Come hai potuto? – ed a quella frase si interruppe, accorgendosi di star piangendo , ma soprattutto rendendosi conto che chiunque avesse avuto l’idea di divertirsi solamente avrebbe trovato quella sfuriata semplicemente eccessiva ed insensata visto che non erano nemmeno fidanzati.
Jonghoon si mise a sedere sul letto. – Choa… - la sua voce risultava roca  a causa dell’improvviso risveglio – Non lo so che mi è preso. –
Lei si calmò d’improvviso, facendo respiri profondi al telefono. – Non posso non sentirti per giorni. – ammise alla fine, decisamente spossata.
-Non posso nemmeno io. – ammise a sua volta lui.
-Allora perché l’hai fatto? –
-Perché sono uno stronzo. – e lei mise giù.
 
  
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