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Autore: FatSalad    29/06/2017    4 recensioni
Anthony è un uomo, un semplice essere umano che lotta perché un giorno regni la pace tra ibridi e umani. Ha giurato a se stesso che solo allora tornerà a cantare: quando vedrà la pace terrena, o la pace eterna.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un placido grillo se ne stava su di una larga foglia, in mezzo alla vegetazione lussureggiante, tutto intento a cantare per attirare l'attenzione di qualche femmina. All'improvviso un fruscio disturbò il suo rituale di corteggiamento ed un corpo di notevole statura si gettò contro il tronco di un albero millenario, proprio sugli arbusti che ospitavano l'insetto, che saltò via appena in tempo per non rimanere schiacciato. I crochi che spuntavano sul prato muschioso borbottarono indignati, giacché non apprezzavano di essere interrotti bruscamente durante l'ascolto di un brano tanto appassionato.
L'uomo che era arrivato con quel trambusto ansimava sonoramente e si teneva un fianco con una mano. Appena videro che da quel punto perdeva sangue, i fiorellini selvatici furono subito più indulgenti nei suoi confronti, poiché sapevano bene che non c'è passione senza un po' di sangue e all'unisono decisero che avrebbero preso Anthony in simpatia. Lo chiamarono, per fargli arrivare la loro solidarietà, ma Ant era un semplice umano e percepì solo un debole fruscio.
«Maledetti ibridi!» disse l'uomo tra i denti, cercando di contenere l'affanno.
Credette che i nemici avessero perso le sue tracce e si accasciò a terra con un gemito.
«Quanto manca ancora al confine?!» borbottò, mangiandosi un'imprecazione.
La ferita doleva da impazzire, anche volendo non sarebbe riuscito a fare un passo di più senza riposarsi un poco.
Rovesciò la testa all'indietro per appoggiarsi al tronco, cercando di inspirare più ossigeno possibile, poi si tolse il ridicolo ornamento rosso della divisa ufficiale che legava i capelli neri per stare più comodo e chiuse gli occhi. Cercò di regolarizzare il respiro e i battiti del cuore, dopo quella fuga pazzesca si sentiva le tempie esplodere e i polpacci bruciare, la ferita al fianco non migliorava la situazione.
“Se avessi imparato ad usare la magia” pensò “potrei curare senza sforzo un taglietto del genere!”.
Anthony, però, era un umano senza attitudine per le arti magiche.
«Mio fratello avrebbe saputo curarsi.» mormorò a se stesso, come un rimprovero, mentre ispezionava la ferita.
Si rabbuiò a quel pensiero, come ogni volta che ripensava al defunto fratello, che era stato un abile mago e uomo d'armi, stimato generale dell'esercito degli umani e motivo per cui Anthony aveva deciso di lasciare la vita dei campi e intraprendere quella strada.
Esistevano città libere in cui umani e ibridi convivevano pacificamente, ma di fatto la guerra tra le due razze andava avanti da anni. Non erano molti gli umani che provavano un odio indistinto verso gli ibridi e viceversa, perché era ben noto che la guerra era una questione decisa a tavolino dai sovrani e sostenuta dai commercianti più spregiudicati, i cui prodotti sarebbero diminuiti di prezzo in tempo di pace. Per Anthony tutta quella storia era sempre stata una farsa, una serie di scaramucce per questioni irrisorie come i confini. Finché gli ibridi non avevano sterminato la sua famiglia.

 
***

Due sicari erano arrivati di notte, un giorno che il generale era in congedo e lo avevano ucciso così, nel sonno, dandogli giusto il tempo di dimenarsi e far cadere un bicchiere dal comodino per svegliare loro padre. I due assassini, un mezzo-volpe e un mezzo-cinghiale, si erano avventati sull'anziano, che si era affacciato alla porta della stanza. Aveva cercato di affrontarli con una zappa non appena aveva capito la situazione, ma l'arnese era troppo pesante per essere brandito come un'arma e aveva dato tutto il tempo agli ibridi di colpirlo allo stomaco e disarmarlo. Avevano smesso di riempirlo di botte solo quando Anthony, accorso per il rumore, aveva cominciato a scagliare oggetti verso di loro e gridare per chiamare aiuto. Il mezzo-volpe allora aveva lasciato il vecchio alle grinfie dell'altro ibrido, si era avvicinato a lui e per la prima volta in vita sua Anthony aveva lottato. Non era stata una scazzottata bonaria come quelle a cui aveva partecipato a volte contro qualche amico del villaggio, si era trattato di una lotta per ferire, per fare male, per uccidere.
L'ibrido aveva sfoderato a sorpresa un pugnale e aveva sferrato un colpo che Anthony non era riuscito a schivare del tutto e sarebbe bastato solo un attimo di più per permettere all'avversario di finirlo. La fortuna aveva voluto invece che i vicini, richiamati dalle grida, accorressero prima che il mezzo-volpe potesse affondare di nuovo il coltello nella sua carne.
Erano scappati via, i due ibridi, veloci e silenziosi come ombre ed i vicini di casa che erano entrati spalancando la porta avevano trovato quella carneficina: il generale sgozzato che pendeva in modo innaturale dal proprio letto, il vecchio padre orribilmente sfigurato, esangue ed Anthony in una pozza di sangue.
Mentre alcuni popolani si avvicinavano al generale e a loro padre, un uomo calvo e corpulento con un paio di folti baffi era corso da lui e gli aveva tamponato la ferita sulla fronte, scoprendo che il taglio era meno grave di quanto sembrasse a prima vista.
«Rimarrà una brutta cicatrice, ragazzo» aveva borbottato.
«Mio fra-fratello...? M-mio pa... padre...?» aveva chiesto allora il moro, non senza difficoltà, ma l'omaccione si era limitato a scuotere la testa dopo aver dato un'occhiata ai volti sconvolti dei soccorritori.
Anthony si era accorto che qualcuno stava piangendo, qualcuno imprecava e un poveretto aveva vomitato in un angolo, disturbato dalla vista di quel macello di carne umana.
«Sei stato bravo a tenere testa ad un ibrido esperto, ragazzo» erano le ultime parole che l'uomo baffuto gli aveva rivolto, come se quel complimento potesse fargli dimenticare che di punto in bianco era rimasto solo al mondo.
Dopo quella notte Anthony aveva deciso di imparare a combattere ed unirsi all'esercito.
Dopo quella notte aveva deciso che non avrebbe più cantato fino a che non avesse visto la pace, o la morte.

 
***
 
Una fitta di dolore lo distolse dalle memorie e gli ricordò che doveva fare qualcosa per quel taglio. Aprì la giacca scura e aiutandosi con i denti strappò un lembo della camiciola, lì dove non era sporca di sangue. Slacciò la cintura e la usò per premere quella benda improvvisata sulla ferita. Non poteva fare altro, sperò che quell'intervento di fortuna arginasse almeno l'emorragia.
Alzò gli occhi e scrutò il cielo oltre le fronde dell'albero cui si era poggiato. Vide delle alte vette rocciose, aguzze come lame, con i residui di neve invernale che creavano bianche venature in corrispondenza dei crepacci.
«Il confine è vicino, - constatò a mezza voce - solo un ultimo sforzo, Ant!»
Per un attimo i suoi occhi si specchiarono nel cielo terso, parvero confondersi in quell'azzurro così simile eppure così lontano, ed i crochi violetti sperarono che fosse un buon auspicio.
«Un'ultima corsa...» sussurrò Anthony mentre si alzava faticosamente.
Aveva corso per miglia e miglia ed il suo corpo chiedeva pietà, le cosce tremarono e dovette fermarsi un attimo per massaggiarle.

Era stato colto di sorpresa da un'imboscata mentre attraversava un passo insieme ad altri soldati. Erano una squadra poco numerosa, stavano facendo da scorta ad un ambasciatore che si sarebbe recato in via ufficiosa ad un incontro per delle trattative di pace. Erano partiti carichi di speranze, il clima era disteso e allegro mentre avanzavano nel verde della foresta
«Ehi, Ant! - l'aveva chiamato un compagno – Dicono che tu sia un gran cantante, perché non intoni una marcetta?»
Lui aveva scrollato le spalle, ma dentro di sé aveva sperato: “Se queste trattative vanno a buon fine potrei cantare presto”.
In quel momento non avrebbero mai immaginato che la notizia di quell'incontro segreto avesse raggiunto le orecchie di qualche nemico guerrafondaio che mirava a boicottare i tentativi di pace.
Gli ibridi erano saltati fuori dai cespugli e dai rami degli alberi, li avevano attaccati con frecce, lance, spade e artigli. Erano superiori per numero, avevano il vantaggio di conoscere il luogo ed erano preparati. Gli umani, al contrario, erano stati colti alla sprovvista e anche se erano stati rapidi nello sfoderare lame e pistole, sapevano bene di essere spacciati.
Gli ibridi sapevano come procedere e per prima cosa, come al solito, avevano preso di mira il mago della squadra, rendendo gli altri soldati subito più vulnerabili. Gli uomini erano esperti, si erano allenati duramente e a lungo per quel tipo di evenienza e avevano cercato di farsi valere. Il capitano aveva gridato i comandi, tutti si erano precipitati a proteggere l'ambasciatore, per procurargli almeno il tempo di scrivere un messaggio che avrebbe raccontato l'accaduto.
L'uomo aveva vergato poche parole con mano svelta su un minuscolo pezzo di carta. Poi aveva piegato il foglietto in un modo particolare e aveva provato a lasciarlo, ma quello, che a condizioni normali sarebbe volato dritto al destinatario, era rimasto immobile sul suo palmo.
L'ambascaitore aveva imprecato, si era guardato intorno e aveva contato i morti. Era a quel punto che Ant si era rivolto a lui.
«Signore, stia dietro di me, possiamo ancora vincere!» l'aveva incoraggiato.
L'ambascaitore al contrario aveva lanciato maledizioni, dicendo che non c'era più niente da fare.
«Dal momento che il mago che ha recitato l'incantesimo è morto – aveva spiegato – il suo incantesimo non è più potente come prima e il messaggio che ho scritto non ha forza sufficiente per raggiungere il destinatario. Siamo spacciati!»
Aveva appena finito di parlare che una freccia l'aveva colpito in mezzo alla schiena e con un grido acuto era caduto a terra davanti agli occhi di Ant.
Il moro aveva ingoiato un insulto, si era abbassato in posizione di difesa e aveva sparato un colpo verso l'ibrido che aveva scoccato la freccia. Una figura era caduta da un albero con un tonfo sordo e Anthony aveva capito di aver centrato il bersaglio. Nella concitazione del momento si era abbassato sull'ambasciatore morente, aveva afferrato il biglietto dalla sua mano e l'aveva ficcato in tasca senza perdere un minuto di più per guardarlo.
Si era guardato attorno, aveva contato quanti compagni avevano già perso la vita nello scontro, ma non si era arreso. Con le due pistole che portava sempre con sé aveva combattuto a fianco dei compagni, guardandoli cadere uno ad uno.
Ad un certo punto all'uomo era parso di vedere il volto di una ragazza davanti a sè, una ragazza spaventosa dai lunghi capelli neri, con uno sguardo liquido ed agghiacciante insieme. Per un attimo aveva avuto l'impressione che la donna fosse lì per abbracciarlo, stringersi a lui e per la prima volta gli era mancato il coraggio. Tutti i capelli che aveva sul capo gli si erano rizzati,la pelle delle braccia si era accapponata, una pistola gli era caduta di mano e con occhi pieni di morte aveva cominciato a correre per sfuggire a quella figura.
Pochi passi e il piede gli era rimasto incastrato in qualcosa, facendolo cadere a terra. Si era guardato la caviglia ed aveva visto che era stretta in squame verdastre, allora senza indugiare aveva impugnato la spada corta e aveva trinciato di netto la coda del mezzo-lucertola che l'aveva afferrato. Mentre quello gridava con la sinistra aveva puntato la pistola e gli aveva sparato un colpo mortale.
Si era rialzato, ma un mezzo-aquila gli aveva bloccato il passo. L'ibrido brandiva una spada a due mani e lo guardava con un ghigno malvagio.
Ant aveva sparato diversi colpi senza esitare, ma il mezzo-aquila era veloce nello schivare e con un discreto vantaggio: le ali. L'uomo aveva provato a mirare a quelle, ma non era facile colpire l'obiettivo in movimento, così era stato costretto a rischiare. Si era avvicinato pericolosamente all'uomo alato e con l'ultimo colpo in canna aveva mirato al cuore. Mentre quello era concentrato a schivare, Anthony lo aveva colpito ad un'ala con la spada. Il ferito aveva levato un acuto e orribile grido mentre cadeva in ginocchio, le unghie a stringere la spalla, un'ala brutalmente lacerata.
Ant si era voltato senza dare al nemico il colpo di grazia, ben sapendo che un ibrido alato è molto veloce in volo, ma piuttosto impacciato nella corsa. Quella valutazione gli era costata cara, il mezzo-aquila aveva avuto il tempo di allungare faticosamente un braccio e colpirlo al fianco con la lunga lama della spada, infliggendo ad Anthony una profonda ferita. Voltandosi verso l'ibrido con un grido Ant aveva visto di nuovo la ragazza vestita di nero, fluttuava a mezz'aria e senza alcun dubbio lo stava inseguendo.
La scarica di adrenalina che gli diede quella consapevolezza gli infuse la forza di disarmare il mezzo-aquila e fuggire a gambe levate da quella terribile visione, angosciato. La ragazza vestita di nero gli era sembrata nota e misteriosa insieme, forse perché gli aveva ricordato vagamente Lydia, ma quando l'aveva capito aveva già scosso il capo per scacciarla.

 
***

La prima volta che aveva visto Lydia era rimasto incantato dai suoi capelli, così lucidi e neri che sembravano brillare alla luce del sole. Poi aveva incontrato i suoi occhi, altrettanto scuri e profondi come gli abissi ed era rimasto ammaliato. Era rimasto lì sul limite del bosco, ad osservarla in silenzio come un codardo mentre lei raccoglieva delle erbe in tutta tranquillità. Aveva notato lo sguardo di Ant, ma probabilmente aveva pensato che fosse uno dei tanti soldati che stanno di guardia al confine ed aveva continuato il suo lavoro senza degnarlo di ulteriori attenzioni. Solo quando si era voltata per andarsene l'uomo aveva notato le due lunghe ali nere ripiegate dietro la schiena della ragazza ed aveva capito: era una mezzo-corvo.
Aveva pensato a lei per tutta la notte e i giorni seguenti e gli era venuta un'insensata voglia di cantare. Per tener fede al giuramente che si era fatto il giorno in cui erano morti suo padre e suo fratello, non aveve aperto bocca, non si era lasciato sfuggire nemmeno un mugolio, però aveva frugato tra i cassetti in fretta e furia per ricavarne un foglio stropicciato e aveva cominciato a scrivere il testo di un canto.
Aveva rivisto l'ibrida un'altra volta, durante il giorno di festa di una città libera. La mezzo-corvo quella sera aveva venduto liquori ad un banco ed Anthony era riuscito a scoprire che il suo nome era Lydia. L'aveva osservata da lontano come la prima volta, mentre sorrideva ai clienti e serviva bicchieri, poi si era avvicinato al banchino di legno illuminato dalle lantarne e si era seduto. Lei l'aveva notato e si era avvicinata. Ant si era perso per un attimo nei suoi occhi neri, poi aveva fatto un cenno e la ragazza, senza che lui aggiungesse altro, gli aveva portato un bicchiere di un liquido ambrato e amarognolo con un mezzo sorriso. Gli era piaciuto molto quel sapore speziato, o forse il gusto si era preso parte del piacere dei suoi occhi, che erano rimasti su di lei ancora a lungo, a seguire ogni suo gesto.
Non si era azzardato a rivolgerle la parola e poco importava se il proprietario del banco dei liquori avesse pensato che fosse muto. Non aveva mai avuto il coraggio di farsi avanti e non tanto perché Lydia fosse un'ibrida, ma per via di quell'orribile cicatrice che gli deturpava il volto dal sopracciglio fin sotto all'occhio.
Il medico che l'aveva curato dopo che aveva perso fratello e padre gli aveva detto che era stato fortunato a non rimanere cieco, ma ogni volta che Antony si specchiava sulla superficie di un lago o di un pozzo non vedeva il riflesso di un ragazzo fortunato, ma l'immagine di un uomo debole. Se fosse stato meno debole e inutile avrebbe potuto salvare suo padre, avrebbe potuto aiutare suo fratello nel momento del periocolo, ma lui era solo “Ant”, insignificante come una formica.
Se a quel tempo avesse saputo in che situazione si sarebbe trovato di lì a poche settimane, forse si sarebbe deciso a far sapere a Lydia almeno il proprio nome, forse quella sera le avrebbe chiesto di lasciare per un attimo il banco dei liquori per poter danzare con lei, per potersi perdere in quei pozzi scuri che erano i suoi occhi.

 
***

Amareggiato da tutti quei ricordi, Anthony si decise. Il respiro e il battito si erano calmati, sebbene non fossero ancora ristabiliti, i nemici e quella visione funerea erano rimasti alle sue spalle.
“Per la pace!” pensò per farsi coraggio, e con uno scatto uscì allo scoperto e riprese a correre verso il confine.
Era vicino, vedeva i cippi che segnavano la barriera magica che fungeva da confine tra la terra degli ibridi e la terra degli umani a pochi passi da lui, sarebbe stato in salvo tra dieci passi, nove passi, otto passi e un gemito disperato di dolore, sette passi... una freccia.
Ant rovinò a terra, non si era accorto del sibilo del dardo prima che lo colpisse al polpaccio. Spezzò la freccia con un grugnito, respirando dalla bocca e cercò con gli occhi l'arciere che l'aveva scagliata.
I suoi occhi si spalancarono dal terrore e dalla consapevolezza: era spacciato.
Aiutandosi con i gomiti strisciò all'indietro, verso il confine, lo sguardo fisso sugli ibridi che avanzavano verso di lui. C'erano una mezzo-pecora con due massicce corna avvitate su se stesse che impugnava un arco ed il mezzo-aquila che non aveva ucciso. Quest'ultimo avanzava a piedi, con le ali ripiegate e sanguinanti, ma un'espressione di ostentata sicurezza sul volto.
«Avresti dovuto togliermi la vista, prima delle ali, omuncolo!» lo sbeffeggiò.
La mezzo-pecora fece per incoccare una seconda freccia e d'istinto Anthony si voltò verso il confine. “Tre passi” calcolò. “Non riuscirò mai a raggiungre il confine prima di essere colpito”.
Quella dolorosa consapevolezza gli fece tornare in mente le ultime parole dell'ambasciatore e d'istinto con la mano corse a toccarsi la tasca dei pantaloni. Un fruscio gli disse che il biglietto scritto dall'ambasciatore era ancora lì e forse la magia che impregnava il messaggio avrebbe avuto abbastanza potere da quella distanza. “Sicuramente ne avrà più ora che quando sarò morto!”.
«Non fargli inviare quel messaggio!» gridò il mezzo-aquila all'altra, intuendo le intenzioni dell'uomo.
La mezzo-pecora, incoccò una seconda freccia per fermare Ant, lui strinse i denti e con uno sforzo lanciò il messaggio verso la barriera magica che costituiva il confine. Seguì il foglietto con lo sguardo, vide che planava placidamente verso l'erba, si aprì, vibrò, parve adagiarsi a terra, ma appena varcato il confine acquistò nuova forza e proseguì il suo volo.
Attacco nemico allo Stretto del diavolo. Non interrompere trattative di pace.”
Lesse Anthony.
“C'è speranza” pensò ingenuamente.
Un dolore acuto al braccio teso gli disse che la fraccia dell'ibrida si era piantata proprio là, stinse i denti per non gridare e la vide scuotere la testa di disappunto. Con quel gesto i lunghi capelli castani dell'ibrida vibrarono e Ant pensò che senza l'arco in mano gli sarebbe sembrata fragile e graziosa, associandola in qualche modo all'ibrida che ammirava segretamente, ma subito lei afferrò dalla faretra un'altra freccia, ricordandogli che non era affatto fragile.
«Lascialo a me» ordinò il mezzo-aquila facendole abbassare l'arco, mentre Ant si alzava in piedi.
L'uomo solitamente preferiva le armi da fuoco, ma aveva finito le munizioni nello scontro precedente e gli era rimasta solo la spada corta su cui fare affidamento.
Gli ibridi avevano zanne e artigli, anche veleno a volte, ma lui era fatto di carne delicata e senza le sue pistole si sentiva indifeso.
Il mezzo-aquila lo raggiunse, Anthony sorrise e fece per alzare la spada con il braccio sano, ma le membra erano pesanti e la vista gli si annebbiava.
«Dannazione! Credevo di avere più sangue in corpo...» borbottò.
Credeva anche che avrebbe trovato la forza necessaria per combattere quando la sua vita fosse stata in serio pericolo, ma il suo corpo era già stato provato abbastanza.
Non ebbe nemmeno il tempo di mettersi in posizione di difesa che l'ibrido lo colpì.
Allora ebbe una nuova visione. La ragazza mora di capelli e di occhi lo guardava, ma non era più spaventosa, aveva qualcosa di diverso. La scrutò meglio e notò che gli stava sorridendo.
Indietreggiò di un passo e sbattè le palpebre, si toccò il torace e vi trovò incastrata in mezzo una lama. Abbassò gli occhi e vide la spada pesante dell'ibrido che lo trapassava da parte a parte, il sangue che sgorgava era vischioso tra le sue dita, ma non sentiva dolore.
Sollevò gli occhi, cercò la ragazza e la vide di nuovo, notò che dalla sua schiena spuntavano due ali nere e lucenti e riconobbe che aveva il volto bellissimo di Lydia. Le sorrise di rimando, come non faceva da tempo e, mentre sentiva che i piedi non aderivano più al terreno, capì.
Con voce inizialmente roca e incerta Anthony cominciò a cantare i versi che aveva scritto quando aveva conosciuto l'amore.

 
Quando ci incontreremo, mia bella,
di parole non ci sarà bisogno.
Ci guarderemo in fondo agl'occhi
e, stavolta non resterà un sogno,
ci riconosceremo, mia bella.

Intorno a sé Anthony vedeva le fronde e i tronchi degli alberi e le rocce dei monti in lontananza, davanti ai suoi occhi una ragazza che gli andava incontro fluttuando circondata da danzanti fiorellini aranciati. Gli era parso che fossero violetti, prima, ma forse li aveva sporcati con le gocce del proprio sangue.
I crochi udirono la sua voce bassa su quei versi spezzati e rimasero in silenzio, qualcuno si commosse nel vedere che continuava a cantare nonostante gli occhi vitrei e il filo di sangue che gli scendeva da un angolo della bocca. Anche la mezzo-pecora che si stava allontanando fermò il passo per poter udire le parole di quel canto rotto eppure soave. Le vennero i brividi.

 
Per mano mi prenderai, mia amata,
non ti chiederò dove stiamo andando,
ma mi fiderò senza riserve.
Pace è dove mi starai portando,
e durerà per sempre, mia amata.

Il mezzo-aquila estrasse con un colpo secco la spada dal torace dell'uomo, che con un verso gutturale smise di cantare e di traballare e cadde disteso in un attimo.
Non appena la sua schiena toccò il suolo, la morte lo prese dolcemente per mano.
“Ci siamo corteggiati a lungo” pensò Ant con l'ultimo soffio di delirante lucidità.
   
 
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