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Autore: Sisko31    29/06/2017    0 recensioni
Lia è una ragazza difficile. Da quando era bambina non ha fatto altro che passare da un affidamento all'altro. Ha un gran talento per finire sempre nei pasticci. Samantha e Vitto, i genitori affidatari, non ne possono più. Da domani frequenterà un istituto per ragazzi difficili. Lia rifiuta ma il suo migliore amico Carlos la convincerà a provare la nuova esperienza. Nell'istituto fa conoscenza con un certo Rossini, detto "Red", un tipo prepotente e testardo. I due si scontrano spesso ma col passare del tempo Lia scoprirà che "Red" ha un enorme segreto. Un segreto che cambierà per sempre la vita di tutti e due.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vidi Sofia seduta ad un tavolo con quattro ochette tutte trucco e vestiti. Non ce la vedevo proprio a parlare della nuova collezione di questo e quel altro. Potevo riallacciare una sottospecie di rapporto con lei? Tanto valeva provarci. Mi alzai senza dare retta ad Alex. Mi avvicinai al loro tavolo. Sofia era evidentemente in difficoltà. Si vedeva lontano un miglio che non s’intendeva di quella roba.

–Posso parlarti?- le chiesi. Le altre mi squadrarono dalla testa ai piedi. Non sembravano contente di vedermi. Problemi loro. Sofia era sorpresa ma prese al volo l’occasione di andarsene. Appena fummo fuori dalla mensa cominciò con tutti gli scusa possibili. La fermai

–Sofia, okay, ti scuso. Dopotutto ho fatto di peggio. Ho bisogno del tuo aiuto-.

–Cosa ti serve?- chiese con voce triste. Ma che aveva quella ragazza? L’avevo perdonata. Bah.

-Ho bisogno di uscire da qui. Passare una notte fuori-. Per poco non le uscirono gli occhi dalle orbite. Non era un buon segno. –Lia.. Non puoi uscire domani?- chiese sommessamente. Non aveva tutti i torti. Ma le pareti mi stavano soffocando. Non ero mai stata alle regole di qualcuno e, se proprio dovevo rimanerci fino alla maggiore età, dio speriamo di no, volevo passare un’ultima notte a modo mio.

–Non te lo chiederei se non fosse importante. Ci sarà pure un modo per uscire di qui senza essere visti-. La guardai implorante. Ci pensò su per un tempo decisamente troppo lungo. Poi cedette.

–Beh, un modo ci sarebbe. Ma devi promettermi che tornerai per colazione-. Sembrava una mamma chioccia.

–Ma si dai, non ti preoccupare. Ora, fammi vedere questa via d’uscita-. Senza dire altro Sofia si avviò lungo un corridoio. In fondo c’era uno stanzino per le scope. Scassinò la serratura ed entrammo. Bene, una cosa buona la sapeva fare.

–Chi ti ha insegnato a scassinare le porte?- le chiesi curiosa.

–Se te lo dicessi non saresti tanto contenta- ribatté in tono scherzoso. Mi rannuvolai. Red, ecco chi era stato. Andò alla piccola finestra. L’aprì senza fatica. Un venticello fresco entrava e mi accarezzava il viso. Libertà.

– Grazie, Sofia - le dissi scavalcando a fatica il davanzale.

-Torna per colazione e non lo dirò a nessuno- replicò. Appena toccai  terra corsi a perdifiato tra le vie della città. Chiamai Carlos.

–Dove sei?- gli chiesi con il fiatone.

–Lia, tutto bene?-. Ma perché doveva sempre fare domande? Non poteva semplicemente rispondere?

–Si, dove sei?- dissi stizzita.

–Al locale-. Chiusi la chiamata.

Camminai tra le viuzze e i vicoli stretti che nessuno conosceva. Dopo mezz’ora arrivai al locale. Non era un granché ma l’alcool era buono. Entrai. Le pareti erano ingiallite dagli anni di fumo, sedie di diverse misure e generi. Carlos era seduto al bancone. Davanti a lui un bicchiere di Jack Daniel’s.

–Ehi Lia, che ti è successo alla faccia?- chiese Jurij, il barista tanto carino. Carlos si voltò.

–Ma che cazzo ti hanno fatto in quel posto di merda?- Era evidentemente arrabbiato.

–Ma niente. Ho litigato con dei ragazzi- minimizzai agitandogli una mano davanti alla faccia. Presi il suo bicchiere e buttai giù tutto di un colpo.

–Lia! Quello era mio!-Si era già dimenticato della mia brutta faccia. –Jurij, fanne un altro e portami un gin tonic- dissi ridendo.

–Sai che non dovrei darti da bere, vero? Sei ancora minorenne- disse Jurij versando il liquore nel bicchiere.

–Ma vai a farti fottere!- risposi indietro.

–Molto volentieri se vieni anche tu-. Solo perché avevamo avuto una piccola storia non voleva dire nulla.

–Jurij! Dalle da bere e stai zitto- ringhiò Carlos. Adoravo quando faceva il geloso. Senza proferire parola Jurij mi allungò il bicchiere. Buttai tutto giù d’un fiato.

-Cazzo Lia, deve essere proprio uno schifo quel posto- constatò Carlos. Oh, non poteva nemmeno immaginarlo. Non volevo pensare al domani. Stasera era la mia serata.

–Shh.. Non parliamo di dove sto per ora. Piuttosto, come vanno gli affari?- gli chiesi appoggiando la testa sulla sua spalla. Era la mia posizione preferita e soprattutto comoda.

–Bene diciamo. Ho fatto su un bel gruzzoletto. In stazione si fanno affari- disse felice.

–Bene, allora dobbiamo festeggiare. Jurij, un altro giro, di quello che ti pare- esordii.

–Ma certo principessa, tutto quello che vuoi-. Non guardai nemmeno a quello che mi aveva versato nel bicchiere. Brindammo e buttai giù. L’alcool scendeva bruciandomi la gola. Era una sensazione piacevolissima.
La testa era leggera e i pensieri erano spariti. Verso il quinto giro Carlos mi cinse la vita e andammo a fare un giro.

–Ma come fai a sopportarmi Carlos?- gli chiesi strisciando le parole. Lui sorrise. Aveva un bellissimo sorriso.

–Perché io e te siamo simili, Lia. Sei la mia piccolina. Non potrei mai abbandonarti- mi sussurrò all’orecchio. Eravamo mezzi sbronzi. Un brivido mi scese lungo la schiena. Era una cosa buona, no?

–Fumiamo?- chiesi buttandogli le braccia al collo. I nostri corpi erano appiccicati, potevo sentire il suo respiro su di me. Mi abbracciò stretta.

–Tutto ciò che vuoi mi corazon-. Aveva il respiro corto. Faceva un caldo pazzesco. Andammo in un parchetto abbandonato e ci sdraiammo sull’erba. Com’era fresca. Carlos tirò fuori dalla tasca la canna già rollata. L’accese e me la passò. Il fumo mi riempì i polmoni. I pensieri si spensero del tutto. Mi sembrava di volare.

–Non fa caldo?- chiesi un po’ troppo entusiasta. Eravamo a metà settembre ma l’estate non se ne voleva andare. Cominciai a togliermi la felpa.

–Ma che fai Lia?- chiese Carlos ridendo.

–Mi tolgo la felpa perché ho caldo. Tu non hai caldo?- gli chiesi avvicinandomi. Eravamo a un palmo dal naso. Gli occhi di Carlos erano due pozze scure.

–Abbastanza- e si tolse la maglia. Erano rare le volte che si faceva vedere mezzo nudo da me. Feci scivolare un dito sugli addominali scolpiti. Non li avevo mai visti da così vicino. Carlos inspirò forte. Mi prese la mano e la strinse.

–Cosa stai facendo?-mi chiese ansimando. Lo guardai dritto negli occhi. Qualcosa dentro di me, nel profondo, mi diceva di smetterla, di andarmene. Non gli diedi retta. Fu un attimo. Mi attirò a se e mi baciò, intensamente. Non feci resistenza. Dopotutto era il mio migliore amico. Mi strinse forte. Le sue mani scivolarono lungo la schiena e s’infilarono nei jeans. Si staccò di colpo.

–Sei sicura?- mi chiese.

–Di cosa?- dissi baciandogli il collo. Ero fuori controllo.

–Cazzo Lia!- mormorò. D’un tratto le sue mani non erano più sul mio fondoschiena. L’aria fredda mi fece rabbrividire.

–Carlos?- chiesi confusa. Si era voltato di spalle.

–Non così mi corazon- . Ma cosa stava dicendo? Non stavo facendo nulla di male, no? Ad un tratto quel qualcosa che urlava dentro di me esplose. Vomitai anche l’anima. Carlos si mise la maglietta e quando finii di vomitare mi mise la felpa.

–Andiamo a casa-. Mi prese in braccio e io chiusi gli occhi.
  
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