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Autore: La_Moltitudine    30/06/2017    3 recensioni
In un futuro distopico in cui uomini dotati di abilità paranormali hanno posto fine alla Crisi in Medioriente e i supereroi fanno ormai parte della quotidianità, Giacomo Pagusa si mette in gioco per diventare il più grande vigilante della sua città. Nel mondo criminale di Sentinella delle Acque, però, una miccia è stata accesa e presto la bomba esploderà. Gli eroi di Sentinella saranno messi alla prova e questo battesimo del fuoco potrebbe richiedere il tributo delle loro vite e quelle di molti altri.
[Per una precisa scelta stilistica i capitoli saranno brevi, verranno pubblicati con una cadenza variabile da 2 a 3 giorni di stacco l'uno dall'altro. Per tutto il corso della storia si alternerano due POV.]
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Atto IX

Quando il Pagusa si risvegliò la mattina dopo, dire che si sentiva invecchiato di almeno cinquant’anni nel giro di una notte, era dire poco. Non c’era una sola parte del corpo che non gli dolesse, fra l’acido lattico, i lividi e le escoriazioni medicate alla meno peggio. Arrancando per il soggiorno arrivò in cucina, dove sua madre, dopo il caffè mattutino, fumava la prima sigaretta della giornata.
La signora Maria, da quando il suo terzogenito era entrato nell’A.E., aveva smesso di fare domande, forse per paura delle risposte, quando lo vedeva zoppicare per casa. Cercava di ignorare quel ruggito materno che voleva prendere il sopravvento, vedendo il suo pargolo ridotto a quel modo.

-B-buongiorno Giacomo. – Disse, tenendo gli occhi fissi sul piccolo schermo del cellulare, fingendosi calma e imperturbabile.
-Buongiorno ma’. – Rispose, ignorando per quanto possibile le fitte di dolore.

Si avvicinò alla macchinetta del caffè e verso un pugno di polvere bruna nel filtro, agganciandolo al macchinario a forma di moka. Dopo aver premuto un tastino, la macchina prese a borbottare, rilasciando nella tazzina la bevanda scura e bollente. Per il Pagusa il caffè era la salvezza dallo stordimento per il sonno arretrato e il primo pensiero ad ogni risveglio. La signora Maria, mentre il figliolo beveva a piccoli sorsi, azzardò una domanda. Pur essendosi ripromessa di non farne.

-Beh, come è andata ieri sera? – Chiese, continuando a nascondere lo sguardo dietro lo smartphone.
-Bene, è stata una uscita piuttosto … movimentata.
-Lo vedo, lo vedo. –
Rispose, chiudendosi in un teso silenzio, che tuttavia durò solo qualche istante. – Giacomo, ma sei sicuro di non-
-No, mamma. –
La stoppò lui, con una punta di irritazione nella voce. – Non ho intenzione di sprecare il mio tempo e i vostri soldi a fare qualcosa che non mi va’ di fare, come tornare al liceo. Non me ne faccio niente di un diploma, se di studiare non ne ho voglia.
-Vi ho sempre lasciato, a tutti e tre, la libertà di scegliere cosa fare delle vostre vite. –
Cedette, gettando il telefono sul tavolo. – Ma questo!? Uscire di notte, rischiando di farti ammazzare! Come pretendi che possa restarmene zitta e tranquilla,  lasciandoti fare?!

Maria Pagusa era nata e cresciuta prima dell’avvento dell’eroismo e, come tutte le persone della sua generazione, non apprezzava, né tantomeno comprendeva, questo fenomeno. Per lei erano solo un manipolo di matti in costume, che se ne andavano in giro alla ricerca di grane.
-Ma’, lo sai che non è solo questo. – Disse Jack, prendendole le mani. – Vedrai che un giorno te lo dimostrerò e sarai fiera di me.

La donna lo guardò in quegli occhi scuri, così simili ai suoi, quegli occhi in cui bruciava la stessa caparbietà che era in lei. Era in tutto e per tutto simile a suo padre nell’aspetto, ma quegli occhi li aveva presi da lei, su questo non aveva dubbi. Dei tre figli che aveva avuto, nessuno aveva intrapreso la strada che lei aveva sperato, la facoltà di medicina e un remunerativo impiego come medico: Lisa era quella che ci si era avvicinata di più, con la sua laurea in infermieristica. Ma Giacomo, lui era quello che le dava più preoccupazione, con quel sogno folle e pericoloso, frutto dell’incoscienza giovanile. Eppure, nel suo sguardo, non vedeva la pallida luce di un’illusione, ma il fuoco di una passione vera e incontenibile. Per i primi tempi l’aveva ostacolato in tutti i modi, ma lui trovava sempre una maniera per far quello che desiderava e infine Maria non aveva potuto far altro che dargli il suo permesso. La donna si richiuse nuovamente nel suo silenzio e il figlio le stampò un bacio sulla guancia, vuotando in un sorso la tazzina di caffè, fattasi ormai tiepida.

Jack uscì in veranda, per godersi il tocco leggero della brezza sulla pelle, poggiando le braccia sul tavolo di legno, coperto dalla plastica protettiva a fiori. Posò lo sguardo sui vasi, in cui le piante, innaffiate da poco, se ne stavano ferme a respirare. Il movimento appena accennato dei giardini pensili, con i rampicanti inerpicati lungo i cordoni che li tenevano sospesi. Guardò tutto quel verde, e si sentì pervaso da un senso di pace.
Si accese una sigaretta, com’era sua abitudine dopo il caffè e fissò i muri del palazzo di fronte, a pochi metri dalla ringhiera. Casa sua e l’edificio che aveva davanti erano congiunti e saldati, come gran parte delle abitazioni del centro storico. Muri antichi, con l’intonaco sbriciolato, a mostrare lo strato di malta e le scure pietre sottostanti. In quei muri, dove si fondevano le tinte del grigio, del bianco, del nero, del rosato. In quelle macchie variopinte, si divertiva a immaginare volti spettrali, sprazzi di epiche avventure e panorami opacizzati dal fumo nero di un focolare. Con i gomiti sulla ringhiera, voltava e rivoltava una molletta, aggrappata a bocca chiusa sul filo di plastica dello stendipanni, picchiettandola con un dito:
Alle volte aveva bisogno di sentirsi così, come un personaggio di quei libri con momenti di vuoto, un vuoto inutile, ma poetico, quasi quelle azioni casuali e dettata dall’ozio nascondessero dentro sé un qualche significato profondo e recondito, ignoto alla gente comune e proprio dei poeti.
Ma Jack non era un poeta, di certe cose non ne capiva il significato, eppure gli piacevano senza un vero perché.
Finita la sigaretta cavò di tasca il cellulare e si fiondò su Istangram per scoprire se qualcuno avesse dato un occhio alle foto della sera prima.
Su quelle post-pestaggio c’erano un paio di likes, mentre su quella allo specchio, oltre ai “mi piace” della sua cerchia di amici, c’erano anche un paio di commenti

broccohelper (Broccolo): Wow bel restyling
marychi (Mariachi): Spaccali tutti!
Cho (Sumo-cho): sembri scemo, ma in realtà sei proprio coglione


Jack storse la bocca, ma tanto alla consueta “simpatia” dell’amico ci aveva fatto l’abitudine.

dadylero: nice guy :)

Eccolo, il solito tizio americano spuntato da chissà dove, venuto a commentargli la foto.
Si spostò sulla pagina personale, per verificare il numero di followers, notando con dispiacere che il contatore registrava un misero cinque. Erano pochini, ma perlomeno c’era un ampio margine di miglioramento. E poi non vedeva l’ora di dare un’occhiata al tg locale, poteva scommetterci un braccio, avrebbero parlato di lui!

   
 
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