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Autore: Ayr    30/06/2017    3 recensioni
"Ivory, a quanto pare sei riuscito a distinguerti per abilità, coraggio ed un pizzico di fortuna in mezzo a quella turba di guerrieri grandi il doppio di te, e sei anche riuscito a prevalere su di loro. Ciò significa che sei il migliore tra questi e che sei colui che è destinato a compiere la missione» il tono della sovrana si era fatto improvvisamente grave e serio, facendo preoccupare l'elfo, «Ciò che sto per chiederti è molto pericoloso e potrebbe anche essere considerato tradimento, se prima di questo non ne fosse già stato compiuto un altro: mia sorella, dopo l'ultima visita, mi ha sottratto una cosa a me molto cara, nella speranza che non mi accorgessi della sua assenza... Si tratta di uno specchio"
Quando Ivory sentì quelle parole uscire dalle labbra della Regina Rossa, pensò ad uno scherzo di cattivo gusto: come poteva uno specchio essere oggetto di una tale contesa?
Ma nulla è come sembra, e anche lo specchio non è una semplice superficie riflettente, bensì un oggetto pericoloso e affascinante, che ammalia e promette di realizzare i più profondi desideri di un uomo...a caro prezzo
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XI

Stavano passeggiando, come ogni pomeriggio, lungo i viali che si snodavano tra gli alberi in fiore del giardino di Celeste, il suo orgoglio e la sua sfida più grande: un’enorme serra in cui i migliori ingegneri e i migliori botanici erano riusciti a ricreare il clima perennemente mite di Actardion e permettere, così, la crescita delle piante e dei fiori che fiorivano nel regno della sorella; in questo modo aveva trasferito nel cuore dell’inverno, una scheggia di primavera e un piccolo frammento dei luoghi della sua infanzia, da cui si era dovuta allontanare a malincuore, richiamata dai suoi doveri di figlia, principessa e regina.
Si fermarono ai piedi del mandorlo, splendido nella piena esplosione rosata della sua fioritura; era l’albero preferito della donna, e più volte Brand l’aveva sorpresa sotto i suoi rami, intenta a leggere o con lo sguardo perso nelle azzurrità infinite del cielo. Si accoccolarono tra le radici, nel cantuccio che era diventato loro, e la regina iniziò ad accarezzare distrattamente la mano dell’altro, stretta nella sua.

«Mi trovi bella?» domandò improvvisamente, lasciando Brand spiazzato. Il giovane non ebbe nemmeno tempo di pensare ad una replica che la regina continuò, senza attendere risposta: «La bellezza è l’ossessione di mia sorella, farebbe qualsiasi cosa per mantenerla. Ha paura del tempo perché a poco a poco strappa uno stralcio di bellezza e lo brucia, consumandola tutta. Ed è sempre stata gelosa di me, della mia giovinezza e del mio aspetto, sebbene entrambi non siano troppo dissimili dai suoi…»
Brand le sollevò il mento con delicatezza e fissò il suo sguardo in quello di lei: le iridi fiordaliso si erano tramutate in un mare in tempesta, sconvolto da marosi e nuvole grigie, che ne oscuravano la limpidezza.

«Sei preoccupata per tua sorella o per te?» le chiese a bruciapelo.
«Per lei!» rispose subito la donna indignata per una simile domanda, ma sotto lo sguardo indagatore di Brandbury si trovò costretta a ritrattare, «Per entrambe, in realtà. Ho paura che questa follia colpisca anche me e mi renda come lei: ossessionata da qualcosa che non si può controllare, che non si può fermare…Almeno fino ad adesso» mormorò.

«Cosa intendi?» domandò l’altro, incuriosito. La regina si morse le labbra; aveva parlato troppo, trascinata dall’ondata dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri.
«Nulla» provò, ben sapendo quanto fosse inutile e sciocco quel tentativo, ormai quelle parole erano sfuggite dalla sua bocca e non potevano più essere rimangiate.
Lo sguardo intenso e penetrante di Biancospino la perforava e la denudava, rendendola debole e vulnerabile; ma, paradossalmente, si sentiva al sicuro e protetta: poteva fidarsi di lui, confidarsi, non l’avrebbe giudicata.
Strinse la presa sulla mano dell’altro e il suo sguardo si incupì ancora di più.
«Promettimi che non lo dirai a nessuno, nemmeno al tuo amico cantore» mormorò, supplicando Brand con gli occhi, questi promise e la Regina lo condusse lontano dal giardino fino alla sua camera da letto.

Brandbury rimase interdetto, non riuscendo a comprendere le intenzioni della donna, mai l’aveva condotto in quella stanza e sebbene avessero messo le cose in chiaro fin dall’inizio, temeva che a Celeste non bastassero più i suoi baci e pretendesse un altro genere di attenzione, a cui lui non era preparato.
La Regina, però, lo abbandonò sul letto a baldacchino dalle cortine di seta azzurro polvere, e sfiorò la parete di fronte, completamente vuota. Questa girò silenziosamente su sé stessa, rivelando uno specchio quadrangolare circondato da una cornice di volute fiorite rivestite di bronzo dorato; sembrava molto antico e aveva la superficie leggermente ossidata. Non era uno specchio degno di una regina, troppo rovinato e troppo piccolo, riusciva a catturare appena l’intero ovale della donna, e si domandò come un oggetto tanto insignificante fosse tenuto in così gran conto e così segreto, dal momento che era stato celato dietro una parete.
Capì, e dentro di sé esultò di gioia.
«Ora mi crederai pazza» ridacchiò l’altra, «Come molti altri prima di te, del resto…»
«Non mi permetterei mai» le assicurò lui con un sorriso affabile.
«Non importa» continuò lei, «Dopo questa storia inizierai a pensarlo. Non posso biasimarti, sembra incredibile persino a me che ho avuto l’occasione di testarlo in prima persona…»

La Regina si graffiò appena al di sotto dell’occhio e una linea rosseggiante sottile quanto un capello sbocciò sul suo zigomo, Brand rimase sconcertato: perché aveva fatto un simile gesto? Aveva forse davvero perso la ragione? Stava per precipitarsi dalla ragazza ma questa lo fermò.
«Non ti preoccupare, serve per dimostrarti che questo non è uno specchio qualsiasi. Guarda!»
Brand continuava a non capire e guardava confuso Celeste mentre si voltava verso lo specchio.
Bastarono pochi secondi perché il graffio scomparisse completamente, lasciando la sua pelle liscia e perfetta come era sempre stata, senza nemmeno una lacrima di sangue.
«È incredibile!» esclamò Brandbury stupefatto ed entusiasta, «Quello specchio può guarire!»
«Mi dispiace deluderti» lo raffreddò lei, «Ma questo specchio non può guarire, o meglio può far scomparire solo i segni di una ferita, vecchia o nuova che sia, e può nascondere i segni della malattia, ma si limita a far riassorbire le cicatrici e a far rimarginare i graffi, non cura. È capace solo di rendere la pelle priva di qualsiasi bruttura o imperfezione. Questo specchio rende chiunque vi si rifletta più giovane e bello, assorbe il corso degli anni e annulla il tempo, lasciando tutto in uno stato di assoluta ed imperitura perfezione.»

Brand era rimasto senza parole, mai aveva visto un oggetto simile e non credeva che ne esistessero, fino a quel momento.
«Questo specchio apparteneva a nostra madre e lei lo lasciò ad entrambe, ma mia sorella, scoperto il suo potere, se ne appropriò e ne divenne ossessionata. Trascorreva le sue giornate specchiandosi e, con mio sommo orrore, scoprì che lo specchio poteva anche celare le mostruosità date dal vizio e dal peccato. Una sera, la sorpresi mentre contemplava la sua immagine riflessa, ma la donna nello specchio non era lei, non era nemmeno una donna: era una bestialità deforme e ripugnante, un accumulo di tutte le nefandezze che aveva commesso, di tutte le oscenità e le efferatezze che lo specchio aveva assorbito lungo gli anni assieme ai sensi di colpa e alla sofferenza, senza lasciare su di lei alcun segno. A poco a poco si trasformò in un’invasata: lo specchio l’aveva inaridita, assorbendo anche la sua umanità e il suo senno, rendendola folle e violenta, spietata e crudele, non più un essere umano ma un mostro! Lo specchio aveva assorbito la sua anima, lasciandola solo un involucro bellissimo ma completamente vuoto! Dopo quella vista atroce, vedendo lo stato in cui si trovava, decisi di sottrarglielo, convinta che allontanando lo specchio, lei sarebbe guarita dalla sua morbosa dipendenza.»
Brand era rimasto a bocca aperta: non credeva più che fosse una buona idea restituire lo specchio alla Regina Rossa, quell’oggetto l’aveva alterata e deteriorata, trasformandola in una dea: bellissima ma terribile, indifferente verso il resto del mondo e concentrata solo su sé stessa e sulla soddisfazione dei suoi capricci.
«Mi fido di te: so che comprendi la pericolosità che questo specchio cela e so che il tuo animo è tanto puro e tanto buono da non subirne il fascino, ma giurami che non lo dirai a nessuno!» si assicurò la donna, «Se qualcuno, uno qualsiasi, dovesse venire a conoscenza della sua esistenza e del suo potere lo desidererebbe per sé e farebbe di tutto per averlo…Come ho fatto io del resto, sebbene per una buona causa…»
Il giovane capiva: quello specchio rappresentava un’arma capace di ingannare e vincere il tempo, di mutare le apparenze e di rendere reali i più grandi desideri di un uomo: essere bello e giovane per sempre; chiunque l’avrebbe voluto tra le mani e si sarebbe giunti persino ad uccidere per entrarne in possesso.
«Mia sorella si è macchiata di crimini indicibili per poterlo tenere nascosto, e non oso immaginare cosa accadrebbe se altri ne venissero a conoscenza: ci sarebbe il caos!»
Brand non stentava a credere a quello che la donna gli aveva rivelato, non era difficile immaginare uno scenario di guerra come i tanti che gli aveva raccontato Ivory: uomini che avrebbero ucciso altri uomini per entrarne in possesso, spargendo fiumi di sangue e seminando morte e distruzione. Si trucidavano l’un l’altro per molto meno, e quello specchio rappresentava un motivo ben più valido e concreto.

Ma se si trattava di un oggetto tanto pericoloso e ingannevole, perché la Regina non l’aveva distrutto? Era la soluzione migliore e la più semplice, perché si era limitata a sottrarlo all’altra e a nasconderlo?
Quelle domande si affacciarono prepotentemente alla mente di Brand e lo lasciarono perplesso: sarebbe bastato romperlo, ridurlo in mille pezzi e la sua minaccia sarebbe scomparsa. Perché la Regina non ci aveva pensato?
E se l’aveva immaginato, perché non l’aveva attuato? Non desiderava, forse, salvare la sorella dalla sua bramosia? Allora perché non distruggere direttamente l’oggetto verso cui era rivolta? In questo modo avrebbe aiutato l’una e avrebbe scongiurato il pericolo che altri cadessero nello stesso attraente tranello.
Che fosse rimasta anche lei avvinta dal fascino del potere dello specchio?

   
 
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