Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ormhaxan    30/06/2017    8 recensioni
Gabrielle Nakovrar ha diciotto anni quando, seguendo le orme di suo padre e sua nonna prima di lei, entra a far parte della Bræthanir, la Fratellanza, gruppo di spietati e famigerati soldati al servizio dei sovrani di Yvjór, il regno della Primavera.
Ben presto, però, si renderà conto che dietro la gloriosa facciata fatta di palazzi maestosi, balli in maschera e sorrisi accondiscendenti si nasconde qualcosa di più profondo, oscuri segreti custoditi da secoli e la volontà di annientare coloro che dovrebbe essere protetti.
Nel regno a Nord di Ynjór, estremo baluardo che ancora resiste al dominio dei sovrani della Primavera, gli ultimi discendenti dei Sýrin, i mutaforma che un tempo popolavano ogni angolo dell'isola di Vøkandar, si stanno riunendo, insieme ad altri ribelli, sotto il comando di una combattente misteriosa che si fa chiamare Narmana.
E sarà proprio Narmana e il suo esercito che Gabrielle, adesso conosciuta con il nome di Nako, dovrà cercare di combattere quando la regina Lorhanna e il suo fratello bastardo, Lucien, ordineranno alla Fratellanza di marciare verso Nord in una missione che sembra essere un suicidio preannunciato.
Il vero nemico avrà realmente le sembianze di un lupo albino?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Copertina_N



Licenza Creative Commons
NAKOVRAR  — Vermiglio è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale








Yvjóstafir , capitale di Yvjór, regno a Sud di Vøkandar — Due anni dopo




 


La sbiadita cicatrice in rilievo sul polso destro pulsò per l’ennesima volta dall’inizio di quella giornata.
Inizialmente non ci aveva dato molto peso, oramai abituata a quel dolore simile ad un ago nella pelle che si ripresentava puntale da due anni, ma quando si ritrovò sui tetti della capitale, intenta ad adempiere il suo primo, vero compito da quando era entrata a far parte della Fratellanza due anni prima, Gabrielle non riuscì a trattenere un’imprecazione:  nuvole sempre più scure stavano riempiendo con il loro grigiore la tavolozza azzurra che, fino a poche ore prima, era stato il cielo e presto la pioggia avrebbe bagnato le strade e i palazzi, rendendo ancor più difficile quella delicata missione.
Osservò accigliata la pallida ferita, ricordando la sensazione della lama che apriva lentamente la sua carne e intagliava il marchio a mezzaluna della Fratellanza, il rosso del suo sangue che, mai prima di allora, era scorso così copiosamente; ricordò l’orgoglio presente negli occhi velati di sua madre, un sentimento che raramente le aveva dimostrato prima, nel vederla in ginocchio davanti alla regina mentre proclamava il suo voto di assoluta fedeltà e giurava di consacrare la sua vita alla casa degli Yvjórstin, alla Fratellanza e a tutto ciò che questa comportava.
Nello sguardo di Lorhanna, Gabrielle aveva scorto compiacimento, un moto di trionfo personale che solo chi sa di avere un potere forte tra le mani riesce a mostrare; nel vederla in ginocchio, Lorhanna aveva gioito per la prima volta dopo tanto tempo, poiché sapeva quanto preziosa e allo stesso tempo pericolosa potesse essere la famiglia Nakovrar — suo padre era stato un fedele sicario, certo, ma sua nonna Ariadne era stata eccezionale, un’assassina spietata senza eguali, un’arma preziosa per la famiglia reale fino al suo ultimo giorno, quando era perita combattendo un abominio e per tentare di salvare invano la vita dell’infante erede al trono.

Buffo, pensò Gabrielle un attimo prima di saltare da una balconata all’altra, come sua nonna fosse morta per difendere un infante in un ultimo, esasperato atto di amore e devozione. Un atto di amore e fedeltà assolto verso quella regina che aveva adorato più del suo stesso figlio e che aveva visto morire dissanguata sotto i suoi stessi occhi; buffo come ad ucciderla fossero stati i Sýrin, i mutaforma del Nord che lei stessa aveva sempre difeso dai detrattori che desideravano solo vederli penzolare da una forca.
È stato un demone bianco — avevano detto a suo padre il mattino dopo, dopo il brutale assassinio e tutto il resto — Un demone sotto forma di lupo, che l’ha azzannato la gola e le ha sfigurato il viso, imbrattando di sangue ogni angolo della stanza.
Il lupo, l’uomo con il potere di mutare pelle chiamato Mikka, amante della defunta regina e padre di suo figlio, lo stesso figlio che aveva ucciso in un atto di bestiale follia, era stato successivamente ucciso dalla Fratellanza, la quale aveva portato la sua testa alla presenza di Lorhanna, unica erede al trono ancora in vita dopo quella funesta circostanza.

Sfiorò con le dita i pugnali nascosti sotto la lunga redingote nera dai ricami color dell’oro che le arrivava, nella parte inferiore dov’era più lunga, poco sotto le ginocchia; come una mamma chioccia con i suoi pulcini, Gabrielle li contò uno dopo l’altro, accertandosi che ognuno fosse al proprio posto, ritornando alla realtà e scacciando prepotente quei pensieri.
Quella sera, nulla doveva andare storto. Il passato era passato, morto e sepolto, mentre il presente era vivo e andava vissuto in ogni piccolo attimo.
Il verso di un cuculo riecheggiò nel silenzio della notte e, ammantato dall’oscurità, Gabrielle scorse su di un tetto spiovente che si affacciava sulla Namstrmark, la Piazza del mercato di Yvjór, la figura di Bjorn.
Lorhanna aveva incluso anche lui in quella missione, lui che era l’arciere migliore della Capitale, che possedeva una mira infallibile anche nelle ore più scure della notte; sarebbe stato lui a supervisionare la situazione dall’alto, mentre Gabrielle si sarebbe occupata delle guardie personali del traditore, Lord Lucas Dvjorst, quarto in linea di successione in quanto figlio primogenito di una delle sorelle del defunto re Mikæl, padre di Lorhanna, il che lo rendeva a tutti gli effetti cugino di primo grado della regina. 
Lettere anonime erano giunte alla Fratellanza circa incontri clandestini tra il reale cugino e i ribelli del regno di Ynjór, che da anni stavano tentando di prendere il potere sul Sud; voci dicevano che tra i Narman, così venivano chiamati i ribelli della Neve, c’erano anche dei mutatori di pelle, umani che sapevano trasformarsi in civette, gufi, gatti, esseri che potevano entrare e uscire dalle cinte murarie di Yvjór senza essere visti.
Il perimetro della Namstr era stato controllato attentamente, in ogni locanda c’erano almeno due componenti della fratellanza, ma Gabrielle e Bjorn erano convinti che l’incontro si sarebbe tenuto fuori, nell’ombra dei porticati del chiostro che circondava la piazza su tutti e quattro i lati. 
Un movimento d’aria la fece voltare di scatto: c’era qualcuno nella balconata superiore, ben nascosto ma non abbastanza per degli occhi ben allenati come i suoi, probabilmente era un fedele di Lord Lucas oppure…
Che fosse uno dei Narman, uno dei mutaforma chiamati Sýrin? Qualsiasi fosse stata la risposta, Gabrielle lo avrebbe affrontato e ucciso senza esitare un momento.
Passo felpato, la giovane dai capelli color del fuoco si mise in piedi sul cornicione del balcone semicircolare e, con un balzo felino, si aggrappò ad una grondaia di scolo dell’acqua piovana che dal tetto arrivava al terreno; dondolandosi leggermente e testando la parete di mattoni color argilla, Gabrielle iniziò la sua salita, stando ben attenta a mettere mani e piedi nei punti giusti, a non fare il minimo rumore.

Puoi farcela! — si disse un attimo prima di saltare, un istante prima della tempesta — La Fratellanza ti ha istruita bene, Lucien ti ha istruita bene e adesso che hai questa possibilità non puoi tentennare. Ricorda chi sei: sei una Nakovrar e i Nakovrar non sono mai deboli.

Si ritrovò a saltare oltre la ringhiera di pietra in un istante, faccia a faccia con un uomo sulla trentina che la guardò con occhi di chi ha visto uno spirito dei boschi. Gabrielle non gli diede tempo di urlare, di emettere un solo sussurro: repentina, sfoderò una delle sue lame affilate e, coperta la bocca screpolata con la mano libera, aprì da parte a parte la gola del malcapitato dopo aver danzato alle sue spalle con passi fluenti. Il corpo dell’uomo, una guardia, cadde a terra privo di vita con un tonfo sordo e ogni cosa terminò ancor prima di iniziare.
Non lo guardò, non diede neanche un veloce sguardo al cadavere mentre si puliva con una manica delle gocce di sangue schizzate sul suo viso pallido: se lo avesse fatto si sarebbe sentita un mostro, disumana e lei non poteva permettersi di provare rimorso o alcun tipo di sentimento per ciò che aveva fatto.
Nella Fratellanza non c’era posto per i sentimenti. Gli ordini erano ordini, il volere del sovrano veniva prima di ogni cosa, anche prima della propria coscienza e della propria vita.

Nello stesso momento, altre due figure — il lord e quella che sembrava una ragazza come tante — si incontrarono nel centro di uno dei porticati laterali e, guardinghi, iniziarono a parlare tra di loro nella speranza che nessuno udisse la loro conversazione.
«È saggio parlare qui? Siete sicuro di non essere stato seguito?»
«Saggezza e sicurezza non sono due parole adatte per questa serata nuvolosa, Milady. — rispose sarcastico l’altro, che aveva più o meno la stessa età della giovane — Nonostante questo, mi fido dei miei uomini e so che mi saranno fedeli fino alla fine.»
«Quindi avete deciso? Cederete le vostre spade alla causa e ai Narman?»
«Cinquecento spade, sì. — rispose — Non sono molte, certo, ma spero siano abbastanza. Dopo tutto, se ciò che mi avete detto è vero e la Narmana è davvero chi sostiene di essere, questa causa è tanto vostra quanto mia.»
Un movimento balzò all’occhio della giovane, un insignificante fruscio d’aria proveniente dalle balconate sopra di loro che solo un occhio attento — un occhio felino come il suo — avrebbe potuto cogliere.
Qualcosa era appena accaduto e questo significava una cosa e una soltanto.

«È una trappola! Ci hanno scoperti!»
Gabrielle sussultò lievemente quando la voce della ribelle ruppe il silenzio della sera. Qualcuno si era accorto di loro, costatò imprecando a denti stretti; qualcuno probabilmente aveva avvisato i Narman e gli uomini del lord della loro presenza e ora la Namstr stava per diventare lo sfondo di una lotta all’ultimo sangue.
Una freccia vibrò nell’aria, andandosi a conficcare nel petto di un uomo uscito dall’ombra, seguita da un’altra che sfiorò la gamba sinistra della ragazza incappucciata poco prima che si trasformasse in una bestia dalle sembianze feline.
Gabrielle fu nella piazza in un baleno, scattante saltò da un balcone all’altro, fino ad atterrare tra la polverosa terra rossiccia; la Fratellanza si stava riunendo in quello che agli occhi della rossa sembrò un piccolo esercito, ma anche i nemici erano numerosi e avevano l’aria di chi era addestrato per combattere fino all’ultimo respiro.
Un uomo la attaccò da dietro, ma non alla sprovvista; le bastò un movimento laterale, piedi ben piantati per terra e mani ferme per assestargli un colpo all’altezza del ginocchio, facendogli così perdere l’equilibrio, e conficcargli una lama nella giugulare.
Bjorn le fu accanto l’istante dopo, arco teso e frecce pronte ad essere scoccate. Prima della battaglia, le aveva promesso che sarebbe sempre stato al suo fianco, coprendole le spalle e difendendola e Gabrielle, che in quei due anni aveva trovato in lui un ottimo amico nonostante la disapprovazione di Lucien e di altri capi della Fratellanza, che da sempre erano contro alle relazioni troppo strette tra i confratelli, aveva promesso la stessa cosa.
«Ti stai divertendo, ragazzina? — le chiese il moro prima di scoccare una freccia, chiamandola con quell’appellativo che, lo sapeva bene, a Gabrielle dava ai nervi — Sono mesi che sogni l’azione e ora eccotela servita: eccitante, non trovi?»
«Tremendamente eccitante!» esclamò, prima di lanciare uno dei suoi coltelli più piccoli che, quasi invisibile, si andò a conficcare tra gli occhi di un ribelle del Nord, mettendo così fine alle sue urla di guerra e alla sua folle corsa nella loro direzione.

«Portate lontano Lord Lucas, presto!» una voce stava gridando e immediatamente una cerchia di persone si affrettò a portare lontano dalla piazza in subbuglio il traditore.
«Dobbiamo fermarli, adesso.» ordinò Bjorn un momento prima di iniziare una folle corsa verso il gruppo e Gabrielle non poté fare altro che seguirlo.
Pugnali Sai dal manico ricurvo arrotondato alla mano, i suoi preferiti che le permettevano una lotta corpo a corpo più prolungata, iniziò ad affrontare un nemico dopo l’altro, cercando di schivare più colpi possibili e procurare ferite profonde capace di rendere innocuo l’avversario.
«Portalo al sicuro, — ruggì nuovamente la voce che adesso Gabrielle poteva chiaramente associare a quella di un ragazzo poco più grande di lei, la statura possente e l’altezza che sovrastava di alcuni centimetri persino Bjorn, quest’ultimo pronto ad affrontarlo — Sei uno sciocco se credi di potermi uccidere con un paio di frecce.»
Il ragazzo dal nome sconosciuto si rivolse a Bjorn eppure il suo sguardo era puntato su Gabrielle; ghignò, mostrando i canini leggermente affilate e, improvvisamente, qualcosa nei suoi lineamenti iniziò a mutare.
Un ringhiò salì dalla sua gola, un suono animale e primordiale e i suoi capelli biondi iniziarono a diventare bianchi, come bianca diventò ogni parte del suo corpo; le sue mani divennero zampe con lunghi artigli affilati, la sua schiena ampia e possente si incurvo e tutto in lui si trasformò, assumendo le sembianze di un orso bianco dagli occhi rossi.
«Fæk!» imprecò Bjorn, che raramente si lasciava intimorire o usava tale linguaggio.
Nessuno dei due, prima, aveva visto un , un mutatore di pelle; in effetti, per quasi tutta la loro vita entrambi avevano ritenuto le leggende a loro legate come ciò che quasi tutti nella Capitale credevano fossero: leggende.
Una freccia si conficcò nella pelliccia dell’orso, all’altezza della schiena, ma l’animale che era stato un ragazzo non sembrò neanche notarla: azzannò un loro confratello, chiudendo le fauci attorno al suo bacino che si frantumò in mille pezzi, provocando un suono così tetro da far rabbrividire gli altri attorno.
«Cosa facciamo? — chiese Gabrielle, fianco a fianco con il suo migliore amico — È forte, troppo forte e non sarà solo ancora per molto.»
«Non possiamo fare altro che attaccare e attendere: presto Lord Lucien sarà qua con i rinforzi e questa marmaglia di traditori verrà sconfitta.»

Eppure Lucien non sembrava giungere: giovani confratelli continuavano a cadere nello scontro, così come a perire erano i Narman; la piazza del mercato era oramai un lago di sangue e polvere, urla di combattenti e feriti, di spade che cozzavano tra di loro e ruggiti di un orso che sembrava invincibile.
«Dobbiamo ripiegare!» urlò una ragazza dai ricci capelli, pulendosi un rivolo di sangue dalla bocca.
«Non ripieghiamo! — fu Bjorn a controbattere, Bjorn che era uno dei più anziani là dentro, che era stato nominato luogotenente per quella missione — Respingeremo questi esseri demoniaci e li sconfiggeremo.»
Ancora una volta una freccia, la penultima nella sua faretra, si conficcò nell’ala di un rapace albino che, dal cielo notturno, scese in picchiata, pronto ad artigliare qualcuno di loro. L’animale emise un verso acuto, puro dolore, prima di planare al suolo e riprendere le fattezze di una donna — una donna dai capelli bianchi come la neve, la pelle talmente pallida che sembrava traslucida, il fianco macchiato di rosso a causa della freccia che l’aveva colpita.
Un nitrito di cavalli si udì in lontananza, seguito da urla di guerra e per un momento tutto divenne immobile: i rinforzi della Fratellanza erano oramai vicini, la vittoria assicurata.
«Ripiegare! — qualcuno urlò dai tetti in penombra, una figura incappucciata, vestita di nero e con in pugno quella che sembrava una lunga spada ricurva che Gabrielle non aveva mai visto; la lama che stringeva tra le lunghe dita affusolate splendeva grazie ai raggi della timida luna che, da qualche minuto, stavano filtrando attraverso le basse nubi grigie, e suoi occhi glaciali erano fissi su di lei. — La battaglia è pesa, salvate le vostre vite e abbandonate quelle di chi non può seguirci.»
Nessuno della Fratellanza capì subito ciò che l’uomo aveva detto, poiché egli aveva parlato in una lingua spigolosa a loro ignota, una lingua che solo nel cuore di Ynjór parlavano ancora. Quando, poi, i ribelli iniziarono ad indietreggiare sempre di più a tutti fu chiaro cosa stava accadendo: gli avversari avevano ammesso la loro sconfitta e stavano fuggendo con la coda tra le gambe, come i codardi che erano.

Lucien e i suoi uomini fecero il loro ingresso a cavallo dal portale Est a battaglia finita: il Bræstven, capo della Fratellanze e fratellastro della regina Lorhanna, osservò impassibile lo scenario di morte davanti a lui, respirò a pieni polmoni l’odore ferroso del sangue e nonostante le perdite fossero state numerose si compiacque nel vedere che i membri più forti erano ancora tutti in vita.
Con un cenno del capo diede ordine ai suoi arcieri di incoccare una singola freccia e scoccare il colpo, che centrò in pieno ogni singolo il quale, a causa della sostanza magica in cui erano state immerse le punte delle frecce, riprese il suo stato antropomorfo. Tra questi, c’era anche l’orso che tanto aveva dato da fare a Gabrielle e Bjorn, entrambi lievemente feriti ma in buone condizioni.

«Ben fatto. — disse Lucien a tutti e allo stesso tempo a nessuno dopo essere smontato dal suo stallone da guerra — Mettete in catene i feriti, uccidete quelli moribondi e, per una prossima volta, assicuratevi di avere delle frecce più efficaci di quelle innocue punte di metallo.»
Fece per tornare alla sua sella, ma poi si fermò e, guardando Gabrielle, aggiunse: «Non avete deluso le aspettative, Nako. Sappiate che sia io che Sua Maestà ci aspettiamo grandi cose da te e dall’illustre nome che porti.»
«Non vi deluderò, Bræstven.»
«Lo spero bene. La regina Lorhanna non perdona chi la delude e nemmeno io; questo, Nako, farete bene a tenerlo sempre a mente.»


 


*



Glossario
 



Vøkandar: isola in cui si svolgono le vicende. Nella mia mente, è simile all'Islanda, solo più grande e solo in parte dominata dai ghiacci.
Yvjór: il Regno della Primavera. Il suo territorio si estende a Sud dell'isola ed è governato da un monarca.
Yvjóstafir: l'Eterna Primavera. Capitale del regno di Yvjór che si trova a Sud-Est dell'isola e si affaccia sul mare.
Ynjór: il Regno dell' Inverno e della Neve. E' il regno che si estende a Nord di Vøkandar, il solo a non essere stato conquistato dai monarchi della Primavera.
Sýrin, i mutaforma del Nord: un tempo erano presenti in tutta l'isola, ma adesso sono decimati e sono presenti solo a Nord. Il singolo componente di questa "razza" viene chiamato Sý e solitamente ha il manto albino.
Narman: sono i ribelli del Nord, tra i quali ci sono sia i Sýrin che persone comuni. Il loro comandante si fa chiamare Narmanna.
Bræstven: E' il capo della Fratellanza. Il suo significato è "Onorevole fratello".
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ormhaxan