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Autore: Aiqul Marnerazver    30/06/2017    0 recensioni
Vi è mai capitato di ascoltare una storia già sentita?
Una di quelle favole che si raccontano ai bambini per farli dormire, o attorno un fuoco per spaventare gli amici, o magari una di quelle storie che si leggono solo per piacere personale.
Scommetto che vi è capitato, almeno una volta nella vita, di sentir parlare di un pirata, un pirata famoso per la sua ferocia, o per le sue strane abitudini. Vi è capitato di sentir parlare di lui, di Barbanera. Già, Barbanera, il pirata più famoso dei Caraibi, il più spietato di tutti, giusto?
Sbagliato.
Era molte cose, ma di certo non era spietato. Di certo non era il più noto per la ferocia, ma per le strane abitudini sì. Per esempio, lo sapevate che amava attaccare delle micce accese al suo cappello solo per incutere timore ai suoi nemici? O che aveva la barba così lunga che spesso se la legava alle orecchie? O che durante i combattimenti indossava una fascia intorno alle spalle con appese tre paia di pistole complete delle loro fondine?
No, magari non lo sapete. Né sapete qual era il suo cognome, se Teach, Drummond, Thatch, Tirsh o Dirmmon. Né sapete che si sposò in tutto
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Mi stendo sulla mia branda, cercando una posizione che soddisfi i miei muscoli doloranti.
Dopo la battaglia di questa mattina, dopo essere stato deriso dai miei compagni e dopo aver sgobbato e imprecato come un demonio, diciamo che il mio umore non è proprio alle stelle. Mi giro verso la parete di legno della nave, affondando la testa nel sacco di paglia che mi fa da cuscino e tirandomi le coperte fin sopra la testa. Come la sera precedente, non mi tolgo gli stivali, né mi cambio i vestiti. Sono troppo stanco per farlo, inoltre questa notte voglio essere vigile, devo restare vigile.
Quella nave, quella nave di legno nero, quella vela scura che scompare nella nebbia… io le ho viste, ne sono sicuro. Non era un miraggio frutto dell’adrenalina o della paura come pensano gli altri. Io l’ho vista, e loro hanno visto noi. È un miracolo se non ci hanno attaccato fino ad ora, ma scommetto che stanno aspettando la notte apposta per abbordarci con il favore del buio. Ho cercato, mentre pulivo il ponte della nave, di riflettere, di pensare a che tipo di nave fosse, ma è difficile capirlo solo dalla vista di una poppa immersa nella nebbia. Ad ogni modo, non voglio dormire: se dovessero attaccarci, voglio essere pronto a riceverli.
Ma purtroppo, per quanto mi imponga mentalmente di non farlo, i miei occhi continuano a scivolare, le palpebre continuano a chiudersi… ma no, no, sveglio, devo restare sveglio. Molti mi definiranno testardo, ma in realtà si tratta solo di una ferrea disciplina: tutti coloro che ho mai incontrato, famiglia, amici che avevo a Bristol, commilitoni, tutti sono sempre restati stupiti di quanto la mia volontà sia forte e ferma. Probabilmente è per questo che, quando si tratta di gare di resistenza, sono sempre l’ultimo a cadere. Sorrido nel buio, ricordando delle sfide avute molti anni fa, quando ancora vivevo con la mia famiglia.
D’un tratto, un gemito mi riscuote. Sembra un grido soffocato, subito zittito da un rumore viscido e preciso. Mi congelo. I capelli sulla mia nuca si rizzano all’improvviso. Tendo l’orecchio più che posso, senza osare muovermi. Sento dei bisbigli provenire dalla botola dietro di me, quella che porta al ponte. Non resisto più.
Scatto silenziosamente in piedi, cercando di fare il minimo rumore possibile. Mi avvicino a passi leggeri verso la botola per sentire meglio, quando due voci mi fanno bloccare nuovamente per lo spavento.
«Lo hai sentito?» chiede uno.
«Cosa?» domanda un altro.
Rimangono in silenzio per un attimo, in ascolto. Io non oso nemmeno respirare, non mi muovo nonostante il crescente dolore alle gambe.
«Probabilmente nulla, solo uno scricchiolio»
«Ma quanto ci mettono?»
«Lo sai come funziona, sono lenti, il capitano vuole che si faccia tutto per bene prima di attaccare la ciurma vera e propria…»
«Io vado, non ce la faccio più ad aspettare. Saranno morti prima ancora di sapere cosa sia successo…»
«No, dobbiamo aspettare il segnale. Ora stai zitto, mi dai sui nervi con la tua impazienza!»
Ho sentito abbastanza. Lentamente inizio ad indietreggiare, cercando disperatamente un posto dove nascondermi. Dovrei almeno pochi secondi, se non qualche minuto prima che diano il segnale: evidentemente prima vogliono eliminare tutti i Royal Marines che sono sul ponte, per poi passare alla ciurma addormentata. È improbabile che ci uccidano tutti, ma sicuramente più della metà non farà una bella fine: siamo in troppi per le loro prigioni, e uccidere un po’ di uomini fa sempre comodo per intimorire i superstiti. Per un attimo penso di nascondermi nella stiva, magari in una cassa, ma poi scarto l’idea: da lì non riuscirei a capire cosa accade nel resto della nave, né dove andiamo, né riuscirei a fuggire in caso di bisogno, e di certo non voglio fare la fine del topo. Potrei nascondermi in una delle scialuppe di salvataggio, ma dovrei affrontare i due soldati all’ingresso della stiva, e sono sicuro che non ci riuscirei. Poi un’idea completamente diversa mi viene in mente: svegliare tutti. Questa è senza dubbio quella con più possibilità di sopravvivere. Ma qualcosa mi blocca, e il mio sguardo scatta veloce verso il viso del marinaio che mi ha scosso per le spalle poche ore fa, e tutto il piano precedente muta all’improvviso. Potrei svegliarli e provare a combattere contro i pirati: così probabilmente sopravvivranno più marinai, e forse, solo forse, riusciremo a tenere il controllo della nave. Oppure, mi sussurra una voce nella mia testa, potresti non farlo, e fargli pagare ciò che hanno fatto a te. Non è quello che desideravi, non è quello che gli hai detto giusto poche ore fa?
Mi mordo un labbro. Due proposte equamente allettanti, pochi secondi per decidere. Guardo di nuovo verso quelli che dovrebbero essere i miei compagni, poi lo sguardo mi scivola verso la grande cassa dove teniamo i vestiti sporchi. Al diavolo, penso. Mi dirigo verso la cassa, sempre con passi felpati, sollevo il coperchio e entro, richiudendolo dietro di me. Tutto il mio ragionamento non è durato che una ventina di secondi, quindi non c’è da stupirsi se i pirati non hanno ancora dato il segnale. Sposto i vestiti in modo che mi coprano del tutto, così che, se qualcuno apre la cassa, non mi vedrà. Sento i secondi scorrere lentamente, e rimpiango di non aver pensato ad un’alternativa migliore, o perlomeno più profumata, visto che stare chiuso in una cassa così piccola è già asfissiante di suo, ma qui con i vestiti sporchi e sudaticci di un’intera ciurma di marinai… non è piacevole, ecco.
Finalmente sento dei lievi scricchiolii risuonare grazie all’eco della nave, seguiti da dei lievi gemiti soffocati da delle mani esperte. Hanno iniziato ad uccidere la ciurma, proprio come immaginavo. Sono sicuro che ne ammazzeranno almeno una buona metà. La cosa non mi tocca molto: non mi sono imbarcato per ragioni nobili, non mi sono arruolato per amor della patria: l’ho fatto per amore del mare e dell’avventura, e nient’altro. Dopo le varie battaglie di terra e quella di questa mattina, non c’è da stupirsi se non provo più rimorso per le vite che tronco: se un uomo piange su ogni singola vittima che produce vuol dire che non è adatto per uccidere, e tutte le persone a bordo di questa nave non sono così.
Sento altri passi risuonare per le scale legnose, questa volta meno cauti e più decisi, e delle grida di marinai spaventati risuonano nel buio.
«Buongiorno! Dormito bene?» chiede una voce, seguita rapidamente da un coro di risate a me sconosciute. «Portateli sul ponte»  
Delle esortazioni concitate e dei passi impauriti mi fanno capire che sia i pirati che i marinai si stanno spostando sul ponte.
«Ci sono altri uomini a bordo?»
«Solo dei prigionieri spagnoli, capitano»
Capitano, eh? Interessante. La voce che ho sentito è chiaramente inglese. Quindi sia ciurma che capitano sono inglesi, il che mi fa capire subito dove faranno rotta dopo aver saccheggiato la nave: New Providence, la capitale inglese dei pirati inglesi. Niente di più che una piccola isola, ma brulicante di ogni genere di brigante, di tutte le lingue e nazionalità, ma soprattutto di ex-marinai britannici. Ma perché attaccare una nave da combattimento inglese? Mi ci vuole poco per arrivare alla risposta: i cannoni. Per i pirati i cannoni sono come l’oro, e riuscire a catturare una nave di questa portata e di questo carico è un bottino a dir poco magnifico.
Non sento più nessun rumore provenire dall’esterno e, con molta cautela, mi arrischio a sollevare lievemente il coperchio della cassa. Come immaginavo, non c’è nessuno in vista. Una ciurma pirata è molto meno numerosa di una normale, e devono tenere il controllo della loro nave più quello della nostra, per cui è improbabile che abbiano lasciato qualcuno qua giù. Sono indeciso se uscire o no, ma l’aria fuori dalla cassa è così invitante che non mi lascia scelta.
Sposto silenziosamente i vestiti e il coperchio e mi rimetto in piedi, grato di respirare finalmente dell’aria fresca. Rimetto in ordine la cassa, in caso la dovessi riutilizzare per nascondermi di nuovo (anche se dubito che accadrà) e mi avvicino alla botola per sentire cosa sta accadendo all’esterno.
«… buttati a mare, o sgozzati come gli altri, chiaro?» sta dicendo la voce che ho sentito prima, quella che deve appartenere al capitano pirata. «Ora andremo verso un’isola, seguite la nostra nave. Muoversi!»
Quindi avevo ragione, vogliono fare rotta verso New Providence, e hanno minacciato la ciurma. Un tipico assalto pirata, insomma.
«Hai qualcosa da dire, signor Giubba Rossa?» chiede di nuovo il Capitano in tono di scherno.
«Nessuno eseguirà i tuoi ordini qui» e sono sorpreso di sentire la voce del nostro Comandante. Devono averlo lasciato in vita come ostaggio, o come esempio nel caso la ciurma non ubbidisca: è meglio uccidere un ex-Comandante conosciuto da tutti piuttosto di un utile membro della ciurma.
«E chi lo dice? Tu? Non hai più potere qui» ribatte il capitano pirata.
«Siamo fieri marinai inglesi, la nostra volontà non si piega di fronte ad un vile pira…»
«Certo, certo» lo interruppe l’altro. «Allora facciamo così… tu e un altro marinaio sarete liberi di andare. Scegli tu»
Seguirono dei lievi mormorii increduli.
«Vieni qui» disse il Capitano, probabilmente riferendosi al marinaio scelto dal Comandante.
 Sorrido amaramente: in questo modo il pirata ha dimostrato due cose: che il Comandante non è fedele al suo credo e che non ci tratta tutti in modo equo, ma che ha delle preferenze. Mi arrischio a dare un’occhiata, per vedere chi ha scelto. Come immaginavo, ha scelto il marinaio che mi ha spaventato questa mattina, quello che lo tratta sempre esaltandolo in modi ridicoli, neanche fosse Re Giorgio I.
 «Uno di voi» dice il Capitano rivolgendosi alla ciurma, «può uccidere questo marinaio, e prendere il suo posto. Per lui sarà garantita l’immunità, e sarà lasciato in un porto sicuro, lontano dagli altri, da dove potrà tornare facilmente a casa. Volontari?»
Questi sono esperti, penso. In questo modo può capire quanta lealtà c’è all’interno della ciurma ora che non è comandata. Se qualcuno si offre volontario, vuol dire che preferisce essere un pirata che un militare. Sento il sangue pulsare nelle tempie, mentre cerco di prendere una decisione.
«Nessuno nessuno?» chiede il Capitano.
«Lo farò io» dico, salendo le scale.
   
 
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