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Autore: SheDark    30/06/2017    0 recensioni
Tratto dal testo:
"Luke e Calum, divenuti miei amici per buffe coincide, erano diversi come il giorno e la notte e, proprio come il giorno e la notte che non potevano esistere se non senza l'altro, la mia vita mi era parsa vuota e non potevo più immaginare di poter stare in assenza della loro amicizia.
Volevo bene ad entrambi ma sapevo che avrei dovuto fare una scelta: Luke, il biondo che mi era piaciuto dalla prima volta che l'avevo visto e la cui misteriosità mi intrigava, o Calum, il moro capace di farmi ridere come nessun altro e che si era catapultato nella mia vita rendendola più spensierata?
Sarebbe stato estremamente difficile scegliere... buio o luce?"
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Seconda storia della serie 5 Stuff Of Season (5SOS)
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Calum Hood, Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '5 Stuff Of Season (5SOS)'
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Mi sedetti su una delle poltroncine foderate di rosso, avevo deciso di saltare la pausa pranzo essendomi scordata sia il pranzo che il portafoglio per comprarmi qualcosa al bar della scuola, e mi guardai intorno nell'attesa che la prossima lezione, quella di Drama, iniziasse. Le ultime due ore del lunedì erano assolutamente le miei preferite trattandosi più di uno svago che uno studio.
Il luogo dove Mr. Lion teneva le lezioni di recitazione era un piccolo auditorium adiacente alla scuola; non eravamo in molti a seguire quel corso, appena una dozzina, e per la maggior parte eravamo li dal primo anno, era così che avevo conosciuto Adam. Davanti a me le file della platea scendevano leggermente verso il basso lasciando una buona visuale del palco, le pesanti tende rosse del sipario erano aperte ai due lati, un altro telo di colore nero invece costituiva il fondale separando così le quinte dal palcoscenico.
Quello era assolutamente il posto che preferivo al mondo, lì sentivo che potevo esprimermi come volevo, essere chi volevo. Se normalmente sembravo una persona timida e impacciata, quando mettevo piede sul palco mi trasformavo diventando tutta un'altra persona.  Mi ero accorta spesso di avere issato un muro protettivo che durante quelle lezioni scompariva, mettendomi quasi a nudo, ma era proprio in quelle occasioni che sentivo di poter respirare più liberamente. Forse ero più me stessa quando recitavo che nella realtà; già molte volte mi ero interrogata su ciò senza però riuscire a trovare una risposta chiara.
«Che ci fai qua tutta sola?» mi spaventai quando Adam si sedette accado a me distraendomi dai miei pensieri.
«Aspetto che inizi la lezione di drama.» risposi ricomponendomi. «A proposito, non credevo fossi venuto a scuola. Perché non c'eri all'ora di letteratura?» chiesi ricordando di non averlo visto per tutto il giorno.
«Ah già.» Adam si grattò la testa, «Diciamo che stanotte ho dormito poco e che non avevo proprio voglia di ascoltatore una delle noiosissime lezione di Mr. Robinson, così ho pensato di sfruttare la sua ora per farmi una bella pennichella in auto.» sorrise compiaciuto, «Mi sono svegliato poco fa.»
Alzai gli occhi al cielo: ciò significava che aveva dormito anche nell'ora successiva per un totale di quasi due ore. Era davvero incredibile, ma allo stesso tempo era anche una cosa che ci si poteva aspettare da lui. Glielo dissi mentre la campanella suonava ad avviso della ripresa delle lezioni.
«Ma dimmi: alla fine come è andata venerdì sera dopo che sono andato via?» chiese ammiccando mentre iniziavano ad arrivare i nostri compagni.
«Mhm, bene.» alzai le spalle.
«“Mhm, bene.” Tutto qui?» ripeté incredulo, non riusciva a credere che io snobbassi così l'argomento, «Allora come è andata con Hemmings?»
«In verità Luke non mi ha più portato a casa. Mi sono addormentata e così ha preferito lasciarmi da Hood per non svegliarmi.» spiegai
«E tu come fai ad esserne sicura?»
«Perché me lo ha detto lui il giorno dopo, e poi oggi a matematica si è di nuovo scusato.» sorrisi, «Ho il suo numero, sai?»
«Meno male, dai una cosa per volta. Vedrai che lo conquisterai!» disse facendomi l'occhiolino.
«Lo spero.»
«Ma certo: appena Luke si renderà conto di che meravigliosa persona sei non avrà occhi che per te.»
«Grazie per il complimento, ma tu sei di parte.»
«Si, forse. Ma è la pura verità.» Adam mi porse la mano aiutando ad alzarmi ed insieme ci avviammo verso Mr. Lion che ci stava chiamando a raggiungerlo sul palco per iniziare la lezione.
 

*  *  *
 

Uscii dai cancelli della scuola seguita dal mio migliore amico, stavamo per raggiungere la sua macchina quando un colpo di clacson richiamò la mia attenzione e riconobbi l'auto di mio padre posteggiata accanto al marciapiede. Mi accigliai nel trovarlo lì.
«Sophie, sali in macchina.» mi intimò mio padre attraverso il finestrino abbassato.
Sbuffai, ma feci come mi aveva detto dopo aver salutato Adam. «Come mai sei venuto a prendermi?» chiesi una volta salita in auto.
«Sei in punizione, ricordi? Quindi per queste due settimane ti porterò e verrò a prendere io a scuola o, se non ci sono io, lo farà tua madre.»
Annuii trattenendomi dall'alzare gli occhi al cielo. Ero molto infastidita da questa cosa, come se i miei genitori non si fidassero di me, però non volevo rischiare di aumentare i giorni di reclusione solo per aver detto la mia, quindi rimasi in silenzio.
Mio padre mi lasciò davanti a casa per tornare immediatamente al suo negozio, salutai mia madre e salii in camera decidendo di dedicarmi ai compiti non avendo molto altro da fare per passare il tempo, senza niente a distrarmi li finii abbastanza velocemente. Mi spostai allora sul divanetto ricavato sopra al davanzale di una delle finestra iniziando a leggere svogliatamente un libro; mentre sbirciavo fuori dalla finestra mi accorsi che qualcuno che si trovava sul marciapiede opposto mi stava salutando energicamente: era quel ragazzo, quel Calum Hood.
Mossi leggermente la mano per ricambiare il saluto, ero imbarazzata dato che poteva sembrare che lo stessi spiando nascosta dietro al vetro. Intanto lui mi fece segno di scendere, ma io scossi il capo per fargli capire che non potevo, a quel punto prese la sacca blu che portava sulla schiena e ne estrasse un oggetto rettangolare che mi mostrò dalla strada.
Mi bastò un’occhiata per riconoscere il mio quadernino, avevo passato l'intera domenica a cercarlo e alla fine lo avevo dato per perso, invece  l’aveva avuto sempre lui. Mi allarmai pensando che l'avrebbe potuto leggere: anche se non c'era scritto niente di cui potevo vergognarmi erano comunque cose molto personali e mi avrebbe dato fastidio se non avesse rispettavo la mia privacy. Gli feci segno di aspettare.
«Mamma, volevo fare una torta, ne abbiamo di uova?» gridai mentre mi precipitavo giù dalle scale. In realtà sapevo perfettamente che non ce n’erano avendo usato l’ultimo uovo per la colazione di quella mattina.
«Non ne ho idea, guarda!» la voce della donna mi raggiunse dal salotto con il sottofondo del televisore.
Corsi in cucina e aprii il frigo senza neanche esaminarlo: «No, non c’è ne. Esco a comprarle!»
Avevo già la mano sulla maniglia della porta d’entrata quando mia madre mi si piazzò davanti con i pugni sui fianchi: «Ferma signorinella, tu sei in castigo o te lo sei già scordata?.»
«Come potrei: me lo ricordate in continuazione.» mi lamentai facendomi seria subito, «Dai mamma, faccio in un lampo, promesso!» la pregai sforzandomi di fare la faccia più convincente e innocente possibile.
Dopo averci pensato per qualche secondo interminabile mi diede il via libera: «Eh va bene, vai. Ma…»
«Oh grazie mammina! Ti voglio bene.»  le diedi un bacio sulla guancia. «Ma?!» Cavolo se odiavo quella parola: aveva il potere di infrangere interi sogni e progetti!
«Ma ti do' solo mezz’ora di tempo, se ritardi anche di un solo minuto la punizione aumenterà di altre due settimane.»
«Si capo. Vedrai: alle cinque sarò già in cucina ad impastare, ti do la mia parola. Ciao, a dopo.» salutai precipitandomi fuori di casa con uno smagliante sorriso per la vittoria: l’avevo fatta franca.
Quando fui in strada Calum fece subito per raggiungermi ma io gesticolai intimandolo ad aspettare, era molto probabile che mia madre mi stesse sbirciando dalla finestra e se avesse visto il vero motivo per cui ero voluta uscire o anche solo che ero in compagnia di un ragazzo sarei finita in grossi guai. Mi incamminai così verso il supermercato più vicino senza voltarmi, nel frattempo il ragazzo attraversò la strada per portarsi sul mio stesso marciapiede; sentivo i suoi passi calpestare l’asfalto a un paio di metri da me: non mi sentivo per niente a mio agio, sembrava di essere seguita da un malvivente.
Quando fummo fuori dalla portata dell’occhio vigile di mia mamma mi fermai voltandomi verso di lui osservandolo attentamente: le labbra carnose incurvate in un sorriso e gli occhi scuri che trasmettevano allegria, poteva sembrare un ragazzo affidabile.
«Questo deve essere tuo.» Calum mi porse il mio piccolo quaderno, io glielo strappai quasi dalle mani e iniziai a sfogliarlo velocemente. «Non l’ho letto, se è quello che stai pensando.» cercò di tranquillizzarmi.
«Sarà meglio!» risposi di getto. Mi accorsi di essere stata piuttosto acida con lui che aveva fatto tutta quella strada solo per restituirmelo, così addolcii il tono di voce e gli sorrisi, «Ehm, grazie per avermelo riportato.»
«Di nulla, e poi era una scusa per poterti rivedere.» disse sfoggiando un sorriso e strizzando un occhio.
«Come facevi a sapere dove abitavo?» gli chiesi incuriosita dal fatto che fosse venuto fin sotto casa mia.
«Me l'ha detto Samantha. In verità volevo ridartelo già stamattina a scuola ma l'avevo scordato e così ho pensato di riportartelo direttamente a casa.» spiegò con calma, «Ti va di fare due passi?»
Erano passati appena un paio di minuti o poco più quindi avevo un po' di tempo prima di dover tornare a casa, e poi mi sembrava scortese rifiutare, così annuii.
Ci avviammo per una meta indefinita chiacchierando del più e del meno iniziando a conoscerci meglio visto che alla festa non c'era stata l'occasione, mi trovavo davvero bene in sua compagnia, era molto simpatico, e scoprii anche che avevamo diverse cose in comune. Ero così a mio agio a parlare con lui che mi dimenticai di avere i minuti contati, almeno finché Calum non prese il suo cellulare per rispondere ad un messaggio ed io distrattamente lessi l’ora: le 4.43 pm.
Per poco non mi prese un colpo: «Ti prego, dimmi che quell’orologio è avanti.» supplicai sperando mentalmente in un si.
«No, affatto. Perché?»
Mi scappò un’imprecazione. «Grazie mille per la compagnia, ora devo andare, scusa. Ci vediamo!» 
Stavo già per correre verso casa, ma lui mi trattenne per un braccio: «Ehi aspetta un attimo. Che succede, come mai così di fretta?»
Cercai di liberarmi dalla sua presa supplicandolo, «No, no, no. Lasciami,» intanto le persone in strada si erano voltare ad osservarci accigliate, «devo proprio andare: sto facendo tardi!»
«Tardi per cosa?  Non capisco.»
«Sono in punizione! Ho detto a mia madre che andavo a fare la spesa per cucinare una torta così mi avrebbe fatto uscire, devo tornare prima delle cinque altrimenti sarò reclusa a vita… e non ho nemmeno comprato le uova, sono nei guai fino al collo!» le parole uscirono a ruota velocemente per non perdere altri secondi importanti.
Il ragazzo mi lasciò andare il polso,  «Ho avuto un idea, ma è un po’ pazza…»
« Parla!» lo intimai. Forse c’era una speranza.
«Siamo vicini a casa mia e guarda caso giusto stamattina mia sorella ha fatto la spesa, mi sembra di aver visto anche un pacco di uova… se vuoi puoi prenderlo tu.»
«Ma come faccio poi a tornare a casa in tempo?» chiesi cercando di mantenere la calma: da casa sua a piedi ci avrei messo almeno venti minuti ed io non avevo tutto quel tempo a disposizione.
«Per quello ci penso io. Ora andiamo, in fretta.»
Corremmo verso casa Hood che non era troppo distante, Calum si precipitò dentro mentre io rimasi fuori ad aspettarlo, tornò subito dopo con in mano il prezioso pacco di uova che infilò nella sua sacca prima di porgermi il tutto.  
«Possiamo andare, che ore sono?» chiesi agitata, mi sembrava fosse passata un’eternità.
Calum prese il telefono controllando l'ora, «Meno dieci, circa. Tu aspettami qui, io arrivo subito: ho una sorpresa!»
Lo guardai ritornare dentro casa senza che potessi chiedere spiegazioni. Cosa aveva di tanto urgente da fare mentre io invece rischiavo il destino di Raperonzolo nella torre?
I miei pensieri vennero interrotti dal rumore della saracinesca del garage che subito dopo venne sostituito da un forte rombo di un motore e, quando mi voltai per controllare, un motociclista in sella al suo veicolo si fermò davanti a me. «Dai forza, sali!» mi incitò Calum, la voce era camuffata dal casco  integrale nero che indossava; me ne porse uno grigio metallizzato facendomi segno di indossarlo.
Mi allacciai stretto il casco anche se non ero molto sicura di volergli dare ascolto. Squadrai la grossa moto, non mi erano mai piaciute e quindi non ci ero mai nemmeno salita, ne avevo anche un leggero terrore. «Io non ci salgo su quel trabiccolo!»
«E dai, non fare la bambina! Vuoi o no tornare a casa in fretta?» gli annuii poco convinta, «Dai allora, che stiamo perdendo tempo.»
«Eh va bene.» presi una profonda boccata d'aria cercando di nascondere la mia paura, poi mi sedetti dietro di lui stringendomi con le braccia al suo addome per tenermi, «Però non andare troppo vel…»
La moto era già partita senza darmi il tempo di finire la frase la cui ultima parola si perse nel vento.
Ci fermammo davanti alla villetta prima della mia per non essere visti, Calum scese e mi porse una mano per aiutarmi a smontare: «Allora sei ancora tutta intera?»
Mi sfilai il casco porgendoglielo, «Credo di sì. Come ti sembro?»
Il ragazzo si mise a ridere, «Come una che si è appena fatta un giro veloce in moto.»
Capii di avere i capelli tutti scompigliati e così cercai di aggiustarli, sapendo di fare ben poco dato che quasi sicuramente i boccoli si erano appiattiti, così optai per legarli un uno piccola coda alta.
Presi il pacco di uova constatando con meraviglia che erano tutte integre, restituii quindi al proprietario la sacca che avevo messo a spalle; Calum vi fece scivolare dentro il caso grigio e poi mi accompagnò vicino al lato sinistro della mia abitazione.
«C'è un’entrata sul retro?» s'informò.
«Sì, certo, da’ sulla cucina, perché?»
«Tu aspetta il segnale, poi entra da lì! Buona fortuna, ci sentiamo.» Calum mi salutò dandomi un bacio sulla fronte e si allontanò con il suo casco nero sotto braccio. Dopo aver ricevuto quel gesto di affetto, a mio parere pressoché senza motivo, rimasi imbambolata iniziando ad arrossire intensamente.
Non passò molto prima che udii il suono del campanello e mia madre che apriva la porta, riconobbi la voce di Cal che iniziava a inventare scuse per tenere la donna sulla porta e dare il tempo a me di intrufolarmi in casa. Immaginai che quello fosse il segnale così, senza fare troppo rumore, raggiunsi la porta sul retro richiudendola dolcemente ed iniziai a preparare immediatamente l’impasto per la torta, nel frattempo la porta di casa si richiuse.
«Ah sei già qui?» chiese mia madre che si era affacciata alla cucina.
«Sì, mamma, come avevo promesso, vedi?» avevo già le mani tutte sporche di farina.
«Bravissima. Allora ti lascio lavorare in pace, se hai bisogno sono di là.»
Appena se ne andò tirai un sospiro di sollievo e ringraziai mentalmente Calum: senza il suo aiuto non ce l'avrei fatta!

   
 
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