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Autore: alaal    30/06/2017    0 recensioni
Quella sera, di fronte ad un buon bicchiere di latte caldo, ad un Pokémon innamorato viene chiesto qualcosa che metterà in dubbio tutta la sua esistenza. Avrà il coraggio di affrontare il suo destino e potere coronare il suo sogno d'amore? Un pericoloso rivale è dietro l'angolo... bisogna decidere in fretta.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James, Jessie, Meowth, Nuovo personaggio, Pikachu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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FLASHBACK

Non so proprio come mi possa essere venuto in mente un’idea così malsana e strampalata. Non credo neppure io a quello che sto dicendo… lavorare per il signor Peter.

Ma se sono io il signor Peter! Infatti, Miriam e suo nonno, compresa Celine, mi guardano con tanto d’occhi e il dubbio nei loro sguardi è ovvio e scontato. Ormai la frittata è fatta, dico tra me e me. Quello che mi dispiace, è di non essere riuscito a mantenere il mio volto segreto e di potere scappare quando ne avevo ancora l’occasione.

-Non… non capisco. Tu lavori per il signor Peter?- Annuisco, abbassando lo sguardo. Non so neppure cosa io mi stia inventando. Le parole mi escono dalla bocca, una dietro l’altra, come se stessi vagabondando in mezzo al bosco, senza prendere una direzione ben precisa.

-Sì, lavoro per il signor Peter. Lui, purtroppo, non può recarsi personalmente presso il vostro negozio.- Miriam spalanca gli occhi e la bocca, e Celine imita la sua padroncina, rimanendo stupita anch’ella. Il nonno della fanciulla, scuotendo il suo faccione e alzandosi nuovamente in piedi, si allontana bofonchiando qualcosa di inintelligibile e torna alla sua postazione di lavoro. Nessuno osa più di dire niente per qualche minuto… Celine continua a tenermi lo sguardo incollato, e pare che stia sorridendo della mia bravata. Io contraccambio il suo sguardo, e noto che nei suoi occhi c’è una nota di puro divertimento. Miriam si alza da terra e, continuando a tenere le braccia incrociate al petto, inizia a camminare in tondo nell’atrio del negozio, seguita docilmente dal suo Pokémon, che non smette di lanciarmi delle occhiate significative.

-Non riesco a capire perché il signor Peter non può venire direttamente da noi! Sta male? È paralizzato? E poi… - Si ferma in mezzo alla stanza, e mi volta lo sguardo, furbescamente, così come la sua prediletta. Io abbasso nuovamente lo sguardo… non riesco a capire cosa mi stia accadendo. Devo essere impazzito. Quel girovagare di Celine… mi sta letteralmente ipnotizzando.

Il vecchio scuote la testa, leggermente indaffarato con dei conti con il libro mastro, e pare non darci più retta, seduto sullo sgabello di ferro alla sua postazione. Il tempo pare essersi fermato, forse mi sono salvato con quella piccola bugia… riprendo un po’ di coraggio e, tossendo leggermente, mettendo una zampa di fronte alla bocca, chiedo al titolare del negozio di poter prendere la roba di cui ho bisogno, pagare e andarmene.

-Perché riesci a parlare?- Ecco, la domanda fatidica. Ma, incredibilmente, la domanda non è stata fatta né da Miriam, né da suo nonno. Guardo prima la fanciulla dai capelli biondi, che stava ancora con le braccia conserte, come se fosse assorta, che il vecchio con gli occhiali, il quale non pare assolutamente intenzionato a sollevare gli occhi dal suo librone rosso, stracolmo di scritte misteriose e piccolissime. Mi volto ancora, e noto con stupore che la domanda proveniva dalle labbra di Celine, la quale non ha mai smesso di osservarmi con un volto pressoché enigmatico.

-Ecco… io …. non….- Miriam pare riscuotersi dal suo torpore e, nuovamente felice come una pasqua, si avvicina verso di me, seguita a ruota dal Pokémon, che trotterellava alla sua sinistra.

-Stavi dicendo qualcosa? Ah, ma è quasi l’ora di pranzo! Ah, diamine! Nonno, nonno! Dovremmo invitare il nostro amico a pranzo, che ne dici?- L’uomo con gli occhiali chiude il librone con un energico colpo e, ridendo della grossa, annuisce con un certo rigoroso cenno del capo e, guardandomi direttamente negli occhi, mi chiede di fermarmi a pranzo con loro. Io spalanco tanto d’occhi, non sospettano minimamente di niente.

-Ma sì, certo! E poi, magari, ci spieghi bene del tuo potere di parlare con gli umani e del tuo rapporto di lavoro con il signor Peter!- Io, macchinalmente, sposto lo sguardo verso Celine, la quale annuisce, sorridendo. Pare mi voglia chiedere qualcosa, ma il gran vocione del titolare dello sfasciacarrozze copre qualsiasi altro rumore. Senza poter dire né sì né no vengo afferrato per i fianchi dalle gentili mani della ragazzina e vengo portato sul retro, mentre il titolare si appresta a chiudere le serrande della sua attività. Le risate e il buon odore di arrosto nella cucina dietro l’atrio principale mi fanno ben presto dimenticare il vero motivo del perché fossi arrivato da Miriam e suo nonno, e soprattutto gli incantevoli occhi di Celine mi inebriano e mi rendono allegro e ormai completamente calato nella parte del tuttofare del signor Peter.

La cucina è molto sobria, ma accogliente: un tavolo alla sinistra della stanza, con una tovaglia a scacchi bianca e rossa, un frigorifero bianco a due porte proprio dietro la porta alla sinistra, il lavello di fronte e una porta finestra che conduce al cortile e al magazzino dello sfasciacarrozze. Per terra, accanto al frigorifero, la ciotola di Celine, prontamente riempita dalle amorevoli mani di Miriam. Una volta seduti a tavola (a me fanno salire sulla sedia a capotavola, prontamente messi dei cuscini uno sopra l’altro per farmi spessore e sembrare un po’ più alto e raggiungere così il bordo del tavolo), il nonno di Miriam inizia a sommergermi di domande sulla mia origine, sul mio rapporto con il “signor Peter” e sulle mie capacità di parlare così correttamente il linguaggio umano.

Ormai io, partito per la tangente, ritrovo il mio brio e invento una panzana dietro l’altra, alle quali naturalmente i due umani abboccano con tanto di esca.

-Ah, quindi è un inventore su sedia a rotelle…!- Annuisco gravemente, incrociando le zampe al petto.

-Ah, quindi tu sei il suo primo Pokémon catturato…!- Annuisco ancora, chiudendo con posa teatrale gli occhi.

-Ah, quindi tu sbrighi le faccende per lui…!- E annuisco ancora una volta, masticando un pezzo di succoso arrosto.

-Ah, quindi ti ha insegnato lui a parlare e lavora per conto del governo…!- E ancora, e ancora, mangio e bevo fino ad esplodere. Le parole e il tempo corrono veloci senza rendermi conto che avrei dovuto essere da Jessie e James entro le due del pomeriggio con il materiale.

-Ah, quindi tu vai in giro con le sue sembianze per non fare preoccupare il governo…!- Sono praticamente ai miei piedi, non avrei potuto essere più felice come in questo momento. Gli occhioni di Celine sono tutti per me, pare pendere dalle mie labbra.

-Ma ho intenzione di lasciare, sapete?- La mia breve frase lascia tutti di stucco, più fra tutti Miriam. La bambina addirittura si alza dalla sedia e allarga le mani sulla tovaglia, quasi sconvolta, fissandomi con occhi spalancati.

-Ma… Meowth! Non puoi lasciare così il signor Peter! Lui ha bisogno di te!- Io scuoto la testa, lentamente. Il mio silenzio accorato e profondo come un pozzo lascia attoniti i presenti, mentre Miriam agita energicamente la testa, per fare segno di no.

-Il signor Peter è anziano, ormai. Il suo tempo lo ha fatto. Presto andrà in una casa di riposo, e io…- Poi alzo lo sguardo, verso l’orologio attacco alla parete, e il pezzo di arrosto che ancora sto masticando mi va quasi di traverso. Le due passate! Sono in tremendo ritardo!! Mi alzo dalla sedia e inizio a correre come un pazzo per la stanza, suscitando la risata generale dei presenti.

-Oh, cielo, è tardissimo! Devo andare via, devo consegnare gli attrezzi, devo andare via, devo consegnare gli attrezzi, devo…!!- Il vecchio si mette a ridere e, alzandosi rapidamente dal tavolo, seguito fedelmente da sua nipote e Celine, mi scorta fino all’atrio del negozio e, una volta che ho finito di raccogliere la mia roba ancora per terra (giacca, occhiali, cappello, etc) ed essermi rivestito, il nonno di Miriam mi consegna la scatola con tutti gli strumenti necessari per modificare la mongolfiera. È abbastanza pesante, traballo sul posto per un certo momento, temo di cadere in avanti per il troppo peso, ma poi riesco finalmente a trovare la quadra e ad appoggiare lo scatolone in terra. Pago con diligenza il vecchio, saltando in alto e sbattendo con energia i soldi sul tavolo e, ringraziando tutti per la cordiale ospitalità, auguro a tutti un buon proseguimento di giornata e di riverdersi il prima possibile per futuri acquisti.

E così, tutti mi salutano allegramente e, proprio mentre mi preparo per uscire dal negozio, sulla mia destra incrocio nuovamente lo sguardo di Celine che, seduta a terra in maniera graziosamente composta, mi sorride e mi augura di rivedermi presto, il prima possibile.

-Mi piacerebbe moltissimo invitarti a cena, lo sai?- E ridacchio, convinto della mia battuta alquanto spiritosa. Ma, incredibilmente, Celine deve avere preso sul serio la mia proposta che, imbarazzata, avvampa fino alla punta dei suoi peli e abbassa timidamente lo sguardo, sorridendo a denti stretti.

-Oh, io… beh, a me…anche a me piacerebbe moltissimo!-

.

Eh….?

Che cosa?

.

La sua voce….

La sua reazione…

Mi lascia pietrificato sul posto. Non mi aspettavo assolutamente una risposta del genere, un atteggiamento del genere, una grazia, una timidezza e una maestosità simili. Miriam credo che si sia accorta della mia reazione scomposta e mi chiede se sto bene.

Mi riprendo, scuotendo energicamente la testa. Fortunatamente gli occhialoni da sole mi coprono gran parte del volto, e inoltre fortuna ha voluto che nessuno si sia accorto di essere diventato rosso come un peperone.

-Sto… sto bene…- Faccio un inchino quasi meccanico, e, girandomi sui tacchi, mi allontano quasi imbambolato dal negozio, con la scatola degli arnesi… dov’è già che dovevo andare? Ah, da Jemsie e Jess… Da Mesjie e Jass… da Mejjie e Sagges… da da loro… insomma…

Continuo a tenere gli occhi incollati su Celine, e lei guarda i miei occhi. È tremendamente difficile andarsene via, ma le mie zampe vanno per conto loro, e a momenti vado a sbattere contro il muro del negozio. Per fortuna c’è la scatola davanti a me che mi fa da barriera e, suscitando nuovamente la risata generale, mi riscuoto e me ne vado via, con la mia scatola e mille pensieri per la testa, più tra tutti quella strana bestiolina… quella strana… bellissima bestiolina che… non so, quella bestiolina bellissima che…

Ma dove diavolo dovevo andare?

FINE FLASHBACK

 

Pikachu è una furia, non smette di rincorrermi e grida al tradimento, alla mia vigliaccheria e al fatto che non sono stato ai patti.

Al diavolo i patti, non ho più intenzione di obbedire a quel topastro giallo. Chi diavolo è quel Pokémon che sta inseguendo Celine? Lo devo scoprire, prima che…

AHIA!

Sono stato colpito da qualcosa!

Striscio di lato, lungo il sentiero, e per poco non rotolo nuovamente su me stesso. Rombi di tuono mugugnano in lontananza, nel centro del mare, mentre i primi lampi saettano, zigzagando nel cielo oscuro della notte di Biancavilla. Il mio nemico mortale e ormai quasi sopra di me, mi blocca a terra e con le sue zampe anteriori mi tiene a bada, incollando le mie a terra.

“A che gioco vuoi giocare?” mi grida nelle orecchie. Io non lo sento più, ho davanti agli occhi solo e solamente Celine. Approfittando di un tuono che quasi ci assorda, riesco a divincolarmi dall’energica presa di Pikachu e a rotolare in avanti, riprendendo la mia corsa (seppure con estrema difficoltà, quel maledetto deve avermi colpito con Codacciaio) e davanti a me vedo un movimento fulmineo, di un Pokémon che corre velocemente verso la spiaggia dove prima ero seduto a contemplare il mare.

Quel Pokémon…

L’ho già visto da qualche parte.

Continuando a correre, sono nuovamente tallonato da Pikachu, il quale sembra proprio non capire la situazione in cui mi sono ritrovato. Con uno scatto felino, mi giro di scatto e graffio la faccia del mio nemico, il quale preso alla sprovvista grida dal dolore e indietreggia, tenendosi il volto con le zampe. Finalmente messo a tacere quel maledetto topastro, altri tuoni e fulmini accompagnano la mia folle corsa verso la spiaggia, e le prime gocce di pioggia cadono sul terreno di terra battuta, rendendolo quasi immediatamente impraticabile.

Ormai manca poco alla spiaggia. Il Pokémon davanti a me è a cento metri circa… è troppo veloce per me…

Eppure, dalla piccola collinetta in cui mi trovo, vedo seduta sulla spiaggia lei, Celine. E sembra essere molto nervosa. Non capisco cosa stia succedendo…

Il Pokémon la raggiunge, e lei si avvicina, verso di lui.

Che cosa significa questo?

La pioggia inizia a diventare più battente, quasi voglia impedirmi di vedere bene ciò che sta accadendo davanti ai miei occhi. Continuo a correre come un disperato, fino a raggiungere la sabbia bagnata della spiaggia.

E poi, mi fermo, anzi mi costringo a fermarmi, una volta raggiunta la spiaggia, a pochi metri da loro.

Che cosa ci fa LUI qui?!

Rimango senza fiato, e senza parole. Dietro di me, un furioso Pikachu minaccia tuoni e fulmini e saette, ma quando finalmente mi raggiunge e smette di gridare come un matto, si zittisce e aguzza lo sguardo verso il punto dove guardo io, e alla fine capisce anche lui.

Il Pokémon bianco, alto e sinuoso, con il rubino conficcato in testa, si volta verso di me e Celine, spaventata a morte dal mio inatteso arrivo, indietreggia guardandomi terrorizzata, quasi come se l’avessi colta sul fatto.

Il problema è che non capisco cosa stia succedendo in questo momento. Pikachu è più confuso di me, e osserva con sgomento quel Pokémon dal pelo bianco e ispido, così alto e aggressivo.

-Ah, Meowth. Non pensavo di beccarti qui, in spiaggia, a quest’ora della notte!- La pioggia si era fatta ancora più insistente ed è diventato difficile pure ascoltare quello che mi sta dicendo il Pokémon davanti a me. Ci troviamo a gridare l’uno contro l’altro, perché non si capisce un accidenti.

-Tu cosa diavolo ci fai qui? E perché sei con Celine?- Il Pokémon dal pelo bianco sghignazza, mostrando i suoi scintillanti canini bianchi, mentre Celine rimane come paralizzata sul posto, un po’ dislocata al fondo della spiaggia.

-Ma smettila, Rocket! Dopo tutte le falsità che hai detto sulla tua persona, osi pure dettare legge e fare domande agli altri! Suvvia, diamine! Tornatene alla tua missione e sparisci!- Quelle parole, pronunciate con un tono di voce arrogante e nello stesso tempo suadente, mi colpiscono come rasoi affilati. Non capisco… che cosa c’entra LUI con questa storia? Perché sta interferendo tra me e Celine? E soprattutto…. Perché Celine è con lui??

Troppi, troppi interrogativi stanno frullando tutti assieme nella mia testa. Cerco di controbattere alla sua arroganza, ma per tutta risposta ricevuto una voltata di spalle e una “snobbata”, con tanto di giramento di coda finale.

-Abbiamo parlato fin troppo! Vieni, mia cara Celine, non credo che ti interessi parlare con un “Rocket”.- Celine, risvegliata dal suo torpore in cui è caduta, scuote la testa e mi guarda con un atteggiamento colpevole, quasi si sentisse in colpa nei miei confronti. Pikachu, al mio fianco, mi chiede che cosa sta succedendo, che non ci capisce più niente, e io lo zittisco gridando con rabbia, urlando con tutta l’aria che avevo nei miei polmoni, all’indirizzo del Pokémon che aveva osato snobbarmi.

-Proprio tu mi vieni a chiamare Rocket?! Ma ti sei visto allo specchio?! Rinneghi anche tu le tue origini? Ehi, sto parlando con te!!- Il Pokémon con il rubino rosso incastrato in fronte continua a sghignazzare, ma al mio grido “Tu sei un Rocket come me!” si ferma e, voltando leggermente la testa, mi osserva con occhi scintillanti.

-Non solo hai mentito di fronte a tutti, adesso accusi gli altri di avere parte in scenari che non appartengono loro? Dì piuttosto scusa!- Altri tuoni, altri fulmini, Pikachu inizia a battere i denti dal freddo, continua a lamentarsi che non ci capisce niente, che vuole spiegazioni, ma nessuno dei presenti risponde alle sue richieste. Io continuo a inveire contro il mio rivale e, ben presto, perdo le staffe al nuovo tentativo di noncuranza del Pokémon dal pelo bianco nei miei confronti.

-Tu che cosa c’entri in tutto questo? Sei venuto solo per vedermi soffrire, vero?- L’altro continua a sghignazzare, indefesso. La pioggia ci ha completamente inzuppati, ed è impossibile distinguere dove inizia la melma che sta sotto i nostri piedi dai nostri piedi.

-Dì piuttosto che sono venuto per migliorare la vita di una fanciulla! Vattene, Rocket, vattene dai tuoi compari, e sparisci da questa città.- Basta, basta, basta!!! Adesso è troppo! La grande faccia di bronzo di quel buffone merita una lezione.

Accecato dalla rabbia e dal desiderio di annientare il mio nemico, non do ascolto alle grida di Pikachu, che mi ordinano di fermarmi, così come aveva fatto nella stessa giornata, per impedirmi di farmi vedere da Jessie e James. Ma nel bosco c’era Celine in pericolo, e mi sono battuto per lei. E anche adesso mi batto per Celine, per dimostrarle il mio amore nei suoi confronti.

-FERMATI!- E, incurante della sabbia pesante, del fianco che reclama pietà, dalle urla di Pikachu e di Celine stessa, mi lancio con rabbia, artigli scattanti in ogni dito delle mie zampe, sulla carne del mio rivale. Ma egli, più veloce e più rapido di me, si volta all’improvviso e con una sonora zampata mi butta di lato, diversi metri più a sinistra, quasi vicino alla riva.

Cado pesantemente in terra, gli artigli che sono affondati sulla guancia destra, una fitta di dolore mi prende dalla punta dei baffi fino alle zampe posteriori.

-Fermatevi, per carità, fermatevi!- Adesso è la voce accorata di Celine che ci chiede di fermarci. Il mio rivale, scuotendo la testa, si volta nuovamente, dando le spalle sia a me che Pikachu, il quale si avvicina preoccupato verso di me e mi aiuta a rialzarmi, tenendomi per un braccio sulle sue spalle.

-Hai fatto abbastanza danni, Meowth. Dammi retta, un Rocket deve stare lontano da Celine… lei deve stare con me. Hai capito?- Le parole del mio rivale si perdono nella pioggia, non riesco neanche a vedere Celine che si volta verso di me, con il suo sguardo enigmatico, e che si allontana lentamente dalla spiaggia. Non sento neppure le parole di Pikachu, il suo biascicare incomprensibile al mio orecchio, tutto quello che sento prima di vedere tutto nero sono i tuoni e le onde del mare che si infrangono sugli scogli del promontorio.

   
 
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