Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
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Autore: edoardo811    01/07/2017    2 recensioni
Un lungo viaggio da fare, un ignoto passato completamente da scoprire, un intero mondo da salvare.
La vita di Rachel è caduta a pezzi di fronte ai suoi stessi occhi, prima che lei potesse anche solo rendersene conto. Ma dietro ad una ragazza abbandonata, tradita, distrutta, si cela in realtà ciò che probabilmente è l’unica speranza di salvezza dell’intero genere umano. Perché lei non è una ragazza come le altre: lei è una conduit. Un demone, agli occhi dei più, un’eroina agli occhi dei meno.
In compagnia dei suoi nuovi amici, la giovane sarà costretta a dover agire al più presto, in una vera e propria corsa contro il tempo, prima che tutto ciò che con tanta fatica e sacrifici è riuscita a riconquistare venga spazzato via ancora una volta.
Ma essere dei conduit non è facile e lei, nonostante abbia raggiunto una consapevolezza del tutto nuova di sé, presto sarà costretta a scoprirlo.
Perché per raggiungere il controllo ci vuole tempo, tenacia, dedizione.
Per perderlo, invece, basta un attimo.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Sorpresa
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 4: PUNTO DI SVOLTA

 

 

Per la prima volta da quando quel cruento scontro era iniziato, Robin parve sembrare sinceramente sorpreso, perfino incapace di pensare a quale mossa fare. Per Rachel, invece, nonostante i diversi istanti trascorsi, tutto quello sembrava ancora irreale. Prima Richard, ora Tara, entrambi una volta privati dei loro poteri, adesso, invece, tramutati nelle loro controparti conduit dinnanzi a lei. L’unica differenza era che nessun bagliore rosso proveniva dal corpo della Markov, il che, forse, era positivo. Forse.

Quella che però sembrava più sconvolta da tutto quello, era proprio la ragazza bionda. Dopo essere rimasta paralizzata ad osservare la costruzione di pietra con la quale aveva salvato Amalia, spostò lo sguardo sulle proprie mani, per poi gridare spaventata, forse realizzando solo in quel momento cosa fosse appena accaduto. Per Rachel non fu facile biasimarla per quel motivo, anzi, era più che giustificata. Quel lato che la Markov aveva sperato di dimenticare, quello che sicuramente l’aveva terrorizzata a morte e che l’aveva spinta a compiere azioni orribili, fino ad addirittura desiderare di morire, era riemerso. Come, tuttavia, proprio come con Richard, era impossibile saperlo. L’unica cosa che Rachel sapeva per certo, però, era che Robin si era distratto; e che quella era la sua occasione.

L’energia oscura iniziò ad avvolgerle il corpo, mentre il Mietitore si voltava lentamente verso la rinata conduit della terra. I due si osservarono e Tara cercò di strisciare via da lui, osservandolo terrorizzata. Anche se aveva appena riottenuto i suoi poteri, era evidente che non avesse la più pallida idea di che cosa fare. Diverse fitte assalirono nel frattempo il corpo di Rachel, la quale era ancora molto dolorante dopo la batosta subita poco prima, ma la corvina non si sarebbe fermata, non in quel momento. La figura del rapace nero prese forma attorno a lei, dopodiché, senza perdere un solo istante, si fiondò sul suo bersaglio ancora troppo concentrato su Terra per accorgersi di lei.

Il breve tragitto aereo che percorse fu una delle cose più difficili e dolorose che la ragazza ebbe mai avuto la sventura di fare, ma il peggio doveva ancora venire; si schiantò contro Richard, strappandogli un urlo di dolore, ed entrambi ruzzolarono a terra. Rachel cancellò l’energia nera che la avvolgeva e si ritrovò seduta a cavalcioni sopra il corpo di Robin. Senza perdere un solo istante piantò il palmo della mano sul petto del Mietitore ed usò i suoi poteri per cancellare quelli di lui, come già una volta aveva fatto con Dominick. Non appena le sue dita entrarono in contatto con il corpo del ragazzo e l’energia oscura iniziò a sprigionarsi da esse, la conduit percepì come una fortissima scossa elettrica percorrerla dalle piante dei piedi alla cima dei capelli, strappandole un urlo di dolore quasi disumano. Sentì il proprio sangue iniziare a ribollirle in corpo, letteralmente: fu quasi come se le avessero appena fatto un’iniezione di veleno dritta nelle vene. Mai le era successa una cosa simile, prima di allora. Con Dominick non aveva provato tutto quel dolore, tantomeno con Deathstroke o Hank.

Poi Rachel vide l’energia rossa di Richard sprigionarsi dal suo corpo, avvolgendolo quasi come una calza protettiva. A quel punto la corvina realizzò che, qualunque cosa fosse, stava proteggendo il Mietitore. La stava respingendo, letteralmente. Robin alzò lentamente il capo, per poi scrutarla con quei suoi occhi scarlatti, ringhiando furibondo. Il dolore divenne insostenibile, Corvina urlò ancora più forte, ma non poteva fermarsi; se non fosse nemmeno riuscita a cancellargli i poteri, allora non avrebbe più avuto nessuna idea su come poterlo fermare.

L’energia nera e quella rossa iniziarono a mischiarsi assieme, entrambe cercando di avere l’una la supremazia sull’altra, ma più il tempo passava, più sembrava che la seconda potesse avere realmente la meglio. Cominciò ad avvolgere la mano della ragazza, per poi iniziare lentamente a salire verso di lei, percorrendole il braccio ed annientando ogni traccia della sua energia oscura. Oltre al dolore, Rachel iniziò a provare paura. Qualunque cosa stesse succedendo, non prometteva bene.

Corvina cominciò seriamente a temere il peggio. Chiuse gli occhi, ormai incapace di sostenere il dolore ed ormai senza voce per via di quell’urlo straziante di poco prima. Sentì una lacrima rigarle la guancia e domandò scusa in silenzio a tutte quelle persone che aveva deluso dopo quel combattimento così penoso.

«RACHEL!»

Quel grido le fece riaprire di scatto gli occhi. Vide Rosso correre verso di lei, questa volta brandendo tra le mani il fucile di Amalia. «RESISTI!»

Osservare il proprio partner correre in suo aiuto infuse nel corpo di Rachel una nuova ondata di coraggio. Il dolore per un attimo cessò, lasciando spazio ad una molto più gradevole sensazione di calore dentro al suo petto. Il moro li raggiunse, per poi colpire con violenza la tempia di Richard con il calcio dell’arma. Il Mietitore grugnì di dolore e chinò il capo. L’energia rossa parve avere un attimo di cedimento, e la corvina colse la palla al balzo: con le poche forze che ormai le rimanevano, diede il tutto per tutto ed infuse quanto più potere possibile nella sua mano, dove l’energia nera prese di nuovo forma, questa volta, però, scacciando via quella scarlatta.

Robin fece un verso e cercò di rialzare la testa, per poi spalancare gli occhi alla vista della sua aura vermiglia venire poco per volta spazzata via da quella oscura di Rachel. Fece un verso dapprima sorpreso, poi, poco per volta, sempre più spaventato. Cercò di dimenarsi per sfuggire dal potere di Rachel, ma Rosso non parve gradire quel suo gesto.

«A nanna!» esclamò, sferrandogli un’altra legnata e permettendo a Rachel di avere l’ultima parola. L’oscurità avvolse completamente il corpo di Richard, il quale ormai, impotente, non poté che assistere alla sua stessa fine.

Rachel gridò nuovamente, questa volta per lo sforzo, dopodiché la sua vita si appannò all’improvviso, mentre una fortissima fitta di dolore la trafisse alle tempie. Tutto si oscurò di colpo, attorno a lei, ma nonostante questo, continuò comunque a percepire la sua mano posata sul petto del Mietitore e l’energia nera che continuava a fuoriuscire e a sfrigolare impazzita. E dopo diversi istanti, provò anche qualcos’altro. Qualcosa che mai aveva provato prima di allora. Il nero avvolse ogni cosa, fino a quando lei non venne estraniata completamente dal mondo. E qui, tutto iniziò.

 

***

 

Dolore. L’unica cosa che riusciva a sentire in quel momento. Solamente quello. Una lenta, straziante agonia, che gli attanagliava il petto, la mente, il suo intero corpo.

Tutto era svanito. Tutto quanto, di fronte a lui. Prima era in quel museo, accanto a loro, accanto a lei, alla sua ragione di esistere, l’amore della sua vita. E poi anche lei era stata cancellata, annientata, assieme a tutto il resto.

Quel cratere, quel maledetto cratere in cui si era risvegliato, era l’unica cosa rimasta dopo quanto accaduto. La profonda cicatrice che quell’esplosione aveva lasciato al Centro Storico. Trovare una qualsiasi forma di vita, al suo interno, sarebbe stato impossibile. Non c’era più niente, niente di niente, solo macerie, detriti, polvere e cenere.

L’avevano ridotta in polvere. Lei, il suo sole, la sua vita, ciò che gli donava il sorriso ogni mattino, ogni pomeriggio ed ogni sera, era stata disintegrata. Non l’avrebbe mai più rivista, non avrebbe mai più rivisto il suo sorriso, il suo volto, udito la sua risata, non avrebbe mai più sentito il suo respiro caldo sul suo volto, il tepore dei suoi baci, quei suoi gemiti che si sperdevano nelle notti trascorse avvolti sotto a delle lenzuola stropicciate.

Era andata. Per sempre. Tutto quanto era appena finito, esattamente di fronte ai suoi occhi, senza che potesse fare nulla.

Ed ora era lì, in mezzo a quella landa desolata, da solo, senza più nulla. Un semplice istante era bastato per spazzare via ogni cosa. I suoi amici, l’amore della sua vita, la sua vita stessa e, soprattutto, ogni sua certezza. Le sue mani si erano poi avvolte di quell’energia blu. Quell’energia che in un primo momento l’aveva terrorizzato a morte, ma che, successivamente, sarebbe stata la chiave: la chiave della sua rinascita.

Dopo aver lasciato quel luogo devastato aveva lasciato che i giorni trascorressero, tra i fiumi di lacrime che aveva versato per la morte di Kori e il dolore lancinante al petto che non sembrava volerlo abbandonare per nulla al mondo. Poi, la verità, o presunta tale, era saltata fuori: un attacco terroristico.

Perché? Perché avevano fatto una cosa del genere? Perché avevano distrutto quel quartiere? Non sapevano che c’erano delle persone, lì? Certo che lo sapevano. Era proprio quello il motivo per cui lo avevano fatto. Erano terroristi, del resto. E proprio per questo, lui non li avrebbe mai perdonati. Mai, mai, mai e poi mai.

La città cadeva a pezzi. I Mietitori stavano sorgendo. Lui aveva dei poteri che non si spiegava. Avrebbe potuto fermarli, ma non l’aveva fatto. No, non avrebbe mai fatto nulla per perdere quell’occasione: l’occasione di rinascere dalle proprie ceneri, di abbattere quella barriera che ancora lo teneva inchiodato al passato e gli impediva di superare il dolore. D’altronde, tutto quello che aveva paura di perdere, ormai già lo aveva perso. Non aveva più alcun motivo di restarsene con le mani in mano. Si era unito a loro, aveva subito salito la scala gerarchica e si era ritrovato di fronte lei: Sasha. E lei gli aveva promesso esattamente quello che cercava: potere. Aveva bisogno di tutto il potere possibile per poter trovare coloro che avevano ammazzato la sua Kori. In cambio doveva solamente svolgere qualche lavoro per lei. Nulla di così complicato.

Aveva scoperto che esistevano altre persone come lui. Altri sopravvissuti all’esplosione, altra gente con i poteri. Conduit, così li chiamavano. Da dove diavolo era uscito quel nome? Non aveva importanza. Se era con quell’appellativo che volevano indicare coloro che avevano capacità sovrumane, a lui stava bene.

Empire City stava morendo, lentamente, sotto ai suoi occhi, ma a lui non importava. Non poteva fare più niente, ormai, per salvarla. Se la vita aveva deciso di togliere loro tutto quanto come stava accadendo in quel momento, lui era impotente. Completamente. Non aveva potuto fare nulla per salvare Kori, pertanto avrebbe continuato a non farlo. Non avrebbe fatto come Rachel, o quell’idiota vestito di nero. Loro credevano davvero che avrebbero potuto cambiare le cose, combattendo contro i Mietitori. Poveri illusi. La città era spacciata, ormai. Nulla, nulla poteva salvarla. Ma d’altronde, questa era una cosa che a lui non interessava. Il suo unico scopo era vendicare Kori.

Il veleno di Sasha continuava a bruciare la sua pelle. Il suo aspetto peggiorava sempre di più, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. Ormai a stento riusciva a riconoscersi. Presto, lo sapeva, avrebbe perso il controllo e sarebbe diventato un servo di quella donna per il resto della vita. Ma non era intenzionato ad arrendersi facilmente, non ancora, almeno. Avrebbe vendicato Kori, fosse stata l’ultima cosa che faceva in quella sua miserabile vita.

Tuttavia, scoprì ben presto a sue spese che il tempo era forse l’unica cosa in grado di essere più potente della vita stessa: man mano che i giorni, le settimane e i mesi passavano, la parte di lui che ancora era rimasta razionale continuava a dirgli che tutto quello altro non era che una perdita di tempo. Non avrebbe mai trovato i veri responsabili della morte di Kori, non restando ad Empire City, non con il veleno di Sasha che poco per volta si prendeva possesso di lui. Più andava avanti, più ragionare gli veniva difficile, più faticava ad agire per conto proprio. Era una lotta interiore, la sua. Una lunga e stremante guerra di logoramento che alla fine non avrebbe avuto nessun vincitore.

Non aveva più alcun senso resistere. Kori era morta, ormai, non sarebbe più tornata indietro. E nemmeno lui ormai poteva più farlo. Ormai, Sasha si era impossessato di lui. Il veleno stava facendo il suo effetto. Decise quindi di lasciarsi infine soggiogare. Ed era... bello. Finalmente era riuscito a dimenticare le sue emozioni, il suo dolore, la sua sofferenza. Era... libero. Libero da ogni suo fardello. Non aveva più bisogno di vendicare nessuno, non aveva più bisogno di compiere alcun gesto ai limiti della follia. Non aveva più bisogno... di vivere nel passato.

Aveva voltato pagina, finalmente. Richard era morto. E Robin era nato, ergendosi finalmente sulle ceneri del suo vecchio sé stesso, vittorioso.

E Robin, aveva un destino da adempiere. I Mietitori sarebbero finalmente sorti e lui, dopo la morte di Sasha, avrebbe preso il comando. Nessuno, nessuno, sarebbe più riuscito ad arrestare la loro ascesa.

Il mondo ed i suoi sciocchi abitanti avrebbero fatto bene a prepararsi: i Mietitori stavano arrivando.

 

***

 

Rachel riaprì gli occhi all’improvviso, boccheggiando e venendo subito accecata dalla luce del giorno. Si ritrovò a terra per l’ennesima volta, con la testa che girava, il cuore che batteva all’impazzata e la sensazione di star fluttuando per aria. Sentiva i propri muscoli ancora contorcersi per lo sforzo immane di poco prima, la mano bruciare e il sapore metallico del sangue sulle proprie gengive. Decisamente, aveva avuto momenti migliori di quello. Ma almeno era viva, o meglio, era abbastanza sicura di esserlo.

Ogni dubbio svanì quando nel suo campo visivo apparve Lucas, parecchio sfocato, che la chiamò incerto: «Rachel?»

«S-Sì...?» mugugnò lei, al che il moro sorrise trionfale.

«Ben fatto» le disse, aiutandola a mettersi a sedere. La corvina si passò una mano sulla tempia, per lenire il dolore lancinante che non le lasciava tregua. Di fronte a lei, il corpo di Robin giaceva esanime. Il mietitore aveva gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. Corvina ripensò a ciò che era appena accaduto: era un qualcosa di completamente nuovo, di diverso, che mai prima di allora era successo. Era... era entrata nella testa di Richard? Non le sembrava vero, eppure... eppure le emozioni che aveva provato, la rabbia, l’odio, il rancore, la sensazione di impotenza percepita mentre il veleno prendeva il controllo del suo corpo... non potevano essere sue. Lei non aveva mai provato nulla del genere, non a livelli così estremi. Quelle... quelle erano le vere emozioni del Mietitore. Quando lui le aveva detto la verità aveva pensato di averlo compreso, ma dopo quanto successo, aveva realizzato che in realtà non aveva davvero capito che cosa avesse provato, nemmeno lontanamente.

Il suo petto si alzava e abbassava ancora, lentamente, segno che era ancora vivo anche se completante fuori combattimento, e segno inconfutabile del fatto che la corvina era riuscita nel suo intento. Lo aveva neutralizzato, e non solo. Aveva anche scoperto delle cose su di lui e su sé stessa. Sinceramente, non sapeva cosa pensare delle informazioni che aveva appena acquisito. Sapeva solo che ora comprendeva il Mietitore molto più di quanto non avesse mai fatto.

Se non altro, almeno, finalmente era tutto finito. E non ce l’avrebbe mai fatta senza una certa persona. La giovane si voltò verso il suo partner e ricambiò il sorriso. Non disse nulla, si limitò a stringerlo in un forte abbraccio, che probabilmente sorprese più lei che lo stesso Rosso.

«Grazie Lucas...» mormorò, appoggiando il mento sulla sua spalla. «Non ce l’avrei mai fatta senza di te.»

«Figurati» replicò lui, accarezzandole dolcemente la schiena. «Siamo una squadra, no?»

Rachel si separò da lui, per poi osservarlo dritto in faccia ed accarezzargli una guancia e sorridere teneramente. «E non solo quello.»

Rosso ricambiò il sorriso e posò una mano su quella di Rachel, per poi stringerla con forza. Tuttavia, un verso proveniente dalle loro spalle costrinse entrambi a voltarsi. Corvina vide Amalia cominciare a rialzarsi lentamente, mugugnando infastidita e strofinandosi la testa. «Mhh... ma che cavolo è successo?»

Una sensazione di sollievo avvolse la conduit, felice di vedere la propria amica sana e salva, ma in quello stesso momento, tuttavia, si ricordò come lei si fosse salvata. O meglio, chi lo aveva fatto. Sgranò gli occhi, per poi voltarsi verso di Tara, della quale si era totalmente dimenticata nella foga del momento.

La bionda tremava come una foglia, aveva lo sguardo fisso sulle proprie mani e continuava ad emettere versi sconnessi, simili a dei guaiti.

«Ma cosa...» sussurrò Lucas, spalancando gli occhi a sua volta. «Tara?»

Terra drizzò il capo di colpo, verso di loro, per poi fare un verso più forte, questa volta spaventato. Strisciò ancora all’indietro, cercando di allontanarsi pure da loro. Rachel porse una mano verso di lei. «Tara, aspetta!»

Con quel gesto, tuttavia, parve allarmarla perfino di più, perché questa gridò di nuovo, questa volta anche più forte. In reazione a ciò, un cuneo di roccia spuntò all’improvviso dal terreno, di fronte ai due ragazzi. Rachel e Lucas sobbalzarono, mentre Terra parve dare ancora di più di matto. Altre stalagmiti apparvero dal nulla, circondando i due partner, mentre la neo conduit continuava a fare versi sempre più disperati con quella sua voce gutturale e disumana. Si premette poi le mani sulle tempie ed abbassò il capo, gridando con quanto fiato avesse in corpo, non facendo altro che peggiorare la situazione.

«Tara, devi calmarti!» urlò Rachel, un attimo dopo che uno di quei cunei per poco non la affettò in due.

«Tara...» sussurrò Rosso, osservandola sbigottito. «No... anche tu no...» Il ragazzo si voltò verso di Rachel, porgendole una mano. «Forza, dobbiamo spostarci da qui o ci restiamo secchi!»

«Ma non possiamo lasciarla lì!» protestò la ragazza indicando la foresta di stalagmiti che si stava sollevando tra loro e la Markov, invadendo tutta quella parte di autostrada. Perfino Richard era scomparso dalla visuale, e la conduit delle tenebre in cuor suo si augurò che non fosse finito affettato.

«Nemmeno io voglio farlo, ma non abbiamo scelta!»

Rachel si arrovellò per trovare una soluzione, anche se alla fine la più semplice era proprio sotto ai suoi occhi. «Potrei cancellare i poteri anche a lei!»

«E come? Sei sfinita! A stento ti reggi in piedi!» Rosso aveva ragione, e lei lo sapeva, ma odiava non poter fare nulla per aiutare un’amica in difficoltà. Già con Amalia era successo e se non fosse stato per la stessa Tara la mora sarebbe finita morta stecchita. Ripensando a Komi, Rachel spalancò le palpebre. Ma non poté nemmeno chiedersi dove fosse finita perché questa sbucò dal nulla tra le stalagmiti, gridando il nome della Markov: «Tara!»

Lucas e Rachel videro la mora correre tra gli spuntoni di rocca, schivandone agilmente uno dietro l’altro ed infilandosi in tutti gli spazi che riusciva a trovare pur di raggiungere al più presto l’amica. Al suono della sua voce, i versi della neo conduit si placarono per un istante. Per un momento gli spuntoni smisero di comparire e la ragazza ne approfittò per riuscire a raggiungere la Markov. Ma non appena si fu sufficientemente avvicinata, la ragazza bionda ricominciò di nuovo a sbraitare ed indietreggiò ancora, spaventata. Un’altra stalagmite apparve dal terreno, esattamente sotto a Komi. La mora sgranò gli occhi sorpresa, cercò di saltare per evitarla ma fu troppo lenta e venne trafitta ad una gamba. Komand’r gridò di dolore e stramazzò a terra, proprio di fronte alla conduit della terra, tenendosi l’arto martoriato e gemendo.

Corvina si mise una mano di fronte al volto, inorridita, e anche Lucas si fece scappare un gemito spaventato.

«T-Tara...» gemette ancora Komi, con la voce rotta dal pianto, ora tenendosi una mano su una gamba e cercando di strisciare verso di lei. «Ti... ti prego...»

«Si farà ammazzare!» esclamò Rosso, per poi voltarsi verso di Rachel. «Resta qui, provo a...»

«Lucas...» lo interruppe lei, con il fiato mozzato, indicandogli le due ragazze. «Guarda...»

Per l’ennesima volta in quella mattinata infernale, Rachel non credette ai suoi occhi. E, allo stesso tempo, sapeva di aver già visto una scena simile a quella. Tara aveva smesso all’improvviso di scappare e di guaire, per rimanere immobile ad osservare Komi, con i suoi occhioni gialli e l’espressione ancora sofferente e spaventata, questa volta, però, anche sorpresa. Di fronte a lei, Komand’r si teneva sui gomiti e la osservava dal canto suo implorante. «T-Tara... va... va tutto bene adesso... ti prego, calmati...»

La mora la raggiunse, poi si drizzò lentamente, gemendo per lo sforzo, e si inginocchiò di fronte a lei, per poi prenderle le mani. «Sono io... sono io, Komi... non voglio farti del male. Non potrei mai fartene. Hai capito?»

Terra la osservò ancora per un momento, con quel suo volto completamente ricoperto da scaglie di pietra, poi, con enorme stupore di Rachel, annuì lentamente. Le stalagmiti cominciarono poco per volta a ritirarsi una dietro l’altra, mentre la neo conduit serrò occhi e mascella, stringendo con forza la presa attorno alle mani di Komi.

«K-Komi...» sussurrò infine, anche lei con voce prossima al pianto. Non c’era più traccia del timbro gutturale di poco prima nel suo tono. E quando riaprì gli occhi, ormai tornati normali, tutti poterono tirare un sospiro di sollievo. Le scaglie di roccia cominciarono a sparire dal corpo della ragazza bionda, fino a quando la sua pelle pallida non riapparve alla luce del sole. La strada ritornò normale, priva di stalagmiti, e anche il corpo di Richard fu di nuovo visibile, privo di ferite particolarmente gravi.

Il pianto di Tara fu l’unico suono che si udì. «Komi... la... la tua gamba...» mormorò la bionda, affranta. «M-Mi dispiace, i-io non... non...»

«Non preoccuparti.» Amalia avvolse un braccio attorno alle spalle di Tara e la trascinò a sé, poggiando il capo contro la sua fronte. «Ho visto ciò che hai fatto. Mi hai salvato la vita. Il resto non conta.»

«Ma... ma stavo per... per...»

«Basta così, Tara. Non è stata colpa tua.»

«Sì invece...» mormorò la bionda, chinando il capo e distogliendo lo sguardo dall’amica. «Sono stata io a perdere il controllo, ho combinato un disastro... è... è solo che... i miei poteri... credevo di averli persi e invece... invece...»

Tara non terminò la frase. Scoppiò in lacrime e si fiondò sul petto della mora, allagandolo. «Oh, Komi! È stato terribile!»

«Lo so.» Amalia le si sedette accanto, tuttavia lasciando che continuasse a sfogarsi su di lei. La cinse per un fianco e la tirò con forza a sé, quasi come se temesse che potesse sparire da un momento all’altro, poi le accarezzò lentamente la schiena ed i capelli. «Lo so.»

Rimase in silenzio, lasciando che la ragazza bionda potesse sfogarsi in tutta tranquillità. Entrambe erano ancora ridotte piuttosto male, il sangue ancora ricopriva buona parte del volto di Komi, più la sua gamba, e anche Tara era ancora ricoperta da tagli e ferite di vario genere.

Rachel e Lucas si avvicinarono alle due ragazze, la prima aiutata a camminare dal secondo. Quando le raggiunsero, la Markov sollevò lo sguardo. «R-Rachel...» sussurrò, osservandola tremendamente angosciata. «Mi... mi dispiace...»

«Ehi.» Corvina si mise lentamente in ginocchio, di fronte a lei, per poi posarle una mano sulla spalla e cercare di sorriderle. «Non piangere. Stiamo tutti bene, no? L’importante è questo.»

Tara la guardò ancora per un istante, con gli occhi ancora zuppi di lacrime, poi si strofinò una manica di fronte ad essi per asciugarseli. Tirò su con il naso ed annuì, riacquistando un po’ di autocontrollo. «S-Sì, hai ragione...» Quando sembrò calmarsi definitivamente, abbozzò un piccolo sorriso ed abbracciò sia lei che Komi, strappando un verso sorpreso ad entrambe.

«Grazie ragazze... davvero, grazie.»

«F-Figurati...» biascicò Amalia, più rossa di un pomodoro. «Io... io ci sarò sempre per te.»

«E lo stesso vale per me» concluse Rachel.

Rimasero strette ancora per un breve istante, durante il quale Rachel poté percepire ogni nervo ancora teso dagli avvenimenti precedenti sciogliersi lentamente, fino a quando anche lei riuscì a capacitarsi del fatto che davvero fosse tutto finito. Lo scontro appena avuto era stato probabilmente uno dei più duri a cui lei si fosse mai sottoposta. Forse perfino più duro di quello con Dominick. Per non parlare poi di quello che era successo con Terra. Se l’erano vista parecchio brutta, questa volta. Fortunatamente, però, tutto era andato per il meglio. Anche se Rachel avrebbe fatto meglio a non abbassare mai più la guardia come aveva fatto in quelle ultime ore, o non se la sarebbe cavata di nuovo in quel modo se si fossero ripresentate situazioni del genere.

Una volta che si furono separate dall’abbraccio, le tre ragazze si rimisero in piedi, con Komi che venne aiutata da Tara per via della sua gamba ferita.

«Ehi, Roth. Intendi fare qualcosa per questa?» domandò la mora alla corvina, indicandosi la ferita che le impediva di camminare correttamente.

«Appena mi sarò ripresa» promise Rachel, la quale solo in quel momento si rese conto di avere ancora un po’ di fiatone.

Tara, nel frattempo, si gettò addosso a Lucas, il quale era rimasto in disparte fino a quel momento, per stringere anche lui in un abbraccio. «Non credere che mi sia dimenticata di te!» esclamò, stringendo saldamente le braccia attorno alle sue spalle, talmente forte da sollevarsi perfino da terra di un paio di centimetri.

Rosso abbozzò un sorriso, ricambiando la stretta. «Sta tranquilla, so che non lo faresti mai.»

A Rachel scappò un altro sorriso osservandoli. Un tempo, molto probabilmente, una scena del genere l’avrebbe fatta esplodere di gelosia, ma in quella circostanza non avrebbe mai potuto farlo. Sapeva che Lucas era affezionato a Tara, come lei lo era a lui, ma sapeva anche che lei, per lui, era più come una sorella minore. E comunque, a sembrare un vulcano pronto ad eruttare dalla gelosia c’era già Amalia, che osservava Lucas quasi come se volesse strangolarlo. Quando poi i due ragazzi si separarono, il moro tornò ben presto a farsi serio.

«Adesso però abbiamo un’altra faccenda di cui occuparci» sentenziò, puntando l’indice verso il corpo ancora privo di sensi di Richard.

«Giusto» sbottò Komi, per poi voltarsi verso di Rachel. «Com’è che non ci avevi mai detto che questo idiota fosse sopravvissuto all’esplosione?»

Rachel provò una fitta di dolore al petto, ripensando al perché di quella sua decisione. «Perché con lui credevo di aver tagliato ogni rapporto.» Ed era vero. Anzi, a dirla tutta, credeva di averlo fatto in ben tre occasioni diverse. La prima subito dopo che lui e Kori si erano fidanzati; la seconda ad Empire City, dopo che le aveva esplicitamente detto di non provare nulla per lei; la terza, infine, a Sub City, dove lui stesso le aveva chiesto di dimenticarla. E ora, invece, era di nuovo lì. Era quasi come se ci fosse una qualche legge universale che impediva categoricamente a loro due di separarsi per più di un certo lasso di tempo.

Strinse i pugni, ripensando a tutto ciò che lui le aveva inferto. Tuttavia, non appena si accorse del silenzio sceso dopo quella sua risposta, si guardò attorno perplessa, per poi notare gli sguardi che le altre due ragazze stavano rivolgendo lei. Sguardi che conosceva molto bene. Sguardi che aveva già visto, sui volti dei suoi vecchi amici. Sguardi di commiserazione. Solo in quel momento si rese conto che, forse, aveva usato un tono di voce un po’ troppo esplicito.

«Ok, ok, direi che può bastare» si intromise Lucas, riportando l’attenzione su di sé, gesto di cui Rachel fu grata. «Dobbiamo decidere cosa fare di lui, non di sapere la storia della sua vita.»

«Come ha fatto a riavere i poteri?» domandò Tara, per poi aggiungere, a bassa voce. «Come ho fatto io, a riaverli...»

«Non è ovvio?» domandò Rosso, con naturalezza. Rachel sollevò un sopracciglio di fronte a quella sua reazione. Anche la ragazza bionda lo guardò carica di aspettativa. «Ve li ha cancellati la stessa persona, ossia Dominick.»

Non appena disse quella frase, la corvina spalancò gli occhi. «Ma certo!» esclamò, felice di avere finalmente ottenuto una risposta. «Dominick non era davvero in grado di usare i miei poteri» cominciò a dire, mentre ripensava a tutto ciò che era successo in quel cantiere e nella sua mente, quando i suoi poteri si erano manifestati a lei sotto l’aspetto di sua madre Arella. «Per questo, credo che non sia mai davvero stato in grado di cancellare poteri. Non in maniera permanente, almeno.»

Lucas annuì. «Già. È probabile che li abbia solamente fatti assopire per un po’.»

Ma questo non spiega l’energia rossa che avvolgeva Richard, pensò ancora Rachel, mordicchiandosi l’interno della guancia. Dubitava che Dominick potesse in qualche modo essere collegato ad essa, anche perché se così fosse stato, allora anche Tara in teoria avrebbe dovuto avere qualcosa di simile. Invece la Terra che avevano appena rivisto non era affatto diversa da quella che avevano conosciuto la prima volta. Robin, invece, sembrava tutto un altro conduit. Per non parlare poi di come quella medesima energia scarlatta lo aveva protetto dai poteri della stessa Rachel. Se non fosse stato per Lucas, probabilmente la ragazza non sarebbe mai riuscita a neutralizzare il Mietitore una volta per tutte.

Pertanto, anche se forse sapevano come avesse fatto a riavere i poteri, Rachel non aveva comunque idea di che cosa gli fosse successo in quei giorni di preciso, né aveva idea di come avesse fatto a trovarli, tantomeno perché lui fosse così infuriato con lei. Ma era intenzionata a scoprirlo. E sapeva anche come: con il potere che aveva appena scoperto di possedere.

«So io cosa fare con lui» esordì.

«Che cosa?» interrogò Rosso.

Rachel si voltò verso di lui. Sapeva che quell’idea non gli sarebbe affatto piaciuta, ma era l’unica cosa sensata da fare. «Portiamolo con noi.»

   
 
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