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Autore: Calya_16    01/07/2017    3 recensioni
Cosa succederebbe se Carol perdesse la memoria? Cosa farebbe Daryl? Ambientata durante la seconda parte della quinta stagione
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni passarono e le cose procedevano bene: Rick e Michonne erano stati nominati sceriffi, gli altri si stavano integrando, tra cui Carol: era entrata nelle grazie del circolo delle casalinghe e in poco tempo era stata eletta a regina dei consigli culinari. L’unico che era fuori posto era Daryl: passava le sue giornate nei boschi, a caccia, e le notti sotto al portico della casa del gruppo.
Dopo la notte passata con Carol, non si era più concesso il privilegio del materasso; stava all’erta, pronto a scattare se mai lei avesse avuto bisogno, ma a distanza. Alla sera e alla mattina stavano insieme, lei lo aspettava sempre per mangiare: erano gli unici momenti in cui lui si sentisse bene, nuovamente accettato.
“Rick, dovrò stare fuori una notte: ho visto un cervo, un po’ distante da qui, e non so quanto vi metterò per prenderlo” Daryl comunicò la cosa allo sceriffo poco prima di uscire dalla safe zone, di mattina presto.
“Va bene. Parti subito o lo dici tu a Carol?”
“Fallo tu. Mi direbbe di stare attento e mi guarderebbe con timore, non come…”
‘Prima’.
Quella parola risuonò silenziosa tra i due uomini. Rick capì bene: Carol stava bene ad Alexandria, era quella che si era adattata ed integrata meglio di tutti, e quando loro uscivano li guardava come se avesse paura di non vederli tornare, quasi degli incoscienti ad uscire nell’altro mondo.
 
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“Una notte là fuori?”
Carol cercò di mantenere la voce calma alla notizia, ma dentro tremava.
“Tornerà domani, non preoccuparti”
“Perché non me l’ha detto lui?”
“L’ha deciso all’ultimo, e poi l’avresti lasciato partire?” Rick fissò Carol, che abbassò lo sguardo.
“Mi sento inutile: cosa ci faccio ancora qua? Ho delle immagini di cose che forse sono successe, ma mi sembra di vivere in una bolla… e di ostacolarvi”
A quelle parole, a Rick si strinse il cuore. Abbracciò Carol.
“Non ci ostacoli, e qui puoi prenderti tutto il tempo che ti serve per ricordare”
Carol ricambiò l’abbraccio, e capì che Rick non le stava mentendo. Sentì un gran affetto per lui, e comprese – anche se non bene – che li legava una grande amicizia.
“Siamo tutti qui, e ti vogliamo bene. Daryl tornerà sano e salvo”
 
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Sano e salvo, ecco le parole che Carol si ripeté per due giorni.
La prima sera senza Daryl le fece uno strano effetto: si sentiva sola, come se una parte di lei fosse lontana. Le mancavano i loro silenzi, i quali non erano molo diversi da un silenzio normale, solo erano insieme, vicini, e tanto bastava.
Le parve persino di sentire la sua voce: si girò, un sorriso in volto, solo per poi scoprire che un loro vicino aveva la voce simile a quella dell’arciere. Il sorriso, da prima dolce e sorpreso, divenne malinconico: rimase alla finestra ad ascoltare l’altro parlare, gli occhi chiusi ed il volto di Daryl in mente.
Il secondo giorno passò, e lei alla sera rimase sotto al portico ad attenderlo, sperando di vedere i cancelli aprirsi.
La notte scese e lei si addormentò, ma quando venne svegliata da Michonne capì che lui non era ancora tornato: un po’ di panico iniziò ad insinuarsi in lei.
“Carol andiamo a dormire dentro, domani mattina avrai male al collo altrimenti” Michonne le porse la mano e l’aiutò ad alzarsi.
“Non è tornato, vero?” Carol voleva sentirselo dire, aveva bisogno di sapere.
“No. Però non ti preoccupare, molto probabilmente domani mattina lo troveremo qua in una strana posa” cercò di farla sorridere, ma lei non rispose.
Si coricò e provò a dormire, con molta fatica. I suoi sogni erano agitati, vedeva Daryl che tornava solo per poi ripartire, oppure vedeva in giro solo la sua balestra senza però trovarlo da nessuna parte.
Finalmente il sole fece capolino nella camera e si svegliò: corse giù per le scale, i capelli al vento e i vestiti stropicciati poiché non si era cambiata. Spalancò al porta e fissò il portico, percorrendolo più volte con lo sguardo: nessuno.
‘Gli è successo qualcosa. Lui torna sempre’.
Panico. Prima lento, una leggera consapevolezza, poi prepotente, come una marea improvvisa.
‘Devo fare qualcosa. Rick e gli altri lo sapranno già, e forse si organizzeranno per uscire a cercarlo’ con quel pensiero in mente si mise a cercare i due sceriffi.
“Lui tornerà. Non preoccuparti, ma ti prometto che se domani mattina non sarà qua usciremo” Rick cercò di mantenere la voce ferma, non far capire che anche lui era un po’ preoccupato. Ma conosceva bene Daryl e sapeva quali erano le sue capacità.
“Se ce l’ha fatta a tornare con la bambola di Sophia questa sarà una passeggiata”
Si pentì però subito di quelle parole, vedendo Carol incassare il colpo, quasi come se fosse tutta colpa sua.
Le mise una mano sulla spalla e le parlò con dolcezza “Carol, cerca di non preoccuparti troppo. Non ti ricordi com’è lui fuori, ma ti assicuro che non c’è da preoccuparsi. Se vuoi tenerti impegnata, puoi passare la giornata con Judith, così vediamo se Carl riesce a socializzare un po’ “.
Lei annuì, e in effetti quando iniziò a cullare e parlare e giocare con Judith tutto le sembrò più leggero: i pensieri scorrevano ma con meno pressione di prima. Adorava quella bambina, e si sentiva in dovere di proteggerla e renderla felice: sapeva che non era sua figlia, eppure a volte ci rivedeva Sophia. Era il suo modo per rendere omaggio alla sua memoria.
 
          °°°°°°°°°°
 
Il cervo era sulle sue spalle, e non pesava poco. Daryl stava cercando di trascinarlo fuori dalla fitta boscaglia in cui finalmente era riuscito a catturarlo.
Non aveva incontrato particolari ostacoli lungo il cammino: qualche zombie qua e là, ma niente di cui preoccuparsi.
Aveva passato al prima notte fuori, e solo all’alba aveva visto il cervo, lo aveva inseguito e infine ucciso. L’animale era in ottima salute, e non aveva neanche danneggiato il mantello: avrebbero potuto ricavarci qualcosa per l’inverno.
Lui era bravo a sfruttare ogni cosa gli capitasse sotto mano, e si sentì contento a quel pensiero, utile.
Con queste cose in testa, non si accorse di non aver sollevato abbastanza in piede, il quale rimase impigliato in una radice. Con il peso del cervo sulle spalle cadde a terra, slogandosi la caviglia.
Imprecò, il piede in una strana posizione e lui a pancia a terra, mezzo schiacciato dall’animale morto. Iniziò a spingerlo lontano da lui e poi, tra un gemito di dolore e l’altro, cercò di liberarsi. Il problema è che quella zona non era mai stata esplorata prima, e non tutti gli zombie uccisi.
Uno si avvicinò pericolosamente a Daryl, strisciando su quello che rimaneva delle sue gambe. L’arciere non era ancora riuscito ad alzarsi, aveva troppo male alla caviglia per riuscirci. Il braccio sinistro venne stretto, ma con una veloce mossa Daryl riuscì ad estrarre dalla cintura il pugnale e ad ucciderlo.
Riuscì a mettersi seduto, una gamba piegata e l’altra lungo distesa, mentre cercava di riprendere fiato e si guardava attorno: il secondo zombie si stava avvicinando e sembrava messo meglio del suo amico, questo riusciva ancora a stare in piedi.
Daryl puntò con la balestra e fece centro: il corpo cadde non lontano da lui, ma almeno adesso era al sicuro.
‘Ci metterò un giorno in più a tornare’ pensò, maledicendo quella radice e la sua caviglia.
‘Devo trovare un modo per portare via il cervo e me senza correre pericoli’.
Riuscì a tirarsi su e a partire, anche se con fatica. A sera riuscì a trovare rifugio in un capanno abbandonato, ma la caviglia si era gonfiata e sentiva strani rumori in giro.
Per la prima volta, sperò che qualcuno lo andasse a cercare. Non perché voleva essere salvato, ma perché voleva tornare da Carol, le aveva promesso di aiutarla, e non poteva farsi abbattere da una cosa così.
‘Se solo questo maledetto cervo camminasse da solo’ con questo semplice pensiero si addormentò.
   
 
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