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Autore: Urban BlackWolf    01/07/2017    3 recensioni
Michiru scorse mentalmente il titolo della prima pagina sentendosi improvvisamente le gambe molli. Ferma accanto a lei la giovane Usagi rilesse ad alta voce quello che appariva essere un epitaffio inquietante. “Consegnata la dichiarazione di guerra da parte del giovane Regno d'Italia.”
“Ecco perchè il nostro treno è stato soppresso.” Disse Ami stravolta. Lei era italiana ed ora si ritrovava ad essere nemica di alcune di loro.
“Michiru adesso cosa faremo? Dove andremo se non possiamo più varcare i confini?”
La più grande sospirò ripiegando il foglio dalla carta grigia accarezzandole poi una guancia. “Non lo so Usagi. Ma non possiamo fermarci qui, dobbiamo proseguire. Il mondo che conosciamo da oggi in poi non sarà più lo stesso.”
Legato ai racconti: "l'atto più grande" e "il viaggio di una sirena".
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Inner Senshi, Michiru/Milena, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Le trincee dei nostri cuori

 

Legato ai racconti:

L'atto più grande

Il viaggio di una sirena

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Ami Mizuno, Usagi Tsukino, Rei Hino, Makoto Kino, Mamoru Chiba e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

La crudeltà di un orgoglio ferito

 

 

 

Paese di Tilone - Passo del San Gottardo.

Svizzera centrale – 9/6/1915

 

Quando Giovanna riaprì finalmente gli occhi uscendo definitivamente dalla febbriciattola che l'aveva accompagnata per due giorni nonostante tutta la dedizione offertale dalla professionalità di Ami e dalla conoscenza officinale di Rei, si ritrovò in un ambiente sconosciuto, una stanza che non riconosceva ed un malessere fisico che non aveva mai provato. La gamba, anche se ormai pulita dall'infezione, continuava a darle noia, anche se non poteva dirsi un vero e proprio dolore, bensì un leggero, ma persistente senso di fastidio.

Guardandosi in torno sentì il coro dell'alba orchestrato dal cinguettio esterno che annunciava le prime ore della mattina, mentre un forte odore di cucinato iniziava a graffiarle lo stomaco penetrando la consapevolezza del suo olfatto e provocandole un potente senso di nausea.

Padre cielo..., ma che cos'è si disse cercando di muoversi incrociando poi le iridi di una Michiru sorridente seduta sul bordo del letto.

Radiosa. Benedettamente e marcatamente radiosa, la donna le accarezzò leggermente la guancia chinando la testa da un lato. “Ben svegliata Giovanna. Lo sai che ci hai fatto prendere proprio un bello spavento?”

“Michiru?” E non ricordando le ultime ore cercò di alzarsi trovando la mano della sorella serrata alla sua.

“Cos'è successo? Dove siamo?”

“Il serpente... Sei stata morsa e ti abbiamo portato nel primo paese trovato sulla carta; Tilone. Speravamo ci fosse un medico, ma alla fine alla tua gamba ha dovuto pensarci Ami. Hai sviluppato l'inizio di un'infezione. Ti ha medicata. Ora siamo ospiti della casa di Leopold, il capo villaggio. Proprio non ricordi?”

“Forse...” Ed immagini frammentate di ricordi e sensazioni più che altro tattili iniziarono ad affastellarle la mente. Gli ansimi ed il sudore di Haruka mentre la portava in spalla, la paura nel sapere quello che l'infermiera avrebbe dovuto farle, il forte dolore alla gamba, lancinante e violento, le parole della minore che cercavano di rassicurarla e gli occhi dolcissimi di una vera amica.

“Grazie Michi.”

“Io non ho fatto poi molto. Lei invece...” Ed indicando la bionda profondamente addormentata seduta in terra dalla parte opposta del letto, ne accarezzò con lo sguardo le fattezze vinte da un sonno rigenerante.

A Giò non sfuggì e si sentì sollevata. Ecco perché l'insegnante sembrava emanare un'aurea intrisa d'amore. Tra quelle due doveva essere successo qualcosa. Sorrise continuando ad ascoltare di come Ami era rimasta soddisfatta dell'operazione, di come gli unguenti di Hino stessero aiutando la cicatrizzazione della ferita e di come Flint si stesse riprendendo.

“Sono contenta, Haruka gli vuol bene.”

“Devi stare attenta, Rei ha già scommesso con Usagi che sarà lui a riprendersi per primo.”

“Poco corretto, lo sanno tutti che gli animali sono più resilienti.” Disse scherzosamente sentendosi tremendamente stanca.

“Quei due ceffi si sono fatti vivi? Da quanto tempo siamo qui?”

Michiru scosse la testa prendendole un po' d'acqua. “Questo è l'inizio del terzo giorno e di quegli uomini non c'è traccia. Haruka e Makoto sono andate in perlustrazione ieri pomeriggio e non hanno trovato tracce.”

“Stanno aspettando. Sanno che siamo qui.”

“Si, lo credo anch'io, ma fino a quando resteremo nell'abitato non dobbiamo temere.”

“Mmmm... Senti, ma cos'è quest'odore?!” Chiese guardando la porta alzando le sopracciglia poco convinta mentre l'altra prendeva a ridere.

“Pollo. Per l'esattezza brodo. E' buono, ma sembra che in questa casa non si cucini altro. Credo che la madre del signor Leopold sia convinta che avendo una malata in casa si debba mangiare solo questo. Perciò ti prego, rimettiti presto.”

“Non ti nascondo di avere lo stomaco sotto sopra.” Ed inizio' ad avvertire pesantezza alle palpebre.

“E' colpa del veleno. Passerà presto. Ora dormi ancora un po'.”

Un grosso sospiro e la più grande tornò a cadere lentamente nel sonno.

 

 

Rei tagliò l'ennesimo stelo posandolo nel grande fazzoletto che aveva appeso al collo. Potevano bastare. Li avrebbe lavorati quella sera stessa per poi passare l'impasto sulla ferita di Giovanna. Richiuse il coltello a serramanico infilandoselo in tasca ed alzandosi pensò a quanto poco le era piaciuto riceverlo da Haruka e quanto invece si stesse rivelando utile. Stirando le labbra soddisfatta guardò le vette imbiancate che si stagliavano alla sua destra per poi soffermarsi sul paese abbarbicato tenacemente alle rocce della sua sinistra. Così diverso da Montmartre dov'era nata e cresciuta e dove i suoi avevano l'attività di famiglia.

Si voltò per risalire il sentiero che l'avrebbe ricondotta al paese quando un corpo le si parò d'avanti facendole schizzare l'adrenalina non appena avverta la presa di due mani alle braccia.

“Rei perché ti sei allontanata!?” E riconoscendo la voce profonda di Haruka si impedì di urlare.

“Ma di un po'..., volevi farmi prendere un infarto?!” Graffiò cercando di fare un passo indietro.

“Allora lo sai che non dovete gironzolare da sole fuori dall'abitato!”

“Certo che lo so! Sono tre giorni che tu e Michiru non fate altro che ripeterlo, ma le piante che mi servono crescono solo qui.” Disse riuscendo finalmente a svincolarsi dalla presa della bionda. In fin dei conti era per sua sorella che si stava spaccando la schiena. Avrebbe anche potuto essere più gentile.

Haruka sembrò pensarci su qualche istante e guardando il fazzoletto carico di steli si grattò il collo borbottando uno scusa.

“E che mi preoccupo per voi. E' molto probabile che quei tizzi siano ancora nei paraggi. Dobbiamo fare attenzione.” La vide passarle accanto e la seguì.

Camminarono silenziosamente fianco a fianco, sfrigolando le suole degli scarponi sul pietrisco grigio e l'erbetta della stradina sterrata che portava alle prime case, quando la bionda si sentì in obbligo di ringraziarla per tutto ciò che aveva e stava facendo per Giovanna.

“Di nulla. Sono contenta che stia servendo a farla ristabilire.”

“Sono stati i tuoi genitori ad insegnarti le proprietà curative delle piante?” Chiese con una punta di strana curiosità. Era affascinata dalle infinite cose che ancora non conosceva dell’erboristeria.

“Si. Mia madre per essere più precisi.” E all’altra sembrò che il viso della mora s'illuminasse al solo pensiero.

“A Parigi abbiamo una farmacia. E' piccola, ma la mia famiglia se la tramanda da tre generazioni. Tra tutti i figli io sono l'unica che realmente stia seguendo le orme di mio padre e mio nonno.”

L'eredità di un albero genealogico. L'officina Tenou. Haruka non poté che rattristarsi al ricordo degli infiniti pomeriggi del doposcuola, quando avida di conoscenza seguiva le mani sapienti degli uomini della sua casa smontare, aggiustare, rimontare e creare meccanismi a combustione che avrebbero portato una scatola metallica al movimento. Concludendo quell'insolita conversazione si perse in pensieri non proprio allegri fino a quando Michiru non comparve loro. Ci pensò un'entusiasta Kaiou a risollevarle il pomeriggio. Ferma al centro della piazza, alla confluenza delle due strade principali che componevano l'abitato di Tilone, mani serrate al grembo, fiera nella sua ritrovata femminilità datale dal vestitino verde acqua che la madre del signor Leopold le aveva prestato snidandolo dal guardaroba della figlia più piccola, saluto' entrambe mostrando un sorriso contagioso.

“Vi ho cercate. Ci sono novità!”

Le altre due si guardarono attendendo. “Domenica si sposa il figlio maggiore del signor Martin e siamo state invitare a partecipare e visto che sanno che sono un'insegnante di musica e che alcune di voi sono mie allieve, il signor Leopold mi ha chiesto la cortesia di farvi cantare durante la cerimonia.”

A Rei sembrò che un treno le arrivasse dritto dritto sulla schiena che piegò sbuffando piano. Odiava cantare. Haruka invece se la rise sentendosi una milite completamente esente.

“Per ringraziare di tutto quello che stanno facendo per noi, io invece suonerò uno dei miei pezzi preferiti; l'Ave Maria di Franz Schubert.” Concluse portandosi le dita a sfiorarsi le labbra all’insù che ancora le illuminavano il viso e alla bionda non rimase che benedirle quelle terminazioni lucenti. Come poteva quella donna emanare tanta grazia?!

“Immagino che Minako sia al settimo cielo. Adora Schubert ed essendo viennese starà mostrando il pancino come una gattina sotto le carezze di un bel ragazzo.” Disse la mora riprendendo la strada verso la casa del capo villaggio seguita a breve distanza dalle altre due.

“Quadro calzante.” Rise Michiru sentendo la mano di Haruka che andava a sfiorarle gentilmente la vita e fremendo a quel tocco si perse nel verde dei suoi occhi.

“Posso invitarti a vedere le stelle con me dopo cena?” Chiese la bionda parlandole ad un orecchio così che a Rei non arrivasse quell'innocente quanto particolarissima richiesta.

L'insegnante abbassò lo sguardo per un attimo per poi annuire. La stava corteggiando e la cosa le piaceva da impazzire.

Quando verso le ventidue Haruka rientrò in camera, trovò la candela ancora accesa ed una Giovanna immersa nella lettura. Era riuscita finalmente a mangiare qualcosa e si sentiva decisamente meglio, ma avendo dormito per tutto il giorno, avvertiva nel petto la frenesia di un grillo menomato.

“Ancora sveglia? Come va la gamba?” Chiese sperando di non ricevere di controparte il solito terzo grado. Aveva ancora sulle labbra il sapore di quelle di Michiru e non le andava proprio di perdere il contatto con quel ricordo appena vissuto parlando d'altro.

“Mi da fastidio. Mi annoio. Mi sono stufata. Voglio alzarmi.” Si lagnò continuando a tenere gli occhi sulle pagine.

La bionda invece era stanca. Meravigliosamente stanca. Sentiva di essere stata astuta sfoggiando ad una Michiru in brodo di giuggiole la conoscenza che grazie al padre aveva della volta celeste, strappandole un bacio ad ogni costellazione trovata tra le infinite luci che in quella sera d'all'aria tersa stavano brillando sopra di loro. Cassiopea, Andromeda, Orione, l'Orsa, sia minore che maggiore e molte altre ancora. Un sorrisetto furbetto e sedendosi sul letto iniziò a slacciarsi gli scarponi.

“Ma sentitela... Eri più morta che viva fino a poche ore fa!” Ridacchiò sfilandosi i pantaloni per poi piegarli ordinatamente e lasciarli al bordo del letto. Avevano cambiato stanza così da poter stare insieme. Haruka non poteva continuare a dormire in terra o su una poltrona.

“Sei particolarmente euforica questa sera.” Costatò la maggiore voltando distrattamente una pagina.

E nuovamente il solito grugnito che questa volta sembrò quasi dolce. Musicale. Giovanna alzo' divertita un sopracciglio chiudendo il volume per lasciarlo sopra il comodino tra i due letti. “Michiru ti ha detto del matrimonio? Suonerà e questa volta una cosa piuttosto impegnativa.”

“Mmmm... Andrà benone.”

“Senza ombra di dubbio... anche perché in questi giorni credo si senta particolarmente... ispirata per un brano tanto profondo.”

“Non capisco a cosa tu stia alludendo. E' una professionista. E' ovvio che senta la musica.” E via la camicia per rimanere in canottiera e biancheria intima maschile.

“Si, certo Ruka.” Le era stato riportato da Usagi che dopo cena le due erano letteralmente sparite. Ora che vedeva quelli occhi brillanti era più che lampante che la sorella avesse finalmente ceduto all'amore.

“Non farti venire strane idee per la testa Giò!” Disse la bionda alzando la coperta fiondandovisi sotto, così, senza neanche indossare la camicia da notte.

“Certo adesso che stai andando a larghe falcate verso una vita meno - cercò le parole più adatte per non indispettirla anche se ci stava provando gusto - diciamo... meno solitaria, potresti anche ricordarti le buone maniere che nostra madre ti ha insegnato.”

“Sarebbe scusa?!”

“La camicia da notte Haruka. Non sei una troglodita.”

Di tutta risposta l'altra si alzò sulle braccia per raggiungere la candela e soffiando sopra la fiammella la spense crollando nuovamente sul materasso imbottito di fieno. “Così eviterai di guardare questa troglodita. Buonanotte!”

Giovanna roteò gli occhi all'oscurità. Povera Kaiou, avrebbe dovuto sudare tanto per rendere nuovamente presentabile quell'orso. Pochi minuti e la sua voce raggiunse Haruka quasi sulla soglia del sonno. Questa volta pensierosa. Preoccupata.

“Questo pomeriggio ho parlato con Ami. Molto probabilmente ci vorranno giorni prima che riesca a poggiare nuovamente il piede a terra.”

“E... con questo?”

“Dovete lasciarmi qui. Non potete aspettare che io guarisca.”

 

 

Il matrimonio era stato bellissimo, semplice e pulito, ricco di momenti toccanti, come quando la sposa, una ragazza di poco più grande di Haruka e Michiru, era arrivata stretta nello scialle ricamato del corredo, sul sagrato della piccola chiesa sul carro di famiglia addobbato con ghirlande di fiori di campo, ed era poi entrata avanzando titubante ed emozionata camminando verso uno sposo forse ancor più impacciato e nervoso di lei. La cerimonia religiosa aveva ricalcato il canonico sposalizio, con le letture prese dalla Bibbia ed incentrate sulla famiglia, sull'amore e sul rispetto reciproco, per poi vedere il suo apice con lo scambio degli anelli accompagnato in sottofondo dall'Ave Maria che Michiru aveva magistralmente eseguito, lasciando in quelle note tutta se stessa e commuovendo praticamente tutti. Infine l'inno di chiusura cantato dalle ragazze che, nonostante al San Giovanni non avessero mai formato un vero e proprio coro, non sfigurarono, anzi, chiusero di fatto la cerimonia accompagnando con la voce sposi ed invitati verso l'esterno, dove tavoli imbanditi aspettavano in piazza per festeggiare fino a tardi.

Tranne Haruka e Giovanna, che si trovavano perfettamente a proprio agio in pantaloni, le ragazze avevano potuto finalmente vestire con abiti più consoni e com’era successo per Michiru, le madri del paese le avevano rivestite fino alle scarpe con gli indumenti, semplici, ma femminili delle proprie figlie. E così, forse sentendosi nuovamente se stesse, si stavano ora immergendo in quella festa paesana ballando e divertendosi come non accadeva da tempo. Seduta su una panca posta al lato della piazza verso quello che era il belvedere, con la gamba offesa poggiata comodamente su un cuscino, Giovanna sorrise guardando Haruka dare l'ennesimo pezzo di carne a Flint, semi nascosto tra un'aiola proprio dietro di loro. Si stava ristabilendo ed era tornato ad avere la canonica “fame da lupo” e nel sentire pronunciata l'affermazione allora piccoletto, ti piace la ciccia buona, non poté che scuotere la testa intenerita.

Non capirò mai perché il mondo ti abbia fatto tanto male, Ruka mia , pensò per poi vedere arrivare Makoto di gran carriera, forse scappando agli inviti danzanti delle altre. Leggermente sudata si sedette accanto alle due indicando con il mento il centro della piazza.

“Ma le avete viste? Sono completamente fuori controllo!” Pronuncio' stentorea all'indirizzo delle altre compagne. Usagi che ballava con Rei e Minako con una Ami leggermente imbarazzata.

Giovanna rise mentre Haruka le chiedeva del perché non si scegliesse un bel campagnolo per sfogarsi nelle danze. “Ma di, stai scherzando? Sono una ragazza seria io! Chi li conosce quelli!? E poi sono tutti più bassi di me.”

“Mmmm... questo si, può essere un problema Mako. Allora facciamo così, se vuoi ti faccio volteggiare io.” Disse finendo di saziare il suo Flint per strizzare l'occhio all'avvampo delle sue guance.

“Ma che... Dai Haruka, non scherzare.” E schizzò via verso le altre alla velocità della luce seguita da una fragorosa risata da parte di una bionda finalmente felice.

“Che bestiaccia che sei. L'hai messa in imbarazzo.” Rimproverò bonariamente l’altra mentre vedeva Michiru finire di parlare con il signor Leopold e venire verso di loro.

“E allora? E' grande abbastanza per tenermi testa.”

“Io credo che solo una persona qui possa realmente tenerti testa... oltre a me, naturalmente.” E questa volta toccò a Giovanna sfiorare le labbra con un sorrisetto impertinente.

“Sciocchezze!”

“A si? Vediamo come te la cavi con questo... Michi vieni.” Chiamò facendo un leggero cenno con la mano.

“Che intenzioni hai?” Chiese la minore abbassando improvvisamente il tono della voce.

“Michiru ascolta, la qui presente vorrebbe chiederti una cosa.” Disse spostando lo sguardo dal blu degli occhi dell'amica al verde di quelli della sorella.

“Dimmi Ruka.” Ed attese mentre l'altra iniziava a guardarle alternativamente sentendosi persa.

“Su, non essere timida. Dille quale sarebbe un tuo desiderio.”

“Eeee.... Veramente io non...”

“Il cavallino qui fa un po' la timida. Kaiou, non badarci. Haruka mi ha appena confessato di morire dalla voglia di ballare con te.” Vide la bionda sgranare gli occhi e Michiru stringere le mani al petto l'una contro l'altra per la contentezza.

“Ma davvero Ruka? Ne sarei lusingata.” Disse attendendo.

Dopo un primo momento di smarrimento e di vergogna nera, Haruka fissò per la sorella non sapendo in cuor suo se ringraziarla o toglierla dal mondo in maniera crudelmente lenta. Catturata dall'eccitazione di Kaiou le porse la mano alzandosi lentamente per poi condurla fin quasi al centro della piazza.

L'una di fronte all'altra, Haruka impacciatissima, ma decisa e Michiru con un viso beato molto più simile a quello di una sposa che di un'invitata, intrecciarono la destra con la sinistra all'altezza del petto. “Sai, l'ho sperato per tutto il pomeriggio.” Disse l'insegnante posando la seconda mano sulla spalla dell'altra.

“Che ti chiedessi un ballo?” Afferrandola per la vita cercò di non badare all'impulso che sentiva nelle dita di stringerla troppo a se.

“Si...” Un leggero rossore ed avvertì il corpo della bionda condurla iniziando a seguire la musica.

“Perdonami, sono arrugginita. E' da quando ero poco più di una bimbetta che non ballo.” E mentre rivelava quello che per lei era ora un punto di demerito, cercò di ricordarsi quando, per passare il tempo durante le nevicate, era solita ballare nel salotto di casa con Giovanna accompagnate dal piano della madre e a poco a poco, grazie anche alla fluidità dei movimenti di Michiru, iniziò a sciogliersi e a riprendere confidenza con la musicalità del proprio corpo.

Sono un genio del male, pensò la maggiore ridendosela allegramente dal suo giaciglio mentre Minako ed Usagi andavano a sedersi accanto a lei.

“Sono splendide.” Affermò Mina sospirando deliziata.

“Solo il mio Mano è più affascinante di Haruka.” Convenne l'altra poggiando il mento su una mano guardando le ragazze più grandi muoversi ormai perfettamente a tempo.

“Porta pazienza Usa, lo rivedrai presto.” Disse Giò sperando in cuor suo che potesse essere vero.

“Si e gli racconterò di Te, di Haru, di come ci siamo dovute conciare per viaggiare un po' più sicure, di quei brutti ceffi, della scoperta della forte, del Passo del San Gottardo, dei suoi ghiacciai, del ferimento tuo e di Flint e di questa splendida festa, si intende!”

“Povero ragazzo, come non lo invidio.” Sottolineò scherzosamente l'amica mentre Giovanna scoppiava a ridere alla faccia contrariata dell'altra.

“Mina!” Urlò Usagi mettendo il broncio per poi unirsi alle altre gioiosa.

Haruka e Michiru rimasero in piazza a ballare per qualche altro minuto, accaldate, ma sinceramente impossibilitate a lasciarsi andare, unite come dalla forza d'attrazione scaturita da due pianeti. La musica era un pretesto. Il ballo lo era. Tutto intorno a loro sembrava essersi dissolto facendo risaltare solo loro.

“Forse sarebbe il caso di smettere.” Un consiglio sospirato più che all'altra a se stessa ed alle emozioni che stava provando. In primis brividi, aritmia, leggera chiusura dello stomaco e poi, voglia, tanta voglia di lei.

“Ruka... Io non voglio smettere.” Pregò guardandola con talmente tanta intensità da farle perdere il ritmo.

“Dovremmo Michi.” Disse mentre la voce di alcuni ragazzini andavano a disturbare gli orchestrali interrompendone di colpo le note.

Le due si fermarono guardandosi intorno mentre i piccoli accerchiato Leopold prendevano ad indicare l'inizio del paese agitatissimi. Michiru ridusse gli occhi a due fessure cercando di mettere a fuoco. Tra le case comparve un cavallo montato stancamente da un uomo vestito di bianco. Poi un secondo, un terzo ed un quarto animale. In breve l'insegnante ne contò una decina, poi, riuscito finalmente ad inquadrare il capo fila, sentì il fiato morirle nella gola e contraendo i muscoli si staccò dalla bionda abbandonando le braccia lungo i fianchi. Non era possibile.

“Daniel.” Quasi un lamento incredulo.

Haruka la guardò pensando di non aver capito bene. “Michi?” Ma purtroppo aveva sentito benissimo.

Il Sottotenente dei Dragoni Daniel Kurzh fermò la sua giumenta a circa una ventina di metri da loro mente osservava il signor Leopold farsi largo fra i suoi per andargli incontro. Smontato e presentatosi porse la mano all’uomo mentre i soldati prendevano ad imitarlo abbandonando il cuoio delle selle.

“Perdonate signore se ci permettiamo di interrompere quello che credo sia uno sposalizio, ma è tanto che io ed i miei uomini siamo a cavallo in cerca di una persona che mi è stato indicato potrebbe ssere qui...” Poi la vide. La sua Michiru.

Dilatando gli occhi e spalancando il sorriso l'uomo dimenticò tutto, buone maniere incluse e catapultandosi verso la donna la raggiunse stringendosela forte al petto. “Michiru, mio amore.... Ti ho trovata finalmente!” E continuò a stringerla per secondi che a lei sembrarono interminabili e stranamente soffocanti. Sapeva che Haruka era dietro di loro, ad un passo e non voleva, non poteva permettere che soffrisse nel vedere tanto inusuale slancio affettivo.

“Daniel, cosa ci fai qui?” Chiese attendendo spiegazioni che arrivarono sotto forma di un passionale bacio sulla labbra che ne bloccò il respiro provocandole una sensazione sulla soglia del disgusto.

“Tesoro mio...”

“Ma cosa fai!?” Disse abbassando il tono della voce puntando lo sguardo al suolo. Non era certo un comportamento adeguato.

“Perdonami cara, ma sono euforico. Stiamo girando a vuoto da giorni e se non fosse stato per due taglia legna incontrati poco lontano dal bivio per Mischer, avremmo tirato dritto non trovandovi. Con te ci sono anche l'infermiera Mizuno ed alcune ragazze del collegio, non è vero? - Poi spostò lo sguardo al ragazzo biondo dietro di lei e lo colpirono i suoi occhi; al limite del livore. - Giovanotto, abbiamo dei problemi?”

L'insegnante si girò allora verso Haruka sperando che non raccogliesse. La voce di Daniel non era proprio amichevole. “Lascia che ti presenti una mia amica Daniel. Haruka Tenou.”

“Haruka...Tenou?” Una donna!

“O... Mi perdoni la goffaggine signorina. Il viaggio a cavallo è stato più stancante del previsto se i miei occhi si permettono di avere un abbaglio tanto ardito.” E porgendole la destra le strinse il palmo accennandole un baciamano sul dorso che non fece altro che stuzzicarle i nervi già provati.

“Piacere.” Strinse con forza.

“Siete per caso una parente di Giovanna Tenou?”

“E' mia sorella... signore.” Rivelò con una punta d'orgoglio e spocchia che lo indispettirono.

“Che piacevole coincidenza.” Sogghignò guardando poi in direzione di alcune ragazze che riconobbe essere le studentesse del San Giovanni; Usagi Tzukino e Minako Aino e tra le due una terza persona in abiti maschili, che dai lineamenti gentili doveva essere una donna. Non portava le mostrine, ma Kurzh riconobbe la camicia dell'uniforme delle staffette di confine della Confederazione Elvetica. Molto probabilmente era lei.

“A cosa vi riferite?”

“O nulla, nulla. Con permesso signorina Tenou, devo scambiare quattro chiacchiere con il capo del villaggio e chiedergli asilo per la notte. Domani mattina voglio partire per Berna il prima possibile.”

 

 

La sera scese svuotando tutta la piazza ed una volta rifocillati, i soldati approntarono un campo nei pressi dell'abitato, in una delle stalle che d'inverno ospitava il bestiame portato qualche settimana prima in quota. Stefano poté finalmente presentarsi a Giovanna approfittando della bella serata per poter parlare un po' seduti sui gradini della casa di Leopold. Il fante era stato obbligato dal suo superiore a confermare quello che il Sottotenente aveva gia' intuito, ovvero che lei era l'artecice del furto alla caserma. Sperando che la contentezza e la riuscita della sua missione portassero Kurzh a miti decisioni in merito al suo probabile arresto, Stefano le sedette accanto guardandole la gamba e constatando quanto avesse in viso provato.

“Lo sapevo che ti saresti cacciata nei guai Giovanna.” Disse sorridendo al tocco delle dita di lei sull'accenno di barba. Le sembrava più uomo quando non era rasato.

“Un piccolo incidente. Ma tu? Cosa ci fai tu con quel bellimbusto? Lo sai che Michiru gli è promessa?”

“O lo so! Lo so bene! Come so che se volesse potrebbe arrestarti su mandato del Tenente Smaitters.”

“Spiegami... Cosa c'entra lui con il Tenente?” Chiese venendo cosi' messa al corrente di quello che era accaduto al distaccamento le ore successive alla partenza sua, di Haruka e del gruppo di straniere. Un resoconto abbastanza dettagliato su come quel medico fosse finito quasi per caso a chiedere aiuto proprio a Smaitters e di come quest'ultimo, immaginando il coinvolgimento di Stefano nel furto del materiale tecnico, lo avesse obbligato a seguire il Dragone e a far da guida a quella piccola spedizione di ricerca.

“Ho fatto di tutto per allontanarlo dalle tracce che trovavo lungo la strada ed alla fine sono riuscito a farlo desistere dal seguirvi fino al passo del San Gottardo, convincendolo che la mulattiera di mezzo crinale fosse più indicata per le zampe dei cavalli. E' molto più lunga, ma con la loro velocità ed un po' d'astuzia vi saremmo passati davanti perdendovi. Ma poi chiedendo di voi a due tizi, questi ci hanno indicato questo paese dicendoci che qui stava pernottando da un paio di giorni un gruppo di forestieri con parecchie donne."

Dio Santo..., pensò Giò sospettando a chi alludesse.

“Speravo non si trattasse di voi, invece. Perciò come vedi Giovanna, continui ad essere in un mare di guai.” Disse prendendole la destra iniziando a scaldarla.

Lei glielo lasciò fare. Era contenta di vederlo. Molto contenta. “Non credo che perderà tempo ad arrestarmi Stefano. Quello al quale punta è riprendersi Michiru e siccome troverà un bel po' di difficoltà nel farlo, vedrai che non passerà domani senza che, respinto ed avvilito, alzi i tacchi tornando a Bellinzona.”

“Cosa intendi dire con un bel po' di difficoltà?”

“Intendo dire che la signorina Kaiou non porta più nel cuore il Sottotenente e visto il carattere indomito che possiede quella donna, sono più che certa che non lo seguirà. In più a quel che ho capito quell'uomo deve averla delusa talmente tanto che non credo vorrà più vederlo.” Per correttezza nei riguardi dell'amica preferì non sbilanciarsi nel rivelargli altro.

“Ho capito, ma tu?”

“Io? Non posso tornare indietro ed anche se ne avessi la facoltà rifarei tutto come prima.”

“O che discorso stupido Giovanna!”

“Stupido o meno è un fatto e comunque non posso certo scappare nella notte con la gamba ridotta così, perciò se vorrà arrestarmi non potrò opporre resistenza!”

“E a me?! A me non pensi?” Chiese quasi con stizza.

“Bè Stefano, mettiamola così. - Gli si avvicinò al viso posandogli la mano sulla guancia. - Hai atteso tanto il mio risveglio e confido sul fatto che anche se in carcere, continuerai a volermi bene.” E lo baciò aprendosi finalmente ad una passione sepolta ormai da troppo tempo.

Intanto a qualche decina di metri, nella casa di Martin ormai rimasta vuota dalla partenza dell'ultimo figlio andato sposo, Daniel Kurzh finiva di consumare l'ottimo pasto che il macellaio e sua moglie avevano insistito per offrirgli. Non capitava tutti i giorni che la loro casa rendesse ospitalità ad una personalità di tale calibro; un dottore di città, un Dragone dell'Impero Austroungarico e poi ormai di spazio ve n'era a sufficienza. Onorando fino all'ultima briciola l'ottima cucina della casa, il medico guardò la donna seduta accanto a lui cupa e pensierosa.

“Tesoro, cos'hai? Non hai toccato cibo. Ti ho già detto che ti voglio in forze per il viaggio.” Disse mentre i padroni di casa si erano allontanati un attimo.

Il viaggio. Ecco qual'era la causa del suo scarso appetito; un viaggio non voluto e come sempre impostole. Loro diretti a Berna per un matrimonio che Daniel aveva deciso di anticipare, mentre i soldati sarebbero ritornati al loro distaccamento di Bellinzona. I futuri sposi avrebbero preso la via dei laghi e poi lasciati i cavalli, con un locale sarebbero arrivati in città, dove la famiglia Kaiou aspettava trepidante notizie. Ovvio era che li avrebbero seguiti anche le quattro studentesse e l'infermiera Mizuno. Delle altre due donne poco importava. In realtà al medico premeva di arrivare al cospetto di Viktor Kaiou il prima possibile ed il destino che attendeva le due sorelle non era contemplato nei suoi piani. Per lui Giovanna Tenou poteva venire messa ai ferri, come espatriare o rimanere in quello sputo di paese per tutta la durata della guerra e per quanto concerneva la bionda, a pelle sentiva di non soffrirla, troppo mascolina e fiera per essere presa anche solo in considerazione.

Michiru sospirò guardandosi intorno. Doveva chiarire la sua posizione prima di soffocare.

“Daniel usciamo. Ho bisogno di una boccata d'aria.” Disse alzandosi dalla sedia poggiando sul tavolo il tovagliolo.

“Ma cara, sono un uomo dal fisico prestante, ma anche io ho bisogno di riposo. E poi non possiamo abbandonare i piatti senza il padrone di casa.” Zuccheroso fino alla nausea.

“Devo parlarti. Non ci vorrà molto.” Ed imboccando l'uscita lo costrinse senza non poca irritazione a seguirla nel piccolo giardino sul retro.

Una volta all'esterno Michiru prese a guardare le stelle sorridendo a quel chiarore ormai non più sconosciuto.

“Se ti dico che non voglio passare per scortese di fronte alla padrona di casa che tanto gentilmente ci ha ospitati per la cena gradirei essere ascoltato. Comunque lascia che te lo dica; i tuoi capelli! Cosa ti è saltato in mente per ridurli così. Sai tesoro, questo tuo modo di fare sempre troppo impulsivo dovrà per forza di cose essere cambiato. Non si addice ad una futura signora Kurzh.”

Non si addice ad una Kurzh!, pensò acida. Ma se sarebbe stato lui ad avere i maggiori guadagni sociali ed economici da quel matrimonio!

“Ascoltami Daniel, visto che stai tirando fuori questa storia sappi che non appena sarò rientrata a Berna è mia intenzione rompere il fidanzamento!” Una deflagrazione quasi epocale uscitale di getto dalla bocca prima ancora che potesse essere partorita dalla mente e fu lei a stupirsene per prima.

“Come scusa? Non credo di aver capito bene.” Disse lui aggrottando la fronte mentre la sentiva continuare.

“Hai capito benissimo! Non ci sarà alcun viaggio. Ho premura di arrivare il prima possibile a Berna e per svariate ragioni, una delle quali è parlare di noi con mio padre, ma non ho intenzione di farlo con te o con l’aiuto dei tuoi cavalli.”

“Michiru, ma cosa stai divento?! Sia i tuoi che i miei genitori si aspettano un matrimonio entro la fine di luglio....”

“Loro si aspettano un matrimonio, tu aspetti un matrimonio, ma non ci sarà alcun matrimonio alla fine di luglio! Questo viaggio mi ha fatto capire tante cose, cose importanti, soprattutto su me stessa e ti posso assicurare che... - cercò di essere meno brutale possibile addolcendo leggermente la voce. - che non ti amo più Daniel.”

“Michiru.” Un passo in avanti ed un passo indietro di lei.

“E' per le ragazze non è vero? Stai mettendo su il puntiglio perché non le ho accompagnate a Zurigo?”

“No Daniel, non è per questo. Da tempo aveva capito che il tuo è un carattere misogino e prepotente, ma speravo che l'amore che portavo nel cuore potesse darmi la condiscendenza della quale avevo bisogno per non guardare a questi tuoi difetti. Durante queste ultime settimane mi sono però resa conto che l'amore è un altro. E' compromesso e pazienza certo, ma anche forza e passione, entusiasmo, desiderio, incoscienza ed io...”

“Tu?” Chiese rabbioso.

“Io le ho provate con un'altra persona. Mi dispiace.”

Michiru vide l'istante esatto nel quale, colpito nell'orgoglio più che nel cuore, Daniel Kurzh le dichiarò guerra, ma dall'alto della sua incoscenza non avrebbe mai osato neanche immaginare a quale bieca arguzia quello che aveva considerato l'uomo del suo futuro sarebbe da li a breve arrivato.

“Un'altra persona? Michiru mi stai forse dicendo che ti sei innamorato di un altro uomo?”

“Non esattamente. Si è vero, mi sono innamorata, ineluttabilmente e follemente, ma non di un altro uomo Daniel.”

Il viso di lui cambiò drasticamente espressione. La rabbia si trasformò in sorpresa e poi in sospetto.

“E conosco questa fortunata persona?”

“Si… - ossigeno nei polmoni. - L’hai conosciuta questo pomeriggio.”

“Michiru Kaiou non dirmi che il soggetto delle tue attenzioni sentimentali è quella donna!”

Dopo un istante lei sorrise ingenuamente convinta di poter essere capita. “Ma come hai fatto a capirlo?!”

“Devo ammettere che ho visto come ti guarda, ma confidavo che da parte tua ci fosse maggior buon senso. Certa gente va compatita, non assecondata!”

“Daniel ritieniti libero. Il nostro matrimonio è annullato.” Ma non riuscì a proseguire sentendo le sue mani strette con forza alle pelle delle braccia.

“Tu sei stanca cara. La fuga con le ragazze, il viaggio, questo perverso gioco saffico, non sono altro che l'indice di una sofferenza mentale. Appena saremo a Berna ti porterò da un mio amico specializzato nella cura dell'isteria femminile e vedrai che tornerà tutto come prima.”

“Isteria femminile?!” Artigliò puntandogli contro due occhi scuri e minacciosi.

“So che non è stata colpa tua amore, purtroppo sei sempre troppo gentile con tutti. Quel genere di persone andrebbero rinchiuse per non provocare collassi emotivi nelle ragazze di buona famiglia.”

“Daniel smettila! - Finalmente riuscì a sfuggirgli. - Non permetterti di parlare di lei in questi termini. Ma che ne sai tu di buone famiglie, di retaggi... Haruka è l'anima più nobile e pura che io abbia mai conosciuto. E' colta, intelligente, altruista e tu non vali neanche la metà del candore spirituale che le arde dentro!”

Non avrebbe mai creduto che la testa potesse girarle tanto violentemente per via di un singolo schiaffo. La mano destra di Daniel la colpì in piena guancia facendola sbilanciare. Arpionandosi il volto bruciante con le dita lo guardò sgranando gli occhi inorridita.

“Ma... come ti sei permesso?!:

Ogni uomo degno di questo nome lo avrebbe fatto nel sentire queste eresie! Bene, devo dedurre che abbiate passato diverso tempo insieme per farti arrivare a dire tanto. Me ne compiaccio.” Disse con scherno slacciandosi parte dei bottoni sul petto e tirando fuori dalla tasca interna dell'uniforme una busta con inciso lo stemma araldico del serpente rosso proprio della città di Bellinzona.

“Vedi mia cara, dovresti conoscere anche me e sapere che non sono tipo d'arrendersi tanto facilmente.”

“Che cos'è quella?”

“Questa? Mmmm... diciamo che contiene un ordine, un ordine di arresto per furto. Sai mia cara che nome porta in calce?”

“Daniel...”

“Giovanna Tenou.” Sorrise beffardo sventolandola a mezz'altezza e Michiru comprese di avere le mani legate.

“Ora, ho due scelte, eseguire o meno l'ordine datomi da un mio diretto superiore. Tu cosa credi che farà questo uomo senza retaggio o buona famiglia?”

L'insegnante scostò lo sguardo scuotendo la testa mentre lui le si avvicinava nuovamente parlandole quasi ad un orecchio. “Non mi sembra che questo pomeriggio mi sia stata presentata nessuna Giovanna Tenou e perciò non sono tenuto a sapere se sia o non sia presente nella zona una fuggitiva con tale nome.”

“Mi stai ricattando?” E nel dirlo non riuscì neanche a guardarlo negli occhi.

“Amore mio, che brutta cosa da pensare del tuo futuro sposo. Michiru sta a te far si che quella donna viva ancora la sua libertà o passi gran parte dei suoi giorni in un carcere militare. Tu dimentica quell'invertita della sorella e torna con me a Berna e ti do la mia parola che brucerò questi ordini davanti ai tuoi occhi.”

“Voglio una prova che contenga realmente il nome di Giovanna.”

“Coraggio allora. Leggila.” E gliela porse.

Con le dita gelate, ma salde, lei la prese, l’aprì e la lesse. Erano poche righe e ci volle un attimo. Poi una specie di singulto, il capo chinato, gli occhi chiusi e la consapevolezza ferale di dover dire addio al suo dolce angelo biondo.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Sento un coro ritmico di male parole dove la cosa più carina che si sta levando è bastardo infame. In effetti. Avrei voluto continuare a scrivere dell’addio di Michiru ad Haruka e della reazione della bionda, ma sarebbe stato un capitolo troppo lungo e credo stancante. Allora vi lascio così, a cantare insieme _ Quanto bene vogliamo a Daniel Kurzh _

Un primo inciso sulla così della isteria femminile. che andava tanto in “voga” allora. In pratica qualunque cosa una donna si permettesse di fare leggermente lontana dalla convenzione, era da ricovero immediato.

Il secondo inciso riguarda lo stemma araldico della città di Bellinzona; ovvero il biscione o vipera viscontea. Mi sono accorta solo scrivendo che questo benedetto rettile riciccia sempre ed in questo caso non era ne voluto, ne pensato, ma cade a fagiolo con il sogno di Rei.

A prestissimo

 

   
 
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