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Autore: FeelingRomanova    02/07/2017    1 recensioni
─ Root tu sei qui. -mormorò Sameen, gli occhi chiusi.- Tu sei qui che ti prendi cura di me e che mi dimostri ogni cazzo di giorno che tieni a me. -si voltò, guardandola finalmente negli occhi.- E io, a volte, ancora mi domando se tu sia reale. ─ sputò quelle parole con amarezza, guardando il pavimento.
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Root, Sameen Shaw
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era successo di nuovo. Erano passati mesi dalla vittoria su Samaritan, dalla prigionia, eppure ancora accadeva, e lei sapeva che avrebbe continuato a farlo per molto.

Lo sapeva, lo aveva studiato.

Non avrebbe superato quel trauma in pochi giorni, forse nemmeno in pochi anni, e la sua tacita paura era che non l'avrebbe mai fatto.

Ancora, si era voltata a cercarla, ad assicurarsi che fosse lì.

Che lei fosse ancora lì.

La chiamava e Root rispondeva, tirandosi a sedere accanto a lei, premendo il capo della mora contro il proprio petto.

Sameen, mormorava, Sameen; e non diceva altro, perché non sapeva che altro dire.

La stringeva e la strinse fino a che non fu Shaw ad allontanarsi, mettendosi seduta sul bordo del letto, i piedi già sul parquet gelido.

─ Vado… vado a prendere un bicchiere d'acqua. ─

Root la guardò allontanarsi avvolta in una felpa troppo larga; sentì il frigo aprirsi, il vetro cozzare sul piano di granito e l'acqua gorgogliare mentre cadeva nel bicchiere, poi ancora silenzio.

Si alzò, raggiungendola in cucino, fermandosi appoggiata allo stipite della porta.

Conosceva troppo bene quello scenario: Sameen in piedi avvolta nella penombra, il traffico che fuori dalla loro finestra non taceva, il buio che le celava dal mondo.

Avrebbe potuto essere romantico.

Avrebbe potuto esserlo se non fosse stato che Sameen stava tentando di calmarsi dopo l'ennesimo incubo; se non fosse stato per il fatto che non poteva aiutarla; se non fosse stato per il fatto che non c'era nulla di romantico in quello scenario.

─ È successo di nuovo. -disse Sameen, il fiato corto.- Ti ho vista ancora morire. ─

Root aprì la bocca, ma non disse nulla.

Non sapeva cosa dire.

Nemmeno la raggiunse ,non avrebbe potuto toccarla.

La ascoltò prendere un respiro profondo, la guardò alzare lo sguardo al soffitto, passarsi una mano tra i capelli.

─ E se lo facessi io? ─

─ Sameen… -fece un passo verso di lei.- Sarebbe solo un sogno. ─

─ Sai benissimo che non sto parlando di quello! -ruggì la mora, cogliendo l'altra di sorpresa e costringendola ad indietreggiare.- Sai che non… -si passo una mano sul viso.- Sai che non distinguo la realtà da… da altro. ─

Tacque, tacque a lungo e Root assecondò il suo silenzio. Già decine di volte le aveva detto che era tutto reale, che non era morta, ma Sameen ancora non ne era certa, ancora aveva paura, così la ascoltava, perché era l'unica cosa che potesse fare.

─ Potrei farti del male. -strinse i pugni.- Potrei ammazzarti! ─

Scagliò a terra il bicchiere in cui aveva appena bevuto ed i frammenti invasero il pavimento di marmo bianco, tintinnando in un ultimo grido dopo quell'esplosione.

Sameen rimase immobile ad indovinare le schegge della penombra, senza nemmeno accorgersi che Root si fosse allontanata e tornata con un paio di ciabatte di plastica ai piedi.

─ Attenta, sei scalza, potresti tagliarti. -disse. Entrò in cucina, raggiungendo al morta, sfiorandole il braccio.- Dai, vieni di là. ─

E l'altra lo fece.

Si lasciò accompagnare in salotto, rimanendo ferma in mezzo alla stanza tra il divano nero ed il cassettone grigio a guardare un muro spoglio.

Root raccolse i vetri, li buttò nella spazzatura e la raggiunse in silenzio, fermandosi di fronte a lei nel centro di quella stanza quasi buia.

Le sistemò una ciocca di capelli dietro le orecchie, nonostante fossero bagnati di sudore.

Le baciò la fronte, lo schiocco delle sue labbra come unico suono a riempire quel salotto spartano.

Sameen si scostò, scuotendo il capo per allontanare l'altra.

─ Devi smetterla. ─ disse, la voce secca, gli occhi bassi.

─ Di fare cosa, Sameen? ─ domandò Root, tranquilla, senza allontanarsi né smettere di guardarla.

─ Di… di raccogliere i vetri da terra. Di dirmi che potrei ferirmi. Di sistemarmi i capelli e… devi smetterla di comportarti come se… come una che ci tiene a me. ─ si voltò nel dire quelle ultime parole; non sarebbe mai riuscita a dirle guardandola negli occhi.

─ Sameen, ma cosa stai dicendo? -aveva fatto un passo verso di lei, la voce alterata dalla sorpresa e dal dolore.- Io tengo davvero a te. Lo sai questo, no? ─

Sameen non ripose. Non si voltò nemmeno.

─ Lo sai che tengo a te, vero? -ripeté Root, la voce che ormai tremava, il cuore che già le maltrattava un petto straziato.- Io tengo davvero a te, Sameen! ─ gridò di dolore, non ottenendo risposta.

─ Lo so! -urlò l'altra in risposta, portandosi una mano sulla fronte.- Ed è proprio perché lo so che… che… ─

─ Cosa Sameen? Cosa? ─ il respiro pesante, non si era accorta di quanto fosse ferita, non s'era accorta di starsi tenendo una mano sul petto, la vista confusa dietro un velo umido.

─ Root tu sei qui. -mormorò Sameen, gli occhi chiusi.- Tu sei qui che ti prendi cura di me e che mi dimostri ogni cazzo di giorno che tieni a me. -si voltò, guardandola finalmente negli occhi.- E io, a volte, ancora mi domando se tu sia reale. ─ sputò quelle parole con amarezza, guardando il pavimento.

Pensò che avrebbe voluto bere, che avrebbe voluto non avere paura, che avrebbe voluto, anche solo per un attimo, essere come chiunque altro e piangere accanto a Root, con Root, perché le pareva di star soffocando e avrebbe provato qualsiasi cosa pur d'avere una speranza di star meglio, di smettere d'avere paura.

Root le si avvicinò rapida, mettendola una mano sul fianco ed una dietro la nuca, tirando Sameen a sé, facendo aderire i loro corpi e catturandola in un bacio rude, crudo, frettoloso, al quale l'altra si abbandonò quasi subito, portando una mano tra i capelli della bruna e cercando già i suoi seni con l'altra, divorandola in uan fame di puro istinto.

Root prese a scendere, mordendole la mascella, leccandole lo zigomo, la tempia, accanendosi sul suo orecchio, e Sameen gettò la testa indietro per lasciarle più spazio, abbandonandosi ad un gemito.

E Root la morse.

La morse sotto l'orecchio fino a sentire il sapore del sangue e non lasciò la sua pelle finché Sameen non la spinse via con un grugnito.

─ Ma che… ─ la mora si portò una mano su quella piccola ferita, sporcandosi appena le dita di sangue.

Root la guardava, il respiro ancora pesane e gli occhi ancora vivi d'eccitazione.

─ Non c'è nessun CIP lì; non c'è nessun cazzo di CIP. -ansimò.- Solo carne, solo Sameen.- le si avvicinò, prendendole la testa tra le mani e poggiando la fronte su quella dell'altra,. Non puoi incolparti per quello che ti hanno fatto loro, non puoi incolparti per non essere invincibile. Il loro obbiettivo era demolirti; non puoi incolpare te stessa per aver ceduto alle loro torture. -respiravano entrambe affannosamente, i corpi vicini.- Te lo ricordi? -Root la allontanò quasi spingendola, prendendo ad urlare mentre l'altra teneva gli occhi bassi.- Te lo ricordi quante volte ti sei ammazzata? 6.147. Per 6.147 cazzo di volte hai premuto un grilletto e ti sei ammazzata, e lo hai fatto per non farmi del male. -si passò una mano tra i capelli, in una risata quasi isterica.- Io non ho paura di starti accanto, non ho paura di te perché so che pur di non ferirmi saresti disposta a toglierti la vita. -le si avvicinò ancora, prendendola per i polsi e cercando i suoi sfuggenti occhi scuri.- Io mi fido di te! ─

─ Anch'io mi fido di te! -ruggì Sameen, sollevando due occhi distrutti da un dolore represso che non sapeva come affrontare.- Ma non di me stessa, non mi fido della mia testa! -Root allentò la presa sui suoi, sconvolta dalle sue parole e dal terrore che ora vedeva in quello sguardo.- Ed ho paura! Ho paura che non tornerò più come prima; ho paura di chiudere gli occhi; ho paura di me stessa; ho… -smise di urlare, abbassando lo sguardo e liberandosi con uno strattone della presa di Root.- Ho paura e non mi era mai successo prima. ─

La bruna annuì, la bocca schiusa e gli occhi spalancanti di dolore.

─ Anch'io ho paura. ─ disse.

E la rapì in un abbraccio facendo cozzare le loro ossa anche attraverso i vestiti, tenendola così stretta da togliere il respiro ad entrambe, e Sameen si abbandonò senza resistere; poggiò il capo sul petto di Root, ascoltando il suo cuore battere impazzito.

La rapì in un abbraccio che voleva dire scusa amore mio, scusa se ti ho urlato contro, scusa se non ho capito subito che hai paura di quello che senti.

Le baciò i capelli.

Scusa amore mio, scusa.

Amore mio ti puoi fidare, amore mio grazie d'avermi detto che hai paura.

Giurami che se vorrai piangere lo farai contro il mio petto e se vorrai urlare lo farai contro di me; giurami che se avrai paura l'avrai accanto a me, ma ti prego amore mio, non stare mai più in silenzio.

 


a/n: pubblicata due volte perché l'idea di dover portare avanti una raccolta un po' mi spaventa, nel senso che so già che non la terrei aggiornata e mi dispiacerebbe, quindi ho deciso di pubblicare OS diverse, sperando che qualcuno le possa gradire.
grazie per aver letto, i commenti sono sempre ben accetti :3
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