Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rivaille_02    03/07/2017    0 recensioni
«Sono Levi Ackerman, il vostro professore di educazione fisica. Vi anticipo che, alla fine di tutte le lezioni, dovrete pulire la palestra. Anche se non ci sarò le ultime ore, dovete pulirla. Ci siamo capiti, mocciosi?» spiegò severo. Il professor Levi era un maniaco della pulizia. Non c’è stata classe che non abbia pulito la palestra quando c’era lui.
«Sì prof!» risposero i ragazzi intimoriti dall’insegnante. Solo Eren sembrava non averne paura. Al contrario, quando i loro sguardi si incrociarono, arrossì.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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«Perché l’ho chiamato per nome?» questa domanda tormentava Levi da quando uscì dalla classe. A un certo punto si fermò nel mezzo del corridoio. «Perché quella classe ha così pochi alunni? In media dovrebbero essere una ventina...meglio chiedere al preside» pensò. Si diresse quindi in presidenza.
«Ehi, Levi! Dove stai andando?» gli chiese una donna della sua età. Levi si girò scocciato.
«Hange, che c’è?» le chiese mentre lei si avvicinava sorridendo. L’uomo sapeva che voleva qualcosa.
«Voglio solo sapere dove stai andando» insistette abbassandosi alla sua altezza.
«Mi dai sui nervi quando fai così. Trova un altro modo per ricordarmi che sono basso, idiota». Hange si rialzò, evitando di far fare figuracce al professore più rinomato di tutta la scuola. «Ecco, brava».
«Non mi hai ancora risposto!» la donna non demordeva: quando poneva una domanda, pretendeva una risposta.
«Sto andando in presidenza. Ti basta come risposta?». Hange era confusa: Levi ci andava raramente.
«Perché? Non dirmi che si sono già presi a botte il primo giorno!» si mise a ridere.
«Cambiando discorso, sai perché la mia classe conta solo dodici studenti? E perché quest’anno ho solo una classe? Di solito ce ne ho due o tre...c’è un motivo in particolare?» le chiese pensieroso. Anche Hange rimase sorpresa.
«Intendi la 1°E? Quella classe ce l’ho alla prossima ora...mi dici un po’ com’è?». Levi le diede il foglio che usava per fare l’appello. Rimase stupita quando lesse “Ackerman”: quel cognome nella loro città ce l’aveva soltanto Levi, quindi pensò ad una probabile parente. Sgranò gli occhi quando arrivò a “Jaeger”. «Il figlio del dottore qui? E’ un onore! Levi, quando sei fortunato ad averlo incontrato prima di me! E’ un bravo ragazzo come il padre?». Essendo il figlio del dottor Jaeger, Eren sarebbe dovuto andare in una scuola privata; ma poiché Mikasa e Armin insistevano così tanto ad andare a scuola con lui, suo padre decise di iscriverlo in una scuola pubblica.
«Eren, eh? Non è il mio studente ideale. Litiga sempre con Kiristein, quindi ti consiglio di tenerlo a bada». Non si era accorto che lo aveva di nuovo chiamato per nome.
«Levi, hai appena chiamato uno studente per nome? Li chiami tutti per cognome, anche nelle riunioni!» Hange non era mai stata più stupita di così.
«L’ho rifatto?» non poteva crederci. La donna fece un sorriso malizioso.
«Non è il tuo studente ideale, lo chiami per nome...anche se è una cosa improbabile data l’età, ma non è che ti piace?». Levi non riuscì a credere a quelle parole. Forse era per quello? Ma no, era impossibile! Aveva trent’anni, non poteva innamorarsi di un quindicenne.
«Impossibile» rispose secco. «Ora devo andare in presidenza, Hange».
«Ma Levi!» lo chiamò.
«Te lo compri con i tuoi soldi il panino» sapeva fin dall’inizio che era quello il vero motivo per cui l’aveva fermato.
«Ma è quello il problema! Non ho soldi!» esclamò la donna disperata. Nonostante ciò, Levi se ne andò.
Nel frattempo, Eren e Armin erano in cortile seduti su una panchina a mangiare il loro bentō.
«Eren...» il biondo era imbarazzato da quanto l’amico gli era vicino.
«Che c’è, Armin?» si girò lui. Si accorse che si era un po’ allontanato, quindi si riavvicinò. Il ragazzo arrossì per poi allontanarsi di nuovo. Eren si rimise accanto a lui. Appena vide che si stava per spostare, gli prese la mano. Armin arrossì. «Mi spieghi che hai? E’ da stamattina che ti comporti in modo strano...» lo guardò preoccupato. «È successo qualcosa?».
«Eren...posso parlarti in privato?» gli chiese senza guardarlo. Era troppo imbarazzato per poter alzare la testa. Il castano accettò confuso. Era la prima volta che non riusciva a capire il suo migliore amico.
Lo seguì fin dentro il bagno, l’unico posto in cui, secondo il biondo, non c’era nessuno in quel momento. Si mise di fronte a Eren, prese un bel respiro e parlò. «Eren» lo guardò. «Mi piaci» dichiarò convinto afferrando il colletto del ragazzo baciandolo. Non si accorse, però, che Jean e Marco erano dietro la porta.
Sasha, intanto, si era portata Mikasa a comprare un panino. Dopo cinque minuti di fila, finalmente le due ragazze riuscirono a prendere due panini. Tornarono in classe a mangiare. C’erano solo loro due.
«Mikasa...è vero che sei la sorella di Eren?» le chiese la ragazza addentando il tanto desiderato cibo.
«Sì, perché?».
«Non avete lo stesso cognome...per caso ti ha adottata il dottor Jaeger?».
«E’ davvero conosciuto...» si sorprese Mikasa.
«Certo che è conosciuto! Mio padre mi ha detto che qualche anno fa salvò il nostro quartiere da un’influenza tremenda!» Sasha sembrava entusiasta mentre lo diceva. Dopotutto, il dottore salvò anche suo padre.
«Non basta prendere le giuste medicine?».
«Quell’influenza non era normale! Era un qualcosa di strano...non saprei dirti. Il dottor Jaeger può spiegarti meglio». Stettero in silenzio per qualche minuto, giusto per finire il pranzo. «Tornando a prima, Mikasa. Ti hanno adottata?».
«Sì» rispose secca lei. Pensò che così facendo, Sasha non le avrebbe chiesto il perché. Invece...
«Per caso i tuoi ti hanno abbandonata o roba del genere?» era la classica ragazza curiosa che faceva domande inappropriate. Mikasa rimase in silenzio. Non poté resistere, però, alla faccia della compagna.
«Sono morti durante una rapina in banca. E’ successo quando ero in seconda elementare». La ragazza assunse un’espressione cupa, come se stesse rivivendo quel momento. Le scese qualche lacrima. Fu un trauma per lei. In quella rapina c’erano anche Eren e suo padre, che si preoccupò di chiamare la polizia mentre il figlio accorse in aiuto della ragazza. Le fece impugnare per la prima volta un coltello e la convinse a combattere con lui. Uccisero i tre ladri prima dell’arrivo della polizia. Ovviamente, il dottor Jaeger sgridò il figlio che lo portò da Mikasa, traumatizzata dall’accaduto. Eren le mise la sua sciarpa rossa intorno al suo collo.
«“Torniamo a casa” mi disse...» la ragazza sorrise. Sasha non capì.
«Chi te l’ha detto?» chiese confusa.
«Eren in quella rapina, quando mi ha dato la sua sciarpa...» rispose con un tono dolce, che raramente aveva.
«Quindi dopo quella rapina ti sei trasferita a casa di Eren?». Mikasa annuì. Proprio in quel momento, Reiner e Bertholdt entrarono in classe. Appena videro le ragazze, presero due sedie e si misero accanto a loro. Le dissero che degli studenti del terzo anno li avevano chiesto di entrare nei loro club.
«Che club erano?» domandò Sasha curiosa.
«Calcio, rugby...tutti club sportivi» rispose Bertholdt guardando l’amico per confermare.
«Io mi sono già iscritto al club di rugby. Dopo la scuola c’è la prima lezione» Reiner era fiero di aver scelto quel club: la squadra aveva vinto i regionali e quell’anno doveva affrontare i mondiali con i nuovi iscritti.
«Che figata Reiner!! Invece tu Bertholdt? Hai scelto?» chiese sempre la castana.
«Penso che mi iscriverò al club di basket...per la mia altezza è l’unico club a cui posso aderire. E poi mi è sempre piaciuto come sport». Quando parlava di quello sport, aveva sempre il sorriso in faccia. Suo padre faceva parte della squadra che due anni prima vinse le nazionali di basket e voleva seguire le sue orme.
«Esiste un club di cucina?» a Sasha piaceva molto cucinare, soprattutto le patate al forno: erano le sue preferite.
«Anche Conny voleva iscriversi...sta andando in 3°D a chiedere di iscriversi» la informò Reiner. Subito, la ragazza si precipitò dall’amico. Uscendo dalla porta, però, urtò Historia e Ymir la sgridò stringendo a sé la bionda.
«Avete scelto il club?» chiese la ragazzina mentre si metteva seduta al posto di Sasha, vicino a Reiner.
«Reiner si è iscritto al club di rugby mentre io più tardi andrò a chiedere se posso entrare in quello di basket» rispose Bertholdt. Ymir scoppiò a ridere.
«Con quell’altezza penso che ti prenderebbero subito!» disse abbracciando Historia da dietro. «Tu invece Mikasa?».
«Arti marziali» rispose alzandosi. «Bertholdt, giusto? Vuoi andare ora a chiedere per il club?» chiese guardando il ragazzo.
«Vai ora? Ma la ricreazione è quasi finita...» non era il tipo a cui piaceva arrivare tardi alle lezioni.
«Se è per questo, è faremo bene a sbrigarci».
«Annie mi ha detto che anche lei andava ora da quelli di terza per il club...un’altra ragione per andare!» esclamò Ymir ridacchiando. Il ragazzo arrossì e se ne andò con Mikasa. «Certo che gli piace davvero quella biondina...».
«A proposito di Annie...te l’ha detto? “Quella cosa”» le chiese Reiner.
«Parli della rivincita? Me ne ha parlato prima...dopo la scuola voglio i dettagli».
«Certo, Ymir. Il co-leader deve sempre sapere tutto». Historia continuava a non capire.
«Volete spiegarmi di che state parlando? Quale banda? Quale rivincita? Pensavo che queste cose non esistessero in questo quartiere...». Non le piacevano queste cose e soprattutto non avrebbe mai pensato che la sua migliore amica le facesse.
«Lo sa anche lei?».
«Non solo lei, tutte le ragazze lo sanno...Annie l’ha detto nello spogliatoio prima».
«Dovrebbe saperlo che nessuno al di fuori della banda deve sapere cosa succede fra noi...». Reiner era serio riguardo a queste cose.
«Vallo a dire a quella bionda!» esclamò Ymir nervosa. A un certo punto entrarono Jean e Marco scioccati.
«Ragazzi, che vi è successo? Avete delle facce...» chiese Reiner mentre i due presero posto accanto a loro.
«Armin e...Eren...» Jean riuscì a dire solo questo da quant’era scioccato. Marco non aprì bocca. Gli altri tre non capirono.
«Per caso si sono fatti male? Sono in infermeria?» domandò Historia preoccupata. I due ragazzi scossero la testa. La ragazza si alzò. «Insomma, che è successo di così tanto scioccante?! Non ditemi che hanno litigato o fatto a botte...anche perché non mi sembrano tipi che lo farebbero...». Nessuna risposta. A quel punto Ymir si arrabbiò.
«Volete dirci che hanno fatto o no?! Non vedete che la mia Historia è preoccupata?!» urlò ai due afferrando Jean per la giacchetta dell’uniforme.
«Armin ha...» iniziò Marco.
«Si è dichiarato ad Eren» finì l’altro. La ragazza lasciò la presa.
Levi, nel frattempo, era arrivato in presidenza.
«Che ti porta qui, Levi? Ti stanno causando già problemi quei ragazzi?» ridacchiò il preside Erwin, nonché professore di matematica.
«Mi spieghi perché la mia classe conta soltanto dodici studenti e non una ventina come tutte le classi?».
«Hai avuto due ore per osservarli...non hai notato niente in loro?» il preside tornò serio.
«Cosa dovevo notare? Che sono degli idioti che sanno solo litigare?» Levi proprio non capiva.
«Impareranno ad andare d’accordo...ma singolarmente, almeno per oggi, non hai notato qualcosa di particolare? Qualcosa che gli altri alunni non hanno...».
«Singolarmente, eh? Non saprei proprio...ma se devo dire qualcosa, sono tutti molto agili» rispose mettendosi a sedere. I due si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi Levi capì. «Non dirmi che...».
«Quest’anno vinceremo noi contro quell’altra scuola» disse deciso Erwin.
«La Liberio intendi? Davvero pensi di batterla con quei mocciosi?» chiese incredulo l’altro. La Liberio era una scuola superiore imbattibile, la più forte della regione. Erano riusciti a batterli solo nel basket, nel resto avevano sempre perso.
«Esatto. Ho scelto personalmente quei ragazzi parlando con i loro genitori. Per questo motivo quest’anno avrai solo una classe» spiegò il preside.
«Anche Hange ce l’ha...».
«L’ho affidata ai professori più adatti per addestrarli al meglio per la sfida che si terrà alla fine dell’anno». Levi stette in silenzio per qualche minuto. Guardò incredulo Erwin: ogni anno riusciva sempre a sorprenderlo con la sua intelligenza.
«Ho capito. Li allenerò al meglio, quei mocciosi» disse alzandosi.
«Sono sicuro che farai un ottimo lavoro, Levi».
   
 
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