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Autore: mido_ri    03/07/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gio, 18 ottobre, mattina

- Bene, allora io vado…fatti trovare davanti al cancello dopo la quinta ora -

Annuii e salutai Matteo con un “ciao” pronunciato con tono così basso che non ero sicuro mi avesse sentito.

Entrai in classe molto lentamente, sapevo di essere in anticipo e non avevo alcuna di voglia di starmene da solo nel banco come uno sfigato, o peggio ancora: di discutere di nuovo con Riccardo.

“Ro…chissà se verrà a scuola oggi…”

Ma l’aula era vuota; poggiai lo zaino sulla mia sedia e uscii fuori, intento a fare una seconda colazione con lo schifoso caffè del distributore, dal momento che sentivo ancora le palpebre e la testa pesanti.

- Hey! -

Qualcuno mi diede una forte pacca sulla schiena, facendomi quasi rovesciare tutto il caffè. Mi voltai con sguardo omicida ma, quando mi accorsi di chi avevo davanti, imposi a me stesso di mantenere la calma.

- Ciao, Noemi -

La ragazza sorrise e si alzò sulle punte dei piedi per poter vedere cosa c’era nel mio bicchiere.

- Non hai fatto colazione? -

- Già… -

In realtà avevo mangiato ben due cornetti con la marmellata, più una grande tazza di latte caldo, senza preoccuparmi minimamente del fatto che non mi trovavo a casa mia e che dovevo sforzarmi di sembrare una persona decente.

- Allora…che hai fatto ultimamente? -

“Ma questa ragazza non è leggermente arrabbiata dall’appuntamento, se così si può chiamare, dell’ultima volta?”

- Uhm…nulla, le solite cose -

- Sempre il solito, eh? -

- Già, sempre la solita noia -

La ragazza rise in un modo che mi fece accapponare la pelle.

“Che schifo, deve essere per forza così falsamente smielata?”

- Ma no, stupido! Intendevo tu…sei sempre il solito…insomma, non mi racconti mai niente di te... -

Afferrò un lembo della mia felpa con due dita bianche e sottili, la vidi arrossire e mordersi il labbro. Non avevo la minima idea di come comportarmi.

- Senti…mi dispiace per quello che ti ho detto l’altro giorno -

- Oh, non ti preoccupare, sono abituato…più o meno -

Tentai invano di porre subito fine a quell’argomento e anche all’intera conversazione se possibile, ma la ragazza continuò a parlare tenendo lo sguardo basso e le sue dita orribilmente incollate alla mia felpa.

- Tu…ecco, mi sono sentita un po’ offesa…messa da parte, quando continuavi a guardare Riccardo mentre eri con me; quando ho detto quella cosa non lo pensavo davvero, mi sono solo lasciata trascinare dalle voci che girano, sai… -

La guardai sorpreso.

- Quali voci? -

- Quando in classe ci hanno visti parlare, hanno iniziato tutti a dirmi che tu sei gay e te la fai con il ragazzo nuovo, soprattutto i tuoi amici. Ma io non ci credo, loro sono solo invidiosi di te…per questo giudicano tutto quello che fai -

Mi lasciai sfuggire una risatina nervosa.

“Oh cavolo…ma questa non l’ha capito che sono gay sul serio? Ha la testa dura…e ora come glielo dico che i nostri compagni non stavano affatto scherzando? Certo…forse è meglio se salto la parte del ‘me la faccio con quello nuovo’. Dio…è come dover fare di nuovo coming out”

- Ascolta, Noemi… -

- No, no, no -

Mi mise un dito sulle labbra e si avvicinò pericolosamente, mi venne un conato di vomito ripensando al bacio precedente.

“Be’…almeno stavolta non ha mangiato il gelato”

Chiusi gli occhi, aspettando il peggio, ma la ragazza mi diede un bacio sulla guancia e scomparve prima che potessi realizzare di essere salvo. Mi pulii immediatamente la faccia con la manica della felpa, poi guardai con disgusto il bicchiere che tenevo in mano da due ore, ormai freddo, e lo gettai nel secchio della spazzatura.

“Non mi è mai piaciuto il caffè, sono un idiota”

Al suono della campanella, ero già in classe con i libri sul banco e una penna appoggiata sul quaderno; non ero neanche sicuro di aver portato i libri delle materie giuste e mi stupii di avere ben due penne, anziché zero come al solito, tutto ciò mi faceva sentire più intelligente.

- Buongiorno ragazzi -

Il professore di fisica fece il suo ingresso con aria trasognata, come se non avesse mai visto degli adolescenti con il quoziente intellettivo più basso di quello di una formica.

- Come state? -

Qualcuno trattenne una risata, altri risposero un “bene” che tradiva altrettante risate soffocate. Marco mi lanciò una pallina di carta per attirare l’attenzione.

“Non ricordo di averlo invitato al nostro canna-party, tu che dici?”

Feci finta di essere divertito dalla sua “battuta”, poi ficcai la testa nel libro di fisica e cominciai a guardare immagini a caso di piccole palline blu e rosse collegate fra di loro.

“Ah…forse questo è il libro di chimica…be’, fa lo stesso”

A circa metà ora, qualcuno bussò alla porta dell’aula, interrompendo l’interessantissima spiegazione del professore sull’utilità della filosofia aristotelica nella fisica.

- Avanti -

- Buongiorno…scusate il ritardo -

Sbarrai gli occhi, poi ripresi a fissare il libro senza realmente vederlo, incredulo. Riccardo mostrò un permesso firmato dal preside e si venne a sedere accanto a me.

Lottavo contro me stesso: una voce mi diceva con insistenza di guardarlo, di dirgli almeno “ciao”; un’altra mi diceva che, se proprio non riuscivo a non girarmi, dovevo almeno rivolgergli un’occhiata sprezzante.

Optai per la seconda: mi voltai e indurii i lineamenti del viso ma, non appena incontrai i suoi occhi, non potei fare a meno di pensare che fossero bellissimi, di rimando lui mi rivolse uno sguardo colpevole.

"No, lui è lo stalker "

Continuai a ripetere meccanicamente quella frase nella mia testa, sapendo benissimo che non riuscivo a credere neanche a me stesso.

Attesi con ansia l'ultima campana, poi uscii con un sospiro di sollievo: quel giorno non era andato così male, eccetto per il fatto che Riccardo era venuto a scuola, si era seduto vicino a me, e io non ero neanche riuscito a guardarlo male; in tutto ciò mi chiedevo che sensazione avessi provato quando lo avevo visto entrare da quella porta.

Matteo mi aspettava davanti al cancello con il casco blu a strisce bianche in mano, mentre a me aveva riservato quello più vecchio e verde.

"Verde..."

In un attimo mi ritornarono in mente i suoi occhi meravigliosi, verdi come quelle foreste senza fine in cui, una volta entrato, hai un inspiegabile desiderio di perderti.

Sospirai e montai sul motorino, pensando che non avevo mai fatto il passeggero.

- Guidi bene, vero? -

- Certo! Al massimo torni a casa con una gamba fuori posto -

- Perfetto...proprio quello che mi serve -

Mar, 30 ottobre, notte

Ormai i giorni erano tutti uguali, e pensare che mi ero messo perfino a studiare per abbattere la noia; trascorrevo la maggior parte del tempo con Matteo e gli altri quando non dovevo fare i compiti. A scuola era un gran problema convivere con l'esistenza di Riccardo: lo odiavo con tutto me stesso ed era davvero difficile dover vedere la sua orribile faccia ogni giorno, ma quando lui non era con me sentivo un vuoto incolmabile.

"Non dovrebbe essere così...io lo odio"

Mi rigirai fra le coperte e chiusi gli occhi, abbandonandomi lentamente a uno stato di dormiveglia grazie al quale non capivo più niente.

Mar, 31 ottobre, mattina

- Hey Ale! -

Matteo mi raggiunse in corridoio con il fiatone, stava per finire la ricreazione.

- Che vuoi? -

- Devo chiederti una cosa -

- Uhmpf, come se non ci vedessimo tutti i santi i giorni...ti viene in mente solo adesso? -

- Ehm...già -

Si grattò la nuca imbarazzato e lanciò un'occhiata veloce ai manifesti neri e arancioni che tappezzavano ogni centimetro delle mura precedentemente grigie e bianche.

- Stanotte è Halloween! -

- Ma dai? E quindi? -

- E quindi, ovviamente, ci sarà la festa organizzata dalle ragazze più popolari e ricche della scuola, e tu, ovviamente, ci sarai -

- No, grazie -

- Ale! Per favore...non dirmi che preferisci stare a casa a studiare o a mangiare la pasta con la zucca di mamma -

Fece finta di vomitare, portandosi due dita vicino alla bocca e piegandosi verso il pavimento.

- Mi dispiace, vorrà dire che assaggerò questa famosa pasta con la zucca -

- Ma dai! Ale! -

- Passo -

Lo piantai in asso proprio mentre suonava la campanella, immaginando divertito la su faccia delusa.

 

"Cavolo, che nervi..."

Mi voltai verso Riccardo, il quale stava scribacchiando su un foglio da un tempo indefinito.

- La vuoi finire? -

Il ragazzo alzò la testa e mi guardò confuso.

- Di fare? -

- Di colorare o che diamine stai combinando su quel maledetto foglio...e anche di respirare se è possibile -

Il suo viso s'incupì all'istante, ma non disse niente, come sempre sembrò aver accettato le mie parole in modo pacato, almeno sul fatto che fosse tutta colpa sua mi dava ragione.

“Come fa un pazzo del genere a stare ancora qua a colorare come se non avesse ucciso sia i suoi genitori che i miei?”

Riccardo chiuse il quaderno e ne fuoriuscì un volantino nero e arancione, con una zucca ridente al centro.

- Ci vai? -

- Uh? -

- Alla festa di stanotte -

- S-sì... -

Sospirai e cominciai e fissarmi le mani senza vederle davvero.

"Devo andarci"

Mar, 31 ottobre, sera

- Allora, che mi devo mettere? -

Mi presentai nella stanza di Matteo con una camicia nera in una mano e una felpa ugualmente nera nell'altra.

- Ah...quindi ci vieni?! -

Il ragazzo mi guardò speranzoso, forse temendo che stessi scherzando.

- Certo -

- Come mai hai cambiato idea? -

Mi ispezionò con lo sguardo, diffidente.

- Be'...visto che la pasta con la zucca fa così schifo a detta tua... -

- Ti credo, Alessio, ti credo... -

Alzai gli occhi al cielo e scossi entrambe le braccia per ricordargli che doveva aiutarmi.

- Nessuna delle due -

- Che?! E cosa dovrei mettermi? -

- È una festa di Halloween...dovresti travestirti -

Lo guardai inorridito.

- Scordatelo -

- Stai zitto, ora ti sistemo io -

Una vocina dentro di me urlava di non fidarmi, ma alla fine lo lasciai fare: sapevo che era inutile protestare con Matteo.

Mer, 1 novembre, notte

E così mi ritrovai in mezzo a centinaia di ragazzi vestiti e truccati nei modi più improbabili, che si dimenavano sulle note di canzoni da discoteca.

"Con questa musica rischio di avere delle crisi epilettiche"

Iniziai a farmi largo fra la gente aiutandomi con i gomiti, nel tentativo di raggiungere il bancone, e pensare che la festa era appena cominciata.

Mi sedetti su uno sgabello alto, imprecando mentre una ragazzina del primo anno mi tirava per il braccio invitandomi a ballare. La donna al bancone mi fece l'occhiolino e mi chiese cosa volessi da bere; mentre era girata di spalle, mi persi nella contemplazione della miriade di tatuaggi che aveva sulle spalle e sulle braccia scoperte: nessuno di essi era a sé, ma erano tutti collegati fra di loro, sembravano tante anime in pena avvinghiate le une alle altre.

- Ecco a te! -

- Grazie -

Feci scivolare i soldi sul bancone di legno e cominciai a sorseggiare lentamente, sperando che il tempo passasse in fretta.

Passò forse mezz'ora e non avevo ancora visto nessuno di mia conoscenza, a parte Marco che ballava con due ragazze dell'ultimo anno vestite da streghe.

"Più che streghe...sembra che facciano un altro mestiere"

Sussultai e mi versai un po' del terzo o quarto drink sui pantaloni, fortuna che erano scuri e non si vedeva nulla: Noemi si stava avvicinando, agitando il braccio e muovendo le labbra.

"Sta sicuramente chiamando me...forse sarei dovuto rimanere a casa"

- Ale, anche tu qui! Pensavo non volessi venire... -

- Già… -

Dentro di me speravo che ci fosse un blackout, così sarei potuto scappare senza farmi notare da nessuno; purtroppo le luci non se ne andarono, anzi, erano così forti da costringermi a tenere lo sguardo basso.

- Come sei sexy vestito così -

Sperai con tutto me stesso di aver sentito male.

- Cosa? -

La ragazza urlò per farsi sentire al di sopra della musica.

- Ho detto che sei proprio sexy stasera! Sei un vampiro? -

- Una specie... -

Noemi rise in quel modo che detestavo, poi trascinò uno sgabello accanto al mio e si sedette.

- Non hai intenzione di mordere nessuno stasera? -

I suoi occhi luminosi si soffermarono sulle mie labbra dipinte di rosso.

- Mi sa di no, non voglio spaventare nessuno -

- Ah, capisco... -

La ragazza rimase un po' delusa, perciò decisi di cambiare argomento.

- E tu da cosa sei vestita? -

- Io? Oh...una tizia di una serie TV, non credo che tu la conosca -

Si lasciò sfuggire una risatina nervosa, arrossendo.

- C-che c'è? -

Divenne ancora più rossa in viso quando si accorse che la stavo guardando.

- Nulla...dovresti girarti giù la gonna -

- O-Oh! Grazie... -

Proprio in quel momento vidi Riccardo che cercava di farsi largo fra la folla, guardandosi intorno disorientato; feci per alzarmi, ma subito dopo mi lasciai ricadere sulla sedia, ribadendo a me stesso che quel ragazzo non aveva bisogno di alcun aiuto.

- Hey, ci sei? -

Noemi mi sventolò una mano davanti al viso.

"Questa scena mi è familiare"

Prima che potesse succedere qualsiasi cosa, trovai una scusa e sgattaiolai in bagno, dove dei ragazzi erano intenti a scambiarsi soldi e piccole bustine di plastica. Mi misi una mano in tasca, da sotto il mantello nero che Matteo mi aveva obbligato a indossare ed esclamai di gioia nella mia mente quando constatai di avere un sacco di soldi in tasca, tutto grazie a Rosanna.

Mi avvicinai a quei ragazzi, i quali non avevano neanche notato la mia presenza.

- Scusate...quanto viene una di quelle? -

Indicai la bustina che uno di loro stringeva gelosamente in una mano.

- Vuoi comprare? -

Quello stesso tizio si rivolse a me con fare arrogante.

- Sì -

- Trenta -

Sospirai.

- Cavolo, è tanto -

- Be', è roba buona -

- Se lo dici tu... -

Gli diedi i soldi e, dopo aver aspettato che li contasse un paio di volte, afferrai il mio acquisto e aprii la porta di uno dei bagni, decidendo di non attendere oltre.

Uscii dopo una decina di minuti, con gli occhi un po' lucidi e la testa che vorticava.

"Diamine, è buona davvero..."

Feci nuovamente il mio ingresso nella sala da ballo, piena di ragazzi e ragazze che si agitavano ancora di più: alcuni di loro si reggevano a malapena in piedi, altri erano avvinghiati e si scambiavano effusioni da far venire il voltastomaco, altri ancora si limitavano a buttar giù bicchieri e bicchieri di drink alcolici.

"Be', sicuramente non sono nella posizione per criticare quello che fanno gli altri"

Stavo per dirigermi di nuovo al bancone, ma un conato di vomito mi colse di sorpresa, facendomi quasi piegare in due, non era sicuramente colpa dei tizi che si baciavano spasmodicamente.

"Cavolo...non sono abituato"

Fuori l'aria era gelida, ma almeno non c'era puzza di sudore mischiato ad alcol.

Mi sedetti su un muretto con la testa fra le gambe, aspettando che la forte sensazione di nausea sparisse, ma fui distratto da altro, dimenticando completamente il dolore allo stomaco.

- La-lasciami...stare... -

Quella voce era fin troppo familiare, tanto che mi si gelò il sangue nelle vene quando capii a chi apparteneva: Riccardo.

- Hey...? C'è qualcuno? -

Mi affacciai dietro una macchina parcheggiata, ma non c'era nessuno, continuai a camminare, sporgendomi dietro ogni automobile.

- Ahi! Ho...detto...lasciami stare! -

- R-Ro?! -

Sentii le gambe cedere e l'ossigeno venir meno.

- Oh, moccioso, che cazzo vuoi? -

Mi aggrappai allo specchietto della macchina per non cadere a terra e osservai il ragazzo che mi stava di fronte: era molto più alto di Riccardo e perfino di me, la maglietta a maniche corte, nonostante il freddo, rivelava delle braccia forti e muscolose, ricoperte di tatuaggi, i capelli erano molto corti e rasati ai lati, scuri come i suoi occhi; quel tipo dimostrava almeno venticinque anni, di sicuro non poteva appartenere alla nostra scuola.

- Tu...che stai facendo? -

La droga non ci aveva messo molto a entrare in circolo, non mi sentivo affatto bene come avevo immaginato, anzi, ero molto confuso e mi ci voleva troppo tempo per formulare delle frasi di senso compiuto, se poi si metteva in conto anche tutto l'alcol che avevo ingerito...

- Vattene, non sono cazzi tuoi -

Poi scosse Riccardo con violenza, facendolo quasi cadere a terra.

- Lo conosci? -

Lui non rispose, ma tenne lo sguardo basso finché l’altro non lo scrollò di nuovo.

- S-sì... -

- Chi è? -

Un'altra spinta.

- U-un mio compagno di classe... -

- Okay, allora adesso digli che non sta succedendo niente e che deve tornarsene a quella fottuta festa, altrimenti lo gonfio di botte -

Riccardo non osò guardarmi, non sapevo se per la vergogna di essere visto in quelle condizioni o perché sapeva che io lo detestavo.

"Già...io lo odio...ha ucciso i miei genitori"

Mi passai una mano sugli occhi umidi, poi li riaprii e cercai di mettere a fuoco la sua immagine: la sua espressione era a dir poco stravolta, le sue mani tremavano violentemente e il suo forte respiro era interrotto dai singhiozzi. L'uomo lo teneva stretto per il colletto della maglia e di tanto in tanto lo scuoteva per spronarlo a parlare, al contempo guardandolo con aria minacciosa. Poi finalmente Riccardo alzò gli occhi e mi rivolse uno sguardo supplichevole, che implorava aiuto. Lo fissai per una manciata di secondi, provavo pietà per lui, perciò mossi un passo avanti, ma mi arrestai quando le immagini di mia madre e mio padre privi di vita mi offuscarono la mente; provai un indescrivibile senso di disgusto, sentii lo stomaco contrarsi in mille nodi e la testa diventare improvvisamente pesante e insostenibile.

"Sei solo...uno schifoso assassino"

Non lo degnai di un'altra occhiata, ma mi allontanai barcollando, deciso a chiamare Matteo e a tornare a casa.

- Hai visto? Il tuo amico è molto obbediente...a differenza tua -

- A-Ale... -

Sentii una botta e la sua voce si spense.

 

 

 

  
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