Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: VeganWanderingWolf    04/07/2017    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 35

(CONVERSAZIONI POST-MORTEM)

 

Danny si sentiva ancora piuttosto stranito, e aveva un discreto sospetto a proposito del fatto che non dipendesse tanto dai postumi del sonnifero che il finto Mordecai aveva somministrato loro per narcotizzarli per ore. O almeno, supponeva si fosse trattato di ore, dal momento che dal salotto-cucina della casa di Mordecai in cui si trovavano non si riusciva a vedere fuori. Le uniche due piccole e strette finestre a lato della porta d’ingresso erano spesse cornici vecchie di legno con incastrati quasi altrettanto spessi vetri impolverati, e perlopiù coperte da pesanti tende che, quand’anche fuori ci fosse stata la luce del giorno, l’avrebbero sicuramente schermata.

Mentre lui, Uther e Mordecai sorseggiavano una tisana dal sapore forte e piuttosto amaro, ma che in qualche modo risultava anche rinfrescante e scorreva come acqua limpida attraverso la gola assetata per le lunghe ore passate tra la coscienza e l’incoscienza e sempre prigionieri nella cantina, seduti attorno allo stesso tavolino al quale il finto Mordecai li aveva fatti accomodare prima, Danny era piuttosto inquietato dal sentirsi in qualche modo osservato dalle decine e decine di volti dei piccoli dipinti disseminati su ogni centimetro disponibile della superficie delle pareti verticali e del soffitto della stanza.

E ora ne era ancora più inquietato di prima, poiché quando erano ritornati su dalla cantina, lui e Uther avevano assistito a qualcosa di quantomeno insolito. Appena Mordecai aveva mosso un paio di passi entro la stanza, tutte le lucine elettriche o costituite da piccole candele disposte davanti ai dipinti, una per ogni ritratto, si erano illuminate quasi contemporaneamente, rischiarando tenuamente la stanza di uno stentoreo ma in qualche modo prepotente bagliore tra il rosato, il giallo e l’arancione spento. Da quello che si poteva vedere, quelle lampadine o lumicini di foggia cimiteriale, anche ammesso che ognuna avesse i suoi fili elettrici nascosti all’interno dei piccoli bracci arzigogolati che le sostenevano davanti ai ritratti, non erano collegate a nessun sistema elettrico generale. Alcune di quelle lucine si erano messe a lampeggiare con svariati ritmi, altre avevano raggiunto la massima intensità come se fossero sul punto di far esplodere la lampadina, e avevano tutte un che di urgentemente fremente.

Uther e Danny si erano lentamente bloccati sul posto, guardando il singolare spettacolo, sospesi tra la curiosità e il sospettoso timore, ma Mordecai aveva tranquillamente proseguito fino al bancone di cucina e aveva iniziato a bollire l’acqua su un fornelletto da laboratorio, per poi selezionare un sacchetto tra l’ampia gamma di quelli disposti sulle mensole, riconoscendolo apparentemente più per forma e colore che per lettura della piccola etichetta di carta vergata con una calligrafia elegante e allo stesso tempo categoricamente sommaria in lingua ebraica.

«La cosa veramente spiacevole, è la confusione che quel fantoccio si è permesso di disseminare tra tutte le mie cose… Ci vorranno giorni per sistemare.» aveva commentato Mordecai a quel punto a mezza voce, con una certa risentita irritazione, suonando come se disapprovasse tanta intrusiva maleducazione, mentre contemplava con aria critica il caos di oggetti e polveri e buste e cucchiai e mestoli disseminato per tutto il banco di cucina e in buona parte anche sulle mensole.

Si era poi voltato verso di loro, notando che erano ancora fermi poco oltre la soglia delle scale che portavano alla cantina, aggiungendo con convinta e sincera gentilezza «Oh, naturalmente senza considerare quello che ha fatto a voi.», prima di notare come i loro sguardi fossero concentrati sulla luminosità delle lampadine senza fili e dei lumicini su tutte le pareti e il soffitto. Lui, dal canto suo, non aveva nemmeno avuto bisogno di seguire la direzione del loro sguardo per comprendere perfettamente quale fosse l’oggetto della loro attenzione. «Non fateci caso. Sono stato via per qualche settimana, come dicevo.»

«Vuole dire che questo è una specie di sistema di antifurto, per caso?» Danny aveva sentito chiedere da Uther, con un chiaro tono ironico, mentre lui non riusciva proprio a staccare lo sguardo da tutti quei piccoli ritratti svariatissimi, sui volti dei quali le lucine gettavano chiaro-scuri più o meno spiccati nel contrasto a seconda dei colori predominanti del dipinto e se si trattava di un olio su tela piuttosto che di vernice di altro tipo, e di quanto fosse più o meno impolverato e spesso il vetro – se c’era – che li ricopriva.

«No. Sono i miei clienti.» aveva risposto Mordecai, con molta calma e neutra disponibilità gentile.

«Ah. Giusto.» aveva commentato Uther, con una punta ancora chiara di ironica condiscendenza momentanea, schioccando appena le labbra.

E Danny, il quale si era sentito rizzare tutti i peli di cui disponeva nella sua forma umana a quella risposta, aveva chiaramente percepito che Uther stava per rivolgere a Mordecai un’altra domanda per chiarimento, o piuttosto un altro commento che non sembrasse una domanda diretta, nel mentre probabilmente cercando di capire se il loro ospite fosse più o meno mentalmente equilibrato o completamente alterato dalla realtà, e nel dubbio rimanendo nel frattempo oscillante anche con le parole tra le due eventualità.

In altre situazioni, Danny avrebbe apprezzato davvero tanto quel modo di fare di Uther, ironico e insieme molto attento e valutante, ma in quel momento si sentiva indeciso tra il precipitarsi verso l’ingresso per uscire il prima possibile da lì oppure tornare in cantina e sbarrare la porta. Quello che si era ritrovato a fare a tutti gli effetti, era stato afferrare Uther per un braccio prima di rendersene conto. Qualcosa in lui sembrava stranamente farlo sentire come se non sapesse come rapportarsi esattamente in quel momento con il dove si trovava e con tutte quelle decine e decine di piccoli ritratti che parevano fissarlo dritto dritto da un'altra dimensione dell’essere, la qual sola idea gli faceva per qualche motivo rivoltare lo stomaco come se fosse sul punto di vomitare l’anima.

Sentendo la salda presa della sua mano sul braccio, Uther aveva immediatamente voltato la testa verso di lui, e anche Mordecai di concerto si era concentrato sul fissarlo.

«Credo che…» aveva iniziato Danny, con voce strozzata, prima di rendersi del tutto conto che non aveva idea di che cosa voleva o poteva dire o perché.

Un istante dopo che era ricaduto quel pesante silenzio in cui quelle lucine illuminavano volti che sembravano fissarlo insistentemente, Danny aveva sentito Uther piegare un poco, lentamente e con calma, il braccio che gli stava tenendo stretto, come per rendere la sua una presa potenzialmente d’appoggio, e iniziare a incamminarsi tranquillamente verso il tavolino, senza staccargli lo sguardo dal volto.

«Credo che potremmo sederci.» aveva semplicemente detto Uther, in qualche modo perfettamente accomodante, come se non volesse fargli pesare nemmeno per un momento quella sua intensa e imperscrutabile incapacità di avere a che fare con quei ritratti illuminati.

Danny aveva assecondato il suo movimento quasi senza rendersene conto, gli occhi ancora incollati alla folla di dipinti, muovendosi automaticamente e con lenta circospezione allo stesso tempo, fino a ritrovarsi seduto al tavolino.

Solo dopo qualche momento aveva realizzato che dovevano essere passati alcuni minuti nel frattempo che lui continuava a cercare di comprendere quella strana sensazione di profondo disagio e inquietudine, come se qualcosa stesse afferrando rapacemente le radici del suo essere e cercando di tirarle in strane direzioni a rischio di strapparne qualcuna, perché aveva sussultato di sorpresa quando aveva sentito la vicina voce di Mordecai elevarsi chiara nel dire «Per favore, signori e signore! Mi rendo conto che sono stato assente per diverse settimane, ma questo comportamento da parte vostra rischia di risultare alquanto offensivo. Come vedete al momento ho ospiti venuti a sottopormi importanti questioni della massima urgenza. E sono certo che nessuno di voi qui ha dimenticato un minimo di decenza a riguardo del come comportarsi decorosamente, nel mentre della mia assenza. Sarò disposto ad ascoltare ognuno di voi per tutto il tempo che sarà necessario, non appena potrò. Vi richiamerò io stesso per stabilire l’urgenza del vostro bisogno di conversare con me. Quindi, dal momento che non c’è altro da aggiungere, ora lasciateci discorrere per un po’, siate cortesi come so che sapete benissimo essere quando solo lo desiderate.»

Danny aveva abbassato, sebbene di malavoglia, lo sguardo su Mordecai, solo per ritrovare che effettivamente lui stava fissando i ritratti, e quindi doveva essersi rivolto proprio a loro. A quel punto, per Danny sarebbe stato arduo dire se avrebbe preferito vedere che non accadeva nulla e che lui e Uther potevano giungere alla conclusione che Mordecai aveva l’abitudine di parlare con qualche oggetto inanimato che a quanto pare collezionava, oppure il contrario. Ma in ogni caso, non aveva osato rialzare lo sguardo sui ritratti, e tuttavia si era dovuto rendere conto che la luce dei loro lumicini e lampadine si andava affievolendo, lasciando più spazio a quella di una piccola lampada di antica foggia appoggiata al centro del tavolino. A quanto pareva, mentre lui restava imbambolato a spiare i ritratti con profondo disagio, Mordecai aveva finito di preparare la tisana, e ora tutti e tre sedevano attorno al tavolino, regolarmente provvisti ognuno della propria tazza fumante.

Ad un certo punto, Danny aveva notato che il loro ospite stava fissando un punto in particolare su una delle pareti, e si era azzardato a spiare in quella direzione, riscontrando che effettivamente c’era un solo ritrattino davanti al quale il lumicino era ancora ostinatamente, sebbene flebilmente, acceso. Gli altri erano tutti spenti, o stavano finendo di spegnersi proprio in quel momento. Mordecai aveva concentrato su quell’unica lucina rimasta accesa un’occhiata particolarmente critica, alzando le sopracciglia per enfatizzare il suo incredulo e risentito stupore, e aveva tamburellato leggermente ma in qualche modo decisamente la punta delle dita sul tavolino in alcuni colpetti netti e veloci, che erano suonati incoraggianti e allo stesso tempo severi. Quell’ultima lucina si era illuminata un poco di più solo per un istante, come rispondendo, e poi si era affievolita fino a spegnersi, con un che di rassegnato.

Danny si era accorto che stava rabbrividendo quasi incontrollabilmente a quel punto, e che decine di brividi freddi gli stavano scorrendo ininterrottamente giù per la schiena, e a quanto pare Uther lo doveva aver sentito tramite il fatto che, a quanto pareva, Danny gli stava ancora tenendo la presa della mano sul braccio. Danny aveva sentito il braccio muoversi appena, come se volesse attirare la sua attenzione, e quando aveva volto lo sguardo verso Uther, lo aveva visto guardarlo per un momento come se stesse cercando di capire che diavolo gli prendesse e allo stesso tempo di suonare rassicurante.

Uther aveva alzato appena la mano in cui teneva la tazza fumante tra i loro volti, come per essere certo di mostrargliela, aveva bevuto un sorso, e con un sorrisetto gli aveva detto «Ho già controllato io. Niente narcotico qui. Puoi berla tranquillamente.»

A quelle parole, Danny aveva sentito le sue sopracciglia aggrottarsi appena, e si era ritrovato a rispondere con una strana e quasi automatica lucidità «Semmai, avrei dovuto controllare io. Sono più resistente di te.»

«Beh, tecnicamente sì, d’accordo. Ma ho pensato che se anche stavolta crollavo come una pera cotta narcotizzato, se tu fossi rimasto ben sveglio avresti potuto sistemare le cose più rapidamente di me.» aveva replicato con calma e una punta di leggero divertimento Uther, facendogli appena l’occhiolino.

Danny si era ritrovato a rispondere a sua volta praticamente subito, entrando senza nemmeno rendersene conto nell’usuale dinamica di confronto, tra la diatriba tattica e l’avere un più o meno valido motivo di discussione giusto per discutere più o meno animatamente, che aveva sempre contraddistinto dopotutto ognuno dei ‘4 di picche’. Aveva sentito la sua stessa voce, seppure impallidita come se fosse indebolita in quel momento, risuonare caparbiamente decisa e allo stesso tempo pulitamente lucida. «La mia eventuale maggiore resistenza è questione di fisicità e sensi. Potrei resistere meglio ad una stessa dose di narcotico rispetto a te, forse. Ma non significa che tu non potresti cavartela bene quanto me nell’aver a che fare con qualche nemico peraltro umano e…»

In quel momento si era bloccato, rendendosi conto che stavano parlando di se e come avrebbero potuto avere buon gioco nell’atterrare in caso di bisogno proprio Mordecai che era seduto allo stesso tavolino e li poteva udire benissimo. Danny aveva girato subito lo sguardo su di lui, impietrito e imbarazzato, praticamente arrossendo. Quegli tuttavia sorseggiava tranquillamente la sua tisana, guardandoli con molta calma al di sopra della tazza, come se stesse semplicemente ascoltando la loro conversazione con attenzione placida.

Danny si era precipitosamente schiarito la voce. «Cioè, non che pensi ce ne sia alcun bisogno, in questo caso!» si era affrettato a dire.

Mordecai aveva abbassato la tazza riappoggiandola sul tavolino, rivelando un sorriso gentile, comprensivo, e anche piuttosto complicemente divertito. «Certo che no.» aveva semplicemente convenuto, annuendo tranquillamente. E Danny si era sentito in dovere di abbassare lo sguardo timidamente, e trovandosi a guardare la sua stessa tazza di tisana ancora intonsa, la aveva subito raccolta, spostando infine la mano dal braccio di Uther, e ne aveva bevuto un’ampia sorsata, rischiando di scottarsi la lingua, come a dimostrazione dell’onestà delle sue parole.

Quando era tornato a guardare Mordecai, sperando che gli avesse creduto senza riserve, si era accorto che l’ometto stava piuttosto occhieggiando tra loro due con un che di affettuosamente compunto ma soddisfatto. E solo allora Danny aveva realizzato che Uther era riuscito a distrarlo da quei ritratti efficacemente, e a farlo riprendere un poco. Quella realizzazione lo aveva piuttosto confuso, per via degli eventi dei giorni recenti, ma soprattutto perché, al di fuori di quei giorni, ricordava bene quante volte era stato così, quanto Uther fosse sempre riuscito a farlo con tanta naturalezza che nemmeno lui se ne accorgeva se non in ritardo.

Era allora stato preso da una sorta di imbarazzo ben diverso, sentendosi quasi in colpa per il risentimento che aveva accumulato nei confronti di Uther negli ultimi giorni, nonostante, ricollezionando le memorie cronachistiche di quanto avvenuto, sul piano logico e pragmatico non gli riuscisse di trovare un motivo per mettere in discussione interamente tutta quell’irritazione e quella devastante sensazione di sfiducia e distanza rispetto all’altro, che lo aveva scavato lentamente da dentro. E forse era perché, ora che ci pensava meglio… forse perché non era solo il rapporto personale tra di loro che tutto quello che era successo metteva in discussione. Più propriamente, era come se rimettesse in discussione le basi sulle quali lui aveva mosso i suoi primi passi per ritornare al mondo degli umani veri e propri, dopo anni di solitudine per i boschi quasi sempre nella sua forma di lupo.

E, d’altro canto, a quel punto rischiava di farlo irritare seriamente con se stesso il fatto che fosse bastato a quel Mordecai così poco per accorgersi di quel legame tra loro dopo averli appena conosciuti, mentre lui avrebbe potuto – e forse dovuto – saperlo molto meglio, e ricordarsene prima e più chiaramente.

Ma poi Mordecai li aveva invitati a spiegargli perché avevano ritenuto di aver bisogno di rivolgersi a lui, e Danny aveva dovuto raccogliere tutta la sua pazienza, poiché dal momento che Uther sembrava molto impegnato a sorseggiare la sua tisana con tutta la tranquillità del mondo come se fosse pacificamente chiaro che non spettava a lui spiegare, si era ritrovato a dover ripetere la storia dall’inizio, stavolta se non altro al vero Mordecai, ma comunque in un’ambientazione decisamente simile a quando lo aveva dovuto fare la prima volta da che avevano messo piede in quella casa dalla quale continuava a sperare di riuscire comunque ad uscire il prima possibile.

Da quando Danny aveva terminato di raccontare, era caduto quello che sembrava un composto silenzio riflessivo. Ma piuttosto che riflettere nuovamente su quello che aveva dovuto di nuovo ripetere, ovviamente debitamente mondando accuratamente il racconto di tutte le parti che riguardavano i dissidi più personali e le eventuali disavventure di lui ed Uther lì a Tairans che non fossero strettamente pertinenti al contesto di ‘un nutrito gruppo di mezzi lupi impazziti che vuole conquistare il mondo’, la sua concentrazione aveva iniziato ad essere nuovamente e assai sgradevolmente calamitata dai numerosi ritratti che ricoprivano le superfici verticali e il soffitto della stanza.

Finché Mordecai non parlò di nuovo, rivolto più direttamente a lui, e si rese conto che lo stava guardando, con cortese calma, ma con un che di particolarmente comprensivo.

«Mi dispiace, per questo. Non avevo riflettuto sul fatto che un mezzo lupo potrebbe sentirsi particolarmente a disagio in questa stanza… » disse semplicemente, con aria sinceramente dispiaciuta per lui.

Danny si sforzò di riprendere un certo controllo su se stesso. «Non importa. Posso resistere tutto il tempo necessario.»

Mordecai annuì rispettosamente, come se volesse far chiaramente intendere che non voleva mettere in dubbio la sua forza di resistenza. «Certamente. Tuttavia, posso appena immaginare quanto le possa risultare fastidioso.»

«Come mai?» domandò Uther, e anche se pure Danny avrebbe voluto porre la stessa domanda dopotutto, per qualche motivo continuava a volerne sapere il meno possibile sull’esatta natura di ciò che lo stava indisponendo a tal punto. Non aveva mai provato nulla di simile, prima di quel momento, in tutta la sua lunga vita, né prima né dopo essere diventato un mezzo lupo.

«Ritengo che… di base… » iniziò Mordecai, mentre Danny si costringeva suo malgrado ad ascoltarlo «Per un mezzo lupo sia molto più profondamente istintivo che per noi esseri umani completi, che abbiamo poi costruito grandi razionalizzazioni, fantasticazioni e religioni in proposito, percepire la divisione tra la vita e la morte come qualcosa di essenzialmente netto, per qualsiasi cosa che si possa considerare vivente.»

Uther inarcò appena un sopracciglio, anche se la sua dubbiosità si stava lentamente stemprando nella più viva curiosità, e Danny iniziò di nuovo a sentirlo come potenzialmente non così al suo fianco come in effetti era: avrebbe preferito, sempre per qualche non meglio individuabile motivo, che cercasse piuttosto di intestardirsi a rifiutare quello che Mordecai stava sottintendendo molto delicatamente e con tanta compassata naturalezza.

«Perché… in questa stanza non è così?» chiese Uther, ancora leggermente ironico, nonostante tutto. Ma la sua credulità ancora sospesa si stava pericolosamente sbilanciando, alle orecchie di Danny, alla disponibilità a concedere a Mordecai un certo credito potenziale.

«Non solo in questa stanza, per la verità. Ma in questa stanza è per ovvi motivi più evidente che, a volte, questa separazione può non essere così netta per alcuni.» rispose Mordecai con la sua compunta tranquillità.

«Quindi, dal momento che lei è un necromante, è in grado di comunicare con le persone qui ritratte, che sono morte?» continuò Uther, evidentemente deciso a dargli corda comunque.

Danny rabbrividì, e, giusto per non riafferrare Uther, perché il suo gesto avrebbe stavolta contenuto un’implicita preghiera di non fare altre domande, si afferrò piuttosto il ginocchio in parte nascosto sotto il tavolino, giusto per aggrapparsi a qualcosa.

«Non esattamente morte, per l’appunto. Ma almeno in parte sì. In buona parte. In sostanza sì, secondo le concezioni di vita e morte più comuni e diffuse nelle culture e concezioni umane.» perfezionò Mordecai. «E… no, non basta essere ‘necromanti’. Occorre anche una notevole predisposizione personale.»

«Come in molte… arti… dopotutto.» commentò Uther, cercando di ridimensionare, sebbene fosse evidentemente ancora incuriosito. «Quindi… come funziona? Comunica con loro tramite codice morse?»

«Prego?» si incuriosì a sua volta Mordecai, come se cercasse di capire perché stesse chiedendo proprio di quel particolare modo di comunicare.

«Le lucine che si spengono e accendono a ritmo…» accennò Uther, lanciando un breve sguardo intorno, lungo le pareti ricoperte di ritratti, in modo illustrativo.

Danny aveva abbassato lo sguardo ostinatamente sul tavolo, e sebbene stesse suo malgrado ancora ascoltando, cercava di pretendere di essere da un’altra parte, e soprattutto non circondato da tutti quei volti ritratti.

«Oh, no, non in questo modo.» scosse un poco la testa Mordecai «Per la verità, fornire una spiegazione per voi comprensibile che non richiedesse come premessa ore di delucidazioni su alcune basi della necromanzia potrebbe essere piuttosto difficoltoso. Tuttavia, per semplificare grossolanamente, se considerate che questi ritratti sono una sorta di porta di comunicazione, e che le lucine servono semplicemente a indicarmi immediatamente e senza dubbio chi e se e quando e quanto desidera comunicare con me, allora…»

«Potremmo… tralasciare questa parte, per favore?» domandò Danny, tra la supplica e i denti stretti.

Uther lo spiò appena per un momento, e Mordecai si limitò a tacere.

«Ma… perché farlo, esattamente? Voglio dire, sanno delle cose che possono risultare interessanti o è solo un… mestiere… una vocazione, o altro…?» domandò tuttavia ancora Uther, lasciando volutamente la domanda aperta ad ogni possibilità, tuttavia continuando a spiare Danny di sottecchi come per sincerarsi delle sue condizioni mano a mano che la conversazione procedeva.

Danny iniziò ad avere la singolare idea che quello potesse essere una specie di modo in cui Uther intendeva, probabilmente inconsapevolmente, ottenere come una leggera sorta di vendetta su di lui; o forse voleva semplicemente vedere, tanto per, fino a che punto potesse arrivare prima di necessitare di precipitarsi fuori da quella stanza e in strada per prendere lunghe boccate di aria fresca e cercare di scacciarsi di dosso quella strisciante sensazione di inquietante brivido freddo che gli percorreva ogni centimetro di pelle.

Mordecai appoggiò la sua tazza sul piattino con calma attenzione, e incrociò le dita delle mani tra loro, appoggiandosi con i gomiti sopra al tavolo con calma, sembrando per qualche motivo molto più simile ad un’impressione di gentile impiegato di sportello di un qualche ufficio, estremamente esperto nel suo lavoro e pazientemente disponibile, e assolutamente non implicato in cose paranormali come la necromanzia. Stava sorridendo in quel suo modo delicatamente e sinceramente cortese.

«Per molti motivi. Dipende dalla persona con cui sto parlando. Con alcuni ho sviluppato una certa confidenza e una buona amicizia, nonostante inizialmente mi parlassero perché io riferissi alcune cose ai loro cari ancora in vita in tutto e per tutto. O per sistemare altre faccende, che eventualmente potevano essermi compensate dai cari stessi ancora in vita. E quando si parla di compenso, quella è la parte che ha a che fare con quello che potreste definire un ‘mestiere’. In altre occasioni ci sono stati scambi di altro tipo, sì, anche di informazioni. Ma non quelle che forse supponi, Uther. Non si tratta di… spiegare la loro condizione per nutrire una specie di mia morbosa curiosità eventualmente mascherata da scopi di ricerca parascientifica. Erano informazioni totalmente riguardanti la realtà dei completamente e unicamente vivi che voi stessi conoscete.»

«Hum… e immagino che occorrerà molto tempo, per sbrigare queste conversazioni…  post-mortem… vista la numerosità dei tuoi ‘clienti’.» constatò Uther, tornando a far scorrere lo sguardo sulle numerose immagini incorniciate. Sfortunatamente per lui, a Danny non fece una buona impressione doversi ricordare, pur senza guardarli, quanto numerosi fossero quei volti ritratti.

«Oh, non particolarmente. In realtà, diversi di loro magari non hanno desiderio o necessità di comunicare con me per mesi o anni. Il tempo per loro è molto più relativo che per noi.» rispose Mordecai.

«Già… o forse dopotutto l’aldilà non è tanto entusiasmante da fornire spunto per tante chiacchiere.» commentò salacemente Uther.

«Chi ha mai parlato di ‘aldilà’?» replicò tranquillamente Mordecai.

«Potremmo concentrarci su altro, per favore?» si ritrovò a domandare Danny, ora decisamente col tono di chi ne ha notevolmente bisogno.

«Sì, certo. Mi dispiace.» disse Mordecai. «Se preferisci, potremmo spostarci al piano di sopra.»

«Non ci sono ritratti anche lì?» chiese Uther.

«No. La parte del piano di sopra è destinata al mio uso abitativo personale. E i miei clienti sono perfettamente consapevoli del fatto che questa è l’unica stanza dove vengono ricevuti.»

«Non ricevi molte visite, vero? Da parte di… ‘completamente vivi’, intendo…» domandò ancora Uther, in tono sottilmente significativo.

Danny gli scoccò un’occhiataccia, ma notò che Mordecai stava sorridendo un po’ più simpaticamente divertito, come se apprezzasse quel tipo di provocazione.

«Non al di fuori del mio orario di ricevimento per quella parte dei miei clienti, no, in effetti. Immagino vi riferiate alle condizioni di questa stanza. Ma non è per far scena davanti allo sguardo di chi desidera comunicare con i suoi cari e non può più farlo senza il mio aiuto, posto che esso possa effettivamente permettere loro di farlo, il che dipende da moltissimi fattori… soprattutto relativi alla condizione di coloro con cui desiderano comunicare, e per il resto essenzialmente dal loro carattere e dai rapporti che hanno con chi vuole comunicare con loro… per cui questa stanza è così isolata rispetto alla luce esterna. In parte, è per permettermi di vedere chiaramente l’eventuale accendersi anche solo debolmente delle luci per una richiesta di comunicazione, e in parte è per creare un ambiente più confortevole per una comunicazione più intima e confidenziale e tranquilla. Alcuni di loro, inoltre, hanno sviluppato una curiosa auto-convinzione di percepire ambienti poco illuminati come più idonei a loro. Ad ogni modo, di solito in piena estate raramente ricevo richieste di appuntamento da completamente vivi. Naturalmente, voi non siete miei clienti, ma ho piena intenzione di aiutarvi per il vostro problema. Che temo non sia solo vostro… e che purtroppo… Ad ogni modo, gli amici di Kumals, e particolarmente nel vostro caso, sono miei amici. Potrete fare su di me pieno affidamento, per tutto ciò che mi sarà possibile fare. Per potervi dire in che cosa potrò effettivamente essere d’aiuto, avrò bisogno di qualche ora per riflettere accuratamente. E, in ogni caso, vale per ora e per il futuro, nel caso doveste tornare ad essere miei lieti ospiti qui…» e qui Danny si rese conto che Mordecai stava guardando in particolare lui ora «Posso assicurarvi senza dubbio questo: con l’eccezione di quel fantoccio che purtroppo vi ha intrappolato e che si spacciava per me, chi entra vivo qui esce altrettanto vivo, e chi vi accede non più completamente vivo, nelle uguali condizioni lascia comunque questo luogo.»

Prima di accorgersene, Danny stava tirando un profondo e udibile sospiro di sollievo. E quando si ritrovò concentrati addosso l’occhiata di Uther tra l’incuriosito, il sorpreso e il piuttosto divertito, e quella intenta e quasi altrettanto gentilmente e sagacemente simpatetica di Mordecai, sospirò di nuovo ma stavolta in modo arreso. Rinunciando persino al sentirsi di nuovo imbarazzato, si limitò ad appoggiarsi pesantemente con le braccia e la fronte sul tavolino davanti a lui.

Ma rialzò la testa, stupito, quando udì improvvisamente una risata breve ma particolarmente cristallina e incredibilmente vitale oltre che sinceramente divertita, e si rese conto che apparteneva al necromante. Quel necromante che sembrava a vedersi un comunissimo impiegato da uffici postali di un’altra epoca, un’epoca dove forse a volte le persone onestamente e umanamente semplici, poteva forse essere che lo fossero genuinamente in profondità, e che indipendentemente dall’arte o dal lavoro che avessero scelto di praticare – o chissà, forse proprio e anche per quello – erano esattamente la stessa persona, che fossero o meno nel loro luogo di “lavoro artigianale”.

 

 

Soundtrack: Dormono sulla collina (Fabrizio De André)

(perché, trattandosi di storie di persone non più in vita, non potevo non pensare a ‘Antologia di Spoon River’ di Edgar Lee Masters)

 

 

Note dello scribacchiatore: anche se temo che questo capitolo mi sia venuto scritto in maniera piuttosto… avviluppata su se stessa diciamo?... e che possa quindi risultare un po’ pesante alla lettura, per quanto lo abbia riletto (e comunque risistemato, insomma, ci ho provato eh? :p), continua per il momento a piacermi abbastanza così… mi sembra uno stile abbastanza adatto al personaggio di Mordecai, alla sua casa e alla sua… già, “arte” ;p

Ed ecco ancora due dei ‘4 di picche’ “in action” in combo… io li trovo sempre divertenti.

Ed ecco (per chi se lo fosse dimenticato da quando l’ho scritto in una nota precedente, non che abbia comunque un’importanza capitale ricordarselo) il completamento del gioco speculare di cui vi avevo detto, alias: come abbiamo avuto le ‘conversazioni pre-mortem’, ecco quelle ‘post-mortem’ ;)

Al prossimo capitolo!

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: VeganWanderingWolf