Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    04/07/2017    5 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VERITÁ

Parte seconda

 

“Ave” salutò Keros, con lo sguardo rivolto verso l’Arcangelo, che fluttuava sulla sua testa.

Pioveva e non trovò altro da dire. Mihael a sua volta rimase in silenzio. Poi si decise a parlare, indicando il fagotto con il cadavere.

“Empio demone!” si accigliò “Hai ucciso un’innocente”.

“Innocente…” ridacchiò Keros, avvicinandosi al bordo della terrazza.

“Non osare profanare un corpo umano in questo modo!”.

“Sapessi in quanti altri modi è stato profanato…” borbottò piano il principe, poi rivolgendo un semplice sguardo all’Arcangelo e poggiando il cadavere in terra.

“Dovevo ucciderti quando eri un bambino. Avrei salvato delle vite” proseguì Mihael.

“Può darsi…”.

“Credi forse di prendermi in giro, immonda creatura?”.

“No. Ma avrei da fare. Non ti si bagnano le penne sotto la pioggia?”.

Keros era decisamente infastidito. Aveva sempre odiato quell’Arcangelo ed ora, osservandolo, lo trovava doppiamente irritante. E le parole di Lucifero lo facevano rabbrividire.

“Quale orrendo sotterfugio…”.

Mihael scese e poggiò i piedi sulla terrazza. Si udì il clangore dell’armatura che indossava. Nonostante la pioggia, quella creatura angelica era perfetta. Non un capello fuori posto, non una sola penna umida. E con il lungo mantello rosso che pareva mosso dal vento. Keros, al contrario, era bagnato fradicio. Sperava di riuscire almeno a rientrare in casa, ma l’Arcangelo si era piazzato davanti alla porta, spalancando le ali aranciate.

“Di che sotterfugio vai vaneggiando?” sbuffò il giovane “E, comunque, se vi da tanto fastidio il cadavere, lo lascio lì. Arrangiatevi voialtri angioletti. Basta che ti levi dalle palle. Ho freddo”.

“Parlo dei discorsi deliranti del tuo sovrano”.

“Ci stavi spiando? Certo che non avete proprio un cazzo da fare in cielo…”.

“Il mio compito è sorvegliare il re degli Inferi. E di conseguenza ho udito le vostre chiacchiere. Comprendo il voler ingannare me e le volte celesti, ma raccontare simili menzogne anche al proprio figlio…”.

“Io non sono suo figlio”.

 “Probabilmente non vuole che si sappia. Perché il figlio del caduto non può che essere eliminato”.

“Io non sono suo figlio. E non voglio discutere di questo. Voglio solo tornare a casa”.

“Non crederai mica a quelle parole? Credi che un Arcangelo possa cedere a simili bassi istinti e congiungersi carnalmente con una demone?”.

“No. Ma credo che un angelo possa innamorarsi. L’amore non è un peccato, giusto?”.

“L’unico amore concesso a quelli della mia stirpe è l’amore per Dio”.

“Senti… A me non frega un cazzo. Ok? Voglio lasciarmi alle spalle questa giornata e…”.

“E riprendere quanto prima ad uccidere innocenti?”.

“Ed aridaie con ‘sti innocenti! Non sono innocenti. Sono solo stupidi. Lei ha ceduto a me la sua anima, di sua volontà. Non l’ho chiesta io. Credimi, era davvero un’anima schifosa”.

“Non sta a te giudicarlo”.

Mihael mostrò la spada e Keros alzò le mani al petto.

“Sono disarmato” disse, osservando la lama “E non so volare. Ho detto che torno a casa, di mia spontanea volontà”.

“Devo punirti. Per tutte le vite che hai sottratto”.

L’Arcangelo iniziò a pronunciare una formula in latino, Keros alzò un sopracciglio.

“Per essere uno che spia…” commentò il principe, incrociando le braccia “…devi essere un po’ sordo. Gli esorcismi su di me non funzionano”.

La creatura celeste rimase qualche istante piuttosto perplessa. Provò dei versi differenti, ma non ottenne comunque il risultato sperato.

“Capisco…” si ricompose “Come figlio del traditore, devi avere qualche capacità particolare”.

“Va bene… È come dici tu. Ora però voglio andarmene da qui. Vogliamo entrambi la stessa cosa, no? Che io torni a casa, non è così? Puoi osservarmi mentre me ne vado, se ti va”.

“Mostrami i segni che hai sul corpo”.

“Che…?”.

“I segni di cui parlava il caduto. Mostrameli”.

“Non ci penso proprio. Perché dovrei farlo?”.

“Mostrameli!”.

“Non prendo ordini da un piumino in armatura e gonnella!”.

Mihael scattò in avanti, con l’intento di afferrare il braccio di Keros, che indietreggiò. L’ Arcangelo però era assolutamente deciso a capire di che segni avessero parlato in precedenza i due demoni e quindi tentò di avvicinarsi ancora. I due si guardarono negli occhi qualche istante. Lo sguardo ambrato di Keros e quello azzurro cielo di Mihael erano entrambi illuminati, brillavano. In una frazione di secondo, le loro forze si incontrarono. Il fuoco dell’Arcangelo si sprigionò ma qualcosa in Keros si accese. Non le solite fiamme ma bensì un’energia diversa, che bloccò il colpo della creatura celeste. L’impatto fra le due energie fu così violento che i due furono scaraventati ai lati opposti della terrazza, iniziando a precipitare al piano di sotto.

 

“Perdonatemi, maestà, ma questa volta devo rimproverarvi” si rabbuiò Lilith, seguendo il re lungo i corridoi “Lasciare un ragazzo da solo, dopo una notizia del genere…”.

“Non mi sembrava scosso!” si affrettò a dire Lucifero, rientrando nelle sue stanze.

“Keros è fatto così. Vuole dimostrarvi di essere forte. Sempre. Ma è ancora molto giovane. Io non so chi sia suo padre, e quanto sconvolgente possa essere la cosa, ma è comunque una notizia che cambia la vita. Magari non è in grado di esprimerlo a parole, ma ritengo che abbia bisogno di una persona accanto”.

“Io non sono di certo il più adatto. Cianciare non è mai stato il mio forte”.

“Ma incoraggiare sì. Inoltre voi siete un padre per il principe. Non rivelerò ad altri la verità. Nessuno saprà che non è vostro figlio se non sarà lui stesso a volerlo rivelare”.

“Ti ringrazio. Ha chiesto di essere annunciato come ereditario”.

“E voi che pensate di fare?”.

“Accontentarlo. Però questo è stato prima che…”.

“Tornate immediatamente da quel ragazzo. Ha bisogno di voi, adesso. Dovete parlarne. Anche se non è vostro figlio, lui…”.

“Ti sbagli. Non sarà sangue del mio sangue ma lui è mio. Lui è mio figlio. Lui è unico. E voglio solo che sia felice”.

“E allora non dovreste stare qui”.

Il re e la demone si fissarono. Lei sorrise.

“Non so fare molto il padre…” ammise Lucifero.

“Fare il genitore è molto più difficile che regnare su un branco di demoni”.

“Puoi dirlo…”.

“Ma voi siete di certo in grado di fare bene entrambi”.

“Mia cara… Sai sempre come adularmi. È per questo che ti adoro”.

 

Mihael aprì le ali ed attutì la caduta. Si scosse, non capendo bene quel che fosse successo. Che razza di demone si ritrovava ad affrontare? Ancora aveva impressi quegli occhi.

“Carmilla…” mormorò, senza pensarci.

Nella sua mente balenò un ricordo. Ma l’Arcangelo scosse la testa: doveva essere l’ennesimo inganno diabolico. Cercò con lo sguardo il suo avversario e trasalì nel vederlo in terra. Era avvolto da una luce argentea, o così gli parve in un primo momento. Guardando meglio, Mihael si accorse che quella luce erano in realtà giovani e sottili ali angeliche. Avvertì la propria sicurezza vacillare.

“Ragazzo” lo chiamò, non sapendo che nome evocare “Tutto bene?”.

Keros, stordito, non rispose. Aprì gli occhi, sentendo la voce dell’Arcangelo. I due non erano vicini, le energie sprigionate li avevano scagliati in punti diversi, ma comunque il giovane provò un certo timore. Un attacco, ora, non era in grado di sopportarlo. E cos’era quella luce? Non capiva…

“Ragazzo…” di nuovo la voce di Mihael risuonò fra la pioggia.

Ora anche lui era bagnato, la pioggia cadeva fra i capelli biondo scuro, lanciando riflessi con la luce dell’aureola.

Nel frattempo, Lucifero aveva usato il portale all’interno della casa e si guardava attorno, in cerca di Keros.

“C’è nessuno?” gridò, giocherellando con i tasti del pianoforte e cercando di percepire qualche suono “Sei già di nuovo al lavoro?”.

Stette attento a non rivelare troppe informazioni, non sapendo se ci fosse qualche estraneo in casa. Poi girò l’occhio arancio verso il giardino e vide Keros in terra. Le ali, una volta che il giovane aveva ripreso i sensi, si erano dissolte. Il re, non percependo entità estranee, fece comparire le proprie e le usò per coprire il principe dalla pioggia battente. Mihael, vedendolo arrivare, non aveva potuto fare altro che andarsene senza farsi vedere, con la testa piena di strani pensieri.

“Stai bene?” domandò Lucifero.

Keros annuì, felice nel vedere quelle ali nere coprirlo e proteggerlo dal temporale.

“Cos’è successo?” continuò il demone, notando una piuma di Mihael.

“Io… Non lo so” ammise il giovane “Ero sulla terrazza. E poi… Non so”.

“In terrazza?”.

Lucifero si voltò e vide la terrazza in questione.

“Come ci sono arrivato qui?” si chiese Keros, mettendosi a sedere “Intendo… Senza uccidermi!”.

“Non ne ho idea. Ma sai… A volte capitano le botte di culo” cercò di sdrammatizzare il re.

“Ricordo solo che c’era Mihael”.

“Ricorderai. Ora sei scosso. Che dici, torniamo a casa? Vedrai che con una bella dormita poi ti sarà tutto più chiaro”.

 

“Come quando ero piccolo” si ritrovò a pensare Keros, una volta in camera.

Lui, a letto con un mezzo sorriso, e Lucifero, che controllava in modo ossessivo che andasse tutto bene.

“Sto bene” ripeté, per l’ennesima volta, il principe “Voglio scordare questa giornata. Fingere che non sia mai successa. Fingere di non sapere”.

“Non è negando ciò che sei che troverai la felicità” lo rimproverò, velatamente, il re.

“E che alternativa ho? Non posso svelare a tutti la verità. Finirei ucciso. E poi… mi disgusta. Io odio Mihael”.

Lucifero non disse nulla. Non poteva di certo iniziare discorsi sul fatto che non di devono odiare i propri genitori… Osservò lo squarcio nel bell’abito di Keros e tornò a chiedere se fosse ferito.

“Sto bene!” sbottò il principe “Solo qualche graffio e botta”.

“Ok… Quindi dimentichiamo la giornata di oggi. E poi? Ora che si fa?”.

“Io… Voglio essere mandato nelle terre del nord ad addestrarmi a combattere”.

“Keros… Non serve! Hai già l’addestramento di Asmodeo”.

“Be’, non è servito! Quando ho avuto davanti quello stronzo di Mihael, non ho saputo far niente!”.

“Mihael è il peggiore che un demone possa incontrare. Quasi nessuno sa come fronteggiarlo”.

“Non importa. Io voglio diventare più forte. Voglio saperlo combattere. Voglio ficcargli dove dico io quella sua cazzo di spada!”.

“Ok…”.

Il re era perplesso, non sapeva se quella rabbia fosse sincera o solo frutto del momentaneo shock.

“E voglio essere l’ereditario” continuò il ragazzo, accigliato “Lo pretendo. È tutta una vita che vengo cresciuto per questo”.

“Va bene. Organizzerò la tua partenza per le terre del nord. E prima che tu vada, annuncerò a tutti che sei il principe ereditario. Va bene?”.

“E non voglio mai più sentir dire che quello è mio padre. Sei tu mio padre. Io sono un demone”.

“D’accordo”.

Scese il silenzio. Lo sguardo di Keros si velò leggermente di tristezza e sospirò. Poi tornò a guardare il re, che cercava di capire come si fosse creato quello squarcio sulla veste del principe.

“Grazie per essermi venuto a prendere” mormorò il giovane.

“Era mio dovere. Anzi… Scusami per essermene andato. Insieme avremmo spiumato quel rompicoglioni di Mihael!”.

“Sarà per la prossima volta” risero insieme.

“Ora riposa” lo salutò il re “Ti farò confezionare nuovi vestiti”.

 

Lucifero subito si operò per accontentare i desideri di Keros. Asmodeo trovò l’idea dell’addestramento extra ottima. Specie dopo aver appurato che gli angeli avevano evidentemente preso di mira quel poveretto! Ma doveva essere per via del suo potere, per il numero di anime che aveva condotto all’Inferno.

“Sicuro non sia troppo duro? Nelle terre del nord vengono solitamente mandati i demoni traditori o coloro che necessitano di un qualche tipo di punizione” chiese, perplesso, il sovrano.

“Maestà” sorrise Asmodeo “Tutti i giovani demoni si sottopongono ad addestramento militare. Il fatto che lui voglia intraprendere un periodo al nord è segno di grande coraggio. Il popolo apprezzerà ancora di più il suo valore”.

“Dici?”.

“Per essere accettato come figlio del re, specie se sarà nominato ereditario a tutti gli effetti, dovrà fare molto. Voi vi siete guadagnato la vostra posizione con il sangue”.

“Noi siamo una generazione diversa” sospirò Lucifero, alzando gli occhi verso uno dei quadri con Keros da bambino “Ed il tempo scorre così in fretta adesso. Una volta, non sembrava passare mai. Da quando c’è Keros, invece, per me va tutto di corsa. Ed anche nel mondo umano cambia tutto di corsa. Forse la nostra generazione dovrebbe farsi da parte”.

“Forse la nostra generazione dovrebbe guidare la nuova, affinché possa raggiungere le stesse mete”.

“Chissà…”.

La coda del re ondeggiava, arricciandosi. L’idea di tornare di nuovo a sedersi in ufficio a fare sempre le stesse cose gli provocò un certo fastidio. Non  era per nulla sicuro che quello fosse il destino del suo piccolo cucciolo demoniaco ma si sforzò di convincersi che era quello che lui voleva, quello lo rendeva felice.

 

Non passarono due ore prima che una delle ancelle accorresse a chiamare il re, piuttosto preoccupata.

“Il principe” parlò, facendo un inchino “Chiede di voi, maestà. Non esce dalla sua stanza e grida che vuole vedervi”.

Lucifero non diede modo alla donna di dire altro e salì di sopra, a passo svelto lungo le scale che lo conducevano ai piani superiori. Il corridoio con le stanze di Keros era buio, spoglio. Il giovane non aveva ancelle personali, non aveva consorti e preferiva passare il suo tempo nel mondo degli umani. Il demone raggiunse la porta, davanti alla quale si erano radunate delle serve curiose.

“Sparite” diede ordine il sovrano “Tornate al lavoro”.

Sì udì un “Povero ragazzo”, assieme a “Chissà cosa gli è capitato” e “Mihael lo ha ferito?”. Lo sguardo di Lucifero si fece minaccioso, e tutte si allontanarono alla svelta.

“Sono qui” esordì poi, entrando nella stanza del principe.

Keros era ancora a letto, ma nascosto dalle coperte. Si intravedeva solo mezzo occhio ed un ciuffo rosso.

“Che combini?”.

“Hai chiuso la porta?” mugugnò il ragazzo.

“Sì…”.

“E non c’è gente fuori?”.

“No. Che succede?”.

Keros si rialzò lentamente, guardò il sovrano con un’espressione leggermente impaurita. Lucifero non disse nulla. Inclinò la testa ed attese. Il ragazzo sospirò ed abbassò il lenzuolo, permettendo alle ali argentee di aprirsi. Il demone rimase senza parole, alzò gli occhi, sforzandosi di richiudere la bocca che si era aperta in un’espressione di stupore.

“Sono…” mormorò.

“Sono ali!” gridò Keros “Ali piumate! Sono… sono…”.

“Sono magnifiche!” lo interruppe il re, avvicinandosi per sfiorarle con le dita “Mai prima d’ora ho visto ali d’angelo d’argento. Sembrano fatte con la luce delle stelle”.

“Che…?”.

Il re le accarezzò. Erano ancora molto giovani e fragili, quasi impalpabili, piccole rispetto alle dimensioni che avrebbero dovuto avere su una schiena adulta.

“Cosa ci fanno lì?!” riprese Keros “Io dormivo e…”.

“Sono loro che ti hanno salvato quando sei caduto dalla terrazza, evidentemente”.

“Toglile!”.

“Come..?”.

“Levamele! Ci deve essere un modo! Io non le voglio!”.

“Keros… È tutta una vita che vuoi volare!”.

“Sì ma non con queste cose piumose! Come faccio a stare all’Inferno con loro?!”.

“Quello non è un problema…”.

Il sovrano sorrise, nonostante lo sguardo terrorizzato di Keros.

“Rilassati” lo invitò “Chiudi gli occhi”.

Il principe non obbedì subito. Il re lo invitò di nuovo a rilassarsi.

“Ora fai un respiro” continuò Lucifero “E chiudile”.

Keros, a fatica, obbedì. Una volta chiuse, le ali svanirono.

“Visto?” ammiccò Lucifero “Funzionano come tutte le nostre ali. Le apri e le fai comparire quando ne hai bisogno”.

“Ma io non ne ho bisogno. Non le voglio! E perché si erano aperte così, a caso?”.

“Forse hai sognato di cadere. Non preoccuparti. Controllarle è facile, ma all’inizio ti dovrai impegnare un pochino”.

“Non voglio. Levamele. Estirpamele! Strappale! Dai loro fuoco!”.

“Tu sei nato così, piccolo mio. Il fuoco, lo stesso che ha lasciato quei disegni su di te, aveva incenerito le piccole ali neonate che avevi. Ma ora che sei cresciuto, sono tornate”.

“Ed io non le voglio. Io sono un demone!”.

“E allora comportati da demone. E queste cadranno e diverranno come le ali da demone”.

Il principe si ammutolì. L’idea di avere ali maledette gli piaceva.

“Fra tre giorni ci sarà la cerimonia” cambiò argomento il re “Il tempo di farti preparare un abito degno di quel che sei e sarai. Nel frattempo, riposati. Rilassati. E non guardarmi con quell’aria da cucciolo…”.

“Io… Io sono un demone, vero?”.

“Tu sei ciò che vuoi essere, Keros. Te l’ho sempre detto”.

 

Ecco la seconda parte. Nel prossimo capitolo lo farò divertire un po’. Poveretto, non si diverte mai :P

   
 
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