16
VERITÁ
Parte
seconda
“Ave” salutò Keros,
con lo sguardo rivolto
verso l’Arcangelo, che fluttuava sulla sua testa.
Pioveva e non trovò altro da dire.
Mihael
a sua volta rimase in silenzio. Poi si decise a parlare, indicando il
fagotto
con il cadavere.
“Empio demone!” si
accigliò “Hai ucciso
un’innocente”.
“Innocente…”
ridacchiò Keros, avvicinandosi
al bordo della terrazza.
“Non osare profanare un corpo umano in
questo modo!”.
“Sapessi in quanti altri modi
è stato profanato…”
borbottò piano il principe, poi rivolgendo un semplice
sguardo all’Arcangelo e
poggiando il cadavere in terra.
“Dovevo ucciderti quando eri un bambino.
Avrei salvato delle vite” proseguì Mihael.
“Può
darsi…”.
“Credi forse di prendermi in giro,
immonda
creatura?”.
“No. Ma avrei da fare. Non ti si bagnano
le penne sotto la pioggia?”.
Keros era decisamente infastidito. Aveva
sempre odiato quell’Arcangelo ed ora, osservandolo, lo
trovava doppiamente
irritante. E le parole di Lucifero lo facevano rabbrividire.
“Quale orrendo
sotterfugio…”.
Mihael scese e poggiò i piedi sulla
terrazza. Si udì il clangore dell’armatura che
indossava. Nonostante la
pioggia, quella creatura angelica era perfetta. Non un capello fuori
posto, non
una sola penna umida. E con il lungo mantello rosso che pareva mosso
dal vento.
Keros, al contrario, era bagnato fradicio. Sperava di riuscire almeno a
rientrare in casa, ma l’Arcangelo si era piazzato davanti
alla porta,
spalancando le ali aranciate.
“Di che sotterfugio vai
vaneggiando?”
sbuffò il giovane “E, comunque, se vi da tanto
fastidio il cadavere, lo lascio
lì. Arrangiatevi voialtri angioletti. Basta che ti levi
dalle palle. Ho freddo”.
“Parlo dei discorsi deliranti del tuo
sovrano”.
“Ci stavi spiando? Certo che non avete
proprio un cazzo da fare in cielo…”.
“Il mio compito è sorvegliare
il re degli
Inferi. E di conseguenza ho udito le vostre chiacchiere. Comprendo il
voler
ingannare me e le volte celesti, ma raccontare simili menzogne anche al
proprio
figlio…”.
“Io non sono suo figlio”.
“Probabilmente
non vuole che si sappia. Perché
il figlio del caduto non può che essere eliminato”.
“Io non sono suo figlio. E non voglio
discutere di questo. Voglio solo tornare a casa”.
“Non crederai mica a quelle parole? Credi
che un Arcangelo possa cedere a simili bassi istinti e congiungersi
carnalmente
con una demone?”.
“No. Ma credo che un angelo possa
innamorarsi. L’amore non è un peccato,
giusto?”.
“L’unico amore concesso a
quelli della mia
stirpe è l’amore per Dio”.
“Senti… A me non frega un
cazzo. Ok? Voglio
lasciarmi alle spalle questa giornata e…”.
“E riprendere quanto prima ad uccidere
innocenti?”.
“Ed aridaie con ‘sti innocenti!
Non sono
innocenti. Sono solo stupidi. Lei ha ceduto a me la sua anima, di sua
volontà.
Non l’ho chiesta io. Credimi, era davvero un’anima
schifosa”.
“Non sta a te giudicarlo”.
Mihael mostrò la spada e Keros
alzò le
mani al petto.
“Sono disarmato” disse,
osservando la lama
“E non so volare. Ho detto che torno a casa, di mia spontanea
volontà”.
“Devo punirti. Per tutte le vite che hai
sottratto”.
L’Arcangelo iniziò a
pronunciare una
formula in latino, Keros alzò un sopracciglio.
“Per essere uno che
spia…” commentò il
principe, incrociando le braccia “…devi essere un
po’ sordo. Gli esorcismi su
di me non funzionano”.
La creatura celeste rimase qualche istante
piuttosto perplessa. Provò dei versi differenti, ma non
ottenne comunque il
risultato sperato.
“Capisco…” si
ricompose “Come figlio del
traditore, devi avere qualche capacità
particolare”.
“Va bene… È come
dici tu. Ora però voglio
andarmene da qui. Vogliamo entrambi la stessa cosa, no? Che io torni a
casa,
non è così? Puoi osservarmi mentre me ne vado, se
ti va”.
“Mostrami i segni che hai sul
corpo”.
“Che…?”.
“I segni di cui parlava il caduto.
Mostrameli”.
“Non ci penso proprio. Perché
dovrei
farlo?”.
“Mostrameli!”.
“Non prendo ordini da un piumino in
armatura e gonnella!”.
Mihael scattò in avanti, con
l’intento di
afferrare il braccio di Keros, che indietreggiò.
L’ Arcangelo però era
assolutamente deciso a capire di che segni avessero parlato in
precedenza i due
demoni e quindi tentò di avvicinarsi ancora. I due si
guardarono negli occhi
qualche istante. Lo sguardo ambrato di Keros e quello azzurro cielo di
Mihael
erano entrambi illuminati, brillavano. In una frazione di secondo, le
loro
forze si incontrarono. Il fuoco dell’Arcangelo si
sprigionò ma qualcosa in
Keros si accese. Non le solite fiamme ma bensì
un’energia diversa, che bloccò
il colpo della creatura celeste. L’impatto fra le due energie
fu così violento
che i due furono scaraventati ai lati opposti della terrazza, iniziando
a
precipitare al piano di sotto.
“Perdonatemi, maestà, ma
questa volta devo
rimproverarvi” si rabbuiò Lilith, seguendo il re
lungo i corridoi “Lasciare un
ragazzo da solo, dopo una notizia del genere…”.
“Non mi sembrava scosso!” si
affrettò a
dire Lucifero, rientrando nelle sue stanze.
“Keros è fatto
così. Vuole dimostrarvi di
essere forte. Sempre. Ma è ancora molto giovane. Io non so
chi sia suo padre, e
quanto sconvolgente possa essere la cosa, ma è comunque una
notizia che cambia
la vita. Magari non è in grado di esprimerlo a parole, ma
ritengo che abbia
bisogno di una persona accanto”.
“Io non sono di certo il più
adatto.
Cianciare non è mai stato il mio forte”.
“Ma incoraggiare sì. Inoltre
voi siete un
padre per il principe. Non rivelerò ad altri la
verità. Nessuno saprà che non è
vostro figlio se non sarà lui stesso a volerlo
rivelare”.
“Ti ringrazio. Ha chiesto di essere
annunciato come ereditario”.
“E voi che pensate di fare?”.
“Accontentarlo. Però questo
è stato prima
che…”.
“Tornate immediatamente da quel ragazzo.
Ha bisogno di voi, adesso. Dovete parlarne. Anche se non è
vostro figlio,
lui…”.
“Ti sbagli. Non sarà sangue
del mio sangue
ma lui è mio. Lui è mio figlio. Lui è
unico. E voglio solo che sia felice”.
“E allora non dovreste stare
qui”.
Il re e la demone si fissarono. Lei
sorrise.
“Non so fare molto il
padre…” ammise
Lucifero.
“Fare il genitore è molto
più difficile
che regnare su un branco di demoni”.
“Puoi dirlo…”.
“Ma voi siete di certo in grado di fare
bene entrambi”.
“Mia cara… Sai sempre come
adularmi. È per
questo che ti adoro”.
Mihael aprì le ali ed attutì
la caduta. Si
scosse, non capendo bene quel che fosse successo. Che razza di demone
si
ritrovava ad affrontare? Ancora aveva impressi quegli occhi.
“Carmilla…”
mormorò, senza pensarci.
Nella sua mente balenò un ricordo. Ma
l’Arcangelo scosse la testa: doveva essere
l’ennesimo inganno diabolico. Cercò
con lo sguardo il suo avversario e trasalì nel vederlo in
terra. Era avvolto da
una luce argentea, o così gli parve in un primo momento.
Guardando meglio,
Mihael si accorse che quella luce erano in realtà giovani e
sottili ali
angeliche. Avvertì la propria sicurezza vacillare.
“Ragazzo” lo chiamò,
non sapendo che nome
evocare “Tutto bene?”.
Keros, stordito, non rispose. Aprì gli
occhi, sentendo la voce dell’Arcangelo. I due non erano
vicini, le energie
sprigionate li avevano scagliati in punti diversi, ma comunque il
giovane provò
un certo timore. Un attacco, ora, non era in grado di sopportarlo. E
cos’era
quella luce? Non capiva…
“Ragazzo…” di nuovo
la voce di Mihael
risuonò fra la pioggia.
Ora anche lui era bagnato, la pioggia
cadeva fra i capelli biondo scuro, lanciando riflessi con la luce
dell’aureola.
Nel frattempo, Lucifero aveva usato il
portale all’interno della casa e si guardava attorno, in
cerca di Keros.
“C’è
nessuno?” gridò, giocherellando con i
tasti del pianoforte e cercando di percepire qualche suono
“Sei già di nuovo al
lavoro?”.
Stette attento a non rivelare troppe
informazioni, non sapendo se ci fosse qualche estraneo in casa. Poi
girò l’occhio
arancio verso il giardino e vide Keros in terra. Le ali, una volta che
il
giovane aveva ripreso i sensi, si erano dissolte. Il re, non percependo
entità
estranee, fece comparire le proprie e le usò per coprire il
principe dalla
pioggia battente. Mihael, vedendolo arrivare, non aveva potuto fare
altro che
andarsene senza farsi vedere, con la testa piena di strani pensieri.
“Stai bene?” domandò
Lucifero.
Keros annuì, felice nel vedere quelle
ali
nere coprirlo e proteggerlo dal temporale.
“Cos’è
successo?” continuò il demone,
notando una piuma di Mihael.
“Io… Non lo so”
ammise il giovane “Ero
sulla terrazza. E poi… Non so”.
“In terrazza?”.
Lucifero si voltò e vide la terrazza in
questione.
“Come ci sono arrivato qui?” si
chiese
Keros, mettendosi a sedere “Intendo… Senza
uccidermi!”.
“Non ne ho idea. Ma sai… A
volte capitano
le botte di culo” cercò di sdrammatizzare il re.
“Ricordo solo che c’era
Mihael”.
“Ricorderai. Ora sei scosso. Che dici,
torniamo a casa? Vedrai che con una bella dormita poi ti
sarà tutto più chiaro”.
“Come quando ero piccolo” si
ritrovò a
pensare Keros, una volta in camera.
Lui, a letto con un mezzo sorriso, e
Lucifero, che controllava in modo ossessivo che andasse tutto bene.
“Sto bene” ripeté,
per l’ennesima volta,
il principe “Voglio scordare questa giornata. Fingere che non
sia mai successa.
Fingere di non sapere”.
“Non è negando ciò
che sei che troverai la
felicità” lo rimproverò, velatamente,
il re.
“E che alternativa ho? Non posso svelare
a
tutti la verità. Finirei ucciso. E poi… mi
disgusta. Io odio Mihael”.
Lucifero non disse nulla. Non poteva di
certo iniziare discorsi sul fatto che non di devono odiare i propri
genitori…
Osservò lo squarcio nel bell’abito di Keros e
tornò a chiedere se fosse ferito.
“Sto bene!” sbottò
il principe “Solo
qualche graffio e botta”.
“Ok… Quindi dimentichiamo la
giornata di
oggi. E poi? Ora che si fa?”.
“Io… Voglio essere mandato
nelle terre del
nord ad addestrarmi a combattere”.
“Keros… Non serve! Hai
già l’addestramento
di Asmodeo”.
“Be’, non è servito!
Quando ho avuto
davanti quello stronzo di Mihael, non ho saputo far niente!”.
“Mihael è il peggiore che un
demone possa
incontrare. Quasi nessuno sa come fronteggiarlo”.
“Non importa. Io voglio diventare
più
forte. Voglio saperlo combattere. Voglio ficcargli dove dico io quella
sua
cazzo di spada!”.
“Ok…”.
Il re era perplesso, non sapeva se quella
rabbia fosse sincera o solo frutto del momentaneo shock.
“E voglio essere
l’ereditario” continuò il
ragazzo, accigliato “Lo pretendo. È tutta una vita
che vengo cresciuto per
questo”.
“Va bene. Organizzerò la tua
partenza per
le terre del nord. E prima che tu vada, annuncerò a tutti
che sei il principe
ereditario. Va bene?”.
“E non voglio mai più sentir
dire che
quello è mio padre. Sei tu mio padre. Io sono un
demone”.
“D’accordo”.
Scese il silenzio. Lo sguardo di Keros si
velò leggermente di tristezza e sospirò. Poi
tornò a guardare il re, che
cercava di capire come si fosse creato quello squarcio sulla veste del
principe.
“Grazie per essermi venuto a
prendere”
mormorò il giovane.
“Era mio dovere. Anzi… Scusami
per
essermene andato. Insieme avremmo spiumato quel rompicoglioni di
Mihael!”.
“Sarà per la prossima
volta” risero
insieme.
“Ora riposa” lo
salutò il re “Ti farò
confezionare nuovi vestiti”.
Lucifero subito si operò per
accontentare
i desideri di Keros. Asmodeo trovò l’idea
dell’addestramento extra ottima. Specie
dopo aver appurato che gli angeli avevano evidentemente preso di mira
quel poveretto!
Ma doveva essere per via del suo potere, per il numero di anime che
aveva
condotto all’Inferno.
“Sicuro non sia troppo duro? Nelle terre
del nord vengono solitamente mandati i demoni traditori o coloro che
necessitano di un qualche tipo di punizione” chiese,
perplesso, il sovrano.
“Maestà” sorrise
Asmodeo “Tutti i giovani
demoni si sottopongono ad addestramento militare. Il fatto che lui
voglia
intraprendere un periodo al nord è segno di grande coraggio.
Il popolo
apprezzerà ancora di più il suo valore”.
“Dici?”.
“Per essere accettato come figlio del re,
specie se sarà nominato ereditario a tutti gli effetti,
dovrà fare molto. Voi vi
siete guadagnato la vostra posizione con il sangue”.
“Noi siamo una generazione
diversa”
sospirò Lucifero, alzando gli occhi verso uno dei quadri con
Keros da bambino “Ed
il tempo scorre così in fretta adesso. Una volta, non
sembrava passare mai. Da
quando c’è Keros, invece, per me va tutto di
corsa. Ed anche nel mondo umano
cambia tutto di corsa. Forse la nostra generazione dovrebbe farsi da
parte”.
“Forse la nostra generazione dovrebbe
guidare la nuova, affinché possa raggiungere le stesse
mete”.
“Chissà…”.
La coda del re ondeggiava, arricciandosi.
L’idea
di tornare di nuovo a sedersi in ufficio a fare sempre le stesse cose
gli
provocò un certo fastidio. Non era
per
nulla sicuro che quello fosse il destino del suo piccolo cucciolo
demoniaco ma
si sforzò di convincersi che era quello che lui voleva,
quello lo rendeva
felice.
Non passarono due ore prima che una delle ancelle
accorresse a chiamare il re, piuttosto preoccupata.
“Il principe” parlò,
facendo un inchino “Chiede
di voi, maestà. Non esce dalla sua stanza e grida che vuole
vedervi”.
Lucifero non diede modo alla donna di dire
altro e salì di sopra, a passo svelto lungo le scale che lo
conducevano ai piani
superiori. Il corridoio con le stanze di Keros era buio, spoglio. Il
giovane
non aveva ancelle personali, non aveva consorti e preferiva passare il
suo
tempo nel mondo degli umani. Il demone raggiunse la porta, davanti alla
quale
si erano radunate delle serve curiose.
“Sparite” diede ordine il
sovrano “Tornate
al lavoro”.
Sì udì un “Povero
ragazzo”, assieme a “Chissà
cosa gli è capitato” e “Mihael lo ha
ferito?”. Lo sguardo di Lucifero si fece
minaccioso, e tutte si allontanarono alla svelta.
“Sono qui” esordì
poi, entrando nella
stanza del principe.
Keros era ancora a letto, ma nascosto
dalle coperte. Si intravedeva solo mezzo occhio ed un ciuffo rosso.
“Che combini?”.
“Hai chiuso la porta?”
mugugnò il ragazzo.
“Sì…”.
“E non c’è gente
fuori?”.
“No. Che succede?”.
Keros si rialzò lentamente,
guardò il
sovrano con un’espressione leggermente impaurita. Lucifero
non disse nulla. Inclinò
la testa ed attese. Il ragazzo sospirò ed abbassò
il lenzuolo, permettendo alle
ali argentee di aprirsi. Il demone rimase senza parole, alzò
gli occhi,
sforzandosi di richiudere la bocca che si era aperta in
un’espressione di
stupore.
“Sono…”
mormorò.
“Sono ali!” gridò
Keros “Ali piumate!
Sono… sono…”.
“Sono magnifiche!” lo
interruppe il re,
avvicinandosi per sfiorarle con le dita “Mai prima
d’ora ho visto ali d’angelo
d’argento. Sembrano fatte con la luce delle stelle”.
“Che…?”.
Il re le accarezzò. Erano ancora molto
giovani e fragili, quasi impalpabili, piccole rispetto alle dimensioni
che
avrebbero dovuto avere su una schiena adulta.
“Cosa ci fanno lì?!”
riprese Keros “Io
dormivo e…”.
“Sono loro che ti hanno salvato quando
sei
caduto dalla terrazza, evidentemente”.
“Toglile!”.
“Come..?”.
“Levamele! Ci deve essere un modo! Io non
le voglio!”.
“Keros… È tutta una
vita che vuoi volare!”.
“Sì ma non con queste cose
piumose! Come faccio
a stare all’Inferno con loro?!”.
“Quello non è un
problema…”.
Il sovrano sorrise, nonostante lo sguardo
terrorizzato di Keros.
“Rilassati” lo
invitò “Chiudi gli occhi”.
Il principe non obbedì subito. Il re lo
invitò di nuovo a rilassarsi.
“Ora fai un respiro”
continuò Lucifero “E
chiudile”.
Keros, a fatica, obbedì. Una volta
chiuse,
le ali svanirono.
“Visto?” ammiccò
Lucifero “Funzionano come
tutte le nostre ali. Le apri e le fai comparire quando ne hai
bisogno”.
“Ma io non ne ho bisogno. Non le voglio!
E
perché si erano aperte così, a caso?”.
“Forse hai sognato di cadere. Non
preoccuparti. Controllarle è facile, ma all’inizio
ti dovrai impegnare un pochino”.
“Non voglio. Levamele. Estirpamele!
Strappale!
Dai loro fuoco!”.
“Tu sei nato così, piccolo
mio. Il fuoco,
lo stesso che ha lasciato quei disegni su di te, aveva incenerito le
piccole
ali neonate che avevi. Ma ora che sei cresciuto, sono
tornate”.
“Ed io non le voglio. Io sono un
demone!”.
“E allora comportati da demone. E queste
cadranno e diverranno come le ali da demone”.
Il principe si ammutolì.
L’idea di avere
ali maledette gli piaceva.
“Fra tre giorni ci sarà la
cerimonia”
cambiò argomento il re “Il tempo di farti
preparare un abito degno di quel che
sei e sarai. Nel frattempo, riposati. Rilassati. E non guardarmi con
quell’aria
da cucciolo…”.
“Io… Io sono un demone,
vero?”.
“Tu sei ciò che vuoi essere,
Keros. Te l’ho
sempre detto”.
Ecco
la seconda parte. Nel prossimo capitolo lo farò divertire un
po’. Poveretto,
non si diverte mai :P